Evdokia II
La scheda
Nome | Evdokia II |
Tipo | mercantile |
Nazionalità | greca |
Stazza lorda | 1.437 tonnellate |
Causa affondamento | collisione con cargo Philippos (Honduras) |
Data affondamento | 07 Marzo 1991 |
Carico | 3.000 tonnellate di lamiere di ferro in coils |
Lunghezza | 100 metri |
Larghezza | 14 metri |
Equipaggio | 9 uomini |
Morti | nessuno |
Profondità minima | 17 metri |
Profondità massima | 28 metri |
Fondo | sabbia |
Distanza da riva | 6 miglia |
Luogo | Chioggia(Ve) |
Ponte di Comando | Falla dopo la collisione |
La storia
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Una fiducia eccessiva nella moderna tecnologia determinò nel marzo del
1991 l'affondamento del mercantile greco Evdokia II, causato da una collisione nella
nebbia a circa 6 miglia da Chioggia. Nonstante il radar di bordo, improvvisamente il
PHILIPPOS, un vecchio cargo dell'Honduras, ne squarciò il fianco sinistro ed in pochi
istanti i 9 membri dell'equipaggio dovettero gettarsi nelle gelide acque del mare
Adriatico. Fu poi lo stesso cargo che li recuperò. Il mercantile si adagiò verticalmente
su di un fondale di 24 metri. L' EVDOKIA II era salpata dal porto bulgaro di Bargos
nel mar Nero e stava navigando in direzione del porto di Venezia. Trasportava 3.000
tonnellate di lamiere di ferro in coils. Il pesante carico ha fatto
sprofondare il mercantile nel fondale melmoso di ben 5 metri!
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Una murata ricoperta di vita ed uno dei ponti (Foto di Marco Costantini) |
Il relitto
Il relitto adagiatosi su un fondale di 24 metri costituiva un
serio pericolo per la navigazione a causa delle sue strutture più alte che raggiungevano
quasi la superficie (la cabina di comando era a -3mt), quindi venne smantellato il
castello di poppa e trasferito a 50 metri dal relitto. Ora la parte meno profonda è
situata a circa -15 mt. <Vedi disegno> Il
carburante dei serbatoi venne completamente aspirato per scongiurare un eventuale pericolo
di inquinamento. Sono stati recuperati nel 1993 anche i rotoli di lamiere liberando le
stive di carico che sono ora visitabili, come i corridoi del ponte equipaggio che sono
praticabili senza pericolo.
Dopo circa 3 mesi si notava già l'azione di organismi incrostanti; attualmente hanno
letteralmente ricoperto tutta la nave anche nelle zone dove era presente l'antivegetativo.
Le strutture della tuga a quota 17 metri ed il ponte di coperta a 20 metri sono incrostate
di cozze, ostriche e da un numero incredibile di aneomoni del genere Aiptasia diaphana con molteplici varietà di
colore. Le murate e le zone meno illuminate sono abitate da spirografi (Sabella
spallanzani), in particolare nel punto del impatto attaccati a con il ciuffo in giù, e da
spugne di un colore arancione intenso. Sul fondo, dove il fango da 23 metri sprofonda a
causa del peso del relitto sono presenti molti cerianthus (cerianthus membraceus), tane di scampi ed alcuni
molluschi del genere Atrina pectinata. A prua sulle murate in una piccola area vi è una
comunità di Aiptasia diaphana albine di un colore bianco candido che contrasta con il
colore blu della nave, in talune zone oramai completamente invisibile. Infine a poppa la
grossa elica a -27 è il rifugio di branchi di merluzzi. Sopra la tuga è presente una
Madonnina deposta in ricordo di una sfortunata immersione notturna; i relitti sono luoghi
splendidi ma possono essere una trappola se visitati senza i dovuti accorgimenti ed
attenzioni, specialmente nel visitare le zone interne a causa della grande quantità di
sedimento presente. E' da considerare anche la presenza di reti per la pesca commerciale,
rimaste impigliate nelle lamiere che possono essere molto pericolose.
Le Aiptasie, hanno scelto l'Evdokia come loro dimora (Foto di Marco Costantini) |
L'immersione
Alle 12.00 di Sabato 9 giugno 2001 io e Marco Costantini abbiamo montato l'attrezzatura
e caricata in barca. Siamo un po' indecisi se uscire per immergerci perchè anche se
il mare sembra calmo all'orizzonte sono presenti ammassi nuvolosi che non promettono nulla
di buono. Comunque soffia un leggero vento di Scirocco che ci dovrebbe mettere al riparo
dalle sorprese del tempo. Alla fine decidiamo di uscire, il sole fa capolino tra le nubi e
l'aria e fresca, il mare è un po' formato ma niente che possa presagire ad un rientro
prematuro. Dopo 20 minuti di navigazione siamo in vista della boa che segnala il relitto
attaccata ad una cima sulla tuga a -17 metri. L'ecoscandaglio ne segnala la presenza come
una grossa forma nera che sale dal fondo per parecchi metri. Ci leghiamo direttamente alla
boa ed iniziamo le vestizione.
Ci vestiamo in barca a causa del mare e di un leggera corrente Nord-Sud. Scendiamo dalla
catena della boa e siamo dopo pochi secondi sulla tuga ricoperta da aiptasie. Costeggiamo
il lato di dritta del relitto dirigendoci verso prua, arriviamo al punto dell'impatto con
il relitto onduregno, alla luce delle lampade appare una foresta di spirografi appesi alle
lamiere ed alcuni merluzzi, subito sotto ci sono
grossi cerianthus <Cerianthus membraceus>
ed alcuni paguri scappano illuminati dai fari. Sul fango intorno al relitto si notano
diverse specie di ofiuridi, in alcune zone sembra
un tappeto. Oltre a bivalvi e pettini in un incredibile quantità e varietà; a volte si
potrebbe passare un immersione a guardare solo un metro quadro di fondo. Il motivo di
questa abbondanza è dato dal fatto che questi relitti permettono la vita a diverse specie
di invertebrati , quindi i pesci vengono attirati dalla presenza di cibo. Altro motivo
importante è che la pesca commerciale con le reti ed in particolare con le turbosoffianti
che devasta i fondali dell'alto adriatico arriva solo a lambire queste zone per il rischio
di non rimanervi incocciata, da qui il motivo della grande prosperità ed esplosione di
vita.
Arriviamo alla prua imponente e sempre rimandendo in prossimità del fondo costeggiamo
tutto il lato di sinistra fino a raggiungere, dopo alcune gru e lamiere abbandonate su di
un lato, la grossa elica del battello parzialmente affogata nel fango. A volte è
possibile vedere anche alcune corvine ma la loro presenza è qui piuttosto rara visto la
gran quantità di sub che vi si immerge. Risaliamo fino al ponte dove inizia un corridoio
e ci infiliamo dentro fino a raggiungere le stive, risaliamo e diamo un occhiata al grosso
buco quadrato che porta alla sala macchine, è molto pericoloso entrarvi perchè il
passaggio forma due curve a gomito che bloccano completamente il passaggio di luce
dall'esterno inoltre la presenza di sedimento rende ulteriormente rischiosa la
penetrazione. Noi ci limitiamo ad uno sguardo puntando i fari al suo interno dove
scorgiamo solo le pensiline di accesso e le scale che si infilano nel buio pesto. E' ora
di risalire, la temperatura dell'acqua è piuttosto bassa (14°), anche se solo io
ne risento perchè Marco è dotato di una muta stagna, e l 'aria nella bombola è prossima
al limite della riserva. Inoltre scorgiamo guardando la colonna d'acqua che il mare è
peggiorato e da sopra la tuga del relitto iniziamo a sentire anche se lievemente il moto
ondoso. La risalità dalla catena è leggermente difficoltosa negli ultimi metri dove le
onde si sentono e la barca legata dondola decisamente. Dopo la tappa di rispetto a 5 metri
(non avevamo tappe di deco obbligatorie), siamo in superficie e vediamo il cielo plumbeo
ed il sole è oramai un ricordo. Ripartiamo veloci verso la banchina, la temperatura si è
abbassata e l'aria fresca si fa sentire, ma è un problema di poco conto perchè dopo 20
minuti siamo già alla foce del Brenta, e..... dopo 40 siamo già a tavola a mangiare,
felici come sempre dopo una bella immersione.
La nave gemella dell'Evdokia II.
Questa nave ha una storia curiosa sicuramente non meno sfortunata della sua nave
gemella, il nostro relitto. Essa ora giace abbandonata all'interno della laguna di
Chioggia. Apparteneva ad un armatore russo e, come è accaduto per altri battelli dopo il
crollo dell'impero sovietico, è stata abbandonata alla sua sorte. Per una curiosa
coincidenza proprio a poche miglia dalla sua gemella affondata anni addietro.
Il mercantile arrivò anni fa nel porto di Chioggia ed al momento di pagare le tasse e le
spese portuali l'armatore non venne più rintracciato abbandonando oltre al carico anche
l'equipaggio che non seppe più che fare. Venne mantenuto per diversi anni dal comune di
Chioggia e dalla popolazione e dalla Croce rossa che aiutò questi poveretti i quali
non potevano nemmeno scendere dalla nave se non per poco tempo a causa della mancanza di
visti e permessi. Ora l'equipaggio è stato rimpatriato ma il mercantile è ancora là
ancorato in mezzo alla laguna leggermente piegato su di un fianco. Diversi sub abitanti
nella zona tra i quali anche Marco Costantini hanno fatto richiesta alla capitaneria di
porto di affondare il relitto creando un altra oasi artificiale memori delle belle
immersioni fatte sulla gemella, ma problemi burocratici ed ambientali (la legge prevede
una pesante e quindi onerosa bonifica di tutta la nave da olii e carburanti) non hanno
permesso di attuare l'opera, lasciando arruggine e deperire la nave in pochi metri di
acqua.
<foto Evdokia 1>