Poverty Intervento del Presidente del Consiglio, Giuliano Amato, alla Conferenza sulla povertà infantile:

"Child Poverty: Reaching the 2015 Targets"

(in videoconferenza da Palazzo Chigi)
Londra, 26 febbraio 2001

Innanzitutto, sono grato a Gordon Brown ed agli altri promotori di questa conferenza. A mio parere, questo evento non rappresenta solo un’opportunità per predisporre nuove proposte ed assumere nuovi impegni sul tema fondamentale quale è la povertà. Vorrei che tale argomento fosse alla base della prossima riunione G7-G8 a luglio. La vostra conferenza appare una conferma, molto gradita, dei progressi che stiamo facendo al riguardo, che non è, ovviamente, sufficiente per risolvere il problema, ma risulta più promettente degli altri tentativi poco lungimiranti effettuati in passato. Mi ricordo quando negli anni 80 ero un giovane Ministro del Tesoro e nelle riunioni G7 teorizzavamo un piano dopo l’altro per affrontare il problema del debito estero dei paesi poveri. Non credo sia ingiusto dire che tali piani miravano più alla stabilità delle nostre banche che alla effettiva riduzione della povertà dei paesi indebitati. Oggigiorno, e principalmente dopo L’Iniziativa di Colonia, nostro approccio a tale problema avviene in maniera più globale. Ed io ritengo che sia giusto così. In mia opinione, la cancellazione del debito è considerata non solo come la riduzione di un peso insopportabile ma anche come un essenziale passo avanti per ridurre la povertà alle radici, il che significa adottare una politica di inclusione per donne e bambini. Concordo con gli interventi precedenti che indicavano il problema della povertà come maggiormente legato alla situazione delle donne in paesi poveri; ed affrontare la situazione delle donne e dei bambini significa innanzitutto delineare un approccio mirato relativamente ai settori della salute e dell’istruzione pubblica al fine di allungare la vita, per favorire una formazione scolastica adeguata, per ottenere una prospettiva migliore per se stessi e per il proprio paese. Non scenderò adesso nei dettagli -- questo lo farà il vostro dibattito -- ed il Ministro del Tesoro italiano Vincenzo Visco, il quale parteciperà alla conferenza, vi delineerà le proposte che la Presidenza italiana intende sottoporre al vaglio dei paesi membri durante il vertice G8 che si terrà a luglio.

Ci sono solo due punti che enfatizzerei qui. Vorrei sottolineare che un impegno per la sanità e l’istruzione pubblica significa indirizzare nuove risorse, (risorse nostre, risorse di aziende private, e anche risorse dei paesi poveri) a questi grandi progetti. In altre parole, impegnarsi realmente nel campo della sanità e dell’istruzione pubblica vuol dire spendere soldi, non parole. Non vuol dire dare linee guide o creare ‘Action Plans.’ Implica l’utilizzo di risorse e la ridistribuzione dei costi per questi ‘lavori nobili’ a carico del resto del mondo. Solo un paio di esempi: Pensate ai servizi sanitari ed ai costi delle medicine. Già ad Okinawa avevamo deciso di agire per ridurre i costi per i paesi poveri e per gli utenti poveri bisognosi di farmaci come quelli per HIV/AIDS. In effetti, le aziende farmaceutiche in questi mesi hanno fatto qualcosa per ridurre i costi, ma ancora non basta. Ridurre il prezzo di un farmaco da 100 dollari a 10 dollari è già una cosa positiva, ma rimane ancora un prezzo troppo alto per i più poveri. Pertanto, dobbiamo fare ancora di più. C’è un costo che deve essere pagato, e tale costo si riflette necessariamente nelle nostre finanze e in quelle dei paesi poveri.

Istruzione pubblica. Significa training e formazione; significa più scuole; significa altresì dare alle famiglie i giusti incentivi per incoraggiarle a mandare i loro bambini a scuola. Dobbiamo essere realistici. A meno che gli incentivi dati a queste famiglie non siano in grado di fungere da contrappeso a quelli offerti dai datori di lavoro e dagli eserciti, per le famiglie, accettare che i figli debbano frequentare la scuola sarà molto difficile. Dobbiamo quindi dare dei sussidi alle famiglie, il che comporta, ancora una volta, costi più alti. Stando così le cose, dovrebbe essere chiaro a tutti noi che il compito fondamentale sia quello che è sempre stato e sempre sarà: di favorire la crescita nei paesi indebitati. Tutto ciò perché senza questa crescita le risorse rimarranno lontane dalla portata della gente comune. Tutto quanto sopra detto, non solo in termini assoluti ma anche, per certi aspetti già visibili relativi alla stabilità macroeconomica. Migliorare la salute e l’istruzione pubblica nei paesi poveri comporta una maggiore spesa pubblica. I livelli di spesa così aumentati potrebbero mettere in pericolo la stabilità macroeconomica se contemporaneamente non aumenta anche il PIL. Quindi, il compito fondamentale, come dicevo, rimane aumentare il tasso di crescita di questi paesi.

Quali sono quindi, le nostre priorità nel raggiungere i traguardi che ci siamo prefissi? Attualmente, molti di noi sono concentrati su temi come il divario digitale, ci preoccupiamo di introdurre nuove tecnologie nei paesi poveri per prevenire un ulteriore ampliamento del divario... Questo è senz’altro una cosa che dobbiamo fare. Sono d’accordo. Nel G7-G8 presteremo una particolare attenzione proprio a questa attività. Ma dobbiamo essere sinceri con noi stessi e con il mondo! Questo obbiettivo non darà risultati immediati, nel senso che le nostre azioni per combattere il divario digitale avranno conseguenze soltanto nel medio termine. L’immediato incremento del PIL dipende da un’ altra cosa, dipende dalla liberalizzazione del commercio. Pertanto, prima di pensare alle azioni necessarie -- ripeto azioni necessarie -- per ridurre il divario digitale, se vogliamo essere credibili e se veramente vogliamo che il PIL dei paesi poveri aumenti, dobbiamo agire immediatamente per liberalizzare il commercio. Conosciamo tutti i dati, proprio in questi giorni, sono ben pubblicizzati. La liberalizzazione del commercio potrebbe portare ad un aumento di 14% delle esportazioni dei paesi HIPC e degli altri paesi poveri. La liberalizzazione del commercio potrebbe altresì significare un aumento di oltre 1% del loro PIL. In tale area la credibilità e la buona fede dei paesi industrializzati sarà chiamata in causa.

Questo l’ho già detto ad Okinawa e questa era la posizione ufficiale dell’Italia allora. Questa stessa posizione adesso è stata adottata dalla Unione Europea. Una posizione coraggiosa che ci costerà, ma è un costo che dobbiamo essere pronti a pagare: liberalizzazione del commercio; abolizione delle quote; riduzione o abolizione dei dazi. Queste sono le misure da adottare immediatamente. Gli aspetti riguardante il divario digitale vengono dopo e divengono credibili solo nel momento in cui adottiamo le misure relative alla liberalizzazione del commercio.

Permettetemi una parola anche sulle barriere ‘non-trade’. Siamo perfettamente coscienti del fatto che al di là delle barriere legate al commercio, ci sono norme, specificazioni tecniche ed altre regolamentazioni che rappresentano degli ostacoli alla creazione di un libero commercio. Dobbiamo quindi curare anche questi aspetti. C’è un aspetto in particolare che abbiamo la tendenza a sottolineare quando trattiamo di questa materia con i paesi indebitati: la protezione dei diritti di proprietà intellettuale ed industriale. È giusto dire loro: ‘dovete proteggere i diritti sulla proprietà per non scoraggiare l’IDE.’ Ma dobbiamo anche pensare al fatto che oggigiorno numerose materie sono coperte da questi diritti. I diritti di proprietà intellettuale sono stati inventati per proteggere gli investimenti, per dare i necessari incentivi all’investimento per la ricerca. Attualmente esistono tanti diritti di proprietà intellettuale che proteggono i fornitori di merci e di servizi dietro i quali, in realtà non c’è nessun investimento. Pertanto, questi diritti rappresentano solo una forma di imposta che i paesi poveri devono pagare alle nostre aziende e sono privi di ogni giustificazione. Quando chiediamo ad altri paesi di proteggere i nostri diritti di proprietà intellettuale, dobbiamo accettare che l’area di l’applicabilità di questi diritti sia ridotta.

Mi auguro che i paesi G8 diano il buon esempio anche prima del nuovo ‘WTO Round.’ In ultima analisi, la responsabilità è la loro. I paesi G8 hanno una responsabilità molto speciale e devono dimostrare di esserne all’altezza. D’altro canto, anche i paesi poveri hanno la loro responsabilità. Accolgo con piacere l’ ‘African Renaissance Program’ in cui i leader Africani dicono ai propri popoli, ‘Dobbiamo fare le cose diversamente.’ È essenziale per i paesi africani porre fine agli scontri interni ed etnici. È essenziale per loro scegliere dei leader più interessati agli affari pubblici che a quelli privati. È essenziale che adottino regole più trasparenti per gestire le nuove risorse che accorderemo loro a livello economico e sociale. In altre parole, tutti noi dobbiamo fare le cose diversamente. Se ci riusciamo, i nostri bambini, i vostri bambini, le nostre donne, le vostre donne, vivranno in un mondo migliore.

Fonte: sito Web della Presidenza del Consiglio




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