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Annuario 2004-2005
p. 461
Ioana Mihaela Bonda,
Università degli Studi di “Babeş-Bolyai” di
Cluj-Napoca
Dopo il 1859 le ricerche sulla storia della Chiesa tentano
non solo un semplice ripensamento della posizione della storiografia romena nei
confronti dei temi già classici, ma anche un’estensione dell’orizzonte
di analisi verso argomenti meno studiati nel passato. I nuovi orientamenti
sembrano essere tanto più innovativi quanto il ricorso a simili temi
viene rianimato dall’uso di strumenti proposti dalle nuove scienze, le quali
offrono prospettive innovative di riflessione e di analisi: i rapporti
alterità–identità, i sentimenti religiosi e non per ultimo la
percezione della strategia ufficiale dell’immagine di alcune
personalità, istituzioni, al livello della mentalità collettiva[1].
Indubbiamente, i cambiamenti significativi della storiografia romena sono resi
possibili anche dall’esistenza di una base documentaria meno usata finora,
rintracciabile nel materiale archivistico, edito e inedito, nella letteratura
secondaria del periodo studiato e nell’informazione offerta dai giornali del
tempo.
Questa nostra ricerca s’inserisce in questa nuova
direzione storiografica soprattutto per il ricorso a fonti meno convenzionali,
tra cui le informazioni offerte dalla stampa. Il contributo di questo lavoro
sta anche nell’approccio al corredo dello storico della mentalità
collettiva, in un timido tentativo di abbozzare la ricezione di cui gode la
Santa Sede al livello delle sensibilità collettive dei romeni della
Transilvania. Il fatto di aver limitato il presente articolo agli ultimi
decenni dell’Ottocento è dovuto alla ricchezza d’informazioni ricavate
dai giornali* romeni di questo periodo, il che dimostra l’impatto
straordinario che la Santa Sede e i pontefici ebbero sulla mentalità dei
romeni della Transilvania, a prescindere dalla loro confessione.
Tra i papi dell’età moderna, Pio IX e Leone XIII
ebbero la maggior influenza sui romeni. Mentre il primo decise di creare, nel
1853, attraverso la bolla Ecclesiam
Christi, una provincia ecclesiastica dei romeni greco-cattolici, il secondo
fu implicato più profondamente nella vita ecclesiastica dei romeni, tramite
le udienze concesse ad innumerevoli delegazioni romene. I giornali romeni della
Transilvania sorprendono piuttosto le manifestazioni di gratitudine dei romeni
greco-cattolici verso il papa Pio IX, espresse tramite diversi giubilei,
occasioni in cui sono avviati vari monumenti o vengono celebrate messe solenni.
Simili momenti sono segnalati da “Federaţiunea”[2]
e da “Telegraful Român”[3];
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si
nota una particolare insistenza sulle celebrazioni del 1871 e 1877, le quali
segnarono i 25 anni di pontificato e, rispettivamente, i 50 anni di pontificato
del vicario di Cristo. Un altro episodio che suscita l’attenzione dei giornali
romeni è la morte del pontefice Pio IX, comunicata da “Gazeta
Transilvaniei” tramite un breve annuncio, seguito da un medaglione dedicato al
pontefice.
Ad un’analisi complessiva, risulta la scarsità
evidente delle informazioni nei giornali romeni che fanno riferimento a questo
pontificato. Ciononostante, i periodici romeni dedicano spazi più ampi
al successore di Pio IX, Leone XIII. I giornali insistono soprattutto sulle
visite dei prelati romeni a Vaticano. Riportiamo l’esempio della delegazione
romena, capeggiata dal metropolita Ioan Vancea, la quale nel 1886 fa una visita
alla residenza dei pontefici. L’obiettivo dichiarato di questa missione fu la
presentazione di un rapporto dettagliato sull’archidiocesi di Alba Iulia e
Făgăraş, alla Congregazione “De Propaganda Fide”, nonché la visita alle tombe
di San Pietro e San Paolo. L’episodio viene narrato dai giornali romeni,
soprattutto nelle colonne del “Luminătorul”. I giornalisti parlano in breve
della visita dei prelati romeni a Roma, seguendo il percorso della delegazione
romena, sia durante l’udienza al pontefice, sia durante il viaggio dalla
Transilvania fino all’arrivo nella Penisola italiana, quando si fa scalo a
Parigi dove “sono ricevuti e alloggiati presso il nunzio papale”[4].
L’anno seguente, nel 1887, in occasione del giubileo – 50
anni dalla consacrazione di Leone XIII – quando “il mondo intero fece grandi
preparazioni per la celebrazione”[5],
il metropolita Vancea, accompagnato dagli stessi vescovi, parte di nuovo per la
città eterna. Questa volta, è l’“Unirea” a narrare l’episodio, in
termini encomiastici. Facendo un medaglione del metropolita romeno, i
giornalisti si soffermano anche sull’udienza pontificia di Vancea, del 24
dicembre, durante la quale furono esposti omaggi e auguri “filiali”, “ai piedi
del Santo Padre, […] nel nome dell’intera comunità ecclesiale”[6].
Tra i periodici studiati, l’“Unirea”, in quanto giornale
ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica romena, dedica spazi più ampi al
commento dei rapporti della Santa Sede con i romeni della Transilvania. Anche
questa volta, i giornalisti insistono in particolar modo sulla partecipazione
romena ai giubilei organizzati a Roma alla fine del XIX secolo. Su questa linea
s’iscrive anche l’esortazione dei giornalisti rivolta a tutti i fedeli
greco-cattolici affinché essi partecipino alla celebrazione dei 50 anni di
pontificato di Leone XIII. Nel 1888, “in occasione del giubileo di 50 anni di
pontificato del Santo Padre, i romeni furono presenti”, viene espressa la
speranza della partecipazione di un gran numero di fedeli poiché “del nostro
popolo fedele non si sia ancora presentato davanti alla Sua Santità un
numero adatto alla nostra dignità, il quale la Sua Santità
avrebbe ricevuto con benevolenza”[7].
Un altro articolo nel quale si rinnova la devozione e il rispetto dell’intera
provincia greco-cattolica romena verso il pontefice: “andremo dal nostro Padre
e
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accarezzeremo
le sue ferite causate dalla gente straniera; andremo alle tombe degli apostoli
Pietro e Paolo e rinnoveremo la fede giurata dai nostri antenati nel 1700”[8].
I giornalisti dell’“Unirea” si dimostrano molto abili
nell’uso dell’informazione: interpretano alcune notizie esagerandone alquanto
l’importanza, appunto per dare loro maggior consistenza. Ad esempio essi
ritengono che l’affinità dei romeni greco-cattolici con il pontefice
trovi eco al Vaticano soprattutto perché “verso i romeni il Papa ha un affetto
speciale”; ciò viene ribadito dai giornalisti del periodico ufficiale
della Chiesa Unita. Per rendere convincente la loro affermazione, questi ultimi
trovano opportuno illustrare tale simpatia accennando al fatto che, dopo averli
ricevuti personalmente, il Pontefice sollecitò “che ai pellegrini romeni
sia fatto memorabile il soggiorno nella città eterna”[9].
Confermando il suo statuto di giornale indipendente, il che gli conferisce una
gran dose di oggettività, “Gazeta Transilvaniei” mette a sua volta in
discussione questo argomento attraverso pubblicazioni di notizie brevi sul
pellegrinaggio dei romeni a Roma. Un esempio in tal senso è la notizia
tramandata da un corrispondente della “Gazeta” a Roma, secondo la quale 30
romeni furono ricevuti dal papa che “li incoraggia di lavorare a favore della
Chiesa”[10].
Un articolo eloquente per la posizione specifica
dell’“Unirea” apparse in un numero speciale, dedicato al pellegrinaggio a Roma
di un gruppo di romeni capeggiati dal vescovo di Lugoj, Victor Mihaly. Scritta
in termini metaforici, la cronaca abbonda in superlativi nei confronti del
pontefice, appunto perché “la mite sovranità della croce portata dai
vicari di Gesù Cristo sulla terra, dai Pontefici romani, si estende in
tutto il mondo”[11].
Consapevoli dell’importanza dei giornali, i corrispondenti del periodico
centrano la loro attenzione sull’incontro della delegazione romena con Leone
XIII, esprimendo nello stesso tempo la loro speranza che nel futuro “romana
sarà per tutti la fede”. Per sottolineare la loro opinione, i
giornalisti ricorrono spesso ad esagerazioni volontarie volte ad attirare
l’attenzione del lettore. Così, per esempio, la notizia secondo la quale
il pontefice dichiara di “desiderare di ricevere i romeni in maniera diversa
dagli altri, come se fossero i rappresentanti di un popolo e di una Chiesa a sé
stante”[12].
La fine dell’articolo s’inserisce sulla stessa linea essendo alquanto
favorevole; inoltre mette in risalto l’appartenenza confessionale e l’ovvio
impegno dei suoi firmatari. Nella speranza che l’allocuzione del papa rivolta
ai romeni trovi eco, essa viene ripresa dal giornale per reiterare la cura
paterna del pontefice per i fedeli romeni: “dovete ritenere tutti ed esserne
convinti, che vi assistiamo con la stessa cura e abbiamo per voi lo stesso
amore, il quale, come abbiamo già ricordato, abbiamo sentito […] proprio
dall’inizio del nostro pontificato”.
Lo stesso evento, la celebrazione di 50 anni di ministero
del vicario di Cristo, crea l’opportunità per la pubblicazione
sull’“Unirea” di un altro articolo encomiastico nei confronti del papa. Non
potendo trascurare l’importanza dell’evento, giacché il “vescovo
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Pec
[sic!] è il capo della cristianità”, i giornalisti si assumono il
diritto di diventare la portavoce di tutti i fedeli greco-cattolici: “«Unirea»
si sente felice che […] può essere l’interprete dei sentimenti di gioia
e di perpetua devozione del clero e del popolo romeno greco-cattolico”[13].
In conformità alla loro opinione i romeni devono manifestare la loro
gratitudine verso Leone XIII poiché “quest’uomo, veramente provvidenziale, ha
riconosciuto dalle colline di Vaticano la vera importanza dell’elemento romeno”[14].
Il giornale ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica romena
rileva anche altri aspetti del rapporto dei romeni con la Santa Sede, non solo
quelli encomiastici. Viene così narrata anche la visita a Oradea del
nunzio apostolico di Vienna, il monsignore Agliardi, occasione in cui egli
tiene un discorso, subito dopo quello del vescovo Paolo. Ringraziando per
l’accoglienza, il prete cattolico esprime la sua contentezza per la situazione
esistente nella diocesi di Oradea, “una delle più belle perle
dell’anello pontificale”[15].
L’“Unirea”, invece, abbonda in lode per il Vaticano nelle
colonne degli articoli apparsi nei vari numeri del 1900, per la celebrazione di
due secoli di unione religiosa. In questa occasione vengono trasmesse
informazioni sull’organizzazione di manifestazioni celebrative nell’intera
provincia romena. I corrispondenti del giornale romeno insistono, fra l’altro,
anche sulle celebrazioni giubilare organizzate presso la basilica di Şiseşti,
chiesa considerata rappresentativa per “la santa Unione di tutti i romeni con
la Santa Sede Apostolica di Roma”[16].
Abili nel manipolare l’informazione, i giornalisti romeni sopravalutavano il
ruolo del parroco Vasile Lucaciu nella lotta per i diritti della Chiesa
Greco-Cattolica della Transilvania. Nello slancio di collocare in una luce
favorevole tutto quello che era relazionato all’Unione del 1700, si arriva a
paragoni straordinari; così, questa basilica viene vista come una
miniatura della basilica di San Pietro a Roma: “lo stile è romano e per
quanto sia stato possibile venne rispettato il piano della basilica San Pietro
di Roma, fatto da Michelangelo; potremo dunque considerare, a pieni diritti,
questa basilica un tesoro, un modello di architettura”[17].
Tra le manifestazioni che si svolsero nel giorno del
giubileo attirano l’attenzione quelle che riguardano l’innalzamento delle
statue di Atanasie Anghel e di Pio IX, due personalità il cui nome viene
collegato alla fondazione della gerarchia greco-cattolica romena di Alba Iulia
e Făgăraş[18]. Le
celebrazioni di Blaj, minutamente organizzate, divennero il soggetto di un
altro articolo. Nella relazione sorprende la grandiosità delle manifestazioni,
come è ben sottolineato nel caso della città di Blaj, dove: “sul
frontone grandioso della cattedrale tre enormi figure si potevano appena
scorgere in mezzo alla luce trasparente, raggiante. Le tre figure erano: Leone
XIII, blando, raggiante, spiritualizzato […] Atanasie e Victor Mihaly”[19].
Gli eventi di Blaj furono presentati dalla “Gazeta
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Transilvaniei”
che non poteva trascurare l’episodio per mezzo del quale “una nazione risorta
annunciava adesso, alla vecchia Roma, i 200 anni della sua esistenza”[20].
L’apice delle feste organizzate in occasione del giubileo
dell’Unione fu, secondo i giornali, la ricezione del telegramma d’augurio dal
papa Leone XIII. Impressionata dalla solennità del momento, l’“Unirea”
non perde l’occasione di mettere in risalto l’importanza della lettera
pontificale, “dando essa alle feste uno splendore che le innalzò al
livello di vero e proprio evento nella storia della Chiesa [romena]”[21].
La ricezione di questo telegramma provocò una vera euforia, messa in
risalto dai giornali romeni e spiegabile tramite il fatto che “dimostra che la
Santa Sede riconosce, afferma e sostiene l’autonomia gerarchica e
l’indipendenza della Chiesa”[22].
Il testo dell’atto papale fu pubblicato nell’“Unirea”[23]
e nella “Gazeta Transilvaniei”[24],
decisione sostenuta dall’opinione dei giornalisti romeni: “[è] la prima
lettera che la Sua Santità indirizza direttamente alla nostra Chiesa”[25],
nonché una vera e propria “parola di sollievo”. Indirizzata al metropolita
Victor Mihaly, in quanto rappresentante ufficiale della provincia
greco-cattolica romena, la lettera di augurio per il compimento dei 200 anni
dall’Unione dei romeni con la Chiesa di Roma, rileva il sostegno della Santa
Sede per i romeni greco-cattolici, sicché tramite il suo messaggio, essa permette
all’“Unirea” di encomiare il Vaticano: “da Inocentius XIII fino ad oggi, loro
non hanno mai smesso di offrirvi molteplici benefici, e allo stesso tempo hanno
provato tutto quello che avrebbe offerto lo splendore e il beneficio della
vostra Chiesa. Fu aumentato il numero delle sedi vescovili, fu aumentato il
numero dei sinodi, fu abbellita la sede di Făgăraş con la dignità di
Metropolia, fu dato ai figli del vostro popolo un posto nel Collegio Urbaniano.
Continuate dunque a cercare riparo anche nel futuro sotto la corazza della sede
romana, e la festa che terrete fra poco sia un sostegno per voi, sicché per
sempre sia lodato il popolo romeno così come il nunzio apostolico
scriveva al nostro predecessore nell’anno MDCCCLXIII: «questo popolo ama moltissimo
la fede cattolica e moltissimo ama la cattedra romana». E per il compimento di
questo si aggiunge alla vostra gioia la Nostra benedizione Apostolica, la quale
viene trasmessa con paterno amore a tutti i romeni cattolici, come preambolo
dei doni divini”[26].
Insieme ai pellegrinaggi che rappresentarono uno dei
mezzi essenziali di diffusione dell’immagine vaticana nella sensibilità
romena, l’iconografia funse da barometro per la maniera in cui vi fu percepito l’Occidente.
Un interessante dibattito, riguardante i rapporti della Santa Sede con i romeni
greco-cattolici della Transilvania, è presente nelle pagine del
“Telegraful Român”. Partendo da un’analisi dell’arte ecclesiastica, dott. Elie
Cristea, l’autore dell’articolo, attira l’attenzione sul falso delle icone.
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Come ben sappiamo, lo scisma tra la Chiesa Orientale e
quella Occidentale suscitò polemiche sul tema dell’arte religiosa poiché
esso arrecò due maniere di illustrare la vita religiosa: l’Oriente
propenso alla contemplazione adotta l’icona quale formula di espressione,
mentre l’Occidente si sofferma sul quadro[27].
Alla fine dell’Ottocento si arriva nella Transilvania ad una miscela dei due
stili, sullo sfondo dell’importazione dei oggetti di culto specifici della
Chiesa Latina avviata dai greco-cattolici. Ed è appunto questo momento
ad essere rilevato dal corrispondente del “Telegraful”, il quale osserva una
mutazione nel lavoro delle icone “sempre più estranee al rito orientale”[28].
Sebbene l’icona rimanga un oggetto di culto specifico della Chiesa Orientale,
in questo periodo essa subisce gli influssi dell’Occidente. Tutto ciò
viene messo in risalto da Elie Cristea attraverso alcuni esempi, tra i quali si
distingue quello della “basilica greco-cattolica di Sângiorgiu–Român, vicino a
Năsăud”, dove S. Nicola veniva rappresentato “sulla testa, invece della mitra
orientale con la cuffia cattolica […] e in mano con la stampella cattolica”[29].
Un altro esempio di icone dipinte secondo “il rito occidentale” viene svelto
dal vestibolo della basilica dell’arcidiaconato di Geoagiu, la quale “mantiene
ancora nell’altare l’icona di tutti i papi succedutisi alla Sede vescovile di
Roma”. L’indignazione del giornalista di fronte a questi “falsi” è
incommensurabile, tanto che alla fine dell’articolo consiglia i fedeli
ortodossi di comprare le icone soltanto nelle chiese o nei monasteri. La
situazione notata dal corrispondente del “Telegraful”, scartate le inerenti
esagerazioni dovute all’appartenenza confessionale, era concreta. È in
questo periodo che i maestri pittori cominciano a creare icone anche per le
basiliche greco-cattoliche, e per questo s’ispirano alle poche immagini
cattoliche che hanno a disposizione, cioè quelle che rappresentano il
pontefice, le quali erano anche le più diffuse.
I giornali si soffermano soprattutto sui momenti festivi
avvenuti nei rapporti della Santa Sede con i romeni della Transilvania,
cioè sui giubilei organizzati a Roma oppure sul giubileo organizzato
nella provincia ecclesiastica romena, il quale segnava due secoli di
unità religiosa. Tra i periodici studiati, l’“Unirea”, in quanto
giornale ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica romena di Alba Iulia e Fagăraş,
dedica lo spazio più ampio ai suddetti argomenti. Di solito, tramite
articoli che abbondano in metafore ed epiteti encomiastici verso il pontefice,
il periodico romeno sottolinea con enfasi l’importanza della celebrazione dei
due secoli di unità con la Chiesa di Roma. Notevoli come significato
sono anche i due articoli apparsi sul “Telegraful Român” e sulla “Gazeta
Transilvaniei”, i quali ricordano gli ottimi rapporti dei romeni
greco-cattolici con la Santa Sede. Sono articoli che attirano l’attenzione per
l’originalità dei temi, soprattutto l’articolo di storia dell’arte pubblicato
nelle colonne del “Telegraful”.
Il nostro percorso si è voluto un tentativo
preliminare di investigazione della ricezione dell’immagine del Vaticano nei
giornali romeni della Transilvania, visto che è stata messa in risalto
una tra le molteplici coordinate su cui si sono sviluppati i rapporti
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della
Santa Sede con i romeni della Transilvania nella seconda metà
dell’Ottocento. In conclusione, possiamo sostenere che, anche se improntati da
effettive sfumature confessionali, gli articoli, più o meno oggettivi,
pubblicati nei giornali sopraelencati riaffermano il ruolo di fonte storica
della stampa dell’epoca. Specialmente le riviste ecclesiastiche sono, secondo
Onisifor Ghibu: “delle riviste storiche per la Chiesa romena, poiché, scrivendo
al loro tempo su vicende attuali, hanno tramandato al futuro un prezioso
materiale storico”[30].
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Ioan-Aurel Pop, Cristian Luca, Florina Ciure, Corina Gabriela Bădeliţă,
Venice-Bucharest 2005.
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commercial use.
© Şerban Marin,
October 2005, Bucharest, Romania
Last Updated:
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[1] Ovidiu Ghitta, Schiţă
pentru o istoriografie a Unirii religioase în Nord-Vestul Transilvaniei, in
AA. VV., Studii de istorie a
Transilvaniei, specific regional şi deschidere europeană, Cluj-Napoca 1994,
passim.
* Le
citazioni tratte dai giornali romeni ottocenteschi sono in traduzione italiana,
eseguita dall’autrice di questo articolo (nota dei curatori).
[2] “Federaţiunea”, no. 64 (13/25 giugno), 1871, p. 1.
[3] “Telegraful Român”, no. 42 (29 maggio/10 giugno), 1877,
p. 1.
[4] “Luminătorul”, no. 46 (14/26 giugno), 1866, p. 4.
[5] “Unirea”, II, no. 36 (6 agosto), 1892, p. 4.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem, no. 15
(9 aprile), 1892, p. 2.
[8] Ibidem, no. 49
(3 dicembre), 1892, p. 1.
[9] Ibidem, no. 7
(18 febbraio), 1893, p. 2.
[10] “Gazeta Transilvaniei”, no. 68 (27 marzo/ 8aprile),
1893, p. 3.
[11] “Unirea”, no. straordinario (19 aprile), 1893, p. 4.
[12] Ibidem, p. 6.
[13] Ibidem, no. 7
(18 febbraio), 1893, p. 1.
[14] Ibidem.
[15] Ibidem, no. 17
(27 aprile), 1895, p. 3.
[16] Ibidem, no. 38
(18 settembre), 1900, p. 13.
[17] Ibidem.
[18] Ibidem, no. 27
(7 luglio), 1900, p. 4.
[19] Ibidem, no. 39
(26 settembre), 1900, p. 2.
[20] “Gazeta Transilvaniei”, no. 201 (10/23 settembre), 1900,
p. 1.
[21] “Unirea”, no. 39 (26 settembre), 1900, p. 1.
[22] Ibidem.
[23] Ibidem, no. 38
(18 settembre), 1900, p. 1.
[24] “Gazeta Transilvaniei”, no. 201 (10/23 settembre), 1900,
p. 1.
[25] Ibidem.
[26] “Unirea”, no. 39 (26 settembre), 1900, p. 1.
[27] Octavian Bârlea, Icoana
şi tabloul între Orient şi Occident, in “Perspective”, VII, no. 30 (dicembre),
1985, p. 28.
[28] “Telegraful Român”, no. 73 (7/19 luglio), 1898, p. 2.
[29] Ibidem.
[30] Onisifor Ghibu, Ziaristica
bisericească la români, Sibiu 1910, p. 5.