Lettera aperta a William Frediani
di Costanzo Preve
Caro William, aderisco con tutto il cuore alla giornata di solidarietà del 28 ottobre, e colgo l'occasione per dirti che non ho affatto dimenticato l'occasione del nostro primo incontro ad Assisi nell'agosto 2001. In quell'occasione mi facesti un'ottima intervista (ora pubblicata in C. Preve, Comunitarismo Filosofìa Politica, Editrice Noctua, 2004, pp. 15-29). Non ho dimenticato la tua intelligenza ed il tuo spirito critico.
Non posso ovviamente scendere nel merito delle accuse che ti vengono rivolte, perché non ne so nulla. Immagino che tu sia nelle mani di un buon avvocato. Io ti propongo solo alcune rapide riflessioni sulla motivazione della sentenza del tribunale del riesame di Firenze che ti ha negato la scarcerazione, in cui si è scritto (cito da Rosso XXI°, n.20, p.l8) che tu sei "..sorretto da convinzioni ideologiche ben più pericolose ed estreme di quelle fino a questo momento espresse dalle COR, convinzioni che mostrano l'adesione convinta alla lotta violenta di classe di radice comunista che - si potrebbe dire: inevitabilmente - prevale sull'ispirazione anarchica".
Io non conosco il magistrato che ha scritto queste righe. Posso solo ipotizzare che sia una persona di media cultura, che legge libri e giornali, e che potrebbe essere definito (salvo smentita) un professionista nelle questioni giuridiche ed invece un dilettante nelle questioni storiche e fìlosofiche, esattamente il contrario di quanto ritengo di essere io che scrivo. Un simile profilo culturale, in generale e salvo eccezioni, assorbe i luoghi comuni culturali che sono nell'aria, e che potrebbero essere definiti in francese l'esprit du temps ed in tedesco Zeitgeist.
Non bisogna allora prendersela con questo a me sconosciuto giudice, se egli aderisce con ingenuo ed avvocatesco entusiasmo alla principale interpretazione che il ceto dei colti (o dei semicolti, in inglese middle-brows) ha oggi prodotto sul comunismo, che come sai io preferisco chiamare comunismo storico novecentesco (1917-1991), per segnalarne anche graficamente il carattere storicamente determinato ed epocalmente conchiuso.
In breve: il comunismo è stato ed è un fenomeno criminale.
Chi crede si tratti di un'opinione di estrema destra o di una ingenuità culturale di un giudice dilettante è fuori strada. Si tratta invece della formulazione semi-ufficiale sul comunismo prodotta unanimemente dal ceto dei colti oggi. Ti faccio un breve esempio, concentrato nel giorno 16 ottobre 2004. La Repubblica ha un inserto su Mao Tse Tung (Bentivoglio, Valli, Rampini) intitolato Quando un mito finisce nel terrore. Nello stesso giorno il magazine della Stampa di Torino dedica due articoli a Stalin (Zafesova, De Luna, quest'ultimo ex-Lotta Continua), intitolati La verità sul principe del terrore.
Non si tratta di opuscoli di un gruppuscolo nazista. Si tratta di due importanti giornali nazionali di opinione di centro-sinistra. In entrambi i casi l'equazione è chiara: comunismo= terrore. E allora, perché prendersela con l'ultimo anello della catena, il nostro giudice dilettante di Firenze?
Tu sai bene che io non sono affatto un difensore storicista e giustificazionista del comunismo storico novecentesco, e per questa ragione sopporto quotidianamente insulti personali, postali ed informatici da parte di vari cialtroni difensori della vera fede. Nello stesso tempo ritengo legittimo chiedersi il perché del fatto che l'equazione prodotta dalla "alta" cultura giornalistica ed accademica (comunismo = crimine e terrore) possa scendere così facilmente al nostro giudice fiorentino, consumatore non critico di questo esprit du temps. Secondo la prassi scientifica e filosofica, che certo tu conosci, bisogna fare delle ipotesi e sottoporle alla riflessioni di interlocutori di diversa tendenza.
Prima ipotesi. L'Italia è piena di ex-comunisti riciclati e riconvertiti dal partito togliattiano-staliniano (perché ovviamente non ve ne furono mai altri), che devono avvelenare i pozzi in cui hanno bevuto ed esorcizzare il diavolone che hanno avuto in corpo nella loro giovinezza "criminale". Esponente massimo di questo ceto nichilista è il baffetto ghignante D'Alema, l'uomo che nella guerra del 1999 ha violato la Carta ONU e la Carta Costituzionale non smettendo mai di fare sorrisini di superiorità.
Seconda ipotesi, che considero più realistica. Il comunismo, sia quello fìlosofìco di Marx sia quello storico novecentesco, continua ad essere un vero e proprio enigma per il ceto giornalistico-universitario. Essendo un enigma, questa banda di semi-colti trombettieri di luoghi comuni continua a non capirci niente. Ed allora la categoria di crimine e di terrore sta al posto di una riflessione seria, che costoro non potranno mai fare e non faranno mai.
Persone come me e come te, pur appartenendo a diverse generazioni (io potrei esserti padre), hanno in comune il fatto di non avere una risposta a questa domanda ed a questa riflessione, ma almeno di porsela in via metodologica.
Tu conosci la mia risposta, anzi la mia ipotesi cautamente provvisoria, sull'enigma del comunismo.
In breve, i due principali esponenti storico-pratici del comunismo politico e statuale, il georgiano-russo Stalin e il cinese Mao Tse Tung, hanno visto (dal cielo ovviamente, e cioè dopo la loro morte) fallire il loro modello sociale non certo perché abbiano "tradito" le classi subalterne (burocrazia, eccetera), ma al contrario proprio perché hanno cercato in tutti i modi di rendere stabile il loro dominio politico. Tuttavia, non essendo le classi subalterne nel capitalismo assolutamente inter-modali, ed essendo anzi spesso spinte dal "rancore da livellamento invidioso" piuttosto che da egemonia culturale complessiva, è successo alla fine quello che è successo.
I marxisti fondamentalisti grideranno alla bestemmia di leso proletariato. Non me ne importa nulla. Mi importa invece segnalare a persone intelligenti come te (che restano intelligenti anche se per caso rifiutassero interamente la mia ipotesi) che, giusta o sbagliata che sia questa ipotesi, ne consegue: 1. che questa incapacità egemonica intermodale non è comunque riducibile a crimine o a terrore; 2. che questo non assolve il capitalismo, l'imperialismo ed il sionismo, ed infine 3. che questa sconfitta epocale e globale non comporta che non si possa provare una seconda volta sulla base di una migliore cultura scientifica, filosofìca e politica.
Ecco, caro William, questo è quanto. Mi auguro di rincontrarti presto libero e liberato dalle accuse. Non ho da farti lezioni con il ditino alzato. Continua a ragionare con la tua testa ed a usare la tua ragione. I migliori auguri per la tua salute e per il tuo stato d'animo.
Costanzo Preve
Lettera inviata in occasione dell'Assemblea del 28 ottobre 2004