Il Tirreno: agosto 2004

[In blu: notizie false, illazioni, errori]




1 agosto 2004 Secondo i servizi segreti le Cor rappresentano un pericolo nazionale
Pisa, i pericoli del terrorismo [sic]
Un'inquietante relazione dopo i tre arresti in città
PISA. Le Cor nuova frontiera del terrorismo? E' quanto ipotizza la relazione semestrale al Parlamento dei Servizi di informazione e sicurezza. «L'ideologia brigatista - afferma i1 Cesis - pur se in fase di drastico ridimensionamento, può contare su un numero residuale, ma pur sempre pericoloso, di soggetti che, convinti della centralità della lotta armata, possono pensare ad una ripresa dell'offensiva per il ricompattamento delle forze. Più seguito rischia di ricevere, invece, la "propaganda armata" delle Cellule di offensiva rivoluzionaria».
Una situazione che vede «gli stessi detenuti irriducibili rivolgersi, nei loro proclami, a questi nuovi soggetti» sollecitandoli ad assumere il ruolo di "avanguardia rivoluzionaria" in quanto in Italia persisterebbero le «medesime condizioni sociali e politiche che portarono negli anni 90 all'esperienza dei Nuclei Comunisti Combattenti ritenuta palestra per il successivo rilancio del progetto brigatista».
La relazione dei Servizi è stata consegnata proprio mentre, in seguito alle indagini dei carabinieri e della Digos, finivano in manette [Ndr: guarda caso] a Pisa gli universitari William Frediani e Giuseppe Buonamici e il rosignanese Francesco Gioia. Gli arresti domiciliari decisi dal Gip Degli Innocenti sono oggetto del dibattito con il Pm Di Bugno, che già domani potrebbe inviare il ricorso al tribunale del riesame, chiedendo la custodia cautelare in carcere per i tre giovani con l'appello a norma dell'articolo 310 del codice di procedura civile.Ufficialmente non ci sono novità sulle indagini: «Stiamo lavorando», ha semplicemente dichiarato ai cronisti il pm, e carabinieri e polizia si tengono sulla stessa linea.
A breve potrebbe esserci qualcosa di nuovo? Dipenderà dagli interrogatori dei tre arrestati e dagli esiti delle perquisizioni. A queste ha assistito anche l'avvocato Pellegrini di Livomo, difensore di Gioia e Frediani, mentre Buonamici è assistito dal legale di Camaiore Massimo Focacci, il quale ieri ha precisato un aspetto importante della linea difensiva: «Bisogna distinguere le Cor e il circolo n Silvèstre, che sono realtà ben diverse. La Procura considera molto importante il documento trovato ad Agnano, ma io non credo che quel documento gli accusati se lo siano spediti da soli: era una lettera inviata alla rivista Terra Selvaggia, in via del Cuore, così come al Tirreno e agli altri organi di stampa».
Il sindaco Fontanelli intanto ha espresso soddisfazione per il lavoro della Procura «che si è mosso nella giusta direzione» [Ndr: Il sindaco Paolo Fontanelli come fa a sapere che la direzione è quella giusta?].
In città ieri mattina i molti posti di blocco e gli elicotteri dei carabinieri in volo avevano fatto pensare alla possibilità di un'altra azione imminente, ma fonti delle forze dell'ordine hanno spiegato che si trattava delle operazioni, seppure straordinarie, di controllo del territorio per via dell'intenso traffico vacanziero.
Ma torniamo alla relazione dei Servizi, che ha fatto piuttosto scalpore con il suo riferimento alle Cor. Secondo il Cesis infatti è la propaganda armata la nuova strada dell'eversione. E cioè la linea brigatista che, contraria alla linea militarista fine a se stessa, «propugna un uso più ragionato, "politico" delle armi, con azioni di basso profilo ma ad alto contenuto simbolico». Un movimento, a cui vengono attribuite oggi «maggiori capacità di innesto e germinazione», presente nel triangolo Torino-Milano-Padova e in Toscana. E proprio qui infatti operano le Cellule di offensiva rivoluzionaria, «formazione attiva nell'area pisana con proiezioni nella capitale».
Antonio Scuglia




3 agosto 2004: Le Cor ruotano intorno a Frediani
Militava nella destra e conosceva alcune vittime degli attentati
di Giovanni Parlato
PISA. Ci sarà giovedì l'interrogatorio di garanzia di William Frediani e Francesco Gioia, i due studenti universitari accusati di appartenere alle Cor, le Cellule di offensiva rivoluzionaria, che negli ultimi tempi hanno firmato attentati e minacce, in particolare ad esponenti di Alleanza nazionale.
Anche Giuseppe Buonamici, il terzo agli arresti domiciliari, sarà interrogato in settimana. Intanto, si fa più chiaro il quadro nell'ambito del quale si sono mossi Digos da una parte e reparto operativo dei carabinieri dall'altra. La figura centrale dell'inchiesta risulterebbe William Frediani, il ventisettenne studente in Conservazione dei beni culturali. Su di lui, da un mese e mezzo, era concentrata l'attenzione della polizia, mentre i carabinieri indagavano a vasto raggio su diversi giovani del circolo "II Silvestre".
Sono state una serie di intrecci a portare sulla pista di Frediani. Quasi un gioco ad incastro in cui la Digos ha scoperto che quel nome, William Frediani, aveva avuto in passato un rapporto di conoscenza con alcune vittime degli attentati. Al liceo classico, era stato compagno di classe di Giacomo Mannocci, consigliere di circoscrizione, cui la notte del 30 settembre dell'anno scorso venne incendiato il portone di casa. Ma al liceo aveva conosciuto anche Diego Petrucci, il consigliere comunale di An, cui venne incendiata l'auto sotto casa. Sono stati scartabellati dalla Digos gli elenchi di classi alla ricerca di altri nomi e la ricerca si è estesa successivamente anche all'università.
I forti sospetti su William Frediani hanno dato una svolta all'indagine. Lo studente, che vive da solo in una casa di proprietà, è stato pedinato giorno e notte. Ogni volta che usciva da casa, senza che lo sapesse, i suoi movimenti venivano monitorati: la polizia lo ha pedinato ovunque, anche al supermercato, al punto che un investigatore butta lì, come una battuta, la frase «sapevamo anche cosa mangiava».
Scandagliando nel passato del giovane, è emerso che William Frediani nei suoi anni di studente liceale aveva una spiccata simpatia per la destra, per il Movimento sociale. Ma la svolta di Fiuggi nel 1994 non lo trova d'accordo. E non ha mai aderito alle scelte fatte da Alleanza nazionale.
Qui inizia un periodo particolare. Sembra, ma al momento non ci sono riscontri, che in quel periodo abbia avuto contatti con l'estrema destra del Fronte nazionale. Sta di fatto che il suo percorso politico fa un giro di 360 gradi [Ndr: con un giro di 360° si torna esattamente da dove si era partiti] al punto di sfociare nel circolo anarchico "II Silvestre" dove si impegna, soprattutto, in quella che gli investigatori definiscono una «campagna antimperialista». Ma l'obbiettivo resta provinciale: le vittime preferite sono rappresentanti di An. Vecchie conoscenze di Frediani che non sono neanche di spicco come consiglieri di circoscrizione.
Nell'ambito dell'inchiesta, emergono elementi secondo cui Frediani avrebbe spedito lettere di rivendicazione, ma soprattutto la prova che avrebbe partecipato all'attentato ai danni di Marco Meucci coordinatore provinciale di An, cui è stata bruciata l'auto, sotto casa, a Calci. Su questo attentato, la Digos scopre prove a carico anche di Francesco Gioia, 24 anni, di Rosignano Solvay, su cui stavano indagando i carabinieri. Ed è proprio sulla figura di Gioia che s'incontrano le inchieste della Digos da una parte e del reparto operativo dell'Arma dall'altra.
Il lavoro delle forze dell'ordine procede in sinergia fino a quando si capisce che i giovani stanno preparando un attentato ad un noto professionista.
Dopo l'attentato al portone di casa di Giovanna Fusco, segretaria dei gruppi consiliari di An, Procura e forze dell'ordine decidono che sia giunto il momento di dare il via alla seconda ondata di arresti.
Chiedono la misura cautelare in carcere che il gip trasforma in arresti domiciliari e su cui la Procura ha già inviato il ricorso al tribunale del riesame di Firenze.

Tirreno 7 agosto
Si apre il carcere per Frediani
L'esponente delle Cor dai domiciliari al Don Bosco
PlSA. WIlliam Frediani è stato arrestato ieri pomeriggio e trasferito al carcere Don Bosco. Contro di lui, gli investigatori avrebbero raccolto le prove che gli attribuiscono l'attentato all'abitazione di Giovanna Fusco rivendicato dalle Cor, le Cellule di offensiva rivoluzionaria. Il 25 luglio, alle sei del mattino, qualcuno dette fuoco al portone di casa della segretaria dei gruppi consiliari di Alleanza nazionale.
E' stato accusato di aver partecipato all'attentato alla Fusco.
Il giovane appartenente alle Cor è anche accusato di propaganda sovversiva per la rivendicazione dell'attentato a Giovanna Fusco via e-mail. Frediani si era recato presso la biblioteca del centro Maccarrone e da un computer aveva inviato l'e-mail di rivendicazione. La Procura, pertanto, in base alle prove raccolte da Digos e carabinieri, ha richiesto la custodia cautelare in carcere che il giudice delle indagini preliminari ha accolto. Pertanto, ieri pomeriggio alle 16.30, due pattuglie della Digos e altrettante del reparto operativo dei carabinieri si sono recate presso l'abitazione di William Frediani in via del Lavatoio dove il giovane si trovava agli arresti domiciliari dal 30 luglio scorso.
William Frediani, 27 anni, studente in Conservazione dei beni culturali, da un mese e mezzo era pedinato giorno e notte dalla Digos che non lo perdeva d'occhio. E i carabinieri, allo stesso tempo, stavano seguendo i movimenti di altri due giovani, Francesco Gioia di Rosignano Solvay, 24 anni, e Giuseppe Buonamici, 25 anni, studente di Scienze politiche.
Le due inchieste si sono incrociate diventando l'una il prolungamento dell'altra e viceversa. Per tutti e tre l'accusa è di partecipazione all'associazione a delinquere denominata Cor, mentre Frediani e Gioia sono anche accusati di fabbricazione, detenzione e porto di ordigni esplosivi. Carabinieri e polizia avrebbero le prove del loro coinvolgimento nell'attentato a Marco Meucci, il coordinatore provinciale di Alleanza nazionale, cui venne bruciata l'auto sotto casa a Calci. Per queste accuse erano agli arresti domiciliari. Frediani, inoltre, sarebbe anche l'autore delle minacce di morte indirizzate alla vedova Fregasi, il luogotenente dei carabinieri morto nell'attentato a Nassiriya. Ieri, il colpo di scena: l'arresto e il trasferimento in carcere di William Frediani per l'attentato a Giovanna Fusco e la conseguente accusa di propaganda sovversiva.
Proprio William Frediani, Francesco Gioia e Giuseppe Buonamici, giovedì mattina si erano presentati davanti al giudice delle indagini preliminari per l'interrogatorio di garanzia. Tutti e tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Frediani e Gioia erano assistiti dall'avvocato Luca Pellegrini del foro livornese, mentre Buonamici era difeso dall'avvocato Massimo Focacci. L'interrogatorio si è svolto al palazzo di giustizia. Tutto si è svolto in tempi rapidi.
Nell'occasione il sostituto procuratore Antonio Di Bugno (che ha coordinato l'inchiesta insieme al consigliere Enzo Iannelli) ha ufficializzato il ricorso della procura pisana al Tribunale del Riesame per una misura cautelare in carcere dei tre giovani. Gli arresti di Frediani, Gioia e Buonamici sono stati preceduti da altri arresti. Il 7 giugno finiscono in manette Alessio Perondi, 21 anni, in carcere al Don Bosco. Dopo poche ore altre quattro persone: Leonardo Landi, 37 anni, fiorentino, la sua compagna Elisabetta Galante, 25 anni, di Modena, Gioacchino Somma, 33 anni di Napoli, e la sua ragazza Alice Motta, 23 anni, pisana, poi scarcerata perché estranea ai fatti. Vengono bloccati ad Agnano nel casolare affittato da Costantino Ragusa che sarà arrestato il 14 giugno.
Giovanni Parlato



Il Tirreno – Cronaca di Pisa – domenica 8 agosto 2004

Allarme terrorismo (sic!). L'inchiesta durava da mesi. E gli investigatori ipotizzano che ci sia la stessa mano anche dietro gli attentati ai tralicci e alle centraline telefoniche.
Tre anni di attentati con un'unica matrice
Pedinamenti e controlli delle email: così è scattata la trappola per Frediani
di Luciano Donzella

PISA. Un'inchiesta che parte da lontano, lunga e difficoltosa, nata molto prima che la sigla Cor iniziasse a circolare. È quella condotta dal nucleo operativo dei Carabinieri del comando provinciale di Pisa, avviata oltre due anni fa, che ha portato da giugno ad oggi a otto arresti effettuati dagli stessi carabinieri più uno, quello di William Frediani, in collaborazione con la Digos, in una sorta di joint venture fra reale e virtuale. Dei dettagli dell'indagine non parlano volentieri il tenente colonnello Angelo De Luca, comandante del reparto operativo provinciale dei carabinieri, e il maggiore Remo Robazza, comandante del nucleo operativo.
Anche perché il futuro potrebbe portare nuove sorprese.
Sono loro le menti di questa operazione volta ad individuare i responsabili di gran parte degli attentati piccoli e grandi che hanno colpito Pisa e dintorni negli ultimi 3-4 anni, dai tralicci alle antenne telefoniche, dalle sedi di partito e di sindacato ai personaggi politici. Sì, perché, anche se loro non lo dicono, quello che sembra emergere è un unico disegno, precedente alla denominazione Cor, alla base di una vera e propria escalation che avrebbe portato ad azioni, per quanto non particolarmente gravi dal punto di vista criminoso, sempre più mirate.
I risultati dell'inchiesta dei carabinieri hanno portato per ora in carcere, oltre a William Frediani di 27 anni, Alessio Perondi di 21 anni, e agli arresti domiciliari Francesco Gioia di 24 anni, Giuseppe Buonamici di 25 anni, Leonardo Landi di 37 anni, Elisabetta Galante di 25 anni, Gioacchino Somma di 33 anni, Costantino Ragusa di 28 anni.
Arrestata e poi scarcerata perché ritenuta estranea ai fatti Alice Motta di 23 anni. Secondo gli inquirenti l'organizzazione criminale aveva il suo fulcro nel circolo Il Silvestre, gruppo definito anarco-insurrezionalista.
"Da molti mesi - spiega il maggiore Robazza - eravamo sulle tracce di questo gruppo. Un'indagine particolarmente difficoltosa, anche perché la maggior parte di questi ragazzi non ha telefonino, si sposta senza auto, insomma bisogna fare i conti con comportamenti non convenzionali, e anche molto sospettosi. Dal mese di maggio si innesta sull'indagine una proficua collaborazione con la polizia, che stava seguendo la pista di Frediani (il giovane si è portato in carcere un libro del Corano; ndr)".
E questa porterà all'arresto congiunto polizia-carabinieri dello studente (che si è portato in carcere un libro del Corano; ndr).
Com'è andata, lo racconta il colonnello De Luca. «Abbiamo seguito le tracce virtuali lasciate da Frediani con l'invio di una e.mail di rivendicazione, con due agenti del reparto operativo che tramite riscontri telematici prima individuavano il computer da cui era stato fatto l'account, ovvero l'indirizzo che da la possibilità di inviare messaggi, da un istituto universitario, poi quello da cui materialmente è partita la e-mail, nella biblioteca provinciale del centro Maccarrone.
Un semplice riscontro incrociato ha poi confermato che l'orario di partenza di quest'ultima coincideva con la presenza di Frediani al Maccarrone, certificata dalla polizia, che da tempo lo pedinava».
Questo per l'ultimo arresto.
Ma come nacque l'indagine dei carabinieri? Perché il loro interesse si appuntò proprio sul Silvestre? «Noi sapevamo che uno degli otto arrestati - spiega Robazza -, attivo nel Silvestre, dopo uno dei primissimi attentati, aveva con sé materiali che erano stati utilizzati per farlo. Anziché intervenire subito, ci siamo messi al lavoro per cercare di individuare l'intera organizzazione.
Un lavoro lento ma proficuo, anche perché in queste situazioni è molto difficile avere elementi sufficienti ad avere l'autorizzazione dal magistrato ad indagini più specifiche.
Del resto arrestare un singolo attentatore non ci sarebbe servito a niente, abbiamo lavorato in silenzio per mesi, e i frutti si stanno vedendo ora».
Quella che sembra emergere dalla ricostruzione del percorso che ha portato agli arresti, è una sostanziale identità fra almeno una parte del gruppo anarchico e le Cor, al di là delle etichette, visto che la tipologia di reati e il modo di agire sembra essere lo stesso prima e dopo l'apparizione della sigla delle Cellule di offensiva rivoluzionaria. Un gruppo che era nel mirino dei carabinieri da molto tempo, e questi mesi sono serviti a raccogliere le prove della loro attività criminosa. L'inchiesta potrebbe non essere chiusa qui, ma sul futuro il colonnello De Luca e il maggiore Robazza non dicono una parola: «Sono indagini già di per sé molto difficili, meglio non concedere alcun vantaggio».

LA STORIA DELLE COR
Dietro quella sigla un'escalation di azioni criminose PISA. Un escalation di azioni criminose lunga 16 mesi, è l'elenco degli attentati rivendicati dalle Cellule di offensiva rivoluzionaria. A questi andrebbero aggiunte altre azioni precedenti alla nascita della sigla Cor, ma che potrebbero avere la stessa matrice se non gli stessi autori.
10 marzo 2003 - Un petardo esplode davanti alla sede di Azione Giovani a Capannoli.
14 luglio 2003 - Un ordigno rudimentale è abbandonato davanti alla sede dell'Ugl, in via Sant'Apollonia.
22 luglio 2003 - Un bossolo calibro 9x21 è inviato ad un giornalista de La Nazione
30 settembre 2003 – Una bottiglia incendiaria distrugge in via Fratti il portone di casa di Giacomo Mannocci esponente di An. Il padre resta ferito.
30 ottobre 2003 - Presi di mira due cantieri Edilcostruzioni per la nuova sede dei carabinieri di Navacchio.
30 gennaio 2004 - Un incendio danneggia la porta dell'agenzia di lavoro interinale Man at work, in via Cattaneo.
31 gennaio 2004 - Due bottiglie incendiarie esplodono davanti al circolo Azione Giovani a Pontedera.
10 febbraio 2004 - Va a fuoco un'auto della polstrada.
18 febbraio 2004 - Una busta contenente 4 bossoli 9x21 e un volantino firmato Cor è inviato all'Italia dei valori.
15-17 marzo 2004 – Quattro lettere con bossoli di proiettile calibro 22 vengono inviate a direttori di carceri toscane.
5 aprile 2004 - Un incendio distrugge la Bmw del coordinatore di An, Marco Meucci, davanti alla sua casa a Calci.
21 aprile 2004 - Ignoti danno fuoco all'auto del padre del consigliere di An Diego Petrucci, in una traversa di via Garibaldi. La mattina dopo 4 lettere di minacce delle Cor, con un bossolo di calibro 9x21 arrivano ai segretari provinciali Uil di Pisa, Livorno, Lucca e Carrara.
28 maggio 2004 - Atto vandalico ai danni di un consigliere comunale di Forza Italia, cui vengono tagliate le ruote dell'auto. E messaggi intimidatori via SMS ad un giovane esponente azzurro.
29 maggio 2004 - Il consigliere comunale di An Diego Petrucci riceve sul suo cellulare diversi Sms con minacce firmate Cor.
5 giugno 2004 - Inviato al Tirreno un documento di 5 pagine firmato Cor che rivendica una ventina di azioni.
20 giugno 2004 - Paola Coen, vedova del maresciallo dei carabinieri Enzo Fregosi riceve per posta celere un volantino pieno di insulti e minacce, siglato Cor.
25 giugno 2004 - Un messaggio pieno di minacce arriva alla redazione pisana della Nazione. Obiettivo Gino Logli, noto esponente storico della destra pisana.
26 luglio 2004 - Ancora un attentato contro An a Pisa. All'alba, a Porta a Lucca, il portone della villetta di Giovanna Fusco, giovane esponente di An, è distrutto da una bottiglia di plastica piena di benzina.

LA SCHEDA
Il Silvestre, circolo ecologista con propensione all'anarchia
PISA. Riflettori sul circolo Il Silvestre. Da un lato c'è chi - come gli inquirenti - guarda alle persone assai più che alle sigle, e il confluire (o il procedere in parallelo) dell'inchiesta avviata da mesi sugli appartenenti al circolo in quella sulle Cor ne è la logica conseguenza. Dall'altro chi - come alcuni fra gli avvocati degli arrestati - basa la sua linea difensiva proprio sul distruggere questa equazione.
Ma in che rapporto stanno le Cor e il Silvestre? In primo luogo tutti gli arrestati sono attivisti o partecipanti alle iniziative di questo circolo, che si presenta come ecologista ma in cui gravita anche un gruppo che si definisce anarchico, gli Incontrolados, e dove nascono due pubblicazioni, Terra selvaggia e Mamora. Su questo substrato si sarebbero sviluppate le Cor.
Di opinione opposta l'avvocato Massimo Focacci, che difende Buonamici: «Bisogna distinguere— dice — le Cor e il circolo Il Silvestre, che sono realtà ben diverse. La Procura considera molto importante il documento trovato ad Agnano, ma io non credo che quel documento gli accusati se lo siano spediti da soli: era una lettera inviata alla rivista Terra Selvaggia, in via del Cuore, così come agli altri organi di stampa».




Gioia è fuggito dagli arresti domiciliari
Accusato dell'attentato a Meucci rivendicato dalle Cellule di offensiva rivoluzionaria

di Giovanni Parlato

PISA. Francesco Gioia è fuggito dagli arresti domiciliari. Arrestato nell'ambito dell'inchiesta sulle Cor, le Cellule di offensiva rivoluzionaria, ha lasciato l'abitazione di Rosignano dove viveva con i nonni. I carabinieri avevano bussato all'abitazione alle 16.30 di sabato trovando in casa Gioia. Al successivo controllo delle 19,30 il giovane era evaso. Immediatamente, è scattato l'allarme. Si è scatenata la caccia all'uomo di carabinieri della Compagnia di Cecina, reparto operativo dell'Arma di Pisa, Digos e squadra mobile pisana.

Nella serata di sabato, posti di blocco sono stati organizzati in tutte le strade intorno a Rosignano, un elicottero dei carabinieri si è alzato in volo sorvolando la costa tra Pisa e Rosignano, poliziotti sono stati sguinzagliati nel centro di Pisa e nei dintorni. La foto di Francesco Gioia è sul cruscotto di tutte le autopattuglie delle forze dell'ordine. Una caccia che, al momento, non ha dato i suoi frutti.
Francesco Gioia era stato arrestato il 30 luglio scorso. Un giorno in cui, carabinieri e polizia avevano fatto scattare le manette anche per William Frediani e Giuseppe Buonamici. Per tutti e tre l'accusa è di partecipazione all'associazione a delinquere Cor che nell'ultimo anno ha firmato numerosi attentati ai danni di esponenti locali di Alleanza nazionale (auto e portoni di casa bruciati) ed ha inviato minacce a rappresentanti del mondo sindacale e politico. Inoltre, Frediani e Gioia erano anche accusati di fabbricazione, detenzione e porto di ordigni esplosivi. Polizia e carabinieri hanno raccolto prove secondo cui Frediani e Gioia avrebbero avuto un ruolo nell'attentato contro Marco Meucci, coordinatore provinciale di Alleanza nazionale, cui venne bruciata l'auto sotto casa, a Calci.
La fuga di Gioia dagli arresti domiciliari innescherà sicuramente una polemica. Nei suoi confronti (come per Frediani e Buonamici), la Procura di Pisa aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. Richiesta che era stata respinta dal giudice delle indagini preliminari, Leonardo Degl'Innocenti, il quale aveva optato per gli arresti domiciliari. Una decisione criticata dalla Procura pisana tanto che, venerdì scorso, aveva depositato il ricorso al Tribunale del Riesame di Firenze affinchè venisse accolta la richiesta della custodia cautelare in carcere. Richiesta fondata visto che Francesco Gioia il giorno dopo è fuggito. Si è allontanato da casa chiedendo al nonno di andare in farmacia: in quel frangente, il giovane è sparito. Dopo il rientro del nonno, poco dopo sono arrivati i carabinieri ed è iniziata la caccia al giovane che si è reso latitante. Sui motivi che hanno indotto Gioia a evadere si possono fare solo ipotesi. La sua fuga segue di un giorno l'arresto di William Frediani che dai domiciliari si è ritrovato al carcere Don Bosco con l'accusa di avere partecipato all'ultimo attentato, quello del 25 luglio quando le Cor dettero fuoco al portone di casa di Giovanna Fusco, la segretaria dei gruppi consiliari di Alleanza Nazionale. Frediani e Gioia, a quanto dicono gli investigatori, avevano un forte legame: a Pisa si vedevano e si consultavano spesso. E' possibile che l'arresto di Frediani abbia fatto temere a Gioia che anche per lui potessero scattare misure restrittive più severe. Inoltre, era a conoscenza del ricorso della Procura che chiedeva il carcere invece dei domiciliari. Come gli altri arrestati, anche Francesco Gioia frequentava il circolo anarco-insurrezionalista "Il Silvestre" nel cui ambito, secondo il reparto operativo dei carabinieri e la Digos, sarebbero nate le Cor. E proprio in quest'ambito sono stati effettuati ben otto arresti da giugno ad oggi. William Frediani e Alessio Perondi sono al Don Bosco, tutti gli altri sono ai domiciliari.

«Venerdì ho parlato con lui l'ultima volta»
L'avvocato Pellegrini: viveva la sua condizione in modo traumatico.
ROSIGNANO. L'avvocato Luca Pellegrini, legale di Francesco Gioia e William Frediani, è tornato precipitosamente al lavoro. Domenica pomeriggio, alle 15,30, lo troviamo nel suo studio, a Cecina. C'è da scartabellare alcuni degli atti dell'inchiesta sulle Cor di cui l'avvocato è in possesso, ma ora che Gioia è latitante, la situazione per il giovane di Rosignano si è notevolmente complicata. Pellegrini ha parlato per l'ultima volta con Gioia venerdì scorso. «Indubbiamente - spiega il legale - il mio assistito viveva questa condizione dell'arresto domiciliare in modo decisamente traumatico, con apprensione. Ho parlato con lui giovedì, durante l'interrogatorio davanti al gip, poi l'ho risentito il giorno seguente. Abbiamo concordato di incontrarci, per esaminare meglio la situazione, non appena avessi avuto in mano altri atti della Procura di Pisa».
La notizia della scomparsa di Francesco Gioia ha sorpreso l'avvocato, consapevole dell'improvviso aggravarsi della posizione del suo assistito. «Ho parlato con la mamma di Francesco. Anche lei, come me, non sapeva darsi spiegazioni». Può essere che Gioia temesse di finire in carcere. Può essere che vivesse con angoscia la custodia cautelare tanto da maturare l'idea, poi attuata, di una fuga. Il suo legale non si sbilancia su quegli che possono essere gli esiti di un'indagine che si annuncia lunga.
A.R.

LE RICERCHE
Si è dileguato a piedi
PISA. Carabinieri e Digos hanno preso in esame tutte le possibili vie di fuga. La tesi più accreditata è che sia scappato a piedi. Motorino e auto sono al loro posto. E non avrebbe preso neanche soldi. La prima possibilità è la fuga in treno. La stazione non è lontana, a circa un chilometro e mezzo. Ma Gioia avrebbe dovuto passare vicino alla caserma dei carabinieri di Rosignano che gli sarebbe rimasta a circa duecento metri sulla sua sinistra. Un rischio alto. Per questo motivo, questa possibile via di fuga non è molto considerata. In secondo luogo, Gioia potrebbe essere salito su un autobus verso Rosignano Marittimo o verso il mare. Da lì cambiare verso altra destinazione di cui non si esclude la stessa Pisa. È forse la via di fuga più attendibile. Ma Francesco Gioia potrebbe anche essere risalito verso la variante.

I FAMILIARI
Siamo preoccupati meglio costituirsi
di Barbara Antoni

ROSIGNANO. È scappato perché era terrorizzato, perché temeva che le accuse contro di lui sfociassero in una condanna. Perché aveva paura di ciò che lo poteva attendere. Secondo la famiglia - il nonno Sergio Magnaschi e la mamma Simonetta - questi sono i motivi che avrebbero spinto alla fuga dagli arresti domiciliari Francesco Gioia, il 24enne rosignanese accusato di far parte delle Cor. Anche se lui, davanti alla magistratura e alla propria famiglia, «ha sempre dichiarato la sua innocenza, e quella dei suoi amici».
«Sono molto preoccupato per Francesco - dice il nonno - vorrei dirgli di tornare a casa. Se si costituisse, forse la giustizia potrebbe chiudere mezzo occhio sul suo gesto, dettato solo dalla paura». «Francesco era spaventato - dice anche la mamma, che accusa i mezzi di informazione di aver contribuito a turbare il figlio -; di lui tutto è stato detto fuorché un fatto: l'unica volta che fu processato con l'accusa d'aver bruciato una ruspa, fu assolto».
Sergio Magnaschi, meccanico in pensione, parla dalla sua casa di Rosignano in via 2 Giugno al civico 11, un appartamento al piano rialzato dove il nipote è cresciuto e dove è tornato un paio di mesi fa, dopo anni che viveva stabilmente a Pisa. E da dove è evaso sabato pomeriggio, intorno alle 19. Alla famiglia, così emerge dal racconto, Gioia non ha dato segnali delle sue intenzioni. Sabato, verso le 18,30, ha chiesto al nonno di andare in farmacia a comprare una medicina per il suo cane Lud, un maschio meticcio, incrocio tra un pitbull e un mastino, che vive in casa. Il nonno è uscito, e al ritorno - tra le 19 e le 19,30, l'ora del secondo controllo quotidiano a casa dei carabinieri - non l'ha più trovato. Come volatilizzato, e senza prendere né denaro (se non gli spiccioli che aveva in tasca), nè motorino (ce ne sono tre in garage di casa Magnaschi), né l'auto del nonno (pochi giorni prima dell'arresto, a Gioia era stata ritirata la patente per eccesso di velocità), né telefonino. E' fuggito a piedi, e su dove, come e con chi potrebbe essersi diretto la famiglia dice di non avere idea. Quasi in contemporanea al ritorno del nonno, è giunta la pattuglia dei carabinieri per il secondo controllo. Ma Gioia non c'era. «Hanno guardato in tutte le stanze per vedere se si fosse nascosto da qualche parte, ma niente», racconta Magnaschi.
«In tutti questi giorni che era costretto a stare in casa, senza nemmeno uscire per le scale del condominio, a Francesco abbiamo fatto compagnia io e mia moglie - continua il nonno -: un filmettino, un disco. La nonna lo vizia, io per scherzare faccio finta di essere geloso. E il nostro unico nipote, lei gli prepara i piatti, solo cose vegetariane. Perché Francesco non mangia carne, né pesce, solo uova e formaggio, nessun cibo cotto nel lardo. Non usa scarpe di cuoio, non fuma, non beve; è sempre stato così, fin da ragazzo. Ha rifiutato il militare; non che abbia fatto l'obiettore. E per questo rifiuto totale ha dovuto fare cinque mesi di firme dai carabinieri».
Gioia non ha un lavoro fisso.
Ha frequentato le scuole medie e poi un corso di computer. Da anni esegue lavori saltuari: per ditte di traslochi, di montaggio e smontaggio di allestimenti per spettacoli. Ultimamente sembra che trattasse oggetti antichi. Il giorno dopo l'arresto avrebbe dovuto cominciare a lavorare a Vada per la raccolta dei pomodori. Per anni ha vissuto a Pisa, in un appartamento con altri coetanei, tra cui la sua ragazza. A Rosignano è tornato circa due mesi fa, «perché con la sua fidanzata si era preso una pausa di riflessione - spiega il nonno -. A volte William (William Frediani, ndr) lo veniva a trovare verso mezzogiorno e rimaneva fino alle quattro. Francesco è bravo con il computer, ha fatto alcuni stage in aziende».

Volantini di solidarietà all'attivista del Silvestre
ROSIGNANO. Il centro di Rosignano tappezzato da decine di manifesti. I manifesti recano in testa lo slogan: «Né fango, né soda per Francesco Gioia» e chiudono con il monito: «Contro la paura imparare il coraggio. La rassegnazione è la morte, la rivolta è la vita».
Sono stati attaccati sui muri della città, in luoghi diversi, probabilmente già da venerdì notte: lungo la ferrovia in via Menotti, vicino ad una farmacia, anche sul lungomare. Non hanno una sigla, chi li ha fabbricati non si firma. In essi si esprime solidarietà a Gioia e agli altri attivisti del circolo «Il Silvestre» di Pisa arrestati e sospettati di appartenere alle Cellule di offensiva rivoluzionaria. «Francesco - si legge - non ha mai fatto mistero della sua determinazione a lottare contro le ingiustizie. Centinaia, forse migliaia le persone che lo hanno visto contestare nelle piazze, nelle strade, per la libertà di tutti».
[Nel volantino, così come fotografato su Il Tirreno, si legge inoltre "Fortemente sospettato di appartenere alle Cellule di Offensiva Rivoluzionaria (COR), Francesco Gioia di Rosignano Solvay è stato arrestato senza prove e messo agli arresti domiciliari nella casa dei genitori. Assieme a lui, in una retata a puntate, sono stati arrestati con la stessa procedura anche Alessio, Gioacchino, Leo, Costantino, Willy, Beppe, attivisti del circolo anarchico di Pisa e appartenenti al gruppo ecologista "Il Silvestre". Le COR hanno colpito i sindacati che vendono i lavoratori…..

Il Tirreno 10 Agosto 2004
Solvay, porto e antenne nel mirino
Un’ escalation di attentati: l’impronta anarco-ambientalista

ROSIGNANO. Solvay, Crepatura, le antenne della telefonia mobile. Gli inquirenti hanno pochi dubbi: sono il bersaglio scelto di attentati la cui matrice è riconducibile all’area anarco ambientalista che annovera proseliti anche sul nostro territorio. E Rosignano, dove la presenza industriale è dominante, diventa il terreno scelto, un target, dove si concentrano le principali azioni di ecoterrorismo.
C’è una lunga striscia di attentati e raid teppistici a mettere in allerta gli investigatori. Una vera e propria escalation che ha, nel gennaio 2003, il proprio apice. E che pone Rosignano sotto i riflettori investigativi dei Ros, i reparti speciali dei carabinieri, e della Digos.
Fuoco alle antenne. E’ il 22 gennaio. Nella notte viene dato fuoco al ripetitore di telefonia mobile Wind a Rosignano in via Lungomonte. Viene parzialmente danneggiato anche il vicino impianto di Omnitel. La tecnica è quella già sperimentata in altre azioni: tanica di kerosene e innesco con scatole di fiammiferi. Nella stessa notte un’ondata di attentati si abbatte sulla costa toscana: colpito il ripetitore Wind di Pietrasanta e le apparecchiature Albacom di Carrara. Se per Rosignano non c’è una rivendicazione, le azioni in Versilia e a Carrara vengono timbrate con lettere anonime che inneggiano alla libertà per Marco Camenisch, anarchico svizzero di 50 anni, detenuto in carcere a Berna e ritenuto dagli investigatori responsabile di attentati ai tralicci dell’alta tensione in Toscana. Di più. Per i Ros, che indagano sugli episodi, l’ondata di fuoco alle antenne può essere riconducibile all’attentato che pochi giorni prima ha carbonizzato l’ovovia del Gomito all’Abetone.
Chi si nasconde dietro queste azioni? Partono perquisizioni a raffica, anche a Rosignano. Si mettono al setaccio le abitazioni di alcuni giovani legati agli ambienti anarchici ed ecologisti e già in questa fase gli investigatori ipotizzano collegamenti su un asse Pisa-Rosignano-Livorno. Le indagini per il fuoco alle antenne sono ancora aperte.
«No a Crepatura». Il fuoco ai ripetitori è però preceduto da una serie di azioni contro il porto di Crepatura. L’11 gennaio vengono prese di mira 5 agenzie immobiliari le cui vetrine vengono imbrattate con scritte e slogan contro il porto. Il fatto segue al moltiplicarsi di scritte sui muri della città, che compaiono giorno dopo giorno.
Solvay nel mirino. Il fronte antagonista nei confronti della presenza della multinazionale belga sul territorio assume, all’inizio del 2003, maggiore forza. E’ la politica industriale della Solvay, ritenuta di «vera e propria occupazione del territorio», sotto tiro. Si moltiplicano manifestazioni pacifiche, ma si eseguono anche azioni nei confronti delle quali gli ambientalisti prendono decisamente le distanze. La notte del 21 gennaio vengono danneggiate a picconate le tubature della salamoia della Solvay. Vengono provocati sei grossi fori. Ma il livello di allarme si alza sensibilmente nel settembre 2003: il 17 viene incendiata con una tanica di benzina una cabina elettrica della Solvay a Ponteginori. L’incendio blocca tre pozzi di estrazione dell’acqua e manda in tilt, per ore, il cantiere di Buriano. L’attentato avviene a tre giorni dalla Marcia del Sale, manifestazione pacifica contro i prelievi d’acqua della Solvay dal Cecina, promossa dagli ambientalisti della Val di Cecina. Dai Verdi arriva una netta condanna dell’attentato.
Un salto di qualità? Ora gli investigatori rileggono gli atti delle indagini sotto una nuova lente. L’arresto (e poi l’evasione) di Francesco Gioia, già oggetto in passato di perquisizioni e accertamenti da parte di carabinieri e polizia, è stato accompagnato dalla diffusione, a Rosignano, di decine di manifesti di solidarietà che incitano alla rivolta. Gioia dice di essere estraneo alle Cor, le cellule rivoluzionarie, ma non ha mai negato le sue convinzioni anarchiche ed i legami col centro pisano «Il Silvestre» che conta, anche in città, alcuni simpatizzanti. Per gli inquirenti gli attentati alle antenne e alla Solvay, sebbene non siano imputabili al giovane rosignanese, s’inquadrano comunque nell’area dell’antagonismo anarcoambientalista. Ne sono più che convinti gli uomini dei Ros che ora rileggono le carte dell’escalation di fuoco.
ANDREA ROCCHI


Tirreno 10 agosto 2004 cronaca di Pisa pag III

Gioia ricercato all'estero
Potrebbe essere espatriato con l'aiuto di altri anarchici
Il pm Di Bugno: avevamo ragione a chiedere il carcere
di Giovanni Parlato
PISA. Francesco Gioia potrebbe anche essere espatriato. È questo il maggiore timore di polizia e carabinieri che, da sabato sera, gli danno la caccia. Non si esclude che possa essersi rifugiato in Francia. La solidarietà fra gruppi anarchici è ben radicata sia sul territorio nazionale che oltreconfine. «Gioia potrebbe avere avuto solo l'imbarazzo della scelta a quale gruppo anarchico chiedere aiuto», dicono gli investigatori che hanno diramato la foto di Gioia al Ced, il centro elaborazioni dati di Roma. Una comunicazione con lo scopo di diramare in tutta Italia e, soprattutto, alle frontiere l'ordine di cattura. Ma al di là della possibile eventualità di una fuga all'estero, Gioia viene soprattutto ricercato tra Pisa e Rosignano e in tutta la Toscana. In quei luoghi che l'anarchico frequentava.
Da un paio di mesi, Gioia aveva lasciato Pisa dove si era stabilito e dove frequentava il circolo anarchico-insurrezionalista "II Silvestre". Un periodo in cui aveva trovato anche una compagna, una studentessa torinese iscritta alla facoltà di Lettere. Tuttavia, negli ultimi due mesi, in città si vedeva poco. Anche alle manifestazioni e ai volantinaggi cui partecipava assiduamente, non era più stato notato dagli agenti della Digos. Aveva lasciato Pisa per Rosignano, dove era nato e cresciuto. Francesco Gioia aveva preferito andare a vivere nell'abitazione dei nonni dove dal 30 luglio era agli arresti domiciliari. La Procura di Pisa lo ha accusato di fare parte delle Cor, le Cellule di offensiva rivoluzionaria, che nell'ultimo anno a Pisa e dintorni ha .siglato attentati e inviato minacce a politici e sindacalisti. Ma Francesco Gioia, in maniera specifica, è anche accusato di avere partecipato all'attentato a Marco Meucci, coordinatore provinciale di Alleanza nazionale. Un'accusa che divide con William Frediani, altro giovane presunto appartenente alle Cor. Proprio Frediani, pedinato dalla Digos, era stato visto andare a Rosignano a casa di Gioia con cui trascorreva qualche ora. Anche per Frediani erano scattati gli arresti domiciliari, ma venerdì sera era stato arrestato e portato al Don Bosco con l'accusa di avere partecipato all'ultimo attentato, avvenuto il 25 luglio, quando le Cor dettero fuoco al portone di casa di Giovanna Fusco, segretaria dei gruppi consiliari di Alleanza nazionale. Non si esclude che proprio l'arresto di Frediani, abbia indotto Gioia a fuggire temendo che anche per lui fosse giunto il momento di varcare la soglia del carcere. Il suo avvocato, Luca Pellegrini, lo aveva informato dell'arresto di Frediani, ma gli aveva anche specificato che lui era estraneo a quelle accuse. Nonostante la rassicurazione del legale, Gioia ha voluto sottrarsi ai controlli e diventare, di fatto, un latitante.
E sulla fuga di Francesco Gioia non poteva mancare un'appendice polemica. La Procura di Pisa aveva chiesto (anche per Frediani e Buonamici) la custodia cautelare in carcere, ma il giudice delle indagini preliminari aveva modificato la richiesta firmando gli arresti domiciliari. Un provvedimento che la Procura non aveva digerito al punto da fare ricorso al Tribunale del Riesame di Firenze. E dopo la fuga di Francesco Gioia, il sostituto procuratore Antonio Di Bugno ha affermato: «Avevamo ragione. E questo non è un commento, ma solo un dato di fatto». Domani pomeriggio, in piazza XX Settembre, il circolo "II Silvestre" organizzerà un volantinaggio per esprimere solidarietà ai giovani arrestati.

LUVISOTTI (AN)
Quanto accaduto è sconcertante la città pretende spiegazioni
PISA. «Grazie signor giudice di aver restituito la libertà ad un giovane terrorista». Sconcerto e rabbia nelle parole del consigliere regionale di An, Virgilio Luvisotti, alla notizia della fuga di Francesco Gioia. «Ci sono precise responsabilità in questa fuga - incalza Luvisotti - e la città pretende spiegazioni da parte di chi ha ritenuto non pericoloso questo individuo, rigettando la richiesta di carcerazione del pubblico ministero Di Bugno e del procuratore lannelli. Come possiamo continuare ad aver fiducia nella giustizia pisana se il metro di "giudizio" è questo? E' accettabile che lo straordinario lavoro di investigazione delle forze dell'ordine, con l'appoggio della magistratura, finisca per essere vanificato da decisioni così deleterie per l'inchiesta in corso?».
«Quello che è accaduto è sconcertante e, purtroppo, era prevedibile - conclude Luvisotti -. Solo un'ennesima prova di efficienza degli investigatori potrà portare, mi auguro nel più breve tempo possible, in carcere questo giovane».


L'ARRESTO DI FREDIANI
In cella con Corano e Inferno per preparare un esame
PISA. William Frediani sta preparando un esame di letteratura per l'università. È questo il motivo per cui ha scelto di portare in carcere il Corano. Tant'è vero che ha portato con sé anche l'Inferno di Dante. L'esame che Frediani sta preparando prevede l'individuazione e lo studio all'interno del capolavoro dantesco dei possibili richiami del Corano. Nessun legame o quant'altro delle Cor con il mondo islamico. Un elemento che viene confermato dalla stessa Digos che, nel suo lavoro di monitoraggio dell'attività degli anarchici pisani, non ha mai riscontrato alcun collegamento con la comunità islamica.

H O M E