Lungo la riva destra dellAdda, a una ventina di chilometri da Milano, si coltiva un grande sogno: riportare alla luce quel che resta di uno dei giardini più belli e famosi nellEuropa del Settecento: il giardino di Villa Pertusati a Comazzo, piccolo centro del Lodigiano, stretto fra lantico canale della Muzza e il fiume manzoniano. Era, quello di Comazzo, un giardino vastissimo, di meravigliosa architettura, nel cui perimetro si estendevano pianure, valli e colline. Il numero, la larghezza e la lunghezza de viali che veggiosi in questa villa, ora spalleggiati da alte piante in figura di cipressi, ora da muraglie di carpini, ora da piant di castani dIndia, che folte loro fronde procurano una grande ombra per il passaggio in tutte le ore del giorno, troppo lungo sarebbe il descriverli. Chi si abbandona alla estasiata descrizione è MarcAntonio Dal Re, che tra il 1725 e il 1730 illustrò in 12 tavole la villa e il giardino del conte Cristoforo Pertusati, maresciallo delle armate austriache, collaboratore del principe Eugenio di Savoia, governatore di Milano, che aveva una tale passione per i giardini da allestirne di magnifici anche nella grande città: a Porta Romana, per esempio, con il celebre Giardino dellArcadia descritto da Pietro Verri, dove si riuniva il gruppo milanese dellAccademia e i cui resti sono oggi al termine di via Marchiondi.
Se la villa di Pertusati, un tempo centro prospettico dei viali alberati e della scala monumentale barocca, è oggi ancora in piedi, sia pure spogliata in gran parte dei decori architettonici, del giardino ben poco è rimasto: i gradoni di pietra di una delle cascate, statue mozze, un muro sbrecciato, monumentali pilastri a stagliarsi contro il verde della campagna lombarda come monoliti.
Ma, si obietterà, è mai possibile riportare alla luce un giardino fatto di fiori, di cespugli e di alberi che non durano certo uneternità? Qui, allora, bisogna spiegarsi: i grandi giardini settecenteschi non si esaurivano nella fantastica abbondanza di ogni specie arborea e labirinti di siepi. Esibivano fontane e cascate, statue, scalinate, padiglioni di caccia, pedane per concerti allaperto, muri, canali
Nel gioco delle incredibili scene verdi, insomma, svolgevano un ruolo importante anche la parte muraria, e questo rende ragionevole il sogno di Comazzo e della sua giunta, decisa (in testa il sindaco Emiliana Pirola con, tra gli altri, i consiglieri Roberto Defendenti, Giacomo Olmari, Teresina Pala Castignoli, e con lappoggio pieno di entusiasmo dei volontari della Polisportiva) a rintracciare e ridefinire il disegno del meraviglioso giardino.
Lincarico di proporre uno studio di fattibilità è stato affidato a un ingegnere milanese, Gianfranco Magrini, direttore generale dellAssociazione per lutilizzo del sottosuolo (Cocis) , ma soprattutto esponente di quella nuova tendenza dellapplicare le regole della tecnica e della scienza al tempo libero che passa appunto sotto il nome di ingegneria del tempo libero. Il nostro scopo spiega Magrini è di ristrutturare i reperti monumentali e ricercare le tracce di un grande organo ad acqua e di altri giochi che arricchivano il giardino. Attorno potrebbe nascere un centro di attrazione culturale con musica, poesia ed arti in genere, che favorirebbe lo sviluppo del paese verso luso del tempo libero. Cè il fiume, una campagna bellissima, e siamo a un tiro di schioppo da Milano. Non ci manca nulla.
Magrini ha parlato di un organo ad acqua riferendosi alla descrizione che Marcantonio Dal Re allegò alle sue 12 tavole. Elenca infatti il cronista incisore:
le uccelliere con graziosa architettura fabbricate, persino il casino della caccia con comodi appartamenti, fontane e concerti di musica da corni da caccia, e flauti formati artificiosamente, e col sol mezzo dellacqua animati. Ora, disperse nellarea del giardino, sono state trovate parti di tubazioni in laterizio che farebbero appunto pensare a una rete di alimentazione dellorgano, che forse a osservare certi sfiatatoi aperti a mo di pentagramma in una specie di lunga quinta di mattoni si avvaleva dun sistema di funzionamento misto: ad aria ed ad acqua.
Chissà che gli anziani del paese non confortino questa ipotesi quando raccontano di un parroco dei primi 900 che ordinò di decapitare tutte le statue del giardino perché di notte emettevano impressionanti lamenti. Forse erano i suoni che sfuggivano a un grandioso strumento da tempo senza controllo, abbandonato a se stesso. E facile constatare nelle poche statue oggi ancora in piedi un foro nel collo mozzato: una sorta di canna dorgano, che nella bocca perduta poteva avere il suo beccuccio. E la spianata dellantico giardino è percorsa tuttora da energici e capricciosi giri di vento.