Un esercizio di pranayama : il Prana mudra o Shanti mudra

milano , settembre 1997 - R. SEMPERBONI - ITALY

Indice

  • Note introduttive sul Prana e sul Pranayama
  • La legge del segreto e il suo significato nella pratica del Prana Mudra
  • Posizione di partenza per eseguire Prana Mudra
  • Accenni alla posizione adamantina
  • Accenni alla contrazione della gola e del mento (Jalandara Bandha)
  • Note fisiologiche importanti per la ritenzione del respiro
  • Accenni alla contrazione anale (Mula Bandha)
  • Accenni alla posizione del loto (Padmasana)
  • La tecnica esecutiva di Prana Mudra
  • La concentrazione nelle diverse fasi
  • L’ interazione tra il corpo e la mente
  • Il Mantra applicato al Prana Mudra
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Note introduttive sul Prana e sul Pranayama

    Secondo Andre van Lysebeth, nel suo libro “Pranayama, la dinamica del respiro”, il prana sta allo yoga come l’elettricità alla nostra civiltà. Descrivere la nostra epoca con gli aeroplani, il telefono, la radio, la televisione, gli aspiratori, i frigoriferi, le auto e i satelliti non avrebbe alcun senso se ci dimenticassimo di spiegare cos’è l’elettricità, il suo motore essenziale, l’energia che fa’ funzionare tutto. Allo stesso modo, ignorare l’esistenza del Prana, della sua azione sul nostro organismo, il modo di immagazzinarlo, di dirigerlo secondo la nostra volontà, significa ignorare il vero yoga. Secondo Swami Sivananda il Prana è la somma di tutte le energie contenute nell’universo. Per gli yogi l’universo è costituito di Akasa, l’etere cosmico, e di Prana, cioè energia. Tutte le forme della materia nascono quando Prana agisce su Akasa. In sostanza, questo concetto corrisponde a quello della nostra fisica nucleare che considera qualsiasi materia come energia “arrangiata” in maniera diversa. Da un articolo comparso sulla rivista settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del maggio 97 leggo un intervento di Roberto Guantieri, ricercatore biofisico: ”Da Einstein in poi, le teorie relativistiche e quantistiche, e soprattutto le ultime scoperte sulle particelle subatomiche, hanno dimostrato che tutta la materia è energia; in pratica, la realtà che ci circonda, ogni essere vivente e ogni oggetto, l’uomo stesso, sono tutte espressioni di diverso ordine, grado e complessità dell’energia; basta aprire un libro di fisica, infatti, per scoprire che le particelle che compongono la materia, e di conseguenza tutti gli oggetti che noi percepiamo come solidi e statici, sono in realtà delle onde...”. Lysebeth prosegue:”Il magnetismo è una manifestazione del prana, esattamente come l’elettricità e la gravitazione. Il prana è presente nell’aria, esiste nel cibo, nell’acqua, nella luce del sole ma non è nè l’ossigeno, nè le vitamine, nè il calore, nè i raggi ultravioletti. L’aria, l’acqua, gli alimenti, la luce solare veicolano il prana da cui dipende qualsiasi vita animale e persino vegetale. Il prana penetra tutto il corpo, persino là dove l’aria non puo’ arrivare. Il prana è il nostro vero nutrimento, perchè, senza di esso, non è possibile alcuna vita”. Secondo gli yogi il prana puo’ essere immagazzinato e accumulato nel sistema nervoso, più particolarmente nel plesso solare e lo yoga ci dà il potere di dirigere questa corrente mediante il pensiero. La scienza del controllo del prana si chiama “Pranayama”: ayama significa “controllare, padroneggiare”. Da un altro articolo della rivista “D” leggo un intervento di Kou, ricercatore cinese: ”Una respirazione profonda e completa, infatti, portando più ossigeno al sangue, favorisce l’eliminazione delle tossine. L’importante è imparare a inspirare ed espirare facendo lavorare l’addome; cosi’ si stimola il diaframma che, a sua volta, esercita un leggero massaggio naturale, benefico per tonificare i principali organi interni; uno degli scopi del taiji quan (una ginnastica cinese simile allo yoga, introdotta ufficialmente come terapia curativa) è insegnare ad essere consapevoli della propria energia interna e a controllarla per mantenere il giusto equilibrio”. Ciò spiega sinteticamente che vi è una connessione tra il Pranayama e il respiro, e questo concetto è importantissimo in tutte le pratiche yoga.

    La legge del segreto e il suo significato nella pratica del Prana Mudra

    Nel corso dei secoli lo yoga è stato trasmesso da maestro a discepolo, da bocca a orecchia, sotto il sigillo del segreto. Nelle scritture antiche, il segreto era protetto dalla laconicità dei testi, dall’ermetismo, dall’ambiguità delle formulazioni: ”Questo esercizio, come un gioiello preziosissimo, deve rimanere segreto”. Questi testi, sono nella maggior parte inutilizzabili senza un illuminato commento. La preoccupazione, sfiorante l’ossessione, di mantenere il segreto che impregna la letteratura yoghica dà molto fastidio agli Occidentali. Essi vedono in questa attitudine una manifestazione di egoismo dei grandi Rishi che cosi’ privano deliberatamente l’umanità delle loro preziose conoscenze. Gli iniziati ribattono che, se i Rishi hanno imposto la legge del segreto, questa misura non ha per scopo il privare le persone estranee del frutto delle loro esperienze, ma al contrario, di proteggerle contro determinati pericoli:per fare un paragone è come quando i genitori mettono i fiammiferi fuori della portata dei loro bambini per prevenire qualsiasi incidente. La legge del segreto deriva dal principio stesso della trasmissione dello yoga su scala individuale, essendo il maestro che inizia e guida il discepolo passo passo, una tappa dopo l’altra. In parecchi ashram dell’India, i discepoli di uno stesso maestro non sono autorizzati a comunicarsi gli esercizi che hanno imparato. Questa interdizione preserva la libertà del Maestro di rivelare a ciascun discepolo individualmente, e al momento propizio, le tecniche corrispondenti al suo grado di evoluzione. Ciò consente al Maestro di individualizzare il proprio insegnamento e persino, se lo ritiene opportuno, di contraddirsi! In realtà le contraddizioni sono soltanto apparenti perché un determinato esercizio, perfetto per un certo adepto, può essere controindicato per il suo vicino. Gli adepti accettano e rispettano volentieri questa interdizione perchè hanno totale fiducia nel loro maestro. Il segreto condiviso in una ristretta società crea un legame particolare tra le persone che determina affiatamento,intimità e difesa contro l’ostilità esterna permettendo di resistere alla prova del tempo. Da ultimo, la non divulgazione costituisce una protezione contro le snaturalizzazioni. Allorché la diffusione si effettua senza restrizioni essa sfugge a qualsiasi controllo ed apre il campo a tutte le deformazioni. L’adepto trae vantaggi da una pratica segreta perché in questo modo non disperde le proprie energie in chiacchiere ma le concentra in fatti. “Il vapore della caldaia può azionare la sirena o l’elica della nave. A forza di abusare della sirena, la pressione diviene insufficiente per navigare”. E’ difficile trovare delle pubblicazioni riguardo l’esercizio del Prana Mudra. Come prescrizione deve essere praticato in segreto, al di fuori della presenza di qualsiasi testimone. L’esercizio in se stesso non deve necessariamente rimanere ignoto agli adepti; al contrario, è la sua pratica che deve rimanere segreta. Se è possibile praticare le asana in presenza di terzi senza diminuire notevolmente la loro efficacia, al contrario nel caso del Prana Mudra, ogni presenza estranea, persino quella di una persona amica e adepta nello yoga, costituisce un elemento perturbatore che ne compromette il successo. Prana Mudra è un Pranayama completo. Al di là del suo aspetto pranico, quindi del controllo delle energie sottili del corpo, appartiene anche alla categoria dei “mudra”, o gesti simbolici, cioè espressioni corporali aventi una risonanza psichica. Ancor più delle asana, questo esercizio chiede di essere studiato con cura, rispettando alla lettera tutte le indicazioni. Qui di seguito ne riporto la tecnica esecutiva tratta dalla versione di Andre van Lysebeth esposta sul suo libro “Pranayama, la dynamique du souffle” pubblicato a Parigi nel 1971.

    Posizione di partenza per eseguire Prana Mudra

    Classicamente, questa posizione dovrebbe essere esclusivamente quella del Loto. Comunque, per gli Occidentali che non hanno ancora il dominio del Padmasana, basta la posizione adamantina, quindi in ginocchio. A titolo di estrema concessione, temporanea ma non perpetua, può essere praticata anche su una sedia. Le mani vengono deposte, sovrapposte, nel grembo, le palme orientate verso l’alto. E’ indispensabile che la colonna vertebrale sia tenuta dritta. Si tratta di un pranayama, combinato con movimenti delle braccia e delle mani. Vediamo da principio, in sunto, come si svolge Prana Mudra: -durante l’inspirazione, lenta e agevole, le mani abbandonano il grembo e si elevano man mano che i polmoni si riempiono; le braccia si aprono quando i polmoni sono pieni; -dopo una ritenzione del respiro a polmoni pieni, le mani ritornano lentamente alla loro posizione di partenza, nel grembo, alla fine dell’espirazione. In ciascuna di queste fasi tutti i particolari dell’esecuzione devono essere rispettati scrupolosamente. Non bisogna affrettarsi ma studiare accuratamente, particolare per particolare, tutte le indicazioni perché ciascuna ha una sua profonda ragione di essere. Il tempo che si dedicherà a questo studio sarà largamente compensato dagli accresciuti benefici che si raccoglieranno dalla pratica. Prima di proseguire, pero’, voglio spiegare sinteticamente alcune pratiche yoga “indipendenti” che costituiscono dei veri e propri “tasselli”, come in un mosaico, della posizione finale del Prana Mudra. Essa le racchiude tutte armonicamente e quindi costituisce la “sommatoria” dei benefici di ciascuna delle seguenti pratiche, oltre a quelli specifici.

    Accenni alla posizione adamantina

    Questa posizione è detta anche pelvica o posizione del fulmine (Vajra) facendo riferimento al significato dell’organo genitale maschile che viene influenzato dalla pratica in oggetto. La tecnica esecutiva Disporsi seduti a terra con le gambe distese avanti a sè; piegare la gamba sinistra portando il ginocchio in alto a sinistra del torace, piede a terra contro la relativa natica; appoggiandosi su braccio e mano destra chinarsi un po’ da questo lato, afferrare con la mano sinistra il piede sinistro e abbassando il ginocchio sino a che tocchi a terra, disporre il piede a sinistra della natica, con la pianta del piede rivolta in alto; eseguire la stessa tecnica con la gamba destra. Le persone con membra rigide eseguano con cautela questa asana. Le natiche appoggeranno completamente al suolo; ai lati rispettivi vi saranno i piedi con le piante in alto; portare le mani sulle ginocchia, mantenere il tronco e il capo eretti, occhi chiusi. Questa asana è principalmente utile per la meditazione e per la concentrazione. Soltanto la pratica di questa postura per alcuni minuti dà notevole beneficio a tutto l’apparato digerente e inoltre stimola la zona posta sopra l’ano ricca di nervi psichici: ho letto che da qui si dipartono ben settantaduemila nadi!

    Accenni alla contrazione della gola e del mento (Jalandhara Bandha)

    Jala è un termine sanscrito che si riferisce sia ai centri cerebrali sia ai nervi e alle fibre nervose che vengono dal cervello attraverso il collo. Dhara significa “sostenere” o “contrarre in alto”. La tecnica esecutiva Rilassare completamente il corpo per alcuni muniti, volgere il capo a sinistra e a destra sciogliendo e preparando i muscoli del collo; effettuare un’inspirazione, ritenere l’aria, piegare in avanti il capo e il collo, premere il mento contro la parte superiore del torace in prossimità della fossetta nel punto mediano delle spalle, vicino alla gola; contrarre i muscoli della gola e del collo; restare cosi’ per alcuni secondi, quindi rilassare la contrazione sollevando il capo ed espirando.

    Note fisiologiche importanti per la ritenzione del respiro

    Nei vari esercizi respiratori dove si pratica la ritenzione dell’aria (Kumbhaka) è importante eseguire per il tempo della ritenzione stessa la contrazione della gola e del mento al torace. Essa stabilisce un ritmo cardiaco forte, calmo e regolare, evita l’aumento della pressione arteriosa che spesso causa vertigini o palpitazioni ed esercita un benefico massaggio alla ghiandola tiroide. Oltre a “sigillare” praticamente il respiro nel torace, a stirare la regione cervicale della colonna vertebrale ed a comprimere la tiroide, Jalandhara Bandha rallenta i battiti cardiaci agendo direttamente sui nervi “carotidei” ai lati del collo che influenzano appunto il cuore e la tensione arteriosa; in questa pratica, pero’, non viene compressa l’arteria posta nel collo e quindi viene mantenuta l’irrigazione cerebrale, di vitale importanza.

    Accenni alla contrazione anale (Mula Bandha)

    Mula significa “radice”, bandha significa “contrazione” quindi contrazione della radice cioè dell’ano. La tecnica esecutiva Effettuare prima una profonda inspirazione, contrarre la gola e il mento al torace (Jalandhara Bandha), praticare quindi rapidamente le contrazioni anali durante la ritenzione dell’aria; esalare l’aria lentamente per riprendere di nuovo l’esercizio. Per applicare questa tecnica bisogna contrarre in su rapidamente gli sfinteri anali. A differenza di quanto si è portati a pensare essi sono costituiti da due muscoli circolari: quello esterno è di facile comprensione mentre quello interno, che eleva l’ano, necessita di un po’ di apprendimento. Questa contrazione via via si estende alla regione pelvica contemporaneamente. Le contrazioni anali hanno lo scopo di agire beneficamente su quella parte del sistema nervoso che innerva gli organi genitali e anche sulla vescica, il colon e l’ano (quindi gli organi di evacuazione).

    Accenni alla posizione del Loto (Padmasana)

    Il fiore di Loto Padma significa “loto”, il fiore della pianta Nelubium Speciosum, che si chiude al tramonto. Spesso questo fiore è confuso con il classico giglio d’acqua o ninfa della pianta Nymphaea Alba. In occasione di una visita nel giugno 97 al giardino botanico “SIGURTÀ” presso Valeggio sul Mincio (Verona) ho avuto modo di verificare quanto appena citato: le piante dei fiori di loto hanno molte differenze rispetto a quelle delle cosiddette “ninfee” perché sono molto più grandi e le foglie centrali, come i fiori, si sollevano dall’acqua paludosa dello stagno; le foglie sono idrorepellenti, cioè non assorbono l’acqua, e sono a forma di “imbuto” molto ampio cosicché parte dell’acqua piovana si concentra nell’incavo centrale in prossimità della parte superiore del gambo; da qui l’acqua viene assorbita internamente provocando un effetto simile alla bollitura a causa dell’emissione d’aria. In occasione di questa visita mi sono reso conto di quanto sia esemplare e molto suggestivo l’aspetto filosofico che circonda questo fiore a proposito della sua pura bellezza che si erge dall’acqua torbida e stagnante.

    La tecnica esecutiva di Padmasana

    Seduti a terra, gambe avanti a sé, piegare la gamba sinistra al ginocchio, ponendo il piede, pianta rivolta in alto, sopra la coscia destra, all’attaccatura del femore; piegare quindi anche la gamba destra al ginocchio, ponendo il destro sopra la coscia sinistra, incrociando in questo modo le caviglie, calcagni riuniti di fronte all’osso pubico, sopra i genitali, piedi vicini all’addome. Ripetere, poi, l’esercizio iniziando con la gamba destra. Si raccomanda di conservare la spina dorsale ben eretta; spalle indietro e petto in fuori. Per quanto riguarda la posizione delle mani è consigliabile porre la mano sinistra con il dorso sui calcagni, palmo in alto, nel punto medio del corpo, in grembo; la destra sulla sinistra, sempre palmo in alto, dita unite. Oppure porre le mani sulle ginocchia, braccia rilassate avanti a sé, palmo delle mani rivolto in basso. Quando la posizione diviene facile e comoda, perfezionarla tenendo gli occhi chiusi e applicando le contrazioni sopra citate (Jalandhara Bhanda e Mula Bhanda). La posizione del Loto facilita la respirazione controllata (Pranayama), la concentrazione mentale (Dharana) e la meditazione (Dhyana);rende le articolazioni snodate e tonifica la regione pelvica e addominale come quella sacrale; inoltre conferisce stabilità fisica e psichica e sviluppa notevolmente la forza di volontà. Dopo aver “viaggiato” nell’universo dello yoga e aver focalizzato alcuni importanti aspetti torniamo alla pratica che stavamo analizzando in principio. La tecnica esecutiva di Prana Mudra Primo tempo di esecuzione (partenza con i polmoni vuoti) L’esercizio comincia alla fine di una espirazione completa, dopo che una contrazione della cintura addominale ha espulso gli ultimi rimasugli di aria. Questa contrazione è accompagnata dal Mula Bandha, la contrazione dell’ano. Marcate un tempo d’arresto con i polmoni vuoti, bastano pochi secondi, per concentrarvi prima e incominciate il Prana Mudra. Fin quando l’inspirazione non è cominciata, le mani rimangono immobili nel grembo, le palme girate verso l’alto, le dita leggermente piegate. Secondo tempo di esecuzione (inizio dell’inspirazione) La fase addominale o diaframmatica Rilasciate un po’ la contrazione della cintura addominale e rilasciate Mula Bandha. L’inspirazione avviene con dolcezza; mentre l’aria entra dolcemente attraverso le due narici, l’abbassamento del diaframma fa nascere una leggera pressione nel basso ventre, le mani abbandonano il grembo, i gomiti si allontanano dal corpo e le dita aperte puntano verso l’addome come se lo irradiassero. Man mano che la fase addominale dell’inspirazione si amplifica, le mani salgono lungo e davanti il ventre; seguono l’ascensione della pressione intraddominale. Terzo tempo di esecuzione La fase costale Quando è terminata la fase addominale, le mani, le cui dita aperte puntano sempre verso il ventre, si trovano al livello dello stomaco, all’altezza del plesso solare, di fronte al Manipura Chakra. L’inspirazione è proseguita con l’espansione del torace e l’allargamento dei fianchi. Mentre i polmoni si riempiono verso l’alto, le mani proseguono la loro lenta ascensione e i gomiti si allontanano dal tronco: cosi’ il torace si apre armoniosamente. Le dita, invece di puntare verso il corpo, si spostano ora parallelamente al torace, davanti al petto. Salgono fino al termine della fase toracica. In questo momento, le mani sono a livello delle clavicole, i gomiti ampiamente allontanati dal corpo, le braccia parallele al suolo. Quarto tempo di esecuzione La fase clavicolare Il diaframma si è appiattito, il torace si è espanso, ma è ancora possibile inspirare una certa quantità d’aria sollevando la gabbia toracica sotto le clavicole. Mentre termina cosi’ la RESPIRAZIONE COMPLETA, le mani passano davanti alla gola e al viso, si allontanano dal corpo fino a che le braccia siano spalancate; le palme sono orientate verso l’alto e l’avanti, come per captare i raggi del sole nascente. Nella posizione finale, i bracci prolungano le spalle e sono paralleli al suolo. I muscoli sono distesi, i polmoni completamente pieni. Quinto tempo di esecuzione (ritenzione a polmoni pieni) L’adepto s’immobilizza in questo atteggiamento recettivo e blocca il respiro tanto a lungo quanto può farlo comodamente. Questa fase è capitale. Beninteso, durante questa ritenzione, l’adepto rispetterà i principi che accompagnano qualunque pratica di asana: comodità, facilità, progressività. Sesto tempo (espirazione) Quando la ritenzione cessa di essere comoda, e senza attendere di sentirsi a disagio, l’adepto inspira alcuni centimetri cubi di aria pura, poi lascia che si scateni l’espirazione, nell’ordine inverso dell’inspirazione. La parte alta dei polmoni si vuota per prima: l’accostamento dei gomiti, che accompagna l’inizio dell’espirazione, facilita in primo luogo lo svuotamento della parte alta dei polmoni. Poi il torace si abbassa del tutto naturalmente, il ventre si appiattisce. Durante l’espirazione, le mani si abbassano progressivamente. Alla fine dell’espirazione, esse vengono deposte nel grembo, mentre la contrazione addominale finale espelle gli ultimi residui d’aria...si fa Mula Bandha...poi si riprende immediatamente lo stesso processo. Alcune importanti differenze esecutive Voglio far subito notare alcune differenze esecutive con la pratica suggerita dal nostro Maestro Carlo Patrian in occasione delle lezioni tenute presso l’Istituto Yoga di Milano. Innanzitutto nella posizione di partenza Patrian suggerisce di disporre le mani in grembo, la destra sopra la sinistra, palme in alto e occhi chiusi, cosa non specificata da Lysebeth. Durante l’inspirazione sollevare le palme delle mani verso il corpo lentamente. Espirare e sostare al plesso solare che è l’area dietro lo stomaco. Poi inspirare di nuovo e, sempre lentamente, sollevare ancora le mani sino alla gola e al viso, aprire le braccia in fuori, palme delle mani rivolte in alto a livello delle spalle. A questo punto non si ritiene il respiro ma si prosegue, sostando coi movimenti, con lente e profonde respirazioni, cosa secondo me più agevole soprattutto se da poco praticanti di yoga. In questa fase bisogna essere rilassati, prosegue Patrian, e si visualizza il sole, immaginando di assorbire l’energia vitale cosmica, come luce, dalle palme delle mani e dal plesso solare in prossimità dell’ombelico. Durante l’espirazione portare la mano destra palma davanti al viso, dietro vi è la sinistra, scendere lentamente immaginando d’irradiare e di caricare di luce e di energia il corpo, i suoi plessi e centri psichici.

    La concentrazione nelle diverse fasi

    Durante l’inspirazione Nella fase addominale Concentrarsi su tutte le parti dell’addome man mano che le dita gli passano davanti. Immaginare che una corrente pranica abbandoni le dita attraverso le loro punte, irradiando cosi’ tutti gli organi, penetrandoli di coscienza e di vitalità. Concentrarsi particolarmente quando le mani passano davanti al plesso solare, senza tuttavia marcare un tempo d’arresto (vi ricordo che questa è la versione di Lysebeth). Nella fase costale Mentre le mani si portano davanti al torace, immaginare l’aria che penetra nei polmoni e li gonfia. Nella fase clavicolare Concentrarsi sul calore delle mani alla gola e al viso: irradiare di prana il collo e gli occhi. Durante la ritenzione

    L’interazione tra il corpo e la mente

    La fase capitale di Prana Mudra si pone durante la ritenzione del respiro, allorché le braccia sono aperte e le palme dirette verso il sole nascente (poco importa se immaginario o reale). E’ basata sulla concezione yoghica della interazione di corpo e mente. L’umanità non ha atteso né gli yogi né la psicologia moderna per constatare che qualsiasi attitudine psichica, qualsiasi emozione, si traduce in un atteggiamento. Ogni emozione ha la propria espressione corporea. È vero anche nel mondo animale: il cane mostra la sua gioia scodinzolando. Nel gatto, al contrario, i movimenti della coda traducono l’eccitazione, il dispetto. Nell’uomo, anche se la parola ha soppiantato il gesto, questo resta un mezzo d’espressione particolarmente intenso: il mimo raggiunge una densità d’espressione spesso superiore a quella dell’attore che parla. Se è assai noto che il corpo traduce cosi’ in gesti e in atteggiamenti i moti dello psichismo, la reazione inversa, cioè quella in cui l’attitudine corporea condiziona uno stato psichico, è meno generalmente ammessa e utilizzata. Alcuni grandi studiosi della natura umana raccomandano alle persone tristi di piazzarsi davanti ad uno specchio e di sorridere perché rapidamente il sentimento corrispondente all’espressione corporale invade lo psichismo. E’ su questo principio della reversibilità dell’interazione che è basata questa parte dell’esercizio. Gli effetti benefici dell’azione del corpo sulla mente Il gesto d’accoglimento con cui finisce l’esercizio durante la ritenzione è un gesto d’accettazione, di apertura all’universo. L’esercizio nella sua completezza permette di concentrarsi bene, di acquistare consapevolezza e presa di coscienza del respiro. Calma la mente ed il sistema nervoso, disintossica, conferisce senso di pace e di serenità, simbolizza abbandono alla Mente Universale, accettazione, ricezione di spiritualità. Mentre l’adepto ascolta l’eco psichico del Mudra, col respiro bloccato, con gli occhi chiusi, egli immagina il sole levante, s’impregna dei suoi raggi, lascia che la vitalità del cosmo l’irradi. Non è necessario “intellettualizzare” l’esercizio; l’atteggiamento mentale deve destarsi da solo. Una meravigliosa distensione inonda allora mente e corpo. Il mento è puntato verso l’alto, orientato verso il sole (reale o immaginario). I muscoli del collo e della nuca restano distesi, nella misura del possibile, cosi’ come quelli delle braccia e quelli degli avambracci. Nessuna rigidezza nei polsi e nelle dita. Il “clima psichico”, che si manifesta a volte fin dalla prima ritenzione, si intensifica in ciascuna esecuzione. Questa è la ragione per cui è bene effettuare Prana Mudra perlomeno cinque volte di seguito. La concentrazione durante l’espirazione Durante l’espirazione concentratevi sull’evacuazione completa e lenta dei polmoni; pensate a tutte le parti del corpo davanti alle quali passano le mani. Il Mantra Il mantra è una forza che può essere utilizzata per risvegliare la coscienza spirituale. La base del mantra è il suono, che si estende da grossolano a sottile. Quando viene intonato silenziosamente diviene suono sottile, con un’intensità di frequenza molto elevata: in questo modo agisce nel piano interiore della coscienza. Secondo gli yogi la mente individuale è parte della mente omogenea universale. Quindi, la mente individuale può essere sempre collegata alla mente universale se sappiamo come farlo. Quando la mente diviene calma, quieta e concentrata, le vibrazioni sottili del suono vengono trasferite nell’area universale della mente. Allora la barriera fra la mente individuale e la mente universale viene infranta. Il mantra “OM” “OM” non e’ un Dio o una parola religiosa, e’ ciò che nella scienza chiamiamo un’equazione. “Aum” ha tre curve che rappresentano i tre stati di un individuo. La prima curva rappresenta lo stato sensoriale della mente o lo stato di veglia. La seconda curva rappresenta lo stato di sogno e la terza lo stato di sonno. Veglia, sogno e sonno sono i tre stadi del nostro Sé individuale. Quando jiva, o sé individuale, passa da uno stato all’altro ha definite esperienze. In tutti e tre gli stadi che attraversa, lo sperimentatore è sempre lui. Questo significa che la coscienza è lo sperimentatore degli stati di veglia, di sogno, di sonno. Nello stato di veglia, l’individuo fa esperienza con l’aiuto dei cinque sensi di azione, con i cinque sensi di conoscenza, con i cinque prana, con la quadruplice mente, in tutto diciannove. Durante il periodo dell’esperienza di questi diciannove canali vi è estroversione e non introversione. Nello stato di sogno l’individuo fa esperienza delle memorie dello stato di veglia, ma l’intero procedimento è introverso. I cinque sensi di azione sono ritirati; anche i cinque di conoscenza sono ritirati; i cinque prana continuano a funzionare cosi’ come la quadruplice mente. in questo modo l’individuo comincia a sognare le ombre della vita reale. Quando l’individuo penetra il terzo stadio, cioè quello del sonno, i dieci sensi e la quadruplice mente sono ritirati ed i prana fluiscono ad un livello molto basso. Jiva non è introverso né estroverso, è come ibernato. In questo stato non vi è esperienza. Non vi è conoscenza di tempo e spazio. Questa è la terza curva. Le tre curve di Aum sono una combinazione di A, U, M. “A” rappresenta la vita esterna, ”U” rappresenta la vita intermedia e “M” rappresenta l’inconscio totale. Questa è la totalità dell’esistenza individuale. Ma vi è qualcosa oltre l’esistenza individuale e viene chiamato il senza tempo, il trascendente, ed è la luna crescente insieme a bindu. Il mantra “Aum” rappresenta sia ”Questo” che “Quello”. ”Questo” significa il mondo empirico e “Quello” significa l’esistenza trascendentale. Quindi il mantra “Aum” rappresenta l’esistenza totale.

    Il Mantra “OM” applicato al Prana Mudra

    L’esercizio può essere accompagnato dall’OM silenzioso. Durante l’inspirazione, l’adepto ascolta vibrare in lui un lungo O...M... . Durante la ritenzione, egli può mantenere il silenzio interiore assoluto, quindi niente OM, e non ammettere altra rappresentazione oltre quella del sole per creare la disponibilità integrale dello psichismo, oppure pronunciare interiormente: SHANTI, SHANTI, SHANTI... . ”Shanti” significa Pace, ed è preferibile servirsi del termine sanscrito. Foneticamente è sciann...ti strascicando sciann... seguito dalla sillaba ...ti. Quindi Sciann...Ti. Per questo motivo Prana Mudra è anche conosciuto con il nome di Shanti Mudra.

    Conclusioni

    Per giudicare l’efficacia di questo esercizio è sufficiente effettuarlo qualche volta, poi subito dopo fare una respirazione ordinaria, immobile, senza muovere le braccia, lasciando le mani nel grembo. Ci si accorgerà immediatamente quanto l’inspirazione sia più armonica, profonda e felice nel Prana Mudra. La presa di coscienza dell’atto respiratorio è più facile, il mentale si assorbe meglio. Durante la ritenzione si manifesta un senso di pace, di serenità. Si comprende meglio ora che questo esercizio deve essere praticato in segreto perché la presenza di un testimone, di un estraneo procurerebbe un certo imbarazzo a discapito dell’efficacia della pratica. Specialmente durante l’ultima fase il viso rilasciato traduce l’emozione interna e partecipa a questa serenità. E’ impensabile eseguire questo esercizio in pubblico. I non iniziati troverebbero ridicola questa pratica il cui significato gli sfuggirebbe. La sola pratica pubblica autorizzata è quella destinata all’apprendimento, per esempio, in un corso. Ma anche in questo caso, l’adepto noterà immediatamente che la pratica in comune non consente l’esecuzione dell’esercizio con tutta l’intensità emotiva richiesta. Questa pratica prepara anche alla pranoterapia o cura con l’imposizione delle mani, spiritualizza il corpo e costituisce una sorta di meditazione se prolungata nel tempo.

    Bibliografia

    Ogni riferimento specifico è dei leggittimi proprietari.
  • Imparo lo yoga - Andrè Van Lysebeth
  • Pranayama,la dinamica del respiro - Andrè Van Lysebeth
  • Yoga - Carlo Patrian
  • Il Mantra - Satyananda Paramahansa
  • Anatomia dell’ uomo - P. Castano
  • Rivista settimanale “D” - inserto quotidiano “la Repubblica”
  • La fonte della giovinezza - W. Pierpaoli e W. Regelson