Tribute to Freddie Mercury

at Ocean, London, 24/11/01

by Giulia Marengo

 

 

Ok, eccoci qui, è tempo ormai che mi accinga a tentare di mettere su carta le emozioni del 24/11, prima che scivolino via inconsapevolmente dalla mia memoria.

Dunque: sono arrivata a Londra qualche giorno prima, trascinandomi dietro la mia amica Manuela, a cui sono terribilmente grata di avermi accompagnata (e di aver sopportato in miei deliri da “Queenmaniac” - grazie, Manu!). Abbiamo speso la mattinata del 24 al museo delle cere, e poi vagando un po’ per la città, mentre io ero già in fibrillazione per l’attesa, solo un po’ dispiaciuta di non aver potuto fare un salto al Garden Lodge per lasciare un fiore in tua memoria - sono sicura che qualcun’altro l’ ha fatto anche per me. Dopo aver rischiato di perdere il treno per Hackney - io sempre più schizzata - siamo arrivate davanti all’Ocean con circa due ore di anticipo, con grande disappunto di Manu che si è resa conto di essere stata brutalmente ingannata dalla sottoscritta, che le aveva giurato che il concerto sarebbe iniziato alle 17.00. L’attesa è stata estenuante, tanto che qualcuno, con mio sommo divertimento, si è messo a cantare “Sleeping on the sidewalk”. Un fan di Brian, senza dubbio. Finalmente le porte sono state spalancate, e una fiumana di gente si è riversata su per le scale, inevitabili le risse davanti allo stand delle magliette, da cui sono uscita vittoriosa ma con un paio di lividi in più, mentre Manu mi teneva il posto proprio sotto il palco.

Il concerto è iniziato con i Champions, tribute band dei Queen, composta da fan. I ragazzi sono stati eccezionali, ci vuole davvero un gran coraggio per cimentarsi sulle immortali canzoni di Fred. Si è iniziato con “The great pretender”, si è proseguito con “Another one bites the dust”, “Dragon Attack”, una toccante “In my defence” (“This is a little more Freddie than Queen…but I know you love it anyway” ha detto Nathan), con in sottofondo le immagini del video, una trascinante “Spread your wings”, una coraggiosa “Somebody to love”, e addirittura “Bohemian Rhapsody”… compresa la parte centrale! Ma va beh, loro sono in tanti…

Subito dopo c’è stato un minuto di silenzio, esattamente nel momento in cui Fred ci ha lasciati, dieci anni fa. Ripensando a tutto quello che ha fatto per noi, le emozioni che ci ha regalato, living breathing rock’n’roll, come direbbe lui, sono scoppiata a piangere. E naturalmente ho continuato a singhiozzare cantando “Love of my life” insieme alle altre 5000 persone accorse come noi per onorare la tua memoria, Freddie. Cosa volete, sono emotiva.

Mi ha salvato dalle lacrime Treana Morris, che ha eseguito unplugged alcune delle sue canzoni accompagnata da un altro tizio, e poi ha dato un’ottima interpretazione di “Sleeping on the Sidewalk” e della mia adorata “’39”. Avrei preferito Brian, ma io sono di parte.

Poi finalmente, l’atteso pezzo forte della serata: la SAS Band! (Intanto le mie speranze di vedere Brian e Roger cominciavano a scemare…). Mentre Manu mi pareva sempre più confusa, poiché si sentiva l’unica a non conoscere tutta quella gente, fra l’ovazione generale sono saliti Spike Edney, al piano, Eric Singer alla batteria, Steve Stroud al basso, e Jamie Moses alla chitarra (e dove, se no?), con un assurdo cappellone alla cowboy in testa, ma sempre veramente carino. E per ultimo, Chris Thompson, con la sua splendida voce. Per circa 45 minuti ci hanno intrattenuti con le loro canzoni (e io mi sono vergognata moltissimo, perché ne conoscevo solo tre o quattro - questa è la Brian May Band, ma… dove sono i Queen?). L’atmosfera era incandescente, però io ero ormai discretamente depressa, convinta che non avrei mai visto i miei idoli, impegnati ad una messa commemorativa a Garden Lodge. Così ho usato tutte le foto ancora a disposizione per cercare di fotografare il grande Paul Young.

Durante un breve intervallo, in cui la batteria venne “misteriosamente” trafugata, e poi sostituita non si sa bene per quale motivo, la folla è stata intrattenuta da sei imbecilli scelti a caso fra il pubblico, che cercavano di imitare Brian sulle note di “Tie your Mother Down”. La vincitrice, una ragazza che si trovava prima vicino a Manu, scompare dietro le quinte.

Intanto the show was on again, con l’entrata a sorpresa di nientemeno che Bruce Dickinson degli Iron Maiden, che ha cantato una strampalata “I want to break free” leggendola da un pezzetto di carta e pasticciando il finale (“Is that it?”), deriso da noi fan, che naturalmente conoscevamo ogni singola parola. C’è stata anche una toccata e fuga di Bob Geldof- figuriamoci, quello è come la gramigna, sempre fra i piedi.

“Hammer to fall” cantata da Chris ha rischiato di tirare giù il soffitto, ma quello che è successo dopo, oh, non potrò mai dimenticarlo. Sulle prime note di “Radio Ga Ga” le luci sono andate giù, ma chi di noi non riconoscerebbe le sagome di Roger e Brian, anche nel buio più totale? Urla, strepiti, delirio collettivo. Io sono stata spinta conto il palco, e una ragazza mi ha addirittura rifilato un pugno cercando di passarmi davanti - credo di averle dato una gomitata. Intanto era tornata la vincitrice del concorso, pallida come un fantasma, per aver abbracciato Brian (dio che invidia, che invidia!).

Io ero in uno stato di confusione mentale completa. Tutta la folla era scomparsa, vedevo solo i miei eroi sul palco a circa due metri (due!) dal mio sguardo estatico.

Roger era bellissimo, con un completo di seta nera, la cravatta color senape e gli immancabili occhialini scuri, mentre Brian sfoggiava uno dei suoi adorati gilet, questo di velluto rosso.

Roger ha cantato “Radio Ga Ga ”, accompagnato dal battere di mani della folla osannante, e tutto quello che io riuscivo a fare era starmene lì, con un’espressione idiota sul volto, in adorazione. Un sogno. Poi Brian ha cantato “Since you’ve been gone” (“If you guys think  about the words of this song, you’ll probably understand why we’re all here tonight”), mentre Eric Singer cedeva il posto alla batteria a Roger, inchinandosi. Di nuovo il turno di Roger, con “Strange Frontier”, la folla che seguiva ogni singola parola, e ancora Brian, il mio Brian, con una cattivissima “Tie your Mother down” che ha fatto impallidire il ricordo di Jamie, che, seppur bravissimo, scompariva letteralmente al confronto di un chitarrista della levatura di Brian. Il mio Brian. Entrambi, con l’aiuto di Treana Morris per contraltare le note più alte, hanno dato una spettacolare interpretazione di “Under Pressure”- peccato non ci fosse John!

Ma il momento più intenso, quello che non potrò mai dimenticare e che resterà inciso nel mio cuore per sempre è stato quando Brian, con la voce rotta dall’emozione, ha esordito “This is the first time we perform this song in front of an audience. This is in memory of Freddie Mercury”, e ha intonato “A hand above the water, an angel reaching for the sky….”. Era “No-one but you”. Prima lui, poi Roger, entrambi molto commossi, hanno pagato il loro tributo alla tua anima immortale. Quanto a noi, beh, eravamo tutti in lacrime, mentre accompagnavamo la canzone con voci a dire il vero un po’ tremolanti. Non potrò mai dimenticare il senso d’appartenenza, di unione, che ci legava tutti in quell’istante sospeso nel tempo, durante la notte più indimenticabile della mia vita. Poi anche quel sogno è finito, il legame si è spezzato, e Roger e Brian sono tornati dietro le quinte accompagnati da un delirio di acclamazioni e anche qualche svenimento - io stessa non mi sentivo molto salda...

Ma naturalmente il concerto non poteva finire così. Infatti, dopo una toccante “The Show must go on” (altre lacrime!), nella migliore tradizione dei Queen non è mancato il duo “We will rock you”-“We are the champions”.

Infine è stato proiettato sullo schermo un ultimo filmato, Freddie, le miglior immagini della tua vita. Inutile dire che ci sono stati nuovi pianti davanti al fotogramma finale, quell’”I still love you” così profondamente inciso nei cuori di tutti noi.

Addio, Freddie. We still love you.