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Il Lizzanese e l'ipotesi ligure cliccando qui
il lizzanese
relitto di una paleolingua o dialetto toscaneggiante?
Per chi vuole approfondire l'argomento si consiglia di
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le sopravvivenze liguri nell'Alto Reno e nell'Alto Pistoiese
CONFRONTO FRA IL DIALETTO LIZZANESE E IL DIALETTO BOLOGNESE
BOLOGNESE (BUDRIO)
"A dègg donca, che al teimp dèl prèmm Re d'Zipri, dopp la conquèsta
d'Tèra Santa fata da Gotifré d'Buglion, al suzzedè che una gran
sgnòura d'Guascogna l'andè in pelegrinag al Sant Sepoulcar, e
turnand indrì da là, arrivand a Zipri, la fu scarniee da zért umaz
capàz ed tùtt al mond"
LIZZANESE
"E diggo donca, che al tempo del primo Re ed Cipro, dopo la
conquista dla Terra Santa fatta da Gufredo ed Buglion, al successe
che una gran sgnora l'andò in pelegrinaggio al Santo Sepolcro, e
tornando indrè da là, l'arrivò a Cipro, dovve la fu schernià da
certi (omni capaci ed tutto al mondo) scelerà"
TOSCANO - OCCIDENTALE (PIETRASANTA)
"Dico dunqua, che ne' tempi del primo Rèe di Cipri, doppo la
conquista di Tera Santa fatta da Goffredo di Bullione, accadèe che
una garbata donna di Guascogna pelegrinando andòe al Santo Sepolcro,
di duve ritornando a Cipri, da certi scelerati omini villanescamente
fue oltraggiata"
ITALIANO
"Dico quindi, che al tempo del primo Re di Cipro, dopo la conquista
della Terra Santa fatta da Goffredo di Buglione, accadde che una
gran signora ando in pellegrinaggio al Santo Sepolcro, e tornando
indietro da lì, arrivò a Cipro, dove fu insultata da certi uomini
capaci di tutto al mondo".
il testo in lizzanese e nel bolognese parlato a Budrio è stato
tratto da "La Musola", n. 36 (novembre 1984) a pagina 94, il testo
toscano occidentale è tratto da G. DEVOTO - G. GABRIELLI, "I
dialetti delle regioni d'Italia", Bompiani, Milano, 2002, p. 70). Si
osserva immediatamente che il testo lizzanese è molto simile a
quello italiano a causa degli influssi della vicina Toscana. Il
lizzanese, quindi, si inquadra non fra i dialetti emiliani, ma fra i
dialetti della famiglia "gallo - toscana" di tipo emiliano.
IL GIUDIZIO DI GEOFFREY HULL (UNIVERSITA' DI SIDNEY) SUL LIZZANESE
Prima di farvi convincere da Hull conviene leggere anche il giudizio
del Dr. Vitali esperto dei dialetti emiliani e curatore del
dizionario bolognese pubblicato da Vallardi e che si riporta in
fondo
e mail del Prof. Hull ricevuta il 4.6.04
Questo dialetto è senza alcun dubbio padano. Gli influssi toscani
sono
superficiali. La presenza di consonanti geminate (soprattutto -ll-,
-nn-,
-rr-) in qualsiasi dialetto padano in principio non è problematica,
dato che
lo scempiamento fu uno sviluppo tardivo nella Romània occidentale e
certamente posteriore alla sonorizzazione, ma in questo testo c'è
almeno un
caso di ripristino falso (comme, doppo) il quale tradisce un
processo di
toscanizzazione relativamente recente. Anche le vocali finali sono
apporti
recenti, dovuti all'influenza toscana (più autentici invece i casi
di
sincope: caslina, fnì ecc.), e i ripristini falsi alla ligure sono
significativi (QUANDO > *quand > quande). Tipicamente padano l'uso
dei
pronomi personali pleonastici (e qui sarà un tratto fondamentale,
non
posteriore come nella zona di Firenze, Pistoia e Pisa); spiccano
anche gli
aggettivi della terza declinazione latina 'regolarizzati' (granda).
Se non
m'inganno i dialetti della zona di Bobbio esibiscono caratteri molti
simili.
sono convinto che l'antico emiliano non aveva vocali
finali a parte -A e -E (vocale di appoggio, ad. es. magre < MACRU,
ladre <
LATRO).
Le vocali finali che appaiono in testi medievali di Bologna, Milano
ecc. non
rispecchiano le vere condizioni del vernacolo di quell'epoca ma
facevano
parte di una tradizione letteraria ('padano illustre') di poca
sincerità
linguistica (gli scrittori latinizzavano e toscanizzavano i loro
dialetti
galloromanzi ritenuti rozzi). Questo à anche il parere dei
principali
filologi italiani.
A mio avviso dialetti geograficamente toscani di struttura padana
(cioè
quelli della parte settentrionale della sua zona) dovrebbero essere
denominati 'padano-toscani' perché nella classificazione linguistica
il
secondo elemento di tali denominazioni indica la specie linguistica
e il
primo l'influenza principale (sostratto, superstrato ecc.). Il
ligure e il
veneto, che hanno ripristinato il vocalismo atono dell'italo-romanzo
sono
invece dialetto 'italo-padani.' I ripristino falsi (di vocali
finali), ciè
ipercorrettismi, così notevoli nei dialetti di transizione e nei
testi
medievali sono prova del carattere secondario di questo fenomeno.
e - mail del Dr. Vitali del 6 luglio 2005
La questione delle vocali finali in lizzanese e nei dialetti
dell'Alto Reno
secondo me va tenuta separata da quanto è successo in Garfagnana
e Lunigiana
(e nell'area di Bobbio - a Bobbio paese le vocali finali sono cadute).
In
Garfagnana e Lunigiana c'è una presenza elevatissima di
metaplasmi, mentre
in lizzanese il numero di esempi è molto inferiore, e molti di
questi esempi
si ritrovano anche in toscano. Cito il toscano perché siamo
sicuri che abbia
conservato e non ripristinato le vocali finali. Lo stesso a mio parere
è
successo anche in lizzanese. Le doppie -m- sistematiche e altri raddoppi
come robba, doppo ecc. sono state interpretate da Weinrich come
conseguenza
del collasso della distintività delle doppie consonanti (lui
parlava del
dialetto di Castello di Sambuca). Però il lizzanese ha ancora le
doppie
consonanti, per quanto con distribuzione ridotta (solo dopo vocale
accentata); casi come robba e doppo sono non infrequenti in un'area
anche
più vasta, per quanto riguarda il raddoppio di m intervocalica
si tratta
(cfr Rohlfs) di un fenomeno d'importazione settentrionale.
Il giudizio sul lizzanese, comunque si decida di classificarlo, non
può
dunque prescindere dalla sua posizione geografica, che lo ha esposto a
diverse correnti innovative, pur rimanendo un dialetto piuttosto
conservativo.
.
I TOSCANI NEL LIZZANESE
"Questa non è la vera storia del Mulin del Tosco, ma a me piace
raccontarla così in omaggio alle varie tracce di "Toschi" o
"Toscani" che dal versante dell'Orsigna, di Maresca, di San AMrcello
e di Cutigliano, hanno sempre valicato i monti facendo sentire la
loro influenza fra le ultime propoaggini del bolognese.
Basta ricordare, a questo proposito, le quattro statuette lignee dei
Brunori che, fuggendo dalla Toscana, col loro dono votivo custodito
nell'ombrosa frescura del Santuario dedicato alla Beata Vergine
dell'Acero, hanno affidato all'eternità la testimonianza della
presenza toscana nelle nostre valli" (La Musola, n. 40 (1986), p.
110)
LA FOLA DLA LUVIJA (1) DEL LUVVO
E gh era na volta un luvvo, cl era tanto grand e grosso che n s era
mai visto. Sto luvvo, comm l'è soo mestere, tutt el notte l'andava a
veddre ed trovar quelle per far ganasce. Gira d cià gira d là, el
girò tutta la notte. Sorte che el trovò na péggora spersa. El fu
niente per luu brancarla prel collo. Po' l'avanzò lì a guardarla:
questa e m la voio manghiare in paje (2). S la cargò e via cl andò
fin in vetta al Corno.
L'era notte. Eccoci che quant e fu in vetta al Corno el pensò: qui
anzun (3) em vee a rompre i balotti. E posò la péggora per terra.
Poo' e se sberlecò e arsberlecò i baffi. Po' el disse: però forsi la
stree più bona cotta. Bzogna (4) che fagghi un fogo.
Es guardò intorno, ma in vetta al Corno dla leggna e no g n era.
In quel mentre che es guardava intorno el viste un fogo. Ma i era là
lontàn lòntan, in Corsica (5).
L'avanzò lì a guardar sto fogo. Pensa che ripensa en saveva quel che
farse. E la famme la gneva più tanta. A un certo punto e fu tanta la
luvija che el brancò la péggora, l'alvò in elto in petto al fogo
della Corsica e pò disse: " Cotta o cruda el fogo t l'à visto".
E e s la manghò tutta" (La Musola, n. 35, anno XVIII, 1985, p. 92)
note:
(1) la "luvija" (letteralmente "lupare") significa ingordigia. La
lettera "j" indica la fricativa prepalatale sonora simile al "j"
francese.
(2) la "j" va letta come fricativa prepalatale sonora;
(3) "anzun", ovvero "nessuno". Presenta la affricazione pistoiese
s>z. Non è da escludere, però, che si tratti di una sopravvivenza
galloitalica in area marginale (vedi "inzun" a Gargallo in Piemonte
e "anzun" a Como);
(4) in questo caso si assiste a un caso anomalo di affricazione
pistoiese s>z. Può peraltro trattarsi di un caso di sopravvivenza
galloitalica in area marginale (in alcuni dialetti piemontesi esiste
"bzogna")
(5) si dice che in certe giornate si possa vedere dalla cima del
Corno sia la Sardegna che la Corsica.
ET VOlO BEN (La Musola n. 33, 1983, p. 102)
Quando el sole s n è già andà alla sira,
quando in cielo e m scappa na parola:
et vojo ben
et vojo ben.
Corro in strada, sguillo in terra,
salt la cedda e arcojo un fiore:
et vojo ben
et vojo ben.
J ò sposà na donna cl'è perfetta;
g à en solo difetto: l'è un po' brutta.
Et giro intorno come un rodello
e t sgusc' davanti come un stropello:
et vojo ben
et vojo ben.
T et guardi in faccia la matina:
e t cmandi al specctio s tee carina
comme mi
comme mi.
E m'acorgo c t é più bella
d na ciavatta e d na padella:
et vojo ben
et vojo ben.
Qualche volta et diggo quelle ed blìn
ma san grezzo quando bevve un po' ed vin
Ti et sa far la pasta asciutta
e chi s ne frega s tee un po' brutta
et vojo ben
et vojo ben.
Luigi Riccioni
DALLE CANTE DEL LOCCO
(in dialetto Lizzanese)
fonte: La Musola anno XVI, n. 32, nov. 1982, p. 96
Doviccia, doviccia, doviccia
pane, pane e sonciccia
scurià, scurià, scurià
dam quèll che vo a ca'
E correvne là per strada
e bussavne in t^ porton
e cmandavne un po' d'ambrolla
per magnarsla in t^ canton
Doviccia, doviccia, doviccia
pane, pane e sonciccia
scurià, scurià, scurià
dam quèll che vo a ca'
La bisacca sempre voda
joh ragazzo, joh molella
a des'anni el dì dl'an novo
dammi almeno na fritella
Doviccia, doviccia, doviccia
pane, pane e sonciccia
scurià, scurià, scurià
dam quèll che vo a ca'
In ca' mia es magna poco
en g'ò scarpe per la dmanga
benedetto questo loco
ma buttàme gio na pomma
Doviccia, doviccia, doviccia
pane, pane e sonciccia
scurià, scurià, scurià
dam quèll che vo a ca'
Quarant'anni e forse più
tutti insemme a testa in su
a urlare tra la neve
tutti in coro con piasgere
Doviccia, doviccia, doviccia
pane, pane e sonciccia
scurià, scurià, scurià
dam quèll che vo a ca'
nota:
"^" significa "i" sovrastato da "^"
Da "la Musola gennaio - giugno 1972, n. 11"
T'A' DA STARE A SAVERE
a cura di FIORE VERDO
LA FOLA DEL TREE OCARINE
E gh era na volta na donna c l a pognì na galina. E in mezzo a gl'
ove d galina la g misse tree ove d oca.
Quande e nasci i pirin, i pirin i andonne con la chioccia e gl'
ocarine e gl' andonne da per sì.
E gl' andavne gio per la Viaccia. E la più granda la g disse:
«Savì vu quel che e fen adesso? E c' fen na bella caslina».
E chegliatre: «Ma com fareni mai a far la caslina?».
E la più granda: «E c' caven tutte el penne e e c' fen na caslina
che st inverno e sten in ca'».
E alora e s cavonne tutte el penne e e s tenne na caslina.
Quando i avinne fnì la caslina, la disse la più granda:
«Asptaa mo, che adesso e vo a veddre comme e s ghe sta».
L'andò drento. L'asrò l'usso. E ,la disse: «Adesso staa mo forra su
vatre, che mi e nun ghe vojo».
Alora chegliatre doo ocarine via che s andonne, cridando. E doppo la
mzana la disse:
«Mo perchè nuc c' ten na caslina con i spunctigon?». E s cavonne
tutti i spunctigon e e s tenne na caslina. E po doppo la mzana l
andò drento. L'asrò l'usso. E la gh disse:
«Joh, comme se sta ben! Ma ti nun t ghe vojo, brutta bindella».
E alora la più c'nina via ch la s andò, cridando. Quand la fu un
pezzo in giò per ,la Viaccia la s incontrò un muradore che e gh
disse: «C atu ti da cridare, bella ocarina? Lee la g contò tutti i
s6o quee e el soo desgrazie. Alora el muradore, ch l era un più bon
ommo, e s misse dré' e e gh fe' na bella caslina ed muradura.
Col so usso d leggno e na bella fnestrina; e prinfin la fogolarina.
Alora l'ocarina l'andò drento, l aringraziò el muradore, e la disse:
«Joh, comme se sta ben!».
Doppo e gnì notte. E, quande e fu buro, buro, saltò forra el luvo.
L'andò da la primma ocarina e gli disse:
«Ocarina, bella ocarina, vertme russo!».
«No, brutto luvaccio, che ti tu m v6o mangdiare!.».
«Averta l'usso consquantinò amollo un scorgion che t butto giò el
cason».
L'ocarina dalla pavura e n g avertò brisa l'usso. Alora ed luvo el
fé' un scorgion, el buttò gio el cason e s la mangdiò.
La sira doppo el luvo l'andò da la mzana e gh disse:
«Ocarina, bella ocarina, vertme l'usso! ».
«No, brutto luvaccio, che ti tu m v6o mangdiare!».
«Averta russo consquantinò amollo un scorgion che t butto gio el
cason».
L'ocarina dalla pavura e n g avertò brisa l'usso. Alora el luvo el
fé un scongran, el buttò gio el cason e s la mangdiò.
Clatra sira l'andò da la più c'nina e e gh disse:
«Ocarina, bella ocarina, vertme l'usso! ».
«No, brutto luvaccio, che ti tu m voo mangdiare!».
«Averta russo consquantinò amano un scorgion che t butto gio el
cason».
L'ocarina dalla pavura e n g avertò brisa russo. Alora el luvo el fé
un scorgion, mo la ca' l'avanzò su, perchè l'era d muradura. Alora
l'ocarina via c l andò d fureggio a appiare el foga in t la
fogolarina e la misse su na caldrina piena d'acqua.
Quant l'acqua la s misse a bojre, l'avertò la fnestrina e gio ch la
ficcò tutta l'acqua in cò al luvo. Ch l avanzò cotto e strinà,
negro, negro comme un tizzo.
LE FORME DIALETTALI NEL COMUNE DI LIZZANO IN BELVEDERE
In Comune di Lizzano in Belvedere, è bene precisarlo, non si parla
un solo tipo di dialetto, ma più varianti. A titolo esemplificativo
riportiamo alcune delle forme in cui si presenta nel territorio
comunale la parola "cocomero", nonché un esempio di preghiera.
IL LESSEMA "COCOMERO" (fonte: T. ZANARDELLI, "Saggi folklorici in
dialetto di BAdi", Zanichelli, Bologna, 1910, p. 73)
Pianaccio: "Coc6mbera", Monteacuto delle Alpi: "Coc6mbra", Lizzano:
"Coc6mro" e "Coc6mbro", Chiesina (Farnè): "G6mbra", Rocca Cornera
"Coc6mber"
PREGHIERA NEL DIALETTO DI GABBA (FRAZIONE IN PROSSIMITA' DEL CONFINE
COMUNALE CON GAGGIO MONTANO)
"Signor a v'aringrazii
ch'a c'avì dat un bon dè
Dec' ench òna bona nota
con la grazia vostra, la sanità
è sent timor di Dio"
(La Musola, n. 58, anno 1995, p. 60)
Altra favola in lizzanese: http://it.pg.photos.yahoo.com/ph/kenoms3/detail?.dir=2a9b&.dnm=1a54re2.jpg&.src=ph
E ancora una favola: http://it.pg.photos.yahoo.com/ph/kenoms3/detail?.dir=2a9b&.dnm=d544re2.jpg&.src=ph