Il TIRRENO

31 luglio 2004




PISA. Una organizzazione criminale che aveva il suo fulcro, hanno spiegato gli inquirenti, nel circolo II Silvestre, un gruppo dall'apparenza ambientalista, ma con un cuore più specificatamente anarco-insurrezionalista. E in questo gravitavano gli ultimi tre ragazzi finiti agli arresti nell'ambito dell'inchiesta della procura di Pisa sulle Cor, le Cellule di offensiva rivoluzionaria.
di Candida Virgone

Sono due universitari pisani, William Frediani, 27 anni, studente di Conservazione dei beni culturali, e Giuseppe Buonamici, 25 anni, di scienze politiche, ed un giovane anarchico di Rosignano Solvay, già notissimo alle forze dell'ordine, Francesco Gioia, 24 anni. Oltre alle loro case, sono state perquisite quelle di altre sette persone. I blitz dei carabinieri hanno spaziato da Pisa ad Agnano, Rosignano, Cecina e Pontedera. Con questi ultimi arresti si firma la seconda decisiva svolta dell'indagine su una ventina di attentati avvenuti da un anno a questa parte in città per mano di un gruppo eversivo che ha instaurato un autentico clima di tensione e paura e che sormonta la sua sigla, nei suoi messaggi, con la stella a cinque punte di matrice brigatista.
Il punto sulla situazione è stato fatto ieri mattina in procura da Antonio Di Bugno, il pm che ha coordinato l'inchiesta insieme al procuratore capo, Enzo lannelli; con lui il responsabile del nucleo operativo dei carabinieri, Remo Robazza, ed il dirigente della Digos. Salvo Calabrese, perché Arma e questura, soprattutto in quest'ultima fase che ha determinato la stretta finale, hanno lavorato praticamente fianco a fianco. Le Cor fanno capolino timidamente un anno fa, con un attentato all'Unione generale del lavoro. Inizialmente si tratta di piccole azioni, messaggi intimidatori, ma nel tempo il gruppo prende consistenza, si passa ad attacchi incendiari con un'escalation che fa paura. «Un'intensità offensiva - ha detto ieri mattina il pm Di Bugno - cresciuta nel tempo insieme alla strana certezza dell'impunità di poterla sempre fare franca»
Poi il 7 giugno la svolta con l'arresto di Perondi e di altre quattro persone; la settimana seguente finisce in carcere uno dei leader del circolo di via del Cuore, Costantino Ragusa definito il delfino di Marco Camenish. Su Perondi c'è la certezza di un filmato, risalente all'ottobre scorso, in coincidenza col primo attentato alla Edilcostruzioni, la ditta pisana che ristruttura la caserma dell'Arma a Navacchio: il giovane cascinese, unico in carcere, dopo la richiesta accolta dal gip Luca Salutini, viene ritratto mentre acquista due taniche, dello stesso tipo di quelle usate per dar fuoco al cantiere della ditta ritrovate dopo l'attentato.
Dopo gli arresti le Cor continuano a farsi vive, con un documento programmatico inviato alla sede centrale del nostro giornale e poi a Nadia Lioce, in cui si teorizza la necessità del passaggio alla lotta armata e si delinea una sorta di testamento politico, e poi ancora con minacce a Paola Cohen Galli, ebrea, presentatasi alle ultime comunali a Livorno e vedova del tenente Enzo Fregosi, ucciso a Nassirija, alla memoria del quale non vengono risparmiati oltraggi coperti dalla viltà dell'anonimato. Nelle loro ultime uscite le Cor si spolmonano a spiegare che gli arrestati con loro non c'entrano niente, ma che vendicheranno comunque questi poveri compagni sacrificati.
Sulle tracce degli altri esponenti di spicco del gruppo - come ha spiegato Di Bugno - gli inquirenti erano già da tempo, tanto che le richieste di custodia cautelare per Frediani, Buonamici e Gioia partono una decina di giorni fa, ben prima dell'ultimo attentato, avvenuto domenica mattina all'alba a Porta a Lucca, contro una giovane esponente di An, Giovanna Fusco, a cui bruciano con una bottiglia di benzina il portone di casa. Ben prima della rivendicazione, avvenuta con un messaggio alla nostra redazione inviato giovedì pomeriggio via e-mail da un internet-point pubblico, nella convinzione, a questo punto un po' sprovveduta, di non esser monitorati. Richiesta accolta dal gip, Leonardo Degl'Innocenti, ma mutata nei domiciliari. L'accusa per tutti e tre è di partecipazione all'associazione a delinquere denominata Cellule di offensiva rivoluzionaria e per Frediani e Gioia - contro i quali ci sono prove decisive ed accusati nello specifico dell'attentato avvenuto il 5 aprile a Marco Meucci, presidente provinciale di An, a cui bruciano l'auto nel giardino di casa a Calci - di fabbricazione, detenzione e porto di ordigni esplosivi. La stessa accusa di Perondi.
L'attenzione degli investigatori si concentra su Frediani, «fluttuante», in questi anni, dall'estrema destra al fronte anarchico, con un passaggio intermedio attraverso la destra più moderata e l'estrema sinistra. Sotto i riflettori in particolare il ruolo che il giovane, appartenente ad una notissima famiglia pisana (il padre ed il nonno sono medici conosciutissimi), avrebbe avuto negli attentati ai giovani di An.



PISA. Per il pm Antonio Di Bugno - che ha illustrato a lungo ieri mattina, in procura, la rete che ha portato a scoprire la strategia delle Cor , il documento programmatico inviato al Tirreno di Livorno con cui le Cellule di offensiva rivolu- zionaria tentarono il salto di qualità non era che «una macedonia culturale politico-ideologica senza un filo logico, che poteva avere maggiore appa- renza dì serietà, ma nessuna novità. Accusavano la stampa di volerli appiattire sul cliché delle Br..»

- Ma le Cor avevano dimostrato già in diverse azioni di voler fare un vero e proprio salto di qualità rispetto all'inizio fatto più che altro di azioni dimostrative.
«Certo. La loro è stata una crescita che è andata di pari passo con la loro intensità offensiva. È un gruppo criminale senza vertici, che si sviluppa orizzontalmente per aggregazione momentanea e spontanea e che inneggia alla lotta armata e alla guerriglia urbana. Ci sono state azioni di gravità estrema. Gli atti incendiari, ma anche le minacce. Basti pensare al messaggio inviato alla signora Cohen Galli, la vedova del tenente Enzo Fregosi, un oltraggio alla memoria e ai caduti a Nassirija, parole vili e infami, che offendono il senso morale comune al di là di ogni schieramento politico».

-Un gruppo che ha voluto far credere di avere radici anche fuori da Pisa..
«Si suppone l'esistenza di due cellule, una toscana, quella che avrebbe agito su Pisa, ed una romana, intitolata a Mario Galesi, ucciso durante la cattura della Lioce. Queste hanno messo a segno 11 attentati in- cendiari, 7 a Pisa e 4 a Roma, e 7 messaggi minatori, con lettere e invio di bossoli calibro 9x21, spedite 5 da Pisa e 2 da Roma, ma si suppone da mano pisana. A Roma è stata chiesta la trasmissione degli atti per competenza».

-Ormai dovremmo essere alla stretta finale...
«La prima svolta si è avuta con l'attentato alla Edilcostruzioni, quando fu filmato Perondi. Poi anche gli attacchi si fecero più gravi, ci furono gli attentati a Mannocci, Meucci, Petrucci. Ma prima dell'ultimo, quello di domenica alla Fusco, erano già partite dall'ufficio del pm le ultime tre ordinanze di custodia cautelare».

-Il fulcro sarebbe dunque proprio II Silvestre, come si è sempre sospettato?
«Tutti gli arrestati sono attivisti noti da anni o partecipanti alle iniziative di questo Circolo, che si presenta come ecologista ma in cui gravita anche un gruppo che si definisce anarchico, gli incontrolados, e dove nascono due pubblicazioni episodiche Terra selvaggia e Mamora».

-Che effetto ha fatto agli investigatori l'ultimo appel- lo del sindaco per una rapi- da soluzione?
«Uno sfogo comprensibile, sia il suo che quello di forze sindacali e politiche. Se avessimo potuto rispondere avremmo chiarito che per quanto ci riguarda su questa vicenda non è mai stata abbassata la guardia: l'impegno della Digos e dei carabinieri è sempre stato massimo».

-Ha sorpreso la decisione del gip che al posto della custodia cautelare in carcere ha scelto i domiciliari?
«Abbiamo chiesto l'applicazione di questa misura perché continuiamo a ritenere che in questo caso, come anche per gli altri arresti, sussistano elementi di gravità e di pericolosita tali da richiedere il carcere. Non ci hanno seguiti, ma si tratta di una valutazione lontana da quella della procura: faremo valere le nostre ragioni con un appello al tribunale del riesame di Firenze».
C.V.


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