Strade, passi, chiuse nelle Alpi del basso medioevo

di Guido Castelnuovo

 "von meylen zu meylen mit puncten" dalla carta di Norimberga del 1500. Le tappe fra le soste sono indicate da un punto ogni miglio

 Estratto dall'imponente catalogo della mostra "IL GOTICO NELLE ALPI" Estate 2002. Castello del Buonconsiglio, Trento

 “Le vie verso la Francia e la Germania sono oggi aperte a noi e chiuse ai nostri nemici : l’orgoglio stradale e il panorama alpino traspaiono, evidenti, in questa frase, quasi urlata dai rappresentanti del comune di Milano dopo la conquista nel 1242 di Bellinzona, chiave d’accesso ai passi dei Grigioni (Lucomagno e Spluga) e al novello Gottardo. Cambiamo secolo, ma non prospettiva: “ho in mano tutte le strade fra l’Italia e la Germania”; lo scrive, soddisfatto, il potente Rodolfo d’Asburgo al Doge di Venezia dopo aver acquistato, nel 1363,la contea del Tirolo, le sue montagne, le sue strade e i suoi passi. La stessa Venezia era, del resto, tutta protesa a canalizzare il traffico diretto al valico del Brennero lungo la strada del Cadore e della Pusteria (detta ancor oggi strada d’Alemagna), ovvero in direzione della via che più a lungo rimaneva all’interno dei domini di San Marco.
Questi pochi esempi, che ne richiamano moltissimi altri, dalla Savoia all’Ossola, dal Friuli al Vallese, ricordano quanto importante fosse, nel tardo medioevo, il controllo politico delle vie di comunicazione alpine, con le loro aree di strada concorrenti e specializzate, con le loro chiuse di valle frequentemente adibite a pedaggi, con i loro passi sempre più spesso provvisti di ospizi.
Cerchiamo dunque di capire, e di carpire, i ‘segreti’ di questa viabilità monta-na fra XIII e XV secolo.
Il primo punto riguarda le caratteristiche di lunga durata degli itinerari alpini:
quali ne erano gli elementi fissi, o perlomeno stabili, dalla geografia al clima, dalle vette alle valli, dai colli alle chiuse?
Il secondo tema rinvia al profilo stesso della strada: di quali vie parliamo, e di quante? La strada alpina era spesso molteplice e si declinava al plurale; dobbiamo considerarla più come un complesso fascio di strade che come un’unica direttrice viaria. E inoltre, chi frequentava questa “pessima via “,“montuosa, limosa et lapidosa”, dove “la neve, la pioggia e il cattivo tempo” la fanno da padroni come ricordano, ancor stupiti di essersi salvati, due fratelli friulani nel 1428, idealizzando in parte la loro traversata fra Innsbuck e Spilimbergo?

Al centro della mappa Trento e la strada del Brennero

Vi incontreremo mercanti ed eserciti, pellegrini e artigiani, greggi e corti. E, ancora, cosa si trovava lungo la strada, quali ne erano le infrastrutture di sostegno e di controllo, dai pedaggi agli ospizi, dalle Susten grigionesi alle cappelle mortuarie, come il “Charnaio” del Moncenisio citato in numerosi itinerari di pellegrinaggio del XV secolo?
La terza questione si riferisce al nesso fra scelte stradali e strategie politiche e richiama i brani citati in introduzione. Quali poteri erano interessati a quali itinerari? Sino a che punto le strategie politiche di protagonisti volti a controllare entrambi i versanti montani, dai Savoia alle comunità di Un, erano in grado di modificare le gerarchie degli itinerari e l’uso, più o meno specializzato, dei loro passi? Chi appariva vincente: il potere o la strada, il territorio o i viaggiatori, chi dimorava in montagna o chi la traversava?

A queste domande l'autore cerca di rispondere con un lungo articolo corredato da immagini e mappe.

Ritorna all'indice