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La Sacra Unione assomigliata
allo scisma ossia modeste riflessioni sopra il “Memorando” del 24 Ottobre 1888,
No. 1729, di Sua Eminenza Dr. Ludovico Haynald Cardinale-Arcivescovo Colocense
nell’affare della “Congrua”. Lo scrisse: Dr. Augustino Lauran, Canonico
Greco-Cattolico di Gran-Varadino*.
“Non enim est disctintio
Judaei, et Graeci: nam idem Dominus omnium, dives in omnes, qui invocant
illum”.
Rom. X. 12
“Ab id, vos,
praedecessoresque vestros, Apostolicos praesules, in summitatis arce
constituit, omniumque Ecclesiarum curam habere praecipit, ut nobis
succurratis”.
S. Athanasiuss, Epist. ad Felicem Papam.
Voglio prescindere dagl’altri
punti del “Memorandum” del 24 d’Ottobre 1888, No. 1729, di Sua Eminenza il
porporato Arcivescovo Colocense Dr. Ludovico Haynaldo presentato all’Eccelso
Coro dei Vescovi sopra le questioni che secondo l’Altissima Risoluzione Regia
del 22 Marzo 1887 saranno da dibattersi prima che si pertratti l’affare della
“congrua”**, imperocché
l’intiero Memorando tanto sarà discusso meritoriamente nelle conferenze
vescovili. Additerò qui soltanto quel “muro di separazione” che Sua
Eminenza nel Suo Memorando truova bene ed opportuno di farlo alzare allora,
quando la demolizione del medesimo, tempo fa, il Sagrosanto Concilio Ecumenico
Fiorentino l’ha celebrato già col seguente inno di lode: “Laetentur
coeli et
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esultet terraa; sublatus est enim de medio paries,
qui occidentalem orientalemque dividebat ecclesiam et pax atque concordia
rediit, illo angulari lapide Chriso, qui fecit utraque unum, vinculo fortissimo
caritatis et pacis utrumque iungente paritatem et perpetuae unitatis foedere
copulante ac continente; postque longam moeroris nebulam et dissidii diuturni
atram ingratamque caliginem, serenum omnibus unionibus optatae iubar illuxit.
Gaudeat et mater ecclesia, quae filios suos hactenus invicem dissidentes, iam
videt in unitatem pacemque rediise: et quae antea in eorum separatione amarissime
flebat, ex ipsorum modo mira concordie cum ineffabili gaudis omnipotenti Deo
gratias referat. Cuncti gratulentur fideles ubique per orbem et qui Christiano
censetur nomine, matri catholicae ecclesiae collaetentur. Ecce enim
occidentahales orientalesque patres post longissimum dissensionis atque
discordiae tempus, se maris ac terrae periculis esponentes omnibusque superatis
laboribus, ad hoc sacrum oecumenicum concilium desiderio sacratissimae unionis
et antiquae caritatis reintegrandae gratia laeti alacresque convenerunt et
intentione sua nequaquam frustrati sunt. Post longam enim laboriosamque
indaginem tandem Spiritus Sancti clementia ipsam optatissimam sanctissimamque
unionem consecuti sunt. Quis igitur dignas omnipotentis Dei beneficiis gratias
referre sufficiat? Quis ante divinae miserationis divitias non obstupescat?
Cuius vel ferreum pectus tanta supernae pietatis magnitudo non molliat? Sunt
ista prorsus divina opera, non humanae fragilitatis inventa: atque ideo eximia
cum veneratione suscipienda et divinis laudibus proseguenda. Tibi laus, tibi
gloria, tibi gratiarum actio Christe, fons misericordiarum, qui tantum boni
sponsae tuae catholicae ecclesiae contutisti, atque in generatione nostra tuae
pietatis miracula demonstrati, ut enarrent omnes mirabilia tua. Magnum siquidem
divinumque munus nobis Deus largitus est: oculisque vidimus, quod ante nos
multi cum valde cupierint, adspicere nequiverunt” (Decr. Unionis).
Secondo
queste, dunque, invece che chichesia “schernisse” l’“Unione” dei Rumeni Greco-Cattolici che
vivono sotto la Sagra Corona Ungaresse: la vocazione apostolica ciò
ispirerebbe piuttosto, che i competenti promovessero alacremente anche l’Unione
ecclesiastica di quei Rumeni dell’Ungheria, i quali tuttora sono rimasti nello scisma.
E
questa è veramente una delle ardentissime brame anche della Santa Sede
Apostolica, come ne fan fede innumerevoli Costituzioni Apostoliche.
Dond’è, che per tacer le altre, Pio IX nella Sua Allocuzione del 19
Dicembre 1853, solennemente dichiarò che: “Caritatis spiritu perinde ac
Nos excitati Praedecessores Nostri sacros ritus, quos orientalis adhiberet
ecclesia quosque fidei minime adversari comperissent, non modo non improbandas,
sed vero etiam observandos ac retinendos censuerunt, utpote ipsa antiquitatis origine
commendatos et a sanctis Patribus non mediocri ex parte profectos: quinimo
orientales ritus deserere, nisi impetrata Summi Pontificis venia,
providentissimis Constitutionibus ediserunt fas esse nemini. Noverant siquidem
immaculatam Christi sponsam mira quadam varietate distingui quae non officiat
unitati: Ecclesiam scilicet nullis regionum terminis definitam omnes complecti
populos, nationales, gentes, quae fidei unitate et consensione coalescant,
diversae licet moribus, linguis, ac ritibus, quos tamen omnium mater et
magistra Romana probavit Ecclesia”.
Ma
diversamente da questo, il “Memorando” di che si tratta, non vuole considerare
i Rumeni Greco-Cattolici dell’Ungheria qual parte costitutiva innestata ed
inseparabilmente saldata all’università del Cattolicismo, ma come
siffatta appartenenza dello “scisma” li vuole rappresentare, il grado di
cultura della quale dipende dal grado di cultura dello scisma medesimo, di
maniera che, secondo il “Memorando”, la leva della cultura dei Rumeni
Greco-Cattolici
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dell’Ungheriaa non consista già tanto nella
virtù soprannaturale del Cattolicismo, quanto piuttosto nella cultura
alla quale potesse arrivare lo scisma. Con altre parole: ciò vuole il
“Memorando” persuadere ai lettori suoi, che i Rumeni Greco-Cattolici
dell’Ungheria, solamente così potranno arrivare alla cultura, se prima,
ad almeno contemporaneamente ai scismatici, si porgerà l’occazione
all’acquisto di tale cultura, quale i Rumeni nel seno dell’unica salvifica
Chiesa Cattolica non se lo potrebbero acquistare.
Questo
ci fan intender almeno le parole chiarissime (che non si possono in altro senso
interpretare) del “Memorando”, che: “Anche se si accetterà questo
(cioè l’organizzazione delle parrocchie e la regolazione della congrua),
in ogni caso però si dovrà badare, che questa regolazione ed i
sagrificii che si faranno per essa, non divengano né sterili, né infruttuosi;
che da qui innanzi anche i preti Greco-Cattolici si sollevino al nivello della
loro sagra missione ecclesiastica, e divengano portatori e promotori delle
intenzioni culturali dello Stato”. Quasi che i preti Rumeni Greco-Cattolici
–perché secondo il Memorando “nelle Diocesi rutene di Eperjes e di
Munkàcs, appartenenti alla provincia Metropolitana di Strigonio,
scorgiamo delle relazioni assai più ordinate”– finadesso non si fossero
sollevati al nivello della loro sagra missione ecclesiastica, e non fossero
stati né portatori, né promotori delle intenzioni culturali dello Stato, sicché
i sagrificii fatti per essi finadesso si fossero truovati e sterili ed
infruttuosi. Benchè, per non occuparmi se non che della Diocesi
Greco-Cattolica di Gran-Varadino, i preti di questa Diocesi in tutto ricevono
la medesima educazione coi preti di rito latino. Anzi, essendochè la
Diocesi Greco-Cattolica di Gran-Varadino neppure ha Seminario teologico
proprio, ma i suoi chierici escono dal Seminario centrale di Budapest, dal
Seminario Metropolitano di Strigonio, dal Liceo di Rito Latino di
Gran–Varadino, da quello di Szatmár parimente di Rito Latino, e finalmente dal
Seminario Gr[eco]-Cat[olico] di Ungvár, appartenente alla Diocesi di Munkács,
non eccezionata neppure dal Memorando; alcuni poi si educano proprio a Roma
nella prossima vicinanza del Vaticano; è chiaro, che i preti
Greco-Cattolici della detta Diocesi, come propriamente partecipi di cultura
Latina, sotto la salutare influenza di questa eseguiscono essi anche la loro
sagra missione ecclesiastica. E così l’accusa scagliata contro di loro
nel Memorando, in ultima analisi ferisce proprio quella salutare cultura
Latina, che essi se l’hanno acquistata congiuntamente coll’esemplarità
dei costumi, per mezzo di una diligenza indefessa.
È vero che lo stato
materiale dei preti Greco-Cattolici usciti così dai Seminarii, e per
conseguenza in tutto di medesima qualificazione e cultura con quella dei
Latini, nella vita per lo più non si può neppure paragonare allo
stato materiale dei preti di Rito Latino, anzi i proventi ancora dei nostri
Prevosti Capitolari sono sorpassati da tanti e tanti beneficii parrochiali mediocri
di R. L., e quelli degl’ultimi Canonici da altrettante ben organizzate
capellanie di R. L. Ma siccome il benessere materiale non è
necessariamente l’indicio della superiorità spirituale: così da
ciò, che qualcheduno vivendo alla sua vocazione, é necessitato di
lottare contro le indigenze, non siegue che il rispettivo non stia sul nivello
di quella cultura che da esso giustamente si esige, ma piuttosto ciò,
che specialmente adesso, quando altrimenti ancora si tratta della regolazione
regnicolare dell’affare della congrua dei Cattolici, si dovrebbe pensare
efficacemente anche all’assiguratione di tale stato materiale, il quale, attesa
l’identità della loro qualificazione e cultura con quella dei preti di
Rito Latino, corrispondesse anche alla qualificazione e cultura dei preti
Rumeni Greco-Cattolici.
Più
dicente però, ma tanto più rammaricante si è ciò,
al che il Memorando così ha dato per i Rumeni Greco-Cattolici, ed in
genere per l’Unione dei Rumeni, si umiliante espressione:
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“Quelle molteeplici riferenze e contatti però
– dice il Memorando – che, attesa la comunanza della loro origine, lingua,
rito, modo di vivere e consuetudini, sossistono fra i Greco-Cattolici e
scismatici di nazionalità Rumena, impediscono che loro stato qualificazionale
e culturale dei preti Greco-Cattolici di nazionalità Rumena, anche dopo
l’ammeglioramento di congrua, essenzialmente e radicalmente si trasformi,
finattanto che i preti scismatici si lasceranno nel loro presente stato”.
Non
voglio io far una ampia dissertazione sull’influenza salutare che il
Cattolicismo esercita sopra la nobilitazione dei costumi scorretti ed in genere
sopra la cultura universale, perché riguardo a questa questione apparevero
già tanti scritti e disertazioni, da poter formar una biblioteca separata.
Mi ristringo dunque a ciò solamente, che a questo proposito,
nell’Enciclica “Immortale Dei” del nostro Santo Padre Leone XII si legge
così: “Quacumque Ecclesia vestigium posuit, continuo rerum faciem
immutaverit, popularesque mores, sicut virtutibus antea ignotis, ita et nova
urbanitate imbuit; quam quotquot accepere populi, mansuetudine, aequitate,
rerum gestarum gloria excelluerunt”.
Non
vi è dunque popolo barbaro, sul quale non si possano quanto prima
scorgere le orme dell’educazione della Chiesa. Solamente i preti Rumeni
Greco-Cattolici sono quelli, ai quali secondo il “Memorando” non giova neppure
l’istessa S. Unione. Egli no sono quella progenie più selvaggia di
qualunque gente selvaggia, la trasformazione radicale dello “Stato qualificazionale
e culturale” della quale – secondo il Memorando – non si può sperare con
effetto dalla communione colla Chiesa Cattolica, ma solamente dal volgimento
che vi possa aver luogo nello stato di cultura degli scismatici. Buon per noi
però che Roma non se la pensa così, e che lo stato delle nostre
cose lo giudica da altro punto di vista. Ciò attestano anche le Lettere
Apostoliche del 25 d’Agosto 1859, della santa memoria di Pio IX, dirette ai
Vescovi della Provincia ecclesiastica Greco-Cattolica di Alba–Giulia, nelle
quali si legge, che: “Verbis esprimere vix possumus, Venerabiles Fratres,
quantae consolationi Nobis fuerint et vestrae obsequentissimae Litterae die 15
Septembris superiore anno datae, et ea, quae de Vobis ad Nos detulit
Venerabilis Frater Antonius Archiepiscopus Tarsensis Noster, et hujus
Apostolicae Sedis apud Caesaream et Apostolicam Majestatem Nuntium a Nobis
eodem superiore anno ad Vos missus. Namque ex iis omnibus magis magisque
novimus qua singulari fide, amare et observantia firmiter constanterque Nobis
et huic Petri Cathedrae adhaerere gloriemini, quae Domino disponente super
omnes Ecclesias ordinariae potestatis obtinet principatum utpate universorum
christifidelium mater et magistra et in qua est integra christianae religionis,
ac perfecta soliditas, et Petrus in suis succesoribus semper vivit et
praesidet, ac praestat quaerentibus fidei veritatem, et judicium exercet.
Intelleximus quoque majorem in modum, Venerabiles Fratres, quomodo vobis cordi
sit salutarem Catholicae Ecclesiae doctrinam omni cura studioque integram
inviolatamque tueri defendere, eamque magis in dies propagare, et omnes
gravissimi vestri ministerii partes strenue diligentereque implere. Sumus
quidem gaudio, laetitiaque Nos affecerunt hujusmodi egregii vestri sensus catholicis
Antistitibus plane digni, etiamsi iidem nec novi, nec indexpectati Nobis
extiterint”. Le parole finali poi delle medesime Lettere Apostoliche contengono
anche le seguenti: “Persuasissimum autem Vobis sit, nihil Nobis gratius nihil
optatius unquam fore, quam ea omnia peragere quae in majorem vestram ac
vestrarum Dioecesium utilitam cedere posse noverimus”.
Quanto
ha poi di umiliante per la Sagra Unione ciò, che il “Memorando”
conseguentemente dal falso principio di sopra, l’efettuamento della regolazione
delle parrocchie Greco-Catholiche lo sollecita non già “junctim” con
quella delle parrocchie dei Cattolici di Rito Latino, ma come se la S. Unione
fosse un’appendice dello scisma, “junctim” con quella degli
p. 339
scismatici. MMa stiano qui le parole medesime del
“Memorando” che valgono a questo proposito, le quali sono più chiare, di
quello che si possano malintendere: “Per conseguenza – dice il Memorando –
appare come cosa di urgentissima necessità, che la regolazione delle parrocchie,
mediante la riduzione delle superflue, s’incominci e si eseguisca non solamente
presso i Rumeni Greco-Cattolici, ma ancora presso i scismatici, et quidem
junctim contemporaneamente con quella di coloro”. Benché secondo l’Altissima
Risoluzione Regia del 22 Marzo 1887 anche la volontà di Sua
Maiestà si è: “che per l’ammeglioramento – lì dove questo
si mostra esser necessario – della congrua del clero Catholico inferiore di
ambedue Riti s’incominciano le necessarie pertrattazioni”.
Finalmente
nel Memorando si rileva anche come d’urgentissima importanza, che anche il
governo “si risolvi alla promozione di quest’affare (cioè
dell’umiliazione della S. Unione nell’esposto modo) anche con sagrificii
pecuniarii; perché per non rammentar altro, anche l’interesse dello Stato
urgentemente pretende: che i Rumeni Greco-Cattolici, cosi appunto come i
scismatici, mediante il governo facendosi partecipi della subvenzione culturale
necessaria, tutti quanti egualmente tanto più aderiscano agl’affari, ed
agl’interessi della patria commune”. Dal che pure tali sospetazioni leggo io,
le quali, se non fossero nello stato di dileguarle in quanto ai Rumeni
Greco-Cattolici, il senso religioso e la purità di carattere dei
medesimi, promananti dalle dottrine religioso morali del Cattolicismo: è
certo, che non ne potrebbero porgere maggiore garanzia, di queste nemmeno quei
sagrificii pecuniarii, a prezzo dei quali il Memorando progetta che la S.
Unione si svesta dal suo carattere Cattolico, e collo scisma si identifichi.
Ciò
solamente voglio io con tutto questo riverentissimamente ma insieme
schiettamente e senza riserva esprimere, che quante volte nell’Ungheria si
tratta di interessi generali del Cattolicismo: dalla sfera di questi solamente
colui potrebbe supporre esclusibili i Rumeni Greco-Cattolici viventi sotto la
Sagra Corona dell’Ungheria, il quale volesse considerarli come per eschiusi
coloro anche dalla communione del Cattolicismo.
Siccome
però i Rumeni Greco-Cattolici, i quali per grazia di Dio sono membri
proprio così fedeli della Chiesa, come i Cattolici di Rito Latino, a
tale cosa non hanno mostrato affatto propensione, nemmeno hanno prestato
cagione per siffatta procedura: di certo che è giusto l’alzar la voce
contra ogni tendenza umiliante che mirasse colà, tanto più,
perché, chi, attesa la sua natura, schernisce l’istituto della S. Unione, colui
schernisce l’istessa Università del Cattolicismo, della quale la S.
Unione è parte costitutiva, dalla medesima inseparabile.
L’unica
nostra consolazione però – se pure consolazione si possa ricavare anche
dal nuovo dolor – si è: che quel Cattolico il quale casomai a tale cosa
si deciderebbe, ciò di certo non come Cattolico lo potrebbe fare, ma al
più come soltanto tal partigiano di qualche direzione politica erronea,
il quale subordinando a questa direzione pur anche gli interessi del
Cattolicismo, neppure di ciò si sgomentasse, che nelle ombre del muro di
separazione tanto temuto anche nell’introduzione, a conto della pacifica vita
di Stato, si guardino a vicenda con occhio torvo anche quelle diverse
nazionalità, le quali secondo l’Articolo XLIV di Legge dell’1868
costituendo l’unificata nazione politica ungherese, sono reciprocamente
avvisate l’una ad altra, e da mille anni sono capite insieme.
In
questa guisa però nell’Ungheria la Chiesa si degraderebbe alla
condizione di teatro delle concertazioni politiche, delle discordie fraterne e
dei disturbi nazionali, allora, quando dalle cime del Sione, dalla
sommità del Vaticano sentiamo risuonarci del continuo il “Cor unum et anima
una”.
(Archivio Segreto Vaticano, Archivio
della Nunziatura di Vienna, vol. 707 A, Vanutelli S.-Taliani E., nunzi,
Tit. VI/12, XIV/b-Varia, 1896-1903: 580-586)
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source: either this web address or the Annuario. Istituto Romeno di cultura
e ricerca umanistica 5 (2003), edited by ªerban Marin, Rudolf Dinu, Ion
Bulei and Cristian Luca, Bucharest, 2004
No permission is granted for commercial use.
© ªerban Marin, March 2004, Bucharest, Romania
* La
trascrizione del testo è maggiormente conforme alla scrittura originale,
tranne che qualche lieve normalizzazione di alcuni passi; gli errori di
italiano conservati nel testo appartengono all’autore, Augustin Lauran, e
mantengono viva l’individualità della scrittura e la specificità
del linguaggio dell’epoca in cui il memoriale fu redatto.
** “Congrua” in Ungheria significava per antonomasia la
“votazione congrua dei Sacerdoti”.