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Quadro storico
dell’evoluzione della Transilvania (fino al 1918)*
Ioan-Aurel Pop,
Università
“Babeº-Bolyai” di Cluj-Napoca,
Istituto
Romeno di Cultura e
Ricerca
Umanistica, Venezia
Premesse. La Transilvania è una fra le tre province
storiche che compongono la Romania e rappresenta più di un terzo della
superficie e della popolazione del paese. La storia di questa regione, secondo
le fonti storiche, risale al 500 a. C. circa. Il territorio era allora abitato
dai daco-geti – il ramo nordico dei traci (chiamati geti dai greci e daci dai
romani). Nel periodo in cui a Roma viveva Giulio Cesare ed i romani erano in
guerra con i galli del territorio della Francia attuale, in Dacia venne creato
uno stato (regno) potente sotto il re Burebista (82-84 a. C. circa). Nel I
secolo d. C., quando a Roma regnavano Domiziano e poi Traiano, in Dacia c’era
il re Decebalo (87-106). I due re soprammentovati ebbero i loro centri
fortificati principali (e ciò che oggi si potrebbero chiamare capitali)
proprio in Transilvania, difesa anche fisicamente dalla corona dei Carpazi. I
romani attaccarono più volte la Dacia, a partire dall’epoca di Giulio
Cesare fino a Traiano, quando una grande parte della Dacia fu trasformata in
provincia romana (106 d. C.). La capitale di questa provincia imperiale, i
principali centri urbani, le istituzioni più importanti e la maggior
parte della popolazione si trovavano appunto nella regione chiamata oggi
Transilvania.
In seguito al dominio romano di circa
170 anni, la popolazione autoctona dacica subì un ampio processo di
romanizzazione, cioè si appropriò gradualmente la lingua latina,
le credenze, i costumi e le tradizioni romane. Tale processo continuò a
svolgersi anche dopo che gli eserciti e le autorità romane si ritirarono
a sud del Danubio; si perpetuò e si estese anche nelle regioni abitate
dai daci liberi (i quali non furono ufficialmente incorporati nell’Impero
Romano). Nel frattempo, nel territorio dei daco-romani sono passate delle
popolazioni “barbare” oppure migratrici, tra le quali la più importante
furono gli slavi. In questo modo, nel sud-ovest dell’Europa, tra i secoli I-II
e VII-IX dell’era cristiana, si formò un nuovo popolo romanzo,
cioè il popolo romeno. Questo popolo fu costituito, come tutti i popoli
romanzi, da tre elementi etnici principali: 1) l’elemento locale, cioè i
daco-geti; 2) l’elemento conquistatore, cioè i romani (latinofoni); 3)
l’elemento migratore, cioè gli slavi. Tra tutti, l’elemento romano
è il più importante, dato che i romani si imposero sui daci ed i
daco-romani e i protoromeni assimilarono poi i migratori. Nel periodo
dell’etnogenesi si diffuse tra i daco-romeni e i protoromeni anche il
cristianesimo in lingua latina. Ulteriormente (dopo il 1000), l’organizzazione
della chiesa dei romeni venne fatta sotto influenza bizantino-slava e la loro
lingua di culto diventò lo slavo antico.
Tutti questi processi storici conobbero
l’intensità massima in Transilvania, ritenuta perciò culla della
formazione e della conservazione del popolo romeno e della lingua romena.
Paradossalmente però, in Transilvania (a differenza della Valacchia e
della Moldavia) non potette formarsi e mantenersi uno stato romeno durante il
medioevo e l’epoca moderna. Quando un tale
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stato
stava per formarsi, nei secoli IX-X, avvennero le prime incursioni dei ceti
magiari, i quali attaccarono all’epoca anche l’Europa Centrale-Occidentale,
compreso l’Italia. Intanto anche il nome di Transilvania, con tutta la sua
risonanza antica, risale allo stesso periodo medioevale, dopo il 900. Un ceto
di combattenti magiari, in seguito alla sconfitta dell’esercito del duce
Menumorout del Bihor (a nord-ovest dell’attuale Romania), fissò il
“confine” della regione conquistata nella “foresta Igfon”. Ciò che si
trovava “oltre la foresta”, quindi trans silvam, per loro era ignoto e
così rimase per molto tempo. Poi, anche dopo la conquista della regione
intercarpatica dal Regno d’Ungheria, il suo nome rimase sempre quello di
Transilvania.
Dal XVI secolo, la denominazione di
Transilvania ha due accezioni, un senso ristretto e originario (zona
intercarpatica) e un senso esteso e derivato (zona intercarpatica, Banato e le
regioni dell’ovest, chiamate anche Partium). Oggi, nel linguaggio
corrente, la Transilvania ha generalmente il secondo significato, quello
esteso, riguardante l’intera zona del nord-ovest della Romania. Anche noi, in
ciò che segue, faremo un’analisi della situazione della Transilvania
intesa in senso ampio.
Le tappe storiche.
1. Tappa dei primi stati medioevalii, chiamati ducati o voivodati dei
secoli IX-X, che subirono dopo il 900 gli attacchi predatori delle tribù
magiari, stabilitesi nel 896 nella Pannonia. I capi (duci) di questi stati
furono il soprammentovato Menumorout, nella regione del Bihor, Glad, nella
regione del Banato e Gelou, nella zona della Transilvania propriamente detta.
Non si conosce l’etnia dei primi due, mentre riguardo a Gelou, la fonte attesta
che era romeno o blac (quidam Blacus). La popolazione di tali ducati era
formata essenzialmente di romeni e slavi (alcuni storici li chiamano infatti
“ducati romeno-slavi”), ma anche di altri gruppi, soprattutto dei popoli
migratori (bulgari, peceneghi ecc.).
2. Tappa dei primi stati medioevalii del 1000, che subirono anch’essi gli
attacchi meglio organizzati del Regno d’Ungheria, fondato nello stesso periodo,
dopo che fu cristianizzato e incoronato il primo re (Stefano I). Il capo di
questi ducati era Ahtum, successore di Glad, nella zona del Banato, e Gyla
(Jula, Gyula), nella regione della Transilvania intercarpatica, con il centro a
Bãlgrad (nome slavo-romeno), oppure Alba- Iulia (nome dato dai conquistatori
magiari). Gli eserciti ungheresi sono riusciti a vincere in guerra le forze dei
due duca, dopo il 1000 circa. Interessante è il fatto che Gyula sembra
esser stato di etnia magiara (parente del re Stefano), ma governava uno stato
transilvano indipendente, che rifiutava di sottoporsi all’Ungheria.
3. Tappa della conquista effettiva della Transilvania da parte del Regno
d’Ungheria, avvenuta durante i secoli XI-XIII, più precisamente tra il
1050 e il 1200, che vide l’imposizione di un nuovo ordine politico per il
paese, perpetuato per alcuni secoli. Lo stato magiaro, di data recente e
formato grazie alla Santa Sede, secondo l’esempio e sotto l’egida dell’Impero
Romano-Germanico, portava in Transilvania il modello medioevale occidentale,
che veniva a sovrapporsi alle realtà d’ispirazione romano-bizantina e
bizantino-slava. Perciò la Transilvania non potette mai essere del tutto
incorporata nello stato magiaro e rimase un nucleo statale distinto, con
istituzioni proprie e con un’esistenza autonoma. Si chiamò voivodato.
4. Tappa del voivodato di Transilvaania, parte del Regno d’Ungheria, che
durò dai secoli XII-XIII (circa 1200) fino al 1541, quando l’Ungheria si
smembrò in seguito ai colpi dell’Impero ottomano. La parte centrale del
paese divenne provincia turca, la parte di nord-ovest fu occupata
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dagli
Asburgo, mentre il sud-est (la Transilvania) si trasformò in principato
autonomo sotto sovranità ottomana.
5. Tappa del principato di Transilvvania, tra il 1541 e il 1688 (1699).
Durante questo periodo, 150 anni circa, la Transilvania ebbe lo stesso statuto
giuridico internazionale come la Valacchia e la Moldavia. Ci fu, infatti, un periodo
di relativa indipendenza, quando il paese pagava un tributo annuo al sultano,
ma aveva la sua propria esistenza statale.
6. Tappa della Transilvania quale pprovincia incorporata all’Impero
Asburgico, dal 1688 (1699) al 1918.
Caratteristiche dell’evoluzione meddioevale. Questo schema non è senz’altro esauriente
per ciò che riguarda l’evoluzione storica reale e la spiegazione della
peculiarità della Transilvania. Il primo processo storico importante che
marcò la Transilvania fu la formazione del popolo romeno, con il sigillo
di Roma, della latinità, rimasto qui fino ad oggi. La seconda vicenda
notevole per l’evoluzione del paese fu rappresentata dagli attacchi magiari
insistenti e poi dalla conquista della Transilvania da parte del Regno d’Ungheria.
La politica di questo stato con missione apostolica mirava all’occupazione
dell’intero spazio del basso Danubio (Transilvania, Valacchia, Moldavia e anche
la Bulgaria), per il controllo delle foci del fiume e del litorale occidentale
del Mar Nero. Alla fine, l’Ungheria fu costretta ad accontentarsi solo con
l’annessione della Transilvania e con la trasformazione dei paesi romeni
extracarpatici in stati vassalli. La conquista magiara non potette eludere o
abolire la personalità distinta della Transilvania, quale paese
sottomesso relativamente tardi, d’orientamento cristiano bizantino, abitato
soprattutto da romeni e slavi (gli ultimi in via di assimilazione).
Parallelamente alle operazioni militare di conquista, ma soprattutto alla loro
fine, ebbe luogo una “conquista” demografica, istituzionale-politica e
religiosa. Dall’Ungheria propriamente detta vennero continuamente non solo
degli eserciti, ma anche della gente pacifica, alla quale il re aveva regalato
dei domini, e che in gran parte fu in questo modo annobilita. Così si
venne a formare, gradualmente, a partire dai secoli XII-XIII, la
mentalità di padroni nei Magiari e quella di sudditi nei Romeni (anche
se non tutti i romeni erano servi oppure tutti i Magiari dei nobili).
Il terzo processo che diede personalità alla Transilvania furono
le colonizzazioni di popolazioni/gruppi stranieri. I magiari (popolo di origine
ugro-finnica) – quali erano circa 150.000 -200.000 al loro arrivo dall’est – si
stabilirono all’inizio in un territorio ristretto nella Pianura Pannonica, ma,
dopo la formazione dello stato feudale, per circa due secoli (1000-1200 circa),
conquistarono uno spazio immenso, difficile da organizzare e governare. In
Transilvania, regione di margine, tale situazione si presentava molto acuta,
tanto più che la popolazione locale era reticente nei confronti dei
conquistatori. Perciò lo stato magiaro vi incoraggiò
l’insediamento e la colonizzazione di gruppi stranieri. Il primo gruppo fu
rappresentato dai Sekleri, di origine turca (turanica), presenti in Pannonia
prima dei magiari e poi magiarizzati sotto aspetto linguistico. I Sekleri erano
dei bravi combattenti, che aiutarono i magiari a conquistare le regioni
orientali, compreso la Transilvania. Man mano la frontiera magiara avanzava
verso l’est, anche i Sekleri avanzarono nella stessa direzione. Così li
troviamo inizialmente a Bihor (dove aveva regnato Menumorout) e, nella seconda
metà del XII secolo, sulle Tarnave (nel centro della Transilvania), poi
(verso il 1200) nella zona dei Carpazi di Curburã (Curvatura), dove abitano
ancor oggi (e sono circa 500.000). Dopo che si stabilirono nella zona di
confine, ricevettero dei privilegi (di conservare la propria organizzazione),
in cambio dei loro servizi militari nella difesa del paese.
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I Sekleri mantennero in tutto
il medioevo la coscienza di un’etnia distinta, con vecchie forme
d’organizzazione comunitaria, di origine gentilizio-tribale.
Il secondo grande gruppo stabilitossi in Transilvania furono i Sassoni,
di ceppo germanico, con notevoli occupazioni militari ed economiche. I Sassoni
venivano dal centro e dall’ovest dell’Europa, con forti tradizioni urbane,
artigianali e commerciali. La maggior parte di loro si è insediata come
“ospiti” (hospites) nel sud della Transilvania (press’a poco fra Orãºtie
e Braºov), nei secoli XII e XIII. In cambio della difesa della zona, nel 1224,
il re ungherese Andrei II concesse anche ai Sassoni dei privilegi tramite i
quali fu loro garantita l’organizzazione autonoma tradizionale. Essi eressero,
come vuole la tradizione, sette città-fortezze importanti, da cui sembra
provenire anche la denominazione tedesca della Transilvania (Siebenbürgen
oppure, in latino, Septemcastra). Si ha notizia anche di altri tentativi
(falliti) di colonizzazione.
L’organizzazione della Transilvaniaa medievale. Il regime degli stati. Nell’età medievale,
la Transilvania era guidata da un voivoda (vaivoda) così chiamato
secondo la tradizione romeno-slava, investito di questa carica dal re
dell’Ungheria in quanto suo dignitario. Voivoda venivano chiamati anche i
principi della Valacchia e della Moldavia (testimonianza questa della
tradizione comune con la Transilvania), ma questi erano sovrani. Il voivoda
della Transilvania possedeva autorità diretta su sette province
(suddivisioni amministrative della Transilvania) che portavano il nome di
comitati (comitatus). In questi vivevano soprattutto la popolazione
romena locale e i magiari (venuti dall’Occidente), con a capo i nobili.
Il regime degli stati, affermatosi
nell’Europa occidentale, acquisì in Ungheria e in Transilvania forme
particolari, adattate. Gli stati erano dei gruppi privilegiati che
partecipavano alla guida del paese. Lo stato più importante era
rappresentato anche in Transilvania dalla nobiltà ungherese (padroni di
poderi), organizzata come tale in seguito alla Bolla d’Oro del re Andrei II del
1222. Dal Duecento furono riconosciute come stati anche le comunità
libere dei Sekleri e dei Sassoni insieme all’antica comunità locale dei
Romeni. Fra il Duecento e il Trecento partecipavano, dunque, all’esercizio del
potere in Transilvania quattro stati o gruppi socio-politici, con sostrato
etnico: la nobiltà ungherese, i rappresentanti dei Sekleri, dei Sassoni
e dei Romeni (Nobiles, Siculi, Saxones et Valachi). Il potere veniva
esercitato tramite le assemblee della Transilvania (universitates, congregationes),
convocate di solito dal voivoda in nome del re, inizialmente senza una
determinata frequenza. I primi tre stati erano costituiti dai nuovi padroni
cattolici del paese, mentre lo “stato” dei Romeni era rappresentato in
realtà dall’antica popolazione di origine romana ma di confessione
cristiana orientale (bizantina). Nel Trecento, il re dell’Ungheria, Ludovico I
d’Angiò (1342-1382) svolse un’ampia azione di “omogeneizzazione” del
regno, sia dal punto di vista religioso che socio-economico e politico. Egli
guidò grandi azioni contro “i pagani, gli eretici e gli scismatici” (che
si trovavano all’interno del regno e nelle vicinanze), alcune chiamate persino
“crociate”. In questo modo, il cattolicesimo diventa religio recepta nel
regno così eterogeneo dell’Ungheria, mentre il sistema feudale, che
segue il modello occidentale, la principale forma di organizzazione
socio-economica e politica. In un tal contesto, i Romeni del Regno
dell’Ungheria, essendo ortodossi e avendo un feudalismo di tipo orientale
(bizantino-slavo), ebbero due vie da seguire: adeguarsi alle austerità
imposte loro e perdere gradualmente l’identità etno-confessionale,
oppure resistere alle pressioni e finire per essere emarginati e privi di un’élite
politica ufficiale. Alcuni feudatari romeni si adeguarono alle regole imposte
dal re e molti di loro diventarono nel corso del tempo nobili cattolici e
magiari. I
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piccoli
feudatari (padroni di 1-2 villaggi o frazioni di villaggi) e i Romeni di modesta
condizione (la maggior parte servi) – e cioè la maggior parte dei Romeni
– rimasero, però, ortodossi e continuarono a seguire le loro antiche
tradizioni. Di conseguenza, fra il Trecento e il Quattrocento, i Romeni della
Transilvania smisero di appartenere ad uno stato, essendo esclusi dalla classe
dei privilegiati, dei possessori del potere. Nel 1437, i Nobili, i Sassoni e i
Sekleri costituirono in Transilvania “un’unione fraterna” (fraterna unio)
esclusivista, che non soltanto emarginava i Romeni, ma, a partire dal
Cinquecento, avrebbe anche preso delle misure discriminatorie nei loro
confronti.
La Transilvania nell’epoca moderna<. Nel Cinquecento, in seguito alla ddissoluzione dell’Ungheria, alla
Transilvania propriamente detta si affiancano estese regioni dall’ovest (Partium
oppure “Le Parti Occidentali”), tanto che il territorio del paese si raddoppia.
Dal punto di vista etnico, gli abitanti di queste zone erano soprattutto Romeni
ed Ungheresi (ma anche Tedeschi, Ruteni o altri Slavi). La Transilvania
così diventò un paese quasi indipendente, un principato. Alla sua
guida c’è il principe (magiaro) eletto dall’assemblea del paese
(chiamata ora dieta) e confermato dal sultano. L’assemblea del paese è
costituita dai rappresentanti dei tre stati già menzionati (la
nobiltà ungherese, i Sassoni, i Sekleri), che dopo il 1500 si fanno
chiamare nazioni (nationes), mettendo così in risalto le
componenti etno-linguistici della loro struttura. Il Cinquecento fu anche il
secolo della Riforma religiosa propagatasi fortemente fra le “nazioni”
transilvane. I Sassoni diventano così tutti quanti luterani, la maggior
parte degli Ungheresi calvinisti e alcuni di loro unitariani
(antitrinitariani). I Sekleri rimangano in gran parte cattolici, anche se il
cattolicesimo perde quasi tutta l’influenza e la forza che una volta possedeva.
I Romeni, malgrado alcune azioni dei calvinisti destinate a convertire alla
Riforma, rimangono ortodossi. Teoricamente, ci fu il pericolo di un confronto
violento (come accadde in altri luoghi), ma i fatti si svolsero in modo mite.
La spiegazione è semplice: la maggior parte degli stati-nazioni
cattolici di una volta si trasforma e diventa protestante, il che portò
gli ex-cattolici a ufficializzarsi da soli il loro nuovo statuto di “riformati”.
Una serie di diete successive della Transilvania convocate intorno a 1540-1570,
approvò ufficialmente il regime politico-religioso del paese costituito
da tre “nazioni” (la Nobiltà magiara, i Sassoni, i Sekleri) e quattro
“religioni” (confessioni) recepte (calvinista, luterana, unitariana e
cattolica). Questo regime fu chiamato “della tolleranza”, ma si trattava di una
tolleranza sui generis (limitata a quasi un terzo della popolazione del
paese), per cui un’intera nazione – quella romena – e la sua confessione
ortodossa rimanevano al di fuori della legge, dell’ordine ufficiale. Questo
sistema fu consacrato poi nel Seicento, quando la Transilvania era diretta da
principi calvinisti magiari, tramite una raccolta di decisioni dietali di
valore costituzionale. L’unica rottura nell’organizzazione della Transilvania
d’allora si verificò intorno agli anni 1599-1600 quando principe (in
nome dell’imperatore asburgico) fu il Romeno Michele il Bravo: questo si mise
alla guida dei tre Paesi Romeni e costrinse la dieta della Transilvania a
prendere una serie di misure che limitavano la discriminazione dei nobili, dei
preti e dei contadini romeni nonché della loro confessione. In poco tempo,
però, queste misure furono abolite dalle nazioni ufficiali (con a capo
la Nobiltà).
L’occupazione della Transilvania da
parte degli Austriaci non cambiò in essenza l’organizzazione interna
della Transilvania, anche se trasformò il paese da principato quasi
indipendente in provincia asburgica con autonomia limitata. Del titolo di
principe si era ora appropriato l’imperatore di Vienna, ma all’interno del
paese il potere apparteneva sempre alle tre
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nazioni
e alle quattro religioni. Gli Austriaci iniziarono però un’azione di
Controriforma per rinvigorire il cattolicesimo, la più debole delle confessioni
recepte. La confessione cattolica era considerata uno strumento di
governo nelle mani della Casa d’Asburgo. Siccome le nazioni ufficiali
rinunciarono da sole al cattolicesimo senza avere ragioni di ritornare a questa
confessione, l’attenzione delle autorità si rivolse ai romeni. Inoltre,
c’è da menzionare che queste nazioni accettate rappresentavano soltanto
un terzo della popolazione del paese, il loro peso demografico non essendo
decisivo. I Romeni, invece, una volta attirati dall’unione con la chiesa di
Roma avrebbero mutato radicalmente il quadro confessionale della Transilvania e
avrebbero portato alla costituzione di un corpo maggioritario di cittadini
fedeli all’Austria. Essi sarebbero diventati un vero e proprio contrappeso per
le “nazioni storiche”, in parte reticenti nei confronti del nuovo dominio.
Affinché accettassero di compiere il grande passo, fu permesso ai Romeni di
mantenere il rito bizantino, il calendario, gli antichi costumi (a condizione
che riconoscessero l’autorità della Santa Sede) e fu loro promesso
indirettamente che sarebbero entrati a far parte delle nazioni ufficiali. Tra
gli anni 1697 e 1701 i Romeni della Transilvania si “unirono”, dunque, con la
chiesa di Roma (creazione della Chiesa Romena Unita con Roma oppure Greco-Cattolica),
evento che avrebbe avuto conseguenze estremamente importanti nel futuro. Per
varie ragioni (fra cui anche il fatto che le autorità mancarono alle
promesse fatte ai Romeni), alcuni Romeni della Transilvania continuarono a
rimanere ortodossi (o ripresero ad osservare la religione ortodossa), il che
determinò la Corte di Vienna ad accettare nel 1761 un loro proprio
episcopato. Gli austriaci introdussero qua e là dei mutamenti anche
nella struttura etnica della popolazione, come accadde in Banato, dove furono
colonizzati i Suabi (Die Schwaben), popolazione germanica di fede
cattolica.
Il Settecento significò per
l’Europa centrale e sud-orientale lo scoppio della lotta per l’emancipazione
nazionale moderna e la creazione degli stati nazionali. Tutte le nazioni della
Transilvania si lasciarono coinvolgere in questo processo, aspirando ad una
Transilvania autonoma o indipendente, non più sotto l’occupazione o la
tutela dell’Austria e dei grandi poteri. Esistono, evidentemente, anche delle
sfumature: gran parte della nobiltà e dell’élite intellettuale ungherese
ambiva all’unione della Transilvania con l’Ungheria e alla creazione di
un’Ungheria indipendente, con le stesse frontiere dell’epoca medievale (il che
avrebbe significato l’inserimento in questo grande stato di milioni di Romeni,
Slovacchi, Ruteni, Serbi, Tedeschi, Ebrei ecc., che insieme erano più
numerosi dei Magiari); i Sekleri erano ora propensi a considerarsi una parte
della nazione magiara e a seguire i suoi ideali, sebbene fossero ancora molto
evidenti le tracce della loro vecchia identità; i Sassoni non aspiravano
ad un proprio stato “nazionale”, ma nutrivano ideali nazionali con il tacito
consenso dell’Austria e persino della Germania che si stava formando. I Romeni
si trovavano in una situazione alquanto diversa, perché continuavano ad essere
“tollerati” in Transilvania, usque ad beneplacitum regnicolarum (“quanto
sarebbe durato il beneplacito dei cittadini”), ad essere discriminati come
nazione, ad essere abitanti di secondo grado. Per questo la loro lotta
nazionale del Sette-Ottocento ebbe come principale obiettivo
l’ufficializzazione della nazione romena e delle sue religioni, affinché si
potesse raggiungere l’uguaglianza con le altre nazioni e confessioni. La
principale forma di lotta nazionale dei romeni fu pacifica (tramite petizioni
politiche e azioni culturali) ma anche violenta (la rivolta del 1784-1785),
senza che ci fosse una coordinazione fra le iniziative dell’élite e quelle
della plebe. La principale petizione s’intitolò Supplex Libellus
Valachorum e fu inoltrata (senza successo) all’imperatore di Vienna nel
1791.
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Nell’Ottocento la lotta nazionale
acquisì un carattere di massa e si manifestò attraverso azioni
rivoluzionarie ben organizzate come quelle del 1848-1849. In quell’occasione
gli Ungheresi della Transilvania sostennero gli ideali della rivoluzione
ungherese di Pesta e Bratislava (soprattutto la liberazione dagli Austriaci, la
formazione della “Grande Ungheria” e l’annessione della Transilvania
all’Ungheria), mentre i Romeni lottarono affinché la loro nazione fosse
considerata uguale alle altre, in una Transilvania autonoma, del tutto staccata
dall’Ungheria. Questi ideali, però, non si poterono realizzare allora.
In poco tempo, gli Ungheresi formarono insieme agli Austriaci lo stato dualista
austro-ungherese (1867), che durò circa mezzo secolo.
L’instabilità fu dovuta in gran parte alla politica di discriminazione
nazionale per mezzo della quale due nazioni governavano su oltre la metà
della popolazione del paese, divenuta minoritaria. La minoranza, infatti,
governava sulla maggioranza. In quell’occasione, nel 1867, per la prima volta
nella storia, la Transilvania si vide cancellare qualsiasi traccia di
autonomia, diventando senza mezzi termini Ungheria. Nella seconda metà
dell’Ottocento, la lotta di emancipazione nazionale dei Romeni della
Transilvania si accentuò parallelamente alla formazione, all’infuori
della catena dei Carpazi, della Romania (indipendente nel 1877 e diventata
regno nel 1881). In seguito a questa lotta nazionale, allo svolgimento della
Prima Guerra Mondiale e al fatto che i Romeni rappresentavano la maggioranza
assoluta della popolazione (circa due terzi), il 1 dicembre 1918, la Grande
Assemblea Nazionale di Alba-Iulia decise in modo democratico l’unione della
Transilvania con il Regno della Romania. Le nazionalità, ad eccezione
dei Magiari, aderirono ufficialmente a questo atto, mentre le grandi potenze
vincitrici riconobbero ufficialmente l’unione della Transilvania con la Romania
tramite i trattati di pace di Parigi del 1919-1920.
Bibliografia:
Nägler,
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Papacostea, ªerban, Geneza statului în evuul mediu românesc. Studii critice,
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Szücs, Jenö,
“The Peoples of Medieval Hungary”, Ethnicity and Society in Hungary (a
cura di Ferenc Glatz), Budapest,
1990.
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e ricerca umanistica 5 (2003), edited by ªerban Marin, Rudolf Dinu, Ion
Bulei and Cristian Luca, Bucharest, 2004
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© ªerban Marin, March 2004, Bucharest, Romania
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Conferenza presentata a Gorizia, il 25 settembre 2003, nell’ambito del
Seminario “Una regione della Mitteleuropa: la Transilvania oggi”.