Ponte San Pietro
Provincia di Bergamo
Abitanti 10.572
Superficie Kmq 4,59
Altitudine m 224
Comuni limitrofi: Brembate Sopra. Valbrembo. Mozzo. Curno. Presezzo. Mapello.
Anteriormente al luglio 881, anno primo dell'impero di Carlo III il Grosso, l'ultimo dei Carolingi, si ha la più antica memoria della “basilica sancti petri sita ponte brembi”. Il notaio Rodoaldo, nel redigere il documento, non si accorse di aver coniato così un nuovo toponimo:
Ponte San Pietro. Gli elementi costitutivi c'erano tutti: un ponte e una chiesetta campestre. Per questo centro non si può
parlare di una vera e propria “fondazione”, secondo il costume etrusco; si tratta piuttosto di una “città di formazione”, la cui origine non può essere in alcun modo ricondotta ad un qualsiasi centro di potere, sia castello che pieve (un castello ci sarà, ma più tardi). Il ponte, a rifletterci bene, non è solo un toponimo, ma rimanda in un certo senso alla vocazione di punto nevralgico per le
comunicazioni. Non a caso Giovanni Maironi da Ponte (1748-1833) così descriveva il borgo: “grosso e mercantile villaggio capoluogo del distretto V, resta nel sito ove la strada provinciale si divide, andando un ramo per la così detta Quadra d'Isola ai due passaggi sull'Adda di Capriate, e di Villadadda, e l'altro a quello di Brivio, ed a Lecco attraverso della valle s. Martino” (“Dizionario Odeporico”, vol. III).
Nel Museo Archeologico di Bergamo si conserva una lapide, rinvenuta “nel fabbricare la Casa Bonetti” (molto probabilmente l'attuale Casa Rovelli), il cui testo dice: “M. BETUTIUS/ M. L. INACHUS/ V. S. F. ET/ CORNELIAE
P. L.”; cioè: “Marco Betuzio e Inaco, liberto di Marco, vivi posero [questa lapide] per sé e per Cornelia, liberta di Publio”. L'iscrizione sepolcrale venne pubblicata dal celebre erudito e poeta tragico Scipione Maffei (1675-1755) nel suo “Museum veronense”. Il Maironj da Ponte, che la cita, non ci informa però sull'epoca in cui fu recuperata: evidentemente prima della metà del secolo XVIII. Il reperto è da collocarsi in epoca romana non cristiana.
La “basilica, o “oratorium”, o “capella” di S. Pietro, vicina al ponte sul Brembo, faceva parte dell'unica pieve del “pagus fortunensis”, il distretto della Fortuna: cioè quella di Terno d'Isola. Il “pagus fortunensis” era articolato in parecchi “vici” (villaggi), pari al numero dei comuni dell'Isola Brembana: ma tutti dipendevano dalla chiesa battesimale e cimiterjale di Terno. Come tutte le altre pievi, anche questa cominciò a scindersi intorno al Mille, fondamentalmente per l'accrescersi della popolazione nei vari nuclei abitati. Le funzioni battesimali e cimiteriali cominciarono a essere assunte da un “rector” o “presbiter” o “beneficialis” locale. 1118 febbraio 1299 è attestata la presenza a Ponte del primo parroco, il prete “Bonadeus, presbiter et beneficialis ecclesje S. Petri”. Da un documento conservato nella Biblioteca Capitolare (n. 4270) risulta che il 21 settembre 1386 i “vicini” (cioè gli abitanti del “vicus”) del comune “S. Petri de là”, col proprio console Bettino del fu Degoldo di Ponte, e i ”vicini” del comune “S. Petri de za”, col proprio console Pietro detto Sarafino del fu Giovanni Federici, eleggono parroco il prete Baldassare de Colionibus e chiedono al vescovo Branchino Besozzi (138 1-1399), milanese, di approvare la loro scelta. Non sappiamo come finì la cosa.
Val la pena di ricordare che la distinzione “de là” (a ponente del Brembo) e “de za” (tra il Brembo e Bergamo) compare per la prima volta in un atto del 21 maggio 1314 - per quanto è a nostra conoscenza - e si spinge almeno fino alla metà del secolo XV. Alla data del 25 giugno 1392 si procedette alla verifica dei confini delle due comunità, formanti una sola parrocchia; ne esiste ancora copia notarile sottoscritta “Ego Gasparinus Guibedoni de Lallio...” nella locale Biblioteca Civica. E qui entra in scena il conte Guidino Suardi: il termine che segnava il confine fra Ponte “de là” e Locate si trovava nella quinta piana del campo di proprietà del suddetto conte, a circa quaranta cavezzi dal suo castello (un cavezzo è pari a m 2,627).
La parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo e un'altra veduta di Ponte.
Egli venne nominato titolare della contea di Ponte S. Pietro l'8 giugno 1408 dal duca di Milano Giovanni Maria Visconti. Quanto al castello, esso “appartenne già al fu Manfredino de Melioratis, poi alla famiglia de Grecis e successivamente al Signor Guidino Suardi, e che adesso è stato demolito per ordine del Serenissimo Doge di Venezia Signor Nostro...” (“Statuti di Bergamo”, 1727, Coll. Ottava, cap. 33). Il fortilizio, conquistato e rovinato dal Piccinino il 19 ottobre 1437, passato ai veneziani per un colpo di mano del Gattamelata, fu raso al suolo al principio del '700: i materiali furono recuperati per la ricostruzione della “chiesa vecchia” di Ponte (1708-1722), proprio sul luogo della primitiva “basilica” di S. Pietro. Oggi si vedono ancora i ruderi del castello, che dominano dall'alto il ponte e la vecchia parrocchiale.
Il secolo XVII fu contrassegnato da una grande calamità: la peste, che questa volta lasciò davvero il segno. Il “memorando contagio” - come lo chiama Lorenzo Ghirardelli (1600-1641) - portò alla morte il 63,12 per cento della popolazione; morirono 438 persone e se ne salvarono solo 256. La maggior parte dei colpiti dall'immane flagello fu sepolta “ad baracas”, nel cimitero accanto al lazzaretto. A fronteggiare la situazione, sul piano spirituale, sorse una grande figura di prete: don Costanzo Pizzoni
(1616-1657).
Quindici anni dopo, una tremenda alluvione. “Della terribile catastrofe si conserva la memoria nella lapide in nero marmo sopra una fenestra dell'ultimo [in realtà è al soffitto del primo piano] della casa sinistra laterale del ponte stesso. ALLI 22 GIUGNO 1645 [ma sulla lapide si legge 1646], A ORE 23 IN GIORNO DI LUNEDI LE ONDE DI QUESTO FIUME BREMBO ARRIVARONO SIN QUI” (Maironi da Ponte, op. cit.). La lapide è senza dubbio più vendica: infatti dal 18 al 20 giugno 1646 furono registrati nel “Liber Defunctorum” ben cinque morti “submersi in flumine Brembi”. Ma non per questo è tutto risolto, dal momento che il 22 giugno 1646 era venerdì e non lunedì. Per inciso, va rilevato che le “ore 23” della lapide dovrebbero corrispondere alle tre di notte (le 24 ore del giorno coincidevano con le nostre solo durante gli equinozi).
Dal 1705 al Natale del 1796 trascorse quasi un secolo di pace. Marne fu saccheggiato dai tedeschi del principe Eugenio e il castellano Fermo Avogadri fu costretto a fuggire in mutande fino a Ponte. Di questo periodo cogliamo una perla singolare: “Adi 31 Dicembre 1777. Ponte S. Pietro. Dalli Sindici attuali del Comune è stata incantata la Carica del Console al Luogo solito.., e dopo d'aver
dato più voce è stata deliberata a Giuseppe Boschino q. Antonio come più offerente al minor prezzo, cioè per Annuo Salario di L 34.15, lire trenta-quattro e quindici...”.
Il 21 maggio 1797 si procedeva a innalzare l'albero della libertà: i francesi erano a Bergamo dal Natale 1796. Si dovette allo zelo dell'agente municipale Cattaneo la sospensione della rendita del beneficio al parroco don Giuseppe Locatelli, per aver portato il viatico a due infermi, contro il decreto 1° Messidoro anno VI. La sospensione durò circa sei mesi: il 24 aprile 1799 entravano a Bergamo le “barbette” del Suvarov. Il secolo seguente si apri con l'editto di Saint-Cloud (12 giugno 1804), che impose anche nei nostri paesi l'obbligo di seppellire i morti “fuor de' guardi pietosi...”. In Italia fu reso esecutivo il 3 ottobre 1806; l'ultimo sepolto sotto il pavimento della chiesa parrocchiale di Ponte fu un ragazzo, “puer nomine Petri Roncalli filius Vincentii”, il 25 settembre 1809.
Veduta di Ponte ottocentesca.
Il 24 maggio 1836 veniva chiuso al traffico il vecchio e glorioso ponte che, secondo l'ingegner Ferranti (1833), contava “sicuramente più di quattro secoli d'età”. E il 16 agosto 1837 fu aperto alla circolazione il nuovo. Progettista l'ingegner Benedini (1826); costo lire austriache 43.846,92: impresa costruttrice Crivelli-Mangili-Riva. Successivamente comparve sulla scena Garibaldi e due pontesampietrini lo seguirono nella spedizione dei Mille: Napoleone Bassani (1836-1900) e Giuseppe Masnada (1816-1865). Il primo sindaco del Risorgimento fu il barone Gian Maria Scotti, che era stato per quasi quattro mesi ospite delle galere austriache.
Il 4 novembre 1863 era partito il primo treno per Lecco, mentre il tratto da Ponte a Carnate fu inaugurato il 10 luglio 1889. Dietro la ferrovia comparvero i Legler, industriali tessili, i quali avevano bisogno di mezzi di trasporto. 11 10 ottobre 1875, con rogito del notaio Virginio Ghezzi, ben 11 mappali della zona sud di Brembate Sopra divenivano proprietà di Matteo Legler, figlio di Matteo; su quest'area egli impiantò un grandioso cotonificio, che rappresenta tutt'oggi la maggiore industria locale.
Tre sono le chiese parrocchiali del territorio comunale: quella dei SS. Pietro e Paolo, costruita da don G.B. Lombardi
(1922-1952), realizzata dall'ingegner A Dante Fornoni (189 1-1978) e consacrata nel 1934; quella di S. Antonino, consacrata nel 1902, nella frazione di Locate (fino al 1927 era comune autonomo ed ha la sua brava storia, scritta da don Leone Maestroni); infine la chiesa del Cuore Immacolato di Maria, eretta in parrocchiale nel 1972, nata col “Villaggio Caproni”. L'antica prepositurale, consacrata il 30 novembre 1578, ricostruita fra il 1708 e il 1722, continua a essere officiata; le statue del sagrato sono di A. Maria Pirovano (1745-48), così come lo stemma del comune di Ponte, sul muro esterno dell'abside, che reca la data 1747. All'interno si conservano tre tele di Giovanni Carobio il Vecchio (1691-1752), nel coro, una S. Anna di Pietro Roncellì (circa 1560 - circa 1620) e i 15 Misteri del Rosario di Luigi Galizzi (ma tre sono di Selene Scuri ed una di Enrico Scuri, suo suocero). In località Sottoriva di Locate sorge la settecentesca Villa Mapelli Mozzi; di stile pienamente neoclassico, essa appare legata agli schemi piermariniani e in particolare all'esempio della Villa Reale di Monza. Come rileva C. Perogalli (“Ville delle province di Bergamo e Brescia”, Sisar, Milano 1969), la somiglianza “vale sia per l'impianto, ad U dentato in entrambi i casi, sia per il partito architettonico-decorativo, con ordini sovrapposti di lesene, che tanto nell'una quanto nell'altra villa spartiscono il corpo centrale in cinque campiture (però d'uguale larghezza a Sottoriva, mentre a Monza si alternano di due diverse)”.
Veduta di Villa Mapelli Mozzi.
Tuttavia l'ignoto architetto, forse un valente allievo del Piermarini - sembra infatti da escludere la possibilità di un intervento diretto del famoso artista - mantiene rispetto al suo modello un atteggiamento creativo, tanto da raggiungere, secondo alcuni, risultati
addirittura superiori a quelli della stessa Villa Reale. Le peculiarità più rilevanti della costruzione bergamasca in rapporto a quella monzese consistono nella maggiore ampiezza del cortile, dovuta al fatto che le ali laterali sono ad un solo piano, invece che a tre come il corpo centrale; l'andamento meno orizzontale, grazie ai tre timpani inseriti al centro delle ali e nella facciata; infine l'effetto di maggiore leggerezza creato dall'abile distribuzione del colore (marcapiani, lesene, cartelle sotto le finestre in giallo; campiture in bianco). Per quanto riguarda il periodo di edificazione, poiché nella villa di Sottoriva non vi sono richiami a quella D'Adda, Borromeo a Cassano, che costituisce forse l'opera più rappresentativa del Pierniarini, èprobabile che sia ad essa anteriore benché successiva alla Villa Reale di Monza, cioè collocabile attorno al 1780. All'interno, l'atrio e lo scalone furono realizzati in epoca posteriore, probabilmente da un artista francese; alcuni locali al piano superiore presentano decorazioni ottocentesche, eseguite da Vincenzo Bonomìni e Vincenzo Antonio Orelli. Sia la chiesetta sia il salone attiguo hanno invece una decorazione barocca: infatti la villa “è frutto della trasformazione di una costruzione preesistente, forse preceduta a sua volta da un castello, già dei Mozzi, ampliato nel Seicento, ed ancora nel secolo successivo” (C. Perogalli, op. cit.).
Veduta di Ponte moderna.
Sotto il profilo economico, accanto alla già citata Legler opera nel territorio di Ponte San Pietro una grossa fonderia, la Mazzucconi. La manodopera disponibile è assorbita, oltre che da queste aziende di notevoli dimensioni, da una serie di piccole e medie industrie, attive soprattutto nel settore metalmeccanico, e da varie imprese artigiane che coprono un ampio ventaglio produttivo, con prevalenza di nuovo del ramo metalmeccanico. Mentre il commercio è largamente sviluppato, sta ormai scomparendo l'agricoltura, anche perché il 60% della superficie totale, di per sé piuttosto ridotta, è ormai occupato da insediamenti industriali e residenziali, a discapito dell'area destinabile alle coltivazioni.
Presente pure un certo pendolarismo, per quanto il paese risulti principalmente un centro di smistamento dei lavoratori diretti a Bergamo e a Milano, essendo un importante nodo ferroviario sulle linee Lecco-Bergamo e Bergamo-Milano.
Questa località è indubbiamente un punto di riferimento per tutti i centri dell'isola Bergamasca anche dal punto di vista dei servizi amministrativi e delle iniziative culturali. La festa patronale dei SS. Pietro e Paolo, che ha luogo il 29 giugno, richiama un considerevole numero di partecipanti dai paesi vicini.
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