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L’immagine della Santa Sede nei periodici romeni della Transilvania (1871-1900)

 

 

Ioana Mihaela Bonda,

Università degli Studi di “Babeş-Bolyai” di Cluj-Napoca

 

Dopo il 1859 le ricerche sulla storia della Chiesa tentano non solo un semplice ripensamento della posizione della storiografia romena nei confronti dei temi già classici, ma anche un’estensione dell’orizzonte di analisi verso argomenti meno studiati nel passato. I nuovi orientamenti sembrano essere tanto più innovativi quanto il ricorso a simili temi viene rianimato dall’uso di strumenti proposti dalle nuove scienze, le quali offrono prospettive innovative di riflessione e di analisi: i rapporti alterità–identità, i sentimenti religiosi e non per ultimo la percezione della strategia ufficiale dell’immagine di alcune personalità, istituzioni, al livello della mentalità collettiva[1]. Indubbiamente, i cambiamenti significativi della storiografia romena sono resi possibili anche dall’esistenza di una base documentaria meno usata finora, rintracciabile nel materiale archivistico, edito e inedito, nella letteratura secondaria del periodo studiato e nell’informazione offerta dai giornali del tempo.

Questa nostra ricerca s’inserisce in questa nuova direzione storiografica soprattutto per il ricorso a fonti meno convenzionali, tra cui le informazioni offerte dalla stampa. Il contributo di questo lavoro sta anche nell’approccio al corredo dello storico della mentalità collettiva, in un timido tentativo di abbozzare la ricezione di cui gode la Santa Sede al livello delle sensibilità collettive dei romeni della Transilvania. Il fatto di aver limitato il presente articolo agli ultimi decenni dell’Ottocento è dovuto alla ricchezza d’informazioni ricavate dai giornali* romeni di questo periodo, il che dimostra l’impatto straordinario che la Santa Sede e i pontefici ebbero sulla mentalità dei romeni della Transilvania, a prescindere dalla loro confessione.

Tra i papi dell’età moderna, Pio IX e Leone XIII ebbero la maggior influenza sui romeni. Mentre il primo decise di creare, nel 1853, attraverso la bolla Ecclesiam Christi, una provincia ecclesiastica dei romeni greco-cattolici, il secondo fu implicato più profondamente nella vita ecclesiastica dei romeni, tramite le udienze concesse ad innumerevoli delegazioni romene. I giornali romeni della Transilvania sorprendono piuttosto le manifestazioni di gratitudine dei romeni greco-cattolici verso il papa Pio IX, espresse tramite diversi giubilei, occasioni in cui sono avviati vari monumenti o vengono celebrate messe solenni. Simili momenti sono segnalati da “Federaţiunea”[2] e da “Telegraful Român”[3];

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si nota una particolare insistenza sulle celebrazioni del 1871 e 1877, le quali segnarono i 25 anni di pontificato e, rispettivamente, i 50 anni di pontificato del vicario di Cristo. Un altro episodio che suscita l’attenzione dei giornali romeni è la morte del pontefice Pio IX, comunicata da “Gazeta Transilvaniei” tramite un breve annuncio, seguito da un medaglione dedicato al pontefice.

Ad un’analisi complessiva, risulta la scarsità evidente delle informazioni nei giornali romeni che fanno riferimento a questo pontificato. Ciononostante, i periodici romeni dedicano spazi più ampi al successore di Pio IX, Leone XIII. I giornali insistono soprattutto sulle visite dei prelati romeni a Vaticano. Riportiamo l’esempio della delegazione romena, capeggiata dal metropolita Ioan Vancea, la quale nel 1886 fa una visita alla residenza dei pontefici. L’obiettivo dichiarato di questa missione fu la presentazione di un rapporto dettagliato sull’archidiocesi di Alba Iulia e Făgăraş, alla Congregazione “De Propaganda Fide”, nonché la visita alle tombe di San Pietro e San Paolo. L’episodio viene narrato dai giornali romeni, soprattutto nelle colonne del “Luminătorul”. I giornalisti parlano in breve della visita dei prelati romeni a Roma, seguendo il percorso della delegazione romena, sia durante l’udienza al pontefice, sia durante il viaggio dalla Transilvania fino all’arrivo nella Penisola italiana, quando si fa scalo a Parigi dove “sono ricevuti e alloggiati presso il nunzio papale”[4].

L’anno seguente, nel 1887, in occasione del giubileo – 50 anni dalla consacrazione di Leone XIII – quando “il mondo intero fece grandi preparazioni per la celebrazione”[5], il metropolita Vancea, accompagnato dagli stessi vescovi, parte di nuovo per la città eterna. Questa volta, è l’“Unirea” a narrare l’episodio, in termini encomiastici. Facendo un medaglione del metropolita romeno, i giornalisti si soffermano anche sull’udienza pontificia di Vancea, del 24 dicembre, durante la quale furono esposti omaggi e auguri “filiali”, “ai piedi del Santo Padre, […] nel nome dell’intera comunità ecclesiale”[6].

Tra i periodici studiati, l’“Unirea”, in quanto giornale ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica romena, dedica spazi più ampi al commento dei rapporti della Santa Sede con i romeni della Transilvania. Anche questa volta, i giornalisti insistono in particolar modo sulla partecipazione romena ai giubilei organizzati a Roma alla fine del XIX secolo. Su questa linea s’iscrive anche l’esortazione dei giornalisti rivolta a tutti i fedeli greco-cattolici affinché essi partecipino alla celebrazione dei 50 anni di pontificato di Leone XIII. Nel 1888, “in occasione del giubileo di 50 anni di pontificato del Santo Padre, i romeni furono presenti”, viene espressa la speranza della partecipazione di un gran numero di fedeli poiché “del nostro popolo fedele non si sia ancora presentato davanti alla Sua Santità un numero adatto alla nostra dignità, il quale la Sua Santità avrebbe ricevuto con benevolenza”[7]. Un altro articolo nel quale si rinnova la devozione e il rispetto dell’intera provincia greco-cattolica romena verso il pontefice: “andremo dal nostro Padre e

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accarezzeremo le sue ferite causate dalla gente straniera; andremo alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo e rinnoveremo la fede giurata dai nostri antenati nel 1700”[8].

I giornalisti dell’“Unirea” si dimostrano molto abili nell’uso dell’informazione: interpretano alcune notizie esagerandone alquanto l’importanza, appunto per dare loro maggior consistenza. Ad esempio essi ritengono che l’affinità dei romeni greco-cattolici con il pontefice trovi eco al Vaticano soprattutto perché “verso i romeni il Papa ha un affetto speciale”; ciò viene ribadito dai giornalisti del periodico ufficiale della Chiesa Unita. Per rendere convincente la loro affermazione, questi ultimi trovano opportuno illustrare tale simpatia accennando al fatto che, dopo averli ricevuti personalmente, il Pontefice sollecitò “che ai pellegrini romeni sia fatto memorabile il soggiorno nella città eterna”[9]. Confermando il suo statuto di giornale indipendente, il che gli conferisce una gran dose di oggettività, “Gazeta Transilvaniei” mette a sua volta in discussione questo argomento attraverso pubblicazioni di notizie brevi sul pellegrinaggio dei romeni a Roma. Un esempio in tal senso è la notizia tramandata da un corrispondente della “Gazeta” a Roma, secondo la quale 30 romeni furono ricevuti dal papa che “li incoraggia di lavorare a favore della Chiesa”[10].

Un articolo eloquente per la posizione specifica dell’“Unirea” apparse in un numero speciale, dedicato al pellegrinaggio a Roma di un gruppo di romeni capeggiati dal vescovo di Lugoj, Victor Mihaly. Scritta in termini metaforici, la cronaca abbonda in superlativi nei confronti del pontefice, appunto perché “la mite sovranità della croce portata dai vicari di Gesù Cristo sulla terra, dai Pontefici romani, si estende in tutto il mondo”[11]. Consapevoli dell’importanza dei giornali, i corrispondenti del periodico centrano la loro attenzione sull’incontro della delegazione romena con Leone XIII, esprimendo nello stesso tempo la loro speranza che nel futuro “romana sarà per tutti la fede”. Per sottolineare la loro opinione, i giornalisti ricorrono spesso ad esagerazioni volontarie volte ad attirare l’attenzione del lettore. Così, per esempio, la notizia secondo la quale il pontefice dichiara di “desiderare di ricevere i romeni in maniera diversa dagli altri, come se fossero i rappresentanti di un popolo e di una Chiesa a sé stante”[12]. La fine dell’articolo s’inserisce sulla stessa linea essendo alquanto favorevole; inoltre mette in risalto l’appartenenza confessionale e l’ovvio impegno dei suoi firmatari. Nella speranza che l’allocuzione del papa rivolta ai romeni trovi eco, essa viene ripresa dal giornale per reiterare la cura paterna del pontefice per i fedeli romeni: “dovete ritenere tutti ed esserne convinti, che vi assistiamo con la stessa cura e abbiamo per voi lo stesso amore, il quale, come abbiamo già ricordato, abbiamo sentito […] proprio dall’inizio del nostro pontificato”.

Lo stesso evento, la celebrazione di 50 anni di ministero del vicario di Cristo, crea l’opportunità per la pubblicazione sull’“Unirea” di un altro articolo encomiastico nei confronti del papa. Non potendo trascurare l’importanza dell’evento, giacché il “vescovo

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Pec [sic!] è il capo della cristianità”, i giornalisti si assumono il diritto di diventare la portavoce di tutti i fedeli greco-cattolici: “«Unirea» si sente felice che […] può essere l’interprete dei sentimenti di gioia e di perpetua devozione del clero e del popolo romeno greco-cattolico”[13]. In conformità alla loro opinione i romeni devono manifestare la loro gratitudine verso Leone XIII poiché “quest’uomo, veramente provvidenziale, ha riconosciuto dalle colline di Vaticano la vera importanza dell’elemento romeno”[14].

Il giornale ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica romena rileva anche altri aspetti del rapporto dei romeni con la Santa Sede, non solo quelli encomiastici. Viene così narrata anche la visita a Oradea del nunzio apostolico di Vienna, il monsignore Agliardi, occasione in cui egli tiene un discorso, subito dopo quello del vescovo Paolo. Ringraziando per l’accoglienza, il prete cattolico esprime la sua contentezza per la situazione esistente nella diocesi di Oradea, “una delle più belle perle dell’anello pontificale”[15].

L’“Unirea”, invece, abbonda in lode per il Vaticano nelle colonne degli articoli apparsi nei vari numeri del 1900, per la celebrazione di due secoli di unione religiosa. In questa occasione vengono trasmesse informazioni sull’organizzazione di manifestazioni celebrative nell’intera provincia romena. I corrispondenti del giornale romeno insistono, fra l’altro, anche sulle celebrazioni giubilare organizzate presso la basilica di Şiseşti, chiesa considerata rappresentativa per “la santa Unione di tutti i romeni con la Santa Sede Apostolica di Roma”[16]. Abili nel manipolare l’informazione, i giornalisti romeni sopravalutavano il ruolo del parroco Vasile Lucaciu nella lotta per i diritti della Chiesa Greco-Cattolica della Transilvania. Nello slancio di collocare in una luce favorevole tutto quello che era relazionato all’Unione del 1700, si arriva a paragoni straordinari; così, questa basilica viene vista come una miniatura della basilica di San Pietro a Roma: “lo stile è romano e per quanto sia stato possibile venne rispettato il piano della basilica San Pietro di Roma, fatto da Michelangelo; potremo dunque considerare, a pieni diritti, questa basilica un tesoro, un modello di architettura”[17].

Tra le manifestazioni che si svolsero nel giorno del giubileo attirano l’attenzione quelle che riguardano l’innalzamento delle statue di Atanasie Anghel e di Pio IX, due personalità il cui nome viene collegato alla fondazione della gerarchia greco-cattolica romena di Alba Iulia e Făgăraş[18]. Le celebrazioni di Blaj, minutamente organizzate, divennero il soggetto di un altro articolo. Nella relazione sorprende la grandiosità delle manifestazioni, come è ben sottolineato nel caso della città di Blaj, dove: “sul frontone grandioso della cattedrale tre enormi figure si potevano appena scorgere in mezzo alla luce trasparente, raggiante. Le tre figure erano: Leone XIII, blando, raggiante, spiritualizzato […] Atanasie e Victor Mihaly”[19]. Gli eventi di Blaj furono presentati dalla “Gazeta

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Transilvaniei” che non poteva trascurare l’episodio per mezzo del quale “una nazione risorta annunciava adesso, alla vecchia Roma, i 200 anni della sua esistenza”[20].

L’apice delle feste organizzate in occasione del giubileo dell’Unione fu, secondo i giornali, la ricezione del telegramma d’augurio dal papa Leone XIII. Impressionata dalla solennità del momento, l’“Unirea” non perde l’occasione di mettere in risalto l’importanza della lettera pontificale, “dando essa alle feste uno splendore che le innalzò al livello di vero e proprio evento nella storia della Chiesa [romena]”[21]. La ricezione di questo telegramma provocò una vera euforia, messa in risalto dai giornali romeni e spiegabile tramite il fatto che “dimostra che la Santa Sede riconosce, afferma e sostiene l’autonomia gerarchica e l’indipendenza della Chiesa”[22]. Il testo dell’atto papale fu pubblicato nell’“Unirea”[23] e nella “Gazeta Transilvaniei”[24], decisione sostenuta dall’opinione dei giornalisti romeni: “[è] la prima lettera che la Sua Santità indirizza direttamente alla nostra Chiesa”[25], nonché una vera e propria “parola di sollievo”. Indirizzata al metropolita Victor Mihaly, in quanto rappresentante ufficiale della provincia greco-cattolica romena, la lettera di augurio per il compimento dei 200 anni dall’Unione dei romeni con la Chiesa di Roma, rileva il sostegno della Santa Sede per i romeni greco-cattolici, sicché tramite il suo messaggio, essa permette all’“Unirea” di encomiare il Vaticano: “da Inocentius XIII fino ad oggi, loro non hanno mai smesso di offrirvi molteplici benefici, e allo stesso tempo hanno provato tutto quello che avrebbe offerto lo splendore e il beneficio della vostra Chiesa. Fu aumentato il numero delle sedi vescovili, fu aumentato il numero dei sinodi, fu abbellita la sede di Făgăraş con la dignità di Metropolia, fu dato ai figli del vostro popolo un posto nel Collegio Urbaniano. Continuate dunque a cercare riparo anche nel futuro sotto la corazza della sede romana, e la festa che terrete fra poco sia un sostegno per voi, sicché per sempre sia lodato il popolo romeno così come il nunzio apostolico scriveva al nostro predecessore nell’anno MDCCCLXIII: «questo popolo ama moltissimo la fede cattolica e moltissimo ama la cattedra romana». E per il compimento di questo si aggiunge alla vostra gioia la Nostra benedizione Apostolica, la quale viene trasmessa con paterno amore a tutti i romeni cattolici, come preambolo dei doni divini”[26].

Insieme ai pellegrinaggi che rappresentarono uno dei mezzi essenziali di diffusione dell’immagine vaticana nella sensibilità romena, l’iconografia funse da barometro per la maniera in cui vi fu percepito l’Occidente. Un interessante dibattito, riguardante i rapporti della Santa Sede con i romeni greco-cattolici della Transilvania, è presente nelle pagine del “Telegraful Român”. Partendo da un’analisi dell’arte ecclesiastica, dott. Elie Cristea, l’autore dell’articolo, attira l’attenzione sul falso delle icone.

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Come ben sappiamo, lo scisma tra la Chiesa Orientale e quella Occidentale suscitò polemiche sul tema dell’arte religiosa poiché esso arrecò due maniere di illustrare la vita religiosa: l’Oriente propenso alla contemplazione adotta l’icona quale formula di espressione, mentre l’Occidente si sofferma sul quadro[27]. Alla fine dell’Ottocento si arriva nella Transilvania ad una miscela dei due stili, sullo sfondo dell’importazione dei oggetti di culto specifici della Chiesa Latina avviata dai greco-cattolici. Ed è appunto questo momento ad essere rilevato dal corrispondente del “Telegraful”, il quale osserva una mutazione nel lavoro delle icone “sempre più estranee al rito orientale”[28]. Sebbene l’icona rimanga un oggetto di culto specifico della Chiesa Orientale, in questo periodo essa subisce gli influssi dell’Occidente. Tutto ciò viene messo in risalto da Elie Cristea attraverso alcuni esempi, tra i quali si distingue quello della “basilica greco-cattolica di Sângiorgiu–Român, vicino a Năsăud”, dove S. Nicola veniva rappresentato “sulla testa, invece della mitra orientale con la cuffia cattolica […] e in mano con la stampella cattolica”[29]. Un altro esempio di icone dipinte secondo “il rito occidentale” viene svelto dal vestibolo della basilica dell’arcidiaconato di Geoagiu, la quale “mantiene ancora nell’altare l’icona di tutti i papi succedutisi alla Sede vescovile di Roma”. L’indignazione del giornalista di fronte a questi “falsi” è incommensurabile, tanto che alla fine dell’articolo consiglia i fedeli ortodossi di comprare le icone soltanto nelle chiese o nei monasteri. La situazione notata dal corrispondente del “Telegraful”, scartate le inerenti esagerazioni dovute all’appartenenza confessionale, era concreta. È in questo periodo che i maestri pittori cominciano a creare icone anche per le basiliche greco-cattoliche, e per questo s’ispirano alle poche immagini cattoliche che hanno a disposizione, cioè quelle che rappresentano il pontefice, le quali erano anche le più diffuse.

I giornali si soffermano soprattutto sui momenti festivi avvenuti nei rapporti della Santa Sede con i romeni della Transilvania, cioè sui giubilei organizzati a Roma oppure sul giubileo organizzato nella provincia ecclesiastica romena, il quale segnava due secoli di unità religiosa. Tra i periodici studiati, l’“Unirea”, in quanto giornale ufficiale della Chiesa Greco-Cattolica romena di Alba Iulia e Fagăraş, dedica lo spazio più ampio ai suddetti argomenti. Di solito, tramite articoli che abbondano in metafore ed epiteti encomiastici verso il pontefice, il periodico romeno sottolinea con enfasi l’importanza della celebrazione dei due secoli di unità con la Chiesa di Roma. Notevoli come significato sono anche i due articoli apparsi sul “Telegraful Român” e sulla “Gazeta Transilvaniei”, i quali ricordano gli ottimi rapporti dei romeni greco-cattolici con la Santa Sede. Sono articoli che attirano l’attenzione per l’originalità dei temi, soprattutto l’articolo di storia dell’arte pubblicato nelle colonne del “Telegraful”.

Il nostro percorso si è voluto un tentativo preliminare di investigazione della ricezione dell’immagine del Vaticano nei giornali romeni della Transilvania, visto che è stata messa in risalto una tra le molteplici coordinate su cui si sono sviluppati i rapporti

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della Santa Sede con i romeni della Transilvania nella seconda metà dell’Ottocento. In conclusione, possiamo sostenere che, anche se improntati da effettive sfumature confessionali, gli articoli, più o meno oggettivi, pubblicati nei giornali sopraelencati riaffermano il ruolo di fonte storica della stampa dell’epoca. Specialmente le riviste ecclesiastiche sono, secondo Onisifor Ghibu: “delle riviste storiche per la Chiesa romena, poiché, scrivendo al loro tempo su vicende attuali, hanno tramandato al futuro un prezioso materiale storico”[30].

 

 

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© Şerban Marin, October 2005, Bucharest, Romania

Last Updated: July 2006

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[1] Ovidiu Ghitta, Schiţă pentru o istoriografie a Unirii religioase în Nord-Vestul Transilvaniei, in AA. VV., Studii de istorie a Transilvaniei, specific regional şi deschidere europeană, Cluj-Napoca 1994, passim.

* Le citazioni tratte dai giornali romeni ottocenteschi sono in traduzione italiana, eseguita dall’autrice di questo articolo (nota dei curatori).

[2] “Federaţiunea”, no. 64 (13/25 giugno), 1871, p. 1.

[3] “Telegraful Român”, no. 42 (29 maggio/10 giugno), 1877, p. 1.

[4] “Luminătorul”, no. 46 (14/26 giugno), 1866, p. 4.

[5] “Unirea”, II, no. 36 (6 agosto), 1892, p. 4.

[6] Ibidem.

[7] Ibidem, no. 15 (9 aprile), 1892, p. 2.

[8] Ibidem, no. 49 (3 dicembre), 1892, p. 1.

[9] Ibidem, no. 7 (18 febbraio), 1893, p. 2.

[10] “Gazeta Transilvaniei”, no. 68 (27 marzo/ 8aprile), 1893, p. 3.

[11] “Unirea”, no. straordinario (19 aprile), 1893, p. 4.

[12] Ibidem, p. 6.

[13] Ibidem, no. 7 (18 febbraio), 1893, p. 1.

[14] Ibidem.

[15] Ibidem, no. 17 (27 aprile), 1895, p. 3.

[16] Ibidem, no. 38 (18 settembre), 1900, p. 13.

[17] Ibidem.

[18] Ibidem, no. 27 (7 luglio), 1900, p. 4.

[19] Ibidem, no. 39 (26 settembre), 1900, p. 2.

[20] “Gazeta Transilvaniei”, no. 201 (10/23 settembre), 1900, p. 1.

[21] “Unirea”, no. 39 (26 settembre), 1900, p. 1.

[22] Ibidem.

[23] Ibidem, no. 38 (18 settembre), 1900, p. 1.

[24] “Gazeta Transilvaniei”, no. 201 (10/23 settembre), 1900, p. 1.

[25] Ibidem.

[26] “Unirea”, no. 39 (26 settembre), 1900, p. 1.

[27] Octavian Bârlea, Icoana şi tabloul între Orient şi Occident, in “Perspective”, VII, no. 30 (dicembre), 1985, p. 28.

[28] “Telegraful Român”, no. 73 (7/19 luglio), 1898, p. 2.

[29] Ibidem.

[30] Onisifor Ghibu, Ziaristica bisericească la români, Sibiu 1910, p. 5.