21° SECOLO Scienza e Tecnologia n. 2-1995 LA VALORIZZAZIONE DELLE VIE DACQUA PUO PREVENIRE LE ALLUVIONI di Gianfranco Magrini Nellautunno del 94, pochi giorni di pioggia hanno distrutto metà Piemonte e parte della Lombardia. Nel ricercare le cause di tanto disastro si è parlato delleccezionalità della precipitazione, della vastità dellarea interessata contemporaneamente alle piogge, di deforestazione, cementificazione, mancata escavazione dei fiumi, ella riduzione dei bacini di compensazione, della creazione di arginature artificiali e via dicendo, certamente argomenti validi ma che da soli non potevano essere la principale causa del disastro ambientale. A detta degli esperti, negli ultimi trecento anni il livello di piena registrato nel 94 era stato superato in almeno 10 occasioni, senza produrre disastri paragonabili a quello dellautunno scorso. Personalmente ritengo che le cause prime siano la perdita della cultura di gestione delle acque e la mancanza di rispetto o soggezione per il fiume. Ancor prima del conflitto mondiale 1940-45 i Politecnici e le Scuole di Ingegneria formavano ingegneri idraulici di altissimo livello e tutti trovavano occupazione, soprattutto per progettare opere a salvaguardia del territorio. Lingegneria idraulica espressa nelle opere di bonifica, di irrigazione e successivamente per la navigazione era di modello a tutto il mondo; basti pensare che la rete di canali gravitanti su Milano ha cominciato ad essere realizzata attorno allanno 1200. Oggi il residuo di tanta cultura è stato catturato dal grande affare delle condotte fognarie e degli impianti di depurazione, abbandonando del tutto o quasi le chiare, fresche, dolci acque. Lurbanistica dei retini, poi, ha completato lopera, perché il grande affare degli indici e degli standard ha fatto dimenticare le presenze vive e vitali sul territorio. Oggi, forse con esagerata enfasi, si riscoprono le essenze primarie del territorio ed i disastri sottolineano le problematiche. Tuttavia recuperare il tempo perduto diventa molto oneroso, anche perché questi interventi non producono ritorni economici tangibili a breve termine. Come sempre, la soluzione al problema va perseguita adottando strategie che coinvolgono diversi campi delle attività umane. Lirrigazione è senza dubbio lutilizzo ancor oggi fondamentale dei corsi dacqua, tuttavia il crescente inquinamento impone ulteriori investimenti; la salvaguardia dellambiente e la difesa degli eventi eccezionali costituiscono un patrimonio, ma richiedono investimenti senza ritorni monetizzabili; la navigazione commerciale per il trasporto delle merci potrebbe essere un valido aiuto, ma non tale da giustificare i massicci investimenti necessari per attrezzare una rete efficiente; in pratica il bilancio negativo fra costi e ricavi fa preferire linerzia. Una risorsa per incentivare il turismo Oggi una delle attività in forte sviluppo è il turismo; gli esperti addirittura prevedono ce nel 2000 il numero dei turisti sarà il doppio di quello attuale. LItalia, per naturale costituzione e per la ricchezza del suo patrimonio artistico, è e sarà sicuramente una delle mete privilegiate; ma il turismo non vuol solo dire piazza San Marco, piazza della Signoria o piazza San Pietro. Una corretta politica turistica ha il dovere di favorire la frammentazione dei flussi in molteplici direzioni. Una delle direttrici ancora inesplorate e non sfruttate è quella legata alla navigazione delle acque interne. Non è questa la sede per dilungarmi in dettagliate spiegazioni sulla miriade di opportunità che potrebbero derivare dallutilizzo delle acque interne sia per svaghi che per soggiorni. Faccio presente soltanto che gli investimenti per questo tipo di utilizzo potrebbe essere singolarmente di piccola entità, ma complessivamente molto importanti. Il ritorno economico sarebbe immediato e qualche volta addirittura anticipato; nella grande quantità del giro daffari buona parte delle risorse potrebbero essere destinate per il ricupero e la salvaguardia dei fiumi e dei canali. Relativamente ai canali va poi fatta notare questa assurdità: costruire oggi la rete di canali che fa capo a Milano (Naviglio Grande, Naviglio Pavese, Naviglio Martesana, Naviglio di Paderno)comporterebbe una spesa superiore ai 3.000 miliardi di lire; solo qualche decina di miliardi sarebbe sufficiente per rimetterli in esercizio e consentire una piacevole navigazione da diporto. La lenta rivitalizzazione delle attività sulle acque interne e il progressivo formarsi di infrastrutture potrebbe incentivare un conveniente traffico di merci. |