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Istituto Romenos Publications
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Annuario 2004-2005
p. 13
Note sullevoluzione della
Moldavia
prima di Stefano il Grande
Victor Spinei,
Istituto di Archeologia di Iași
Per capire a fondo un periodo storico, nonché il destino
di alcune personalità di unepoca, è necessario conoscere anche
ciò che avvenne prima. Per esempio, non si può spiegare
levoluzione politica dellepoca di Augusto senza tracciare un quadro degli
eventi collegati allattività di Giulio Cesare. Allo stesso modo, non si
può ignorare che prima di Michelangelo vi fu Donatello, e prima di
Raffaello e Tiziano un Botticelli. Per studiare un edificio bisogna avere i
dati relativi non soltanto alle mura o al tetto, ma anche conoscere le
fondamenta sulle quali esso si regge. Mutatis
mutandis, presentare la storia della Moldavia durante il principato di
Stefano il Grande, senza prima conoscere le principali realtà della zona
nel periodo anteriore, non sarebbe molto produttivo. È ovvio che lo
spazio tipografico a disposizione non permette di dilungarsi troppo, per cui si
affronteranno solo, e in modo sintetico, alcune questioni demografiche,
economiche e confessionali inerenti ai primi secoli dopo lanno Mille. Si
prenderanno inoltre in esame solamente alcuni aspetti, di solito lasciati a
margine nella letteratura specialistica. Nel materiale illustrativo saranno
inoltre presentati anche alcuni pezzi archeologici inediti (Tavv. 3-8).
La Moldavia si costituì come Stato indipendente
solo nel 1364, cento anni prima che Stefano il Grande ne diventasse voivoda. Prima
erano esistite delle formazioni statali, ma esse non avevano potuto
rafforzarsi, né conquistarsi unautonomia, perché ripetutamente invase dai
popoli della steppa diffusi nellEuropa orientale come, per esempio, peceneghi,
uzzi, cumani, o mongoli. A differenza della zona centro-occidentale del
continente, dove lepoca delle grandi migrazioni si era conclusa molto tempo
prima, nelle regioni a nord del Mar Nero e del Basso Danubio essa si protrasse
fino al XIII secolo, creando notevoli problemi al progresso di quei popoli.
Mentre Giotto dipingeva le scene della vita di S. Francesco e Dante componeva
la Divina Commedia, orde di tartari
irrompevano ancora nelle pianure del sud-est della Moldavia, portando caos e
confusione nellintera area circostante.
In seguito alla fulminante campagna del 1241-1242, i
mongoli occuparono i territori della Moldavia centromeridionale, controllati
dai cumani, mentre le regioni settentrionali e occidentali divennero loro
tributarie. La loro dominazione si mantenne fino intorno allanno 1370, quando
furono costretti a lasciare il sud-est della Moldavia. Non si hanno, a
tuttoggi, informazioni chiare riguardanti gli avvenimenti che condussero al
riflusso dellegemonia mongola verso Oriente. È difficile ammettere che
il giovane Stato moldavo abbia allora posseduto un potenziale militare capace
di contrastare la potenza dellOrda. Sarebbe più credibile ammettere
lipotesi del concorso di alcuni potenti stati confinanti: la Polonia, la
Lituania e lUngheria.
Una prova certa dellespansione dello Stato romeno dai
Carpazi orientali fino alla riva del Mar Nero viene fornita da un documento
emesso il 30 marzo 1392 dalla
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cancelleria
del voivoda Roman Mușat[1].
Esistono, però, degli indizi che portano a credere che un tale processo fosse
iniziato già prima, durante il principato di Pietro Mușat (c. 1376-c.
1391) o forse addirittura nel periodo in cui sul trono sedette il principe
Lațcu (c. 1370-c. 1376). In seguito allampliarsi del territorio dello Stato
fino al Nistro, al Danubio e al Mar Nero, la Moldavia si assestò, a est
e a sud-est, su dei confini naturali che rimasero invariati fino alla salita al
trono di Stefano il Grande. Inoltre il contatto diretto con il mare e con le
principali vie fluviali consentiva di mantenere intensi contatti con larea
circostante. Le vette dei Carpazi Orientali, che dividevano la Moldavia dalla
Transilvania, rappresentavano un confine naturale quasi invalicabile. I confini
a sud-ovest[2] e a nord[3],
invece, non ebbero la stessa stabilità: nel corso del tempo avanzarono e
arretrarono. Ciononostante, i primi voivoda riuscirono a liquidare e a
unificare le autonomie locali in modo che molto probabilmente durante il
principato di Pietro Mușat si arrivò a strutturare il paese
amministrativamente e territorialmente nelle cosiddette regioni, destinate a sopravvivere, con alcune modifiche, fino ad
oggi[4].
Allinizio del II millennio, le regioni a est dei Carpazi
prendevano il nome dai popoli migratori che si erano temporaneamente insediati
nella zona: Patzinakia, Cumania, Tartaria. Dal XIII secolo simpose gradualmente anche la
denominazione di Valacchia, derivante
dal nome con cui i popoli vicini designavano i romeni. Poiché nella Penisola
Balcanica esisteva già da tempo una Valacchia
e dato che anche lo stato dei romeni, costituitosi nei primi decenni del XIV
secolo tra i Carpazi Meridionali e il Danubio, prese lo stesso nome simpose
ben presto una distinzione terminologica: così, il principato a est dei
Carpazi cominciò ad essere chiamato Moldavia.
Nel Medioevo, però, in alcuni paesi tra i quali lItalia e la Polonia
si conservò lantica denominazione di Valacchia[5].
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In
unanonima geografia toscana della prima metà del XIV secolo si
accoppiano per la prima volta gli etnonimi i
Rumeni e i Valacchi[6].
Rumeni era la forma locale con cui
gli abitanti della zona definivano se stessi rivendicando, con tale
denominazione, una discendenza dagli antichi romani.
Per evitare eventuali confusioni, coloro che stendevano
documenti ufficiali e gli autori delle cronache cercarono di distinguere i due
organismi statali esistenti a sud e a est dei Carpazi. A tal fine, per il primo
Stato, quello tra i Carpazi Meridionali e Danubio, furono talvolta adoperati
termini quali la Grande Valacchia
oppure Ungrovalacchia, mentre per il
secondo si utilizzarono forme come la Piccola
Valacchia (Walachia minor, Wallackie la petite), la Valacchia Nera
(Μαυροβλαχία), la Valacchia Russa
(΄Ρωσοβλαχία), la Valacchia Moldava
(Μολδοβλαχία) o altro;
gli ultimi tre termini furono imposti dalla cancelleria patriarcale di
Costantinopoli tra la fine del secolo XIV e i primi anni del secolo seguente[7].
La forma Moldovlahia (Μολδοβλαχία)
fu immediatamente adottata anche nel voivodato situato tra i Carpazi Orientali
e il Nistro, e fu usata, in modo eccezionale, anche nei documenti della Curia
pontificale[8]. La
più antica attestazione scritta indicante il Paese della Moldavia come Terra Moldauana si trova in un documento
emesso il 20 marzo 1360 dalla cancelleria del re Ludovico dAngiò[9].
In breve tempo questo termine acquistò unampia diffusione. Come in
altri casi, anche qui lorganismo statale prese il nome dal principale corso
dacqua che bagnava il nucleo iniziale del suo territorio.
Accanto alle forme Eflaq
e Qara-Eflaq (Valacchia Nera), prese in prestito dai popoli balcanici, i Turchi
utilizzarono, per indicare la Moldavia, anche altri nomi come, per esempio, i
diffusissimi Boğdan / Buğdan e Qara-Boğdan. Secondo lopinione più diffusa tali
denominazioni derivano dal nome del fondatore dello Stato a est dei Carpazi
Orientali, Bogdan I[10].
Il termine di Qara-Boğdan (Bogdania Nera) è attestato per la
prima volta in una cronaca dei Turchi selgiuchidi redatta da
Yazıcıoğlu Ali e ultimata nel 1423-1424[11].
p. 16
In
seguito, tale termine fu ripreso nella letteratura tardo bizantina[12]
e infine appare anche nei documenti di cancellerie italiane e di altri paesi
europei. Tra le forme ibride, si trova occasionalmente Valaccobogdania[13],
con prestito sia dalla terminologia turca che, contemporaneamente, da quella europea.
Le denominazioni turco-ottomane furono adottate anche dagli slavi meridionali
sotto le forme di Kara-Bogdanska e Zemlja Bogdanska[14].
Nelle fonti narrative e diplomatiche ottomane con la forma Qara-Boğdan si usarono indicare anche i principi della Moldavia[15].
Poco dopo il Mille, per circa mezzo secolo, la situazione
demografica della zona a oriente dei Carpazi fu instabile: invasioni
provenienti dalle steppe nord-pontiche influirono innanzi tutto sulle
regioni di pianura, lungo la riva sinistra del Danubio, mentre la parte
orientale del continente europeo continuava a mantenere, grazie alla pax Chazarica, una certa
stabilità politica. In seguito a ciò, a cavallo tra il X e lXI
secolo, la popolazione dellintero spazio extracarpatico ebbe una vistosa crescita
rispetto al periodo precedente. Le ricerche sul campo eseguite fino ad oggi
hanno portato allidentificazione di 297 siti archeologici, risalenti ai secoli
X-XI[16],
nellarea occidentale della Moldavia, compresa tra i Carpazi e il Prut, mentre
nella parte orientale, fiancheggiata dal Prut e dal Nistro, e nella Bucovina
settentrionale sono stati rintracciati 510 siti archeologici dello stesso
periodo[17].
Queste cifre sono solo ovviamente indicative, poiché simili dettagliate
ricerche sul campo non sono state intraprese in modo analogo in tutte le aree.
Al contrario, alcune zone, fino ad oggi, sono state scarsamente studiate dal
punto di vista archeologico. A cominciare dal secondo quarto dellXI secolo,
via via che le tribù prima dei peceneghi, e poi degli uzzi, si
stabilirono in massa nella pianura del Basso Danubio, il numero dei siti,
abitati da popolazione autoctona, a est dei Carpazi Orientali diminuì
vertiginosamente. A causa del pericolo rappresentato da tribù di pastori
nomadi, le comunità agricole sparirono quasi totalmente dalle zone di
pianura emigrando, in parte, verso le zone collinari coperte da boschi, che
offrivano una certa sicurezza in caso di invasioni[18].
Il regime di stabilità mantenuto dalle autorità dellOrda dOro
nel sud-est della Moldavia determinò un leggero aumento della
popolazione, la quale, però, crebbe in maniera più significativa
solo dopo
p. 17
lallontanamento
dei mongoli e il loro stanziamento a est del Nipro. Una volta creato lo Stato
moldavo, numerose comunità romene della Transilvania[19]
varcarono la catena carpatica. Si unirono loro anche gruppi di ungheresi[20]
e tedeschi[21] che si
stabilirono soprattutto nella zona tra i Carpazi Orientali e il Siret.
È estremamente difficile rappresentare con
precisione il quadro demografico dei primi secoli di esistenza dello Stato
moldavo, a causa della mancanza di testimonianze scritte. I primi dati
affidabili risalgono a un censimento effettuato allinizio del 1591, durante il
principato di Pietro lo Zoppo; in quelloccasione fu registrata lesistenza di
46.860 famiglie[22]. Dal
momento che, di solito, nel Medioevo, una famiglia era formata in media da
cinque membri, é corretto pensare che, in quel periodo, il Principato di
Moldavia contasse circa 234.000 abitanti. Comunque, visto che alcune categorie
sociali non vennero classificate nel censimento del 1591, si può
ragionevolmente supporre che la popolazione del paese superasse tale numero.
Daltro canto, non si può dimenticare che allepoca di Pietro lo Zoppo
lo Stato moldavo aveva ormai perso la sua unità territoriale, in quanto
i Turchi avevano trasformato alcune zone meridional-orientali in reya-le vale a dire regioni
amministrate direttamente e discrezionalmente dalle autorità ottomane
cosicché esse non furono ovviamente censite. Se si prende dunque in
considerazione anche la popolazione di queste regioni, insieme a quella non
registrata nel censimento, potremmo supporre che, alla fine del secolo XVI,
lintero territorio della Moldavia, nei suoi confini naturali delimitati dai
Carpazi, dal Danubio e dal Nistro, era abitato da circa 350.000 persone.
Le informazioni sulla demografia dello spazio
carpato-nistriano si fanno abbondanti soltanto verso la fine del XVIII secolo,
pur mantenendo ancora un certo grado di imprecisione, offrendo dati spesso
contraddittori che sconcertano il ricercatore contemporaneo. Per corroborare
questa affermazione si riportano le stime fatte da alcuni viaggiatori stranieri
che, in diversi momenti, soggiornarono nelle regioni romene. Per esempio, il
diplomatico polacco Kajetan Chrzanowski annotò nel 1780 che la Moldavia
e la Valacchia non superavano, insieme, i 500.000 abitanti[23],
mentre il tedesco Heinrich von Reimers che, nel 1793, in veste di
rappresentante della Corte imperiale russa, viaggiò nei Principati Romeni
sostenne che la Moldavia era abitata da quasi 250.000 anime e
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la
Valacchia da circa 500.000[24].
Una certa ambiguità e incoerenza traspare dagli scritti di Jean-Louis
Carra un francese al servizio del principe di Moldavia, Gregorio III Ghica,
negli anni 1775-1776 il quale una volta parlò di 400.000-500.000
abitanti distribuiti su entrambi i Principati Romeni[25],
unaltra volta, invece, indicò circa 500.000 abitanti per la sola
Moldavia[26]. Lo stesso
Carra attribuì alla Moldavia 70.000 famiglie di contribuenti[27],
cifra che si trova anche in un volume del sassone transilvano Andrea Wolf,
stampato a Sibiu nel 1805[28]:
70.000 famiglie corrispondevano a circa 350.000 persone, alle quali andrebbero
aggiunte però altre migliaia, esonerate dal pagamento delle tasse. Altre
fonti di fine Settecento e inizio Ottocento forniscono dati altrettanto
contrastanti. Stephan Ignaz Raicevich, rappresentante diplomatico austriaco nei
Principati tra il 1782 e il 1786, indicò per i due paesi, con una certa
riserva, una popolazione di un milione di persone. Tale valutazione viene
contestata da LouisAlexandre Andrault conte di Langeron, dal 1790 ufficiale
nellesercito russo che operò nella zona dei Principati, che fornisce il
numero, da lui stesso definito esagerato[29],
di 1.700.000 abitanti[30].
Probabilmente gonfiata sembra essere anche la cifra proposta da Ruggiero
Giuseppe Boscovich, erudita di vocazione enciclopedica originario dellantica
Ragusa (Dubrovnik), che nel 1762 viaggiò attraverso la Moldavia. Secondo
lui, il paese era allora abitato da 150.000 uomini. Se si accetta una tale
stima, aggiungendovi un pari numero di donne e un triplice numero di bambini,
la popolazione totale risulterebbe di circa 750.000 anime[31].
Secondo altre informazioni, la Moldavia avrebbe raggiunto
una simile curva demografica solo dopo qualche decennio. Il tedesco Johann
Christian von Struve che, tra il 1791 e il 1794[32],
viaggiò diverse volte nelle regioni moldave come dignitario dellImpero
russo, valutò allora una popolazione di 600.000 abitanti. In questa
cifra, però, non era compresa la gente che abitava la Bucovina, staccata
dalla Moldavia nel 1775 e annessa allImpero degli Asburgo. In un rapporto
redatto nel 1807, un altro tedesco, Charles Frédéric Reinhard, che era al
servizio della diplomazia francese, fissò il numero degli abitanti della
Moldavia tra le 550.000 e le 620.000 unità[33].
I dati da lui trasmessi sono nettamente inferiori
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a
quelli registrati quasi contemporaneamente precisamente nel 1808 nelle
annotazioni di viaggio dellemissario russo Dimitri BantâKamenski che parla di
730.000 abitanti[34]. Invece, le
cifre fornite da Reinhard concordano in parte con quelle fornite dal conte
Feodor Karáczay de Vályeska ufficiale di origine croata nellesercito
austriaco in un lavoro apparso nel 1818: secondo i dati cui ebbe accesso,
lintera Moldavia avrebbe avuto allora oltre 600.000 anime, delle quali 233.000
appartenevano alla Bessarabia[35],
incorporata nellImpero Russo nel 1812. Molto più credibili sono le
cifre registrate in una statistica clericale del 1810, che fornisce per tutte
le regioni della Moldavia (Bessarabia compresa) un numero di 814.884 uomini e
donne[36].
Secondo lopinione di William Wikinson, rappresentante della Compagnia del
Levante nei Principati nel periodo 1814-1818, in seguito alla sottrazione
territoriale del 1812, la Moldavia a ovest del Prut avrebbe conservato una
popolazione di sole 500.000 persone[37].
Nello stesso periodo esattamente nel 1817 quando le nuove autorità
russe effettuarono un censimento nella Bessarabia esistevano 96.526 famiglie,
cioè circa 482.630 abitanti, in quanto qualche decina di migliaia di
immigranti si insediarono nella zona solo dopo il 1812[38].
Allinizio dellepoca moderna, la parte occidentale del paese, tra i Carpazi e
il Siret, fu più densamente abitata dellaltra, sia per labbondanza di
risorse naturali quanto per il fatto che le zone collinari rimboschite
offrivano alla popolazione un valido riparo in caso di invasione o guerra[39].
Lincongruenza dei numeri è dovuta, non solo allassenza di dati
precisi, ma forse anche a una precisa volontà politica delle
autorità locali, strette tra lImpero Ottomano e le potenze cristiane,
tutti ugualmente desiderosi di appropriarsi delle risorse dei Principati.
Inoltre variazioni demografiche furono dovute anche, necessariamente, a lunghi
anni di guerra che portarono distruzioni, epidemie e morte tra le varie
comunità locali.
Sulla base delle cifre appena citate, nonché sul numero
degli insediamenti medievali identificati attraverso ricerche archeologiche, si
può supporre che, poco prima dellanno Mille, la popolazione della
Moldavia arrivasse a quasi un quarto di milione di persone, sebbene a
cominciare dai primi decenni del secolo XI vi fu un drastico calo demografico
causato dalle continue scorrerie dei migratori nomadi. Verso la metà del
XIV secolo, al momento della creazione dello Stato moldavo, sembra che nella
zona vi fossero circa 200.000 abitanti, il cui numero probabilmente
raddoppiò un secolo più tardi, quando Stefano il Grande
salì al trono.
In unepoca di condizioni di vita precarie e di scarse
conoscenze mediche non si potevano certo registrare spettacolari incrementi
demografici. Sono rilevanti in questo
p. 20
senso
i risultati delle analisi antropologiche effettuate sugli scheletri scoperti in
alcune necropoli dei secoli XIII-XIV in varie regioni della Moldavia. Secondo
le analisi, la mortalità infantile e adolescenziale arrivava a quote
molto alte: 62 % a Trifești (provincia di Iași), 59,1 % a Hudum (provincia di
Botoșani), 48,5 % a Doina (provincia di Neamț) (Romania) e a Orheiul Vechi la
seconda necropoli (provincia di Orhei) (nellodierna Repubblica di Moldavia).
Una tale situazione si ripercuoteva in maniera significativa sulla durata media
della vita, che era, infatti, molto bassa. Nella necropoli di Doina
letà media oscillava intorno ai 24 anni, mentre a Hudum e a Trifești
essa era addirittura inferiore[40].
Queste cifre sono molto vicine a quelle registrate per i secoli XI-XIII nella
Russia di Kiev[41]. Daltro
canto, bisogna tener presente che il ritmo di crescita di una popolazione
dipende dalle risorse dellambiente naturale, e che, in questo caso, i
progressi della tecnica agricola e delleconomia furono in generale molto
lenti: il rendimento delle colture cerealicole era in genere mediocre, e quindi
variazioni climatiche e calamità naturali portavano in modo implacabile
al flagello della fame, e alle malattie che ne conseguivano.
Come la maggior parte delle regioni della metà
orientale dellEuropa, la Moldavia medievale non ebbe una concentrazione
demografica consistente. La sua popolazione, infatti, fu molto inferiore dal
punto di vista numerico rispetto a quella del centro e dellovest del
continente. Quindi, secondo alcuni studiosi, nel momento della grande invasione
mongola del 1241-1242, la Transilvania insieme con la Crișana e il Banat
avrebbe contato circa 550.000[42]
/ 554.000[43] abitanti;
in seguito, alla metà del XIV secolo, il numero di questi aumentò
a 630.000 unità nella Transilvania e a 600.000 nella Crișana[44].
Altre stime sono più reticenti in quanto indicano per la sola
Transilvania circa 300.000 anime allinizio del Quattrocento[45]
oppure per la Transilvania e le zone confinanti allovest 400.000-500.000
intorno al 1300, 700.000 intorno al 1400, e approssimativamente un milione di
abitanti intorno al 1450[46].
p. 21
Il paese più popolato dellEuropa era allinizio
del XIV secolo la Francia, per cui si stima una popolazione tra 13,4[47]
e circa 18 milioni[48]
nel 1328/1330. Comunque, in seguito alla mortalità causata dalla grande
peste la morte nera della metà del Trecento e ad altri fattori,
lindice demografico di quel regno ebbe un vistoso calo che portò la
popolazione a circa 10 milioni, alla metà del XV secolo. Nello stesso
periodo lInghilterra, che alla metà del XIV secolo contava 6 milioni di
anime, arrivava solo a 2-3 milioni[49].
Durante lo stesso secolo, la popolazione della Polonia, con lesclusione
dellovest della Pomerania e della provincia di Łêczyca, era stimata a
1.840.000 abitanti. Essa era sostanzialmente aumentata grazie alle
colonizzazioni estere, però il suo coefficiente demografico continuava a
rimanere molto inferiore a quello registrato nella metà occidentale del
continente[50]. La
situazione era in gran parte identica a quella degli altri paesi est-europei.
Nei decenni seguenti si registrò, più o
meno sullintero continente, un nuovo slancio demografico. Gli specialisti,
però, non si sono ancora messi daccordo sulle cifre[51].
Così, per citare un solo esempio, di recente, Victor I. Kozlov valutava
la popolazione dellEuropa a 80-85 milioni intorno allanno 1500[52],
mentre Jan de Vries parla di soli 60 milioni circa. Di questi, egli attribuisce
allItalia 10,5 milioni, alla Germania 12 milioni e alla Francia 16,4 milioni[53].
Secondo unaltra opinione, i territori tedeschi sarebbero stati abitati da
12-13 milioni di persone sin dallanno 1300[54]
circa.
Se la grande peste del prima metà del XIV secolo
segnò un vero e proprio cataclisma demografico per il Vicino Oriente,
lEuropa Centrale e Occidentale e lintero bacino mediterraneo[55],
nelle regioni romene o non si fece sentire, o non ebbe effetti
p. 22
particolari[56].
Fino ad oggi non si trovano fonti scritte o archeologiche da cui dedurre la
presenza di questo flagello nello spazio extracarpatico[57].
Come è naturale, la peste decimò innanzi tutto le comunità
urbane, dove la possibilità di contagio era molto elevata. Nelle regioni
a est dei Carpazi, invece, gli agglomerati urbani erano piccoli, e radi erano
anche i villaggi di campagna, per cui unepidemia non aveva modo di diffondersi
come nei territori asiatici ed europei a grande densità di popolazione.
Durante il periodo delle grandi migrazioni, che a nord
del Basso Danubio si protrasse fino allinvasione mongola, la composizione
etnica della popolazione a est dei Carpazi fu sotto il segno
delleterogeneità. Allepoca della fondazione dello Stato e nei decenni
immediatamente successivi, le migrazioni che interessarono le zone di Maramureș
e della Transilvania portarono ad un consolidamento dellelemento romeno. Dopo
il ritiro dellOrda dOro a est del Nistro, i romeni poterono espandersi anche
nella Moldavia di sud-est. Allestremità settentrionale del paese essi
convissero con i ruteni, i quali abitavano nella zona da moltissimo tempo. Del
resto, nel periodo che va dallXI al XIII secolo, il territorio settentrionale
della Bucovina entrò a far parte del Principato di Halici. Nel 1349, al
momento dellannessione alla Russia Rossa da parte di Casimiro III il Grande,
questo non si trovava più sotto lautorità dei principi locali,
poiché se così fosse stato, esso sarebbe entrato a far parte del Regno
polacco come avvenne poi per il resto del Principato.
Nel XIII e nel XIV secolo, durante le migrazioni dei
romeni transilvani verso est, passarono in Moldavia anche gruppi di ungheresi e
di tedeschi che svolsero un ruolo importante nella genesi della vita urbana
della regione. In seguito si stabilirono nei centri urbani anche armeni, ruteni
ed ebrei. A Moncastro, città situata in riva al mare e ben inserita nel
commercio pontico, si stabilirono persone di diversa origine, tra cui genovesi
e greci, che godettero di una notevole importanza. Daltronde, la
diversità del mosaico etnico fu una caratteristica generale delle
città medievali dEuropa[58].
Nel periodo che precedette la formazione di uno Stato
indipendente, la Moldavia fu priva di fortezze, sebbene la loro esistenza
sarebbe stata vitale per la protezione delle comunità locali dai
saccheggi delle tribù di steppa. È molto probabile che queste ultime
fossero intervenute per vietare ledificazione di piazzaforti, che sarebbero
potute diventare
p. 23
centri
di resistenza contro la loro egemonia. Come ben si sa, i mongoli persuasero
alcuni dinasti, loro soggetti dal punto di vista politico, a smantellare alcune
fortezze e vietarono loro di ricostruire quelle distrutte. Simili disposizioni
furono applicate nella seconda metà del XIII secolo nel Principato di
Russia HaliciVolynia[59],
quindi proprio nella vicinanza dei confini della Moldavia. Nel XVI secolo anche
gli Ottomani imposero simili misure ai principi della Moldavia[60].
Dopo la costituzione dello Stato incominciarono ad essere
erette fortezze sia in pietra che in terra e alcune città, come Roman,
Suceava e Siret, furono protette da fortificazioni fatte di terra e di legno.
Il loro numero, però, era talmente scarso che non costituivano certo un
efficace sistema difensivo in caso di attacchi nemici. Fino ad ora, le ricerche
archeologiche hanno consentito lidentificazione di sette fortezze in pietra
(Moncastro, Hotin, Cetatea Neamț, Orheiul Vechi, Suceava, Șcheia, Țețina) (Tav.
2) risalenti al periodo anteriore allascesa al trono di Stefano il Grande, il
quale amplificò e rifece tre fortificazioni più antiche
(Moncastro, Cetatea Neamț, Suceava) ed eresse, inoltre, altre fortezze in
pietra e legno (Bârlad, Berheci, Independența, Soroca). Altri complessi
costruiti in terra e legno (Corlăteni, Hmielov) o in pietra (Tatar Bunar) non
possono essere datati con esattezza[61].
Nel contempo, alcune regioni della Germania, della
Francia o dellItalia, con una superficie simile a quella della Moldavia,
videro sorgere centinaia di fortezze in pietra, spesso di dimensioni molto
più grandi e con mura alte, disposte in modo concentrico e con numerose
torri di difesa[62]. Solo le
mura di due famose piazzaforti della Francia meridionale Avignon e
Carcassonne[63]
superavano in lunghezza le mura di tutte le
p. 24
fortezze
moldave. Appare quindi chiaro che non è possibile convenire con quanti
postulano che la rete difensiva della Moldavia medievale fosse solida, anche se
in certe situazioni alcune fortezze seppero sostenere attacchi e assedi di
grande portata.
Stupisce alquanto il fatto che Stefano il Grande, lo
stratega più illustre dellintero Medioevo romeno, non attuò un
programma di creazione in Moldavia di piazzaforti in pietra. Egli procedette,
per prima cosa, alla ristrutturazione e allampliamento di alcune fortezze
ereditate dai suoi predecessori. Può sembrare paradossale, ma questo
insigne comandante di eserciti fu ricordato innanzi tutto come fondatore di
chiese e monasteri e, solo in secondo luogo, come costruttore di fortezze. Un
simile atteggiamento appare quasi inspiegabile in quanto, nel XV secolo, i suoi
predecessori avevano rinunciato a fortificare le città mentre le
fortificazioni urbane costruite negli ultimi decenni del Trecento erano ormai
in disuso. Una tale situazione, comune ai due principati romeni allinfuori
dellarco carpatico per lintera durata del Medioevo, rappresentò un unicum per lEuropa, sia Orientale che
Occidentale, dove la stessa nozione di città presupponeva delle
fortificazioni adiacenti. Lassenza di fortezze in Valacchia rese le
città estremamente vulnerabili durante le guerre e le invasioni,
ritardandone quindi lo sviluppo. Tuttavia, benché nei suoi primi decenni di
indipendenza fosse priva di una fitta rete di fortezze o di fortificazioni
urbane, la Moldavia riuscì ad opporsi con successo ad alcuni valenti
avversari: nel 1395 fu sconfitto lesercito comandato dal re dUngheria,
Sigismondo di Lussemburgo, e nel 1450 venne fermata una potente armata polacca.
Altresì, nel 1420 fu respinto lattacco di una grande flotta ottomana
che assediava Moncastro.
È ovvio che la principale forza militare del paese
non consistette nelle fortezze, bensì nellesercito. Poche, e poco
chiare, sono le notizie a disposizione dello storico sul suo effettivo e sul
suo sistema di organizzazione. Esisteva un cosiddetto grande esercito, che
poteva essere convocato solo dal principe in caso che un pericolo estremo
minacciasse il paese, per cui si può presumere che ladunanza di una
tale armata rappresentasse la mobilitazione generale dellintera popolazione
idonea ad usare le armi. Essendo composto in primo luogo dai contadini liberi,
impegnati nel lavoro dei campi ed in mansioni domestiche vitali per
lesistenza, tale esercito non poteva essere riunito che per periodi limitati.
Larmamento e listruzione di una simile armata rappresentavano, però,
un problema di difficile soluzione: la sua efficacia doveva essere alquanto
ridotta per cui viene da chiedersi se veramente tutti gli uomini adulti fossero
mobilitati in modo automatico per la costituzione del grande esercito o se,
comunque, si operasse una certa selezione. Il nucleo quasi permanente degli
effettivi militari dello Stato, invece, era formato dal cosiddetto piccolo
esercito, composto da guardie e dignitari di corte, da distaccamenti
distrettuali e da gruppi di boiari agiati. A cominciare dal XV secolo, man mano
che aumentarono le possibilità finanziarie del principato, apparvero
anche truppe di mercenari, come quelle che operavano al servizio delle grandi
dinastie europee[64].
p. 25
Le poche informazioni fornite dalle fonti scritte e dalle
scoperte archeologiche attestano luso di un armamento leggero, non
sofisticato, formato da armi bianche, sia dattacco che di difesa. Della prima
categoria facevano parte archi e frecce, spade (Tavv. 3-4), sciabole, lance,
clave, scuri e balestre, e della seconda elmi, usberghi e scudi.
Una delle più antiche testimonianze scritte
sulluso di archi e frecce da parte dei romeni si trova nel poema tedesco Biterolf und Dietleib, redatto alla
metà del XIII secolo:
die Vlachen kamen ingeriten
mit manigem hùrnen pogen,
die waren hoch aufgetzogen
ze schusse manigem pheyle[65].
Purtroppo lanonimo autore del poema non offre alcun
indizio sulla localizzazione dei romeni che menziona. È chiaro,
però, che i romeni di tutte le regioni carpato-danubiane utilizzavano di
solito archi e frecce. Per quelli della Moldavia questo fatto viene rilevato
per la prima volta dal cronista ungherese Giovanni di Thurocz, quando evoca la
spedizione di Sigismondo di Lussemburgo nel 1395 contro il principe Stefano
Mușat[66].
Luso di archi e frecce da parte dei romeni sparsi in
altre regioni risale a un periodo molto più antico. Facendo riferimento
ad eventi consumatisi intorno allanno 900, il Notaio anonimo del re Béla
affermava certamente sbagliandosi che le uniche armi impiegate dai romeni e
dagli slavi (Blasii et Sclaui) del
voivodato di Gelu di Transilvania (Ultrasilua)
fossero archi e frecce (qui alia arma non
haberent, nisi arcum et sagittas)[67].
Qualche secolo più tardi, nel 1330, utilizzando abilmente tali armi, i
romeni della Valacchia sconfissero clamorosamente gli eserciti del re
dUngheria Carlo Roberto dAngiò in un imboscata avvenuta in uno dei
valichi dei Carpazi[68].
Notizie particolari sullarmamento dei romeni si trovano nel cronista bizantino
Laonikos Chalkokondyles, il quale riteneva che essi (per i quali adoperava letnonimo
arcaicizzante di daci) vivessero come
gli italiani e utilizzassero armi ed equipaggiamento uguale a quelli usati dai romani[69].
Lo stesso autore pretendeva
p. 26
ancora
che gli scudi degli sciti (ossia dei
tartari) fossero simili a quelli dei daci[70].
Le scoperte archeologiche riguardanti larmamento dei romeni forniscono notizie
molto più esatte e suggestive. Esse provano limpiego di categorie
diverse di armi (Tavv. 3-4) e di finimenti (Tavv. 5-7), che, lungo i secoli,
conobbero una chiara evoluzione. Non viene attestata, invece, la circolazione
di tipologie particolari presenti prevalentemente nello spazio est-carpatico,
ma comunemente usati anche nei territori circostanti. Daltronde, una gran
parte di tali armi e finimenti non venivano prodotti direttamente in Moldavia,
terra priva di giacimenti di minerali ferrosi, dove la metallurgia del ferro
non ebbe quindi la possibilità di svilupparsi nel corso del Medioevo.
Per questo, il metallo lavorato, comprese le armi, era solitamente importato
dalla vicina Transilvania[71].
In certi casi, quando si desideravano armi particolari, si ricorreva alle
botteghe specializzate dellOccidente. Come ben si sa, nel 1468, Stefano il
Grande commissionò a Genova una
spada ala facione velachesca[72].
Accanto a spade, lance ed elmi di fattura occidentale, in Moldavia
simpiegarono nei primi secoli del II millennio anche alcuni prodotti, come
sciabole o punte di freccia di origine orientale. Le armi da fuoco cominciarono
ad essere utilizzate in Valacchia nella prima metà del XV secolo, ma
esse acquistano un ruolo di notevole importanza nellambito delle operazioni
militari solo nella seconda metà del secolo[73].
Quando le invasioni gotiche determinarono la distruzione
e labbandono delle poche città romane della Moldavia meridionale,
integrate dal punto di vista amministrativo nella provincia di Moesia
Inferiore, la vita urbana ad est dei Carpazi scomparve per circa un millennio.
Le migrazioni degli slavi e delle tribù di pastori dalle steppe
dellEurasia non furono in grado di assicurare una stabilità
demografica, economica e politica e di favorire la rinascita ella vita
cittadina. I khan mongoli incoraggiarono la creazione di alcuni centri urbani
nelle zone da loro direttamente amministrate, in modo da incrementare le loro
rendite e non limitarsi agli introiti derivanti dalla pastorizia e dalle
spedizioni volte al bottino. Negli ultimi decenni del XIII secolo, essi
consentirono che i genovesi stabilissero una loro colonia a Moncastro, e
unaltra sulle coste della Crimea. Secondo lopinione di vari storici, la
costruzione della fortificazione quadrilatera di Moncastro sarebbe dovuta
allabilità dei genovesi, i quali, al riparo delle sue mura, poterono
commerciare indisturbati con gli abitanti del luogo. Daltronde, la tradizione
medievale romena riconosce che i genovesi ebbero un ruolo significativo nella
costruzione di fortezze nelle regioni nord-danubiane[74].
Nel secolo successivo, i capi dellOrda dOro sostennero la fondazione di due
città nella parte orientale della Moldavia, a Orheiul Vechi e a
Costești, dove
p. 27
trasferirono
artigiani e commercianti provenienti da altre zone del loro Stato. Secondo ogni
probabilità, a Orheiul Vechi le autorità mongole coniarono monete
e questo fatto testimonia il dinamismo della vita economica nella zona.
Oltre alle città fondate alla fine del secolo XIII
o alla metà del secolo successivo nel sud-est della Moldavia, allora
sotto il dominio dellOrda dOro, nuovi centri urbani fecero la loro comparsa
nella parte occidentale e nord-occidentale della regione. I più antichi,
nati nel terzo quarto del XIV secolo, furono quelli di Baia, Siret e Suceava,
che trassero origine da insediamenti a carattere rurale. Questo avvenne quasi
simultaneamente con il processo di genesi dello Stato feudale. Daltronde,
Siret diventò la capitale del principato per circa dieci-ventanni, e
Suceava per più di due secoli. È possibile che anche Baia sia
stata residenza principesca ai tempi dei primi principi di Moldavia.
Nellultimo quarto del XIV secolo, come pure nel secolo
seguente, anche altri centri urbani fecero la loro apparizione in diverse zone
della Moldavia: Adjud, Bacău, Bârlad, Botoșani, Cernăuți, Dorohoi, Hârlău,
Hotin, Iași, Lăpușna, Orhei, Piatra lui Crăciun, Roman, Ștefănești, Târgu
Neamț, Târgu Trotuș, Tighina, Țețina, Vaslui e vari altri. Da quanto si nota,
nella metà occidentale della Moldavia la rete urbana era allora
abbastanza uniforme, a differenza di quanto avveniva nella parte orientale,
dove il numero delle città, situate peraltro a grande distanza le une
dalle altre, era ancora ridotto (Tav. 1). Tale situazione era in parte dovuta
anche alla scarsa densità demografica nella zona[75].
Fino allalba dellepoca moderna, le città a est
dei Carpazi presentavano un aspetto modesto, nel senso che gli edifici erano
solo raramente in pietra e molto più spesso in legno e argilla. Nelle
zone centrali, dove si concentravano le autorità, i commercianti e gli
artigiani, le abitazioni erano più grandi e meglio rifinite, a
differenza delle periferie, dove si addensavano case piccole e persino veri e
propri tuguri. I centri urbani conservavano generalmente un carattere rurale,
presentando nelle zone marginali campi e orti dipendenti dalle abitazioni. I
cittadini inoltre possedevano, al di fuori del perimetro cittadino, terreni
utilizzati per lagricoltura e la pastorizia. Le città moldave erano
destinate a mantenere
p. 28
tali
tratti rurali fino allepoca moderna, come testimoniano vari viaggiatori
occidentali che attraversarono le regioni est-carpatiche. A questo proposito
risulta significativa la testimonianza del conte Feodor Káracsay, che risale
allinizio del XIX secolo: egli afferma, in parte esagerando, che le
città della Moldavia, eccetto Iași, somigliano a grandi villaggi e a
spaziosi cortili. La maggior parte delle case sono di legno[76].
Simili osservazioni vennero fatte anche da altri autori.
La maggior parte delle città erano ubicate sulla
valle di qualche fiume, lungo il quale si aprivano vie commerciali dimportanza
regionale o internazionale. Il territorio della Moldavia era attraversato da
strade che facilitavano i contatti tra i centri portuari, situati alle foci del
Danubio e sul litorale del Mar Nero, e le città situate a sud della
Polonia, a est della Transilvania e al nord-est della Valacchia. Lungo queste
vie si svolgeva anche un attivo commercio di transito tra i centri situati
nella parte sud-orientale dellAnsa e quelli della zona pontica controllati dai
mercanti italiani e greci e, altresì, tra le città transilvane e
quelle situate nei pressi delle foci del Danubio. Lesistenza di grandi vie
commerciali contribuì naturalmente alla prosperità di alcune
città; inoltre le tasse doganali fornivano guadagni alla tesoreria
principesca.
Migrazioni successive e ravvicinate di tribù
provenienti dallAsia Centrale e dallEuropa Orientale rese invece impossibile
la costituzione di vie commerciali a traffico costante nelle vaste pianure
situate a settentrione delle foci del Danubio. Ne nacquero alcune soltanto ai
tempi della cosiddetta Pax mongolica,
che portò unità e stabilità politica in un territorio
molto ampio che si estendeva a occidente sino al Danubio. Privi di
velleità mercantili, i mongoli lasciarono ai commercianti di altra
nazionalità ogni iniziativa riguardante il trasporto e lo scambio di
prodotti nelle regioni che politicamente dominavano. Operando in una siffatta
situazione i commercianti italiani assunsero un ruolo essenziale. Essi
approfittarono del declino della flotta e della drastica diminuzione delle
risorse economiche di Bisanzio per appropriarsi del ruolo che fino ad allora
era appartenuto ai suoi cittadini sulle coste settentrionali del Mar Nero.
Così come, nellantichità, i greci avevano beneficiato
dellappoggio militare di sciti e sarmati, ora genovesi e veneziani trovarono
nei khan dellOrda dOro dei protettori e dei partner commerciali. Con la loro
bravura, abilità e disponibilità di denaro, i navigatori e i
mercanti italiani resero di gran lunga più dinamici gli scambi
commerciali nellintero spazio pontico e, inoltre, misero in luce una parte,
fino a quel momento nascosta, delle risorse economiche dellEuropa Orientale.
Le città e i villaggi del litorale del Mar Nero, ereditati dai bizantini
o da loro stessi fondati, diventarono sedi ricercate anche per commercianti che
rappresentavano gli interessi di Stati più lontani, come il Grande Regno
di Mosca, il Regno polacco, il Regno ungherese e anche altri.
LAnsa cercò di stabilire un traffico costante con
i centri del Mar Nero e del bacino del Mediterraneo Orientale utilizzando a
questo scopo il tramite delle città polacche. Leopoli, assunse un ruolo
principale nel drenaggio delle merci dallinterno dellarea pontica verso i
centri dellAnsa assicurandosi così una particolare prosperità
già a partire dal XIV secolo. Unarteria commerciale di notevole
importanza la cosiddetta via tartara
p. 29
partendo
da Leopoli si dirigeva verso sud-est, per poi toccare Tana, Caffa e altre
fortezze e insediamenti italiani in Crimea. Tuttavia, a causa dei sommovimenti
e dellinstabilità politica nella zona controllata dallOrda dOro nel
corso del XIV secolo, anche questa via divenne insicura, e il traffico dovette
essere gradualmente deviato verso occidente, nel territorio del voivodato di
Moldavia. Una conseguenza di questo stato di cose fu che questa nuova arteria
venne designata nei documenti con il nome di via moldava: alle sue due
estremità vi erano la zona a settentrione di Leopoli e quella a
meridione di Moncastro[77].
Ancor prima della cattura di Costantinopoli da parte delle armate di Mehmed II,
i mercanti di Leopoli e Moncastro avevano cercato di rifornirsi di merci
orientali a Bursa e in altri centri dellAnatolia. Infatti anche i Turchi erano
interessati al commercio con le regioni situate a nord del Mar Nero. Nel 1454
Pietro Aron fu costretto a pagare tributo alla Porta, ma subito dopo Mehmed II
conferì ai mercanti di Moncastro un importante privilegio commerciale,
che permetteva loro di intervenire sulle piazze di Edirne, Bursa e
Costantinopoli[78].
p. 30
Se i mercanti romeni, polacchi, russi o ungheresi
continuarono a utilizzare soprattutto le vie continentali, quelli italiani,
invece, furono sempre legati alle rotte del commercio marittimo e fluviale. Le
vie dacqua rappresentarono per loro un fattore di sicurezza, sia per il
sostanziale miglioramento delle condizioni di navigazione, sia per la
supremazia goduta dal punto di vista tecnico dalle loro navi, che in caso di
scontri armati risultavano di solito vincitrici.. La familiarità e la
predilezione da loro sempre dimostrata per le vie dacqua si rifletterono anche
nellaccuratezza con cui, nelle carte nautiche e nei portolani italiani e
catalani dei secoli XIII-XV, sono stilati i porti e i contorni del bacino del
Mar Nero. Nelle stesse fonti cartografiche le zone continentali sono
rappresentate in modo del tutto schematico e impreciso, senza dettagli, come se
chi le aveva tracciate non fosse stato pratico, o interessato, delle aree di
terra ferma distanti dal mare[79]
(Tavv. 9-10). Accanto alla via moldava, che attraversava lomonimo principato
da nord a sud, le regioni carpato-nistriene disponevano di importanti vie di
comunicazione con la Transilvania, che varcavano la catena dei Carpazi
Orientali. Nel Medioevo il valico montano più facilmente percorribile
seguiva la valle dellOituz. Era noto con il nome di basso cammino o cammino
di Brașov[80]. Invece le
parti settentrionali della Moldavia e della Transilvania erano collegate per
mezzo del cosiddetto cammino superiore di Suceava[81],
che le univa con la città di Bistrița. Altre vie terrestri tra le due
regioni furono create verso la fine del Medioevo e allinizio dellepoca
moderna, anche se, in una prima fase, esse erano difficilmente utilizzabili dai
carri, soprattutto durante la stagione fredda[82].
Sotto i re della dinastia angioina e nei primi decenni del XV secolo,
lUngheria fece ripetuti tentativi per assicurarsi vie stabili di commercio
verso la foce del Danubio e, implicitamente, verso il litorale occidentale del
Mar Nero. Ormai, gli interessi economici avevano cominciato
p. 31
a
intrecciarsi con quelli politici, tanto più quando il Regno ungherese
diventò il più forte oppositore allespansione ottomana nella
zona del Danubio. Un valoroso esponente della politica della corona di S.
Stefano in questarea fu il nobile di origine romena Giovanni Hunyadi/ Giovanni
di Hunedoara, che cercò di coagulare un vasto fronte antiottomano,
nellambito del quale i Principati Romeni avrebbero dovuto assumere un ruolo di
rilievo[83].
Per procurarsi i beni dallOriente e dal Levante, il
Regno ungherese si servì non solo dei porti genovesi del Basso Danubio e
del Mar Nero, ma anche delle città situate sulla costa dalmata, che, in
seguito al trattato di Zara del 1358, erano passate dalla sovranità di
Venezia a quella della corona angioina, sotto cui sarebbero rimaste fino ai
primi anni del XV secolo. Per incoraggiare i mercanti sassoni della
Transilvania a farne uso, tra il 1358 e il 1368, Ludovico I dAngiò
conferì loro vari privilegi, rinnovati poi da Sigismondo di Lussemburgo
nel 1395 e nel 1406. Quando lUngheria perse il controllo dei centri sulla
costa adriatica, i sassoni specialmente quelli di Brașov, Sibiu e Bistrița
cominciarono a dirigere i loro traffici sempre più verso le regioni
romene extracarpatiche e verso i centri genovesi sul litorale pontico[84].
Il ruolo della moneta nelle transazioni commerciali
crebbe gradualmente, senza escludere lo scambio in natura. Prima della
creazione dello Stato indipendente, nel territorio moldavo circolarono monete
emesse da autorità diverse. Innanzi tutto vi erano quelle bizantine, le
più diffuse nei ritrovamenti archeologici, sia in pezzi singoli che nei
tesori. Oltre a queste, alla fine del primo millennio, anche i dirham dei
califfati arabi penetrarono nello spazio carpato-nistriano. Nei primi secoli
del millennio successivo cominciarono a circolare le monete ungheresi, seguite
da quelle della Boemia, Germania, Polonia, degli Stati italiani, dellOrda
dOro, e quindi anche dellImpero Ottomano o di altri stati. Una circolazione
molto dinamica si può notare a proposito delle monete mongole,
individuate primariamente nei tesori, ma anche in pezzi singoli ritrovati nei
centri urbani dei territori situati sotto la giurisdizione dei khan dellOrda
dOro, come Orheiul Vechi, Costești, Moncastro[85].
Oltre alle monete dargento e di rame provenienti dalle zecche del Volga o
della Crimea, a Orheiul Vechi e nei suoi dintorni, fu identificata una serie di
pezzi recanti una legenda araba: in essa si specificava che quelle monete erano
state coniate a Shekhr
p.
32
al-Dzhedid, cioè nella
Città nuova. Esse risalgono al settimo decennio del XIV secolo e
forniscono dunque il nome con il quale i mongoli usavano designare Orheiul
Vechi[86].
Tra i tesori contenenti emissioni dei khan dellOrda dOro
spicca quello di Moncastro, scoperto nel 1904, che comprendeva 3.263 monete
dargento, risalenti agli ultimi due decenni del Duecento e ai primi anni del
secolo seguente[87]. Anche il
tesoro di Hotin (nella regione di Cernăuți, nellodierna Ucraina) era molto
ricco, essendo composto di oltre mille monete, anche se fu possibile infine
recuperarne alla fine solo 851. Per la maggior parte si trattava di bracteate
tedesche coniate nella Sassonia Inferiore, nella Sassonia Superiore,
nellHessen, nella Franconia e nel RheinPfalz. Il tesoro era appartenuto
probabilmente a un mercante venuto dalle regioni tedesche, morto e sepolto a
Hotin intorno agli anni 1225-1230[88].
In seguito, la creazione di uno Stato moldavo, unita alla
stabilità politica e allevoluzione della vita economica determinarono
un aumento della richiesta di denaro circolante per cui cominciarono ad
apparire emissioni locali. Il primo principe a battere moneta fu Pietro Mușat,
sotto cui si registrò unincredibile quantità di coniazioni,
nonostante la mancanza di una tradizione in tal senso. I pezzi messi in
circolazione erano per la maggior parte grossi dargento, anche se venne
prodotta anche una piccola quantità di mezzogrossi. Lidentificazione di
un numero significativo di varianti di elementi stilistici e di legende indica
che vennero messe in circolazione numerose emissioni. La tipologia delle monete
di Pietro Mușat con, oltre ad altri vari elementi, una testa di toro con una
stella tra le corna sul diritto e uno scudo sul rovescio si ritrova nella
maggioranza delle emissioni dei suoi successori nei due secoli successivi.
Linsegna araldica sul rovescio fu ripresa anche nei grossi dei re ungheresi
della dinastia angioina: Carlo Roberto, Ludovico I e Maria[89].
Questa somiglianza fu interpretata da alcuni specialisti come una prova delle
aspirazioni di sovranità dei monarchi dellUngheria sui territori ad est
dei Carpazi, simboleggiate nel diritto di battere moneta[90].
Daltro lato, il fatto che alcuni dei tipi di
p. 33
emissioni
dei tempi di Pietro Mușat corrispondessero a un quarto di grosso polacco, a uno
scellino dellOrdine dei cavalieri teutonici e a una moneta della Lituania,
attesta la tendenza dei grossi moldavi ad allinearsi ai sistemi monetari
polacco, teutonico e lituaniano, che si basavano sulla riforma voluta dal re
Casimiro III nel 1367. Lassunzione di una relativa equipollenza ai valori
divenuti ormai comuni, per motivi commerciali, a valute diverse fu in grado di
facilitare leffettuazione dei pagamenti con le monete coniate in Moldavia[91].
La maggior parte delle emissioni volute dai principi moldavi nel corso del
Medioevo reca legende in caratteri latini, nonostante lo slavo si fosse ormai
imposto come lingua ufficiale, sia per lamministrazione, che per la
cancelleria del principe e anche per la liturgia. Uneccezione in questo senso
è costituita da alcuni tipi di grosso coniati da Pietro Mușat e da
Stefano Mușat che presentano una legenda in tedesco[92].
Inoltre, alla metà del XV secolo, si coniarono occasionalmente anche
monete recanti scritte in slavo, che furono poi riprese dai discendenti diretti
di Stefano il Grande[93].
Benché rappresentassero una novità per lo Stato
moldavo, i grossi di Pietro Mușat, messi allora in circolazione in gran
quantità ottennero la fiducia di quanti operavano sia sul mercato
interno che su quello estero. Tale fatto viene confermato anche dalle numerose
scoperte di grossi, segnalate tanto nella parte di nord-orientale della
Penisola Balcanica quanto in Polonia, Lituania, Valacchia e Transilvania.
È altrettanto significativo lelevato numero di grossi di Pietro Mușat
presente in alcuni tesori recuperati nelle metà settentrionale della
Moldavia. Per esempio, il tesoro deposto in una caldaia di rame (Tav. 8),
scoperto a Corlăteni (provincia di Botoșani), conteneva 5.000 pezzi dargento
coniati da Pietro Mușat, oltre ad altri 1.000 messi in circolazione da Stefano
Mușat[94].
Ancora, un altro ricco tesoro, quello di Buruienești (provincia di Neamț), comprendeva
1.736 grossi e due mezzogrossi di Pietro Mușat, assieme a gioielli, lingotti e
altre monete straniere[95].
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La quantità di metallo prezioso a disposizione del
principe della Moldavia, e quindi il suo potere economico, è
testimoniata dal fatto che, nel 1388, fu in grado di offrire in prestito al re
polacco Ladislao Jagellone 3.000 rubli dargento «francesi»[96]
termine che designava i sommi
dargento cioè in totale 598.200 kg dargento comune oppure 538.380 kg
dargento fine. Poiché il prestito non venne restituito entro i termini
concordati, la Moldavia procedette allannessione della Pocuzia, fatto che
venne poi a turbare le relazioni tra i due paesi per più di un secolo[97].
Eccetto Roman Mușat e Iuga (1399-1400), tutti i principi
che occuparono il trono della Moldavia tra la morte di Pietro Mușat e lascesa
al trono di Stefano il Grande emisero proprie monete. Essi furono: Stefano
Mușat (c. 1394-1399), Alessandro il Buono (1400-1432), Iliaș I (1432-1433,
1435-1436, 1436-1442), Iliaș I e Stefano II (principi associati) (1436-1442),
Stefano II (1433-1435, 1442-1447), Roman II (1447-1448), Alessandro II
(Alexăndrel) (1449, 1452-1454, 1455), Bogdan II (1449-1451), Pietro III Aron
(1451-1452, 1454-1455, 1455-1457). Si può notare come tutti i discendenti
di Alessandro il Buono ambirono a coniare moneta, nonostante laumento
dellinstabilità politica provocata dalle lotte fratricide per il trono[98].
Oltre ai pezzi coniati nelle zecche principesche, alla metà del XV
secolo, a Moncastro, furono messe in circolazione emissioni locali, che, sul
diritto, riportavano la testa di toro con una stella tra le corna e, sul
rovescio, la forma greca del nome della città: Asprokastron. Lesistenza
di simili emissioni suggerisce la concessione di uno statuto di autonomia
amministrativa al patriziato urbano dellimportante centro portuario in riva al
Nistro[99].
Durante il principato di Alessandro il Buono si nota una
diversificazione dei tipi, anche grazie allapparizione dei dupli grossi. Nello
stesso tempo, la quantità dei mezzogrossi messa in circolazione aumenta
in modo considerevole. In questa categoria sinseriscono anche le monete
anepigrafe dargento. Tra le iniziative delle zecche si conta anche la
coniazione di alcuni sottomultipli in billone, rame e bronzo, la cui emissione
fu sospesa sotto Stefano il Grande. Daltro lato, si notano le equipollenze tra
le monete dargento moldave coniate durante il principato di Alessandro il
Buono e i pezzi polacchi contemporanei circolanti nei territori russi annessi
alla corona di Polonia. I parallelismi tra il sistema monetario della Moldavia
e quello del Regno polacco reiteravano la situazione già esistente sin
dalla fine del Trecento[100].
p. 35
Alcuni noti specialisti di numismatica stimano che sia
Pietro Aron, sia Stefano il Grande abbiano stabilito per i grossi un valore
ponderale uguale a quello delle monete della Valacchia, con lo scopo di
alienare i sistemi monetari dei due principati[101].
Altri esperti, però, sostengono che, a cominciare dalla metà del
secolo XV, entrambe le zecche principesche, cioè quella di Moldavia e
quella di Valacchia, decisero di allinearsi al sistema dellaspro ottomano, per
facilitare laccettazione delle emissioni dei Principati Romeni sui mercati
della Porta[102]. Dopo la
conquista di Costantinopoli, la moneta dargento ottomana aumentò
considerevolmente il suo prestigio, di pari passo con lascesa sulla scena
internazionale dei discendenti di Osman, penetrando a poco a poco in grandi
quantità anche nei Principati Romeni. Gli aspri che circolavano a nord del
Basso Danubio, comunque, non erano costituiti tutti di buona valuta, ma si
trovavano anche pezzi falsi realizzati proprio nelle regioni romene[103].
Nello stesso modo, in Moldavia, oltre ai ducati veneziani, circolarono
imitazioni in oro prodotte dai genovesi e battute soprattutto a Chios[104].
Poco dopo il Mille, una continua situazione di
instabilità nelle regioni est-carpatiche determinò non solo la
mancata apparizione di forti organismi statali ma anche limpossibilità
per la Chiesa locale di darsi una struttura complessa. Per questo, le
comunità ortodosse romene gravitarono verso le cattedrali metropolitane
e verso le diocesi a sud del Danubio, verso quelle dellImpero Bizantino e del
Secondo Zarato bulgaro e, più tardi, verso quelle di HaliciVolynia. Le
scelte degli credenti si rifletterono anche nella circolazione degli oggetti di
culto: fino al XII secolo la maggioranza di questi proveniva da Bisanzio, ma
dal Trecento in poi essi cominciarono ad essere soprattutto quelli prodotti
nelle botteghe della Russia di Kiev e di HaliciVolynia[105].
I più antichi indizi relativi alla presenza di
alti gerarchi ortodossi nello spazio extracarpatico risale alla prima
metà del XIII secolo: in una lettera del 14 novembre 1234, indirizzata
al principe ereditario dUngheria, Béla, il pontefice Gregorio IX menzionava
lesistenza di alcuni pseudovescovi di rito greco, vale a dire ortodosso,
nellarea di giurisdizione della Diocesi dei cumani[106].
Tale diocesi era stata creata nel 1228[107],
per volontà della Sede apostolica, su un territorio che comprendeva il
sud-ovest della Moldavia, il nord-est della Valacchia e il sud-est della
Transilvania. La sua esistenza testimonia il
p. 36
più
antico tentativo della Chiesa cattolica-romana di espandersi, a livello di
gerarchia, nello spazio extracarpatico, con lintento precipuo di convertire la
popolazione cumana, anche se in quel territorio abitavano anche altre etnie, e
precisamente romeni, ungheresi e tedeschi. I domenicani ebbero un ruolo di
primaria importanza nella conversione di alcune comunità cumane e nella
creazione del loro vescovato. Il primo titolare della diocesi, Teodorico, fu un
domenicano. Nei secoli XIII-XIV, accanto a frati di tale Ordine, anche i
francescani cominciarono a svolgere attività missionaria a est dei
Carpazi Orientali, pur con minor successo[108].
Daltronde, nemmeno la Diocesi dei cumani ebbe vita lunga: crollò dopo
lattacco della primavera del 1241[109],
con larrivo delle grandi invasioni mongole. Fu allora che sparirono,
probabilmente, anche i cosiddetti pseudovescovi ortodossi.
La Curia romana non dimenticò però questa
apertura al Cattolicesimo nella zona dei Carpazi di Curvatura e, un secolo
più tardi, riprese i contatti al fine di creare una nuova diocesi
chiamata di Milcovia[110].
Nel 1370, il pontefice riuscì a persuadere il principe moldavo Lațcu ad
accettare la costituzione di unaltra circoscrizione ecclesiastica
romano-cattolica proprio nella sua capitale, Siret; non a caso il primo
titolare di quella nuova diocesi, un francescano di origine polacca, fu dichiarato
santo appena un anno dopo la sua morte. La Santa Sede cominciò ad
esercitare un ascendente sempre più forte nella zona tanto che lo stesso
principe di Moldavia si convertì al cattolicesimo[111].
Si trattò probabilmente solo di un gesto formale in quanto, alla sua
morte, la salma non fu tumulata in una chiesa cattolica, bensì in un
tempio ortodosso: la chiesa di S. Nicola a Rădăuți[112].
Una nuova sede della Metropolia di Moldavia, sottoposta
alla giurisdizione di Costantinopoli, venne creata negli anni 90 del XIV
secolo, a una data tuttora controversa.
p. 37
Alcuni
malintesi sorti tra il Patriarcato e i principi moldavi, circa il titolare
della nuova Metropolia, determinarono tra le due parti un grave conflitto che
si placò solo allinizio del principato di Alessandro il Buono[113].
A questo stesso principe si deve anche la fondazione delle diocesi di Rădăuți e
Roman, per rispondere alle nuove istanze di una struttura gerarchica ecclesiale
a livello superiore[114].
Il metropolita risiedeva a Suceava, diventata capitale del principato
già dal tempo di Pietro Mușat. La chiesa della Metropolia, identificata
nellattuale chiesa dei Mirăuți, si trovava nei pressi della corte principesca.
Per aumentare il prestigio del luogo di culto, ma anche della Sede della Metropolia
e, implicitamente, del principe, Alessandro il Buono dispose il trasferimento
delle reliquie di S. Giovanni il Nuovo da Moncastro a Suceava[115].
Per la prima volta nacque in Moldavia, su iniziativa delle autorità
statali, il culto di un martire, il cui supplizio era avvenuto nellarea
est-carpatica.
Sempre a Suceava il vescovo armeno Ohanes stabilì
la sua residenza, dopo che Alessandro il Buono ebbe acconsentito
allorganizzazione della chiesa armena in Moldavia nel 1401[116].
Negli anni seguenti fu fondata a Baia una nuova diocesi cattolica che disponeva
inizialmente di una chiesa parrocchiale in legno, al posto della quale ne fu
eretta unaltra in pietra solo verso la metà del Quattrocento[117].
Già dagli ultimi decenni del XIV secolo iniziarono ad essere costruiti i
primi edifici di culto in pietra (Rădăuți, Siret). In seguito tale tipologia
edilizia si diffuse ampiamente con costruzioni sempre più imponenti.
Nellarchitettura religiosa nacque uno stile propriamente moldavo, derivante da
strutture piano-metriche di fattura bizantina, sulle quali sinnestarono
elementi gotici e romanici[118].
In genere, i principi di Moldavia dimostrarono una larga tolleranza religiosa,
permettendo ai cattolici, agli armeni e anche ad altri riti di esercitare il
culto in piena libertà. È, quindi, significativo il caso degli
ussiti che furono cacciati dai paesi circostanti e trovarono riparo
p. 38
in
Moldavia durante il principato di Alessandro il Buono e dei suoi successori,
nonostante tale fatto creasse irritazione allestero e provocasse le proteste
di alcuni sovrani stranieri[119].
Si può suddividere levoluzione dello Stato
moldavo, prima dellascesa di Stefano il Grande al trono del principato, in tre
grandi periodi:
Il primo comincia dopo la metà del XIV secolo e
finisce alla fine di quello stesso secolo. Corrisponde alla fine della
dominazione della Corona ungherese, alla genesi dello Stato, allampliamento
dei confini fino al Danubio, al Mar Nero e al corso inferiore del Nistro, agli
inizi dellorganizzazione amministrativa, della cancelleria, degli strumenti
del potere politico, della Chiesa, del sistema giuridico e militare, alla messa
in circolazione delle prime emissioni monetarie, e infine allaccettazione del
vassallaggio nei confronti del Regno polacco.
Il secondo periodo corrisponde al lungo principato di
Alessandro il Buono (1400-1432) ed è contrassegnato dal consolidamento
delle strutture statali, dallincoraggiamento del commercio, dalla
continuazione delle misure organizzative in ambito amministrativo ed
ecclesiastico, dalla regolamentazione del sistema della proprietà, e
dallaccentuarsi della rivalità polacco-ungherese per il predominio
nellarea est-carpatica.
Infine, il terzo periodo, delimitato cronologicamente
dalla scomparsa dalla scena politica di Alessandro il Buono e dallascesa di
Stefano il Grande, si caratterizza per linstabilità nella vita politica
interna, per lacutizzarsi delle dispute per il potere tra i pretendenti al
trono e tra i partiti dei boiari locali, per laumento della dipendenza nei
confronti dei potenti Stati confinanti, e per lapice della pressione militare
ottomana, conclusasi con laccettazione del pagamento del tributo e di una
posizione di vassallaggio nei confronti del sultano.
Durante i circa cento anni passati tra il momento della creazione
dello Stato e la presa di potere da parte di Stefano il Grande, la Moldavia
conobbe una notevole evoluzione in tutti i campi: la rete demografica si
equilibrò (eccetto il Bugeac); la vita economica si diversificò
soprattutto grazie allo sviluppo del commercio e di alcune attività
artigianali; inoltre, la società acquisì una struttura più
complessa, di natura feudale, mentre sia il sistema amministrativo e giuridico,
che lorganizzazione militare ed ecclesiastica si perfezionarono; infine anche
la vita artistica, e culturale in genere, conobbe una grande fioritura.
Ciononostante, il livello generale di sviluppo della Moldavia rimase
sensibilmente inferiore a quello dei paesi dellEuropa centro-occidentale. Con
una superficie limitata, un potenziale demografico, economico e militare
relativamente contenuto, essa fece fronte con difficoltà alle tendenze
espansionistiche dei paesi circostanti, cosicché fu costretta ad accettare una
posizione di vassallaggio e ad accettare di pagare un tributo,
p. 39
prima
alla Polonia, e poi allImpero Ottomano. Pur avendo superato una prolungata e
monotona stagione pre-statale, la Moldavia non poté evitare certe stagnazioni,
i ritmi altalenanti e i flussi e riflussi della sua dinamica evolutiva. La sua
vita politica fu considerevolmente influenzata dalla vicinanza di alcuni
potenti stati, come lUngheria e la Polonia. Nella prima parte del XV secolo,
la sovranità della Moldavia fu messa in forse dalloffensiva ottomana
nel bacino del Mar Nero e nella regione del Basso Danubio e il pericolo
aumentò considerevolmente dopo la conquista di Costantinopoli da parte
di Mehmed II. Dai suoi predecessori, Stefano il Grande ereditò uno Stato
che non fu poi possibile consolidare completamente, a causa delle minacce e delle
ambizioni di alcuni potenti vicini. Ma cè forse qualche paese al mondo
che abbia mai avuto unevoluzione priva di pericoli e tensioni?
p. 40
Tav. 1. Carta deella rete urbana a est dei Carpazi
nei secoli XIV-XV. A Centri urbani del territorio sotto la dominazione
dellOrda dOro nel XIV secolo. B Centri urbani del territorio in possesso
dei principi di Moldavia nei secoli XIV-XV.
p. 41
Tav. 2. Piante ddelle fortificazioni di Cetatea
Neamț (1) e Suceava (2) alla fine del XIV secolo, con le aggiunte fatte durante
il principato di Stefano il Grande (apud
Istoria românilor, vol. II, Bucarest
1962, p. 342, tav. 109).
p. 42
Tav. 3. Spada deel X secolo, scoperta a Pașcani
(provincia di Iași), che si trova nella collezione del Museo di Storia della
Moldavia di Iași.
p. 43
Tav. 4. Spade deei secoli XIII-XV, scoperte in
Moldavia in una località non identificata (1), a Războieni (2) e a
Buhalnița (3) (provincia di Neamț), che si trovano nelle collezioni del Museo
di Storia della Moldavia di Iași (1) e del Museo Regionale di Storia di
PiatraNeamț (2, 3).
p. 44
Tav. 5. Sproni ddei secoli XIV-XV, scoperti in
Moldavia a Baia (provincia di Suceava) (1) e a Ciurea (provincia di Iași) (2),
che si trovano nella collezione del Museo di Storia della Moldavia di Iași.
p. 45
Tav. 6. Sproni ddei secoli XIV-XV, scoperti in
Moldavia in località non identificate (1, 2), che si trovano nella
collezione del Museo di Storia della Moldavia di Iași.
p. 46
Tav. 7. Sproni ddei secoli XIV-XV, scoperti in
Moldavia in una località non identificata (1) e a Târpești (provincia di
Neamț) (2), che si trovano nella collezione del Museo di Storia della Moldavia
di Iași (1) e nella collezione privata di N. Popa di Târpești (2).
p. 47
Tav. 8. Caldaia in rame di Corlăteni (provincia di
Botoșani), nella quale era conservato un ricco tesoro in monete risalente alla
fine del XIV secolo.
p. 48
Tav. 9. Carta deel Mar Nero del cosiddetto portolano
Tammar Luxoro, elaborato da un
cartografo anonimo probabilmente nella prima metà del XIV secolo,
conservato presso la Biblioteca Civica Berio
di Genova (apud A. E.
Nordenskiöld, Periplus cit., tav.
XVIII, destra).
p. 49
Tav. 10. Carta ddel Mar Nero stilata da Giorgio
Calapoda nel 1552, che riporta, però, realtà geopolitiche di un
periodo anteriore (apud A. E.
Nordenskiöld, Periplus cit., tav.
XXVI).
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[1] Documenta Romaniae
Historica, A. Moldova, vol. I, a
cura di Constantin Cihodaru, Ioan Caproșu e Leon Șimanschi, Bucarest 1975, doc.
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[2] C. Cihodaru, Formarea
hotarului dintre Moldova și Țara Românească în secolul al XV-lea, in Stat, societate, națiune. Interpretări
istorice, a cura di Nicolae Edroiu, Aurel Răduțiu, Pompiliu Teodor,
Cluj-Napoca 1982, pp. 80-92; Anton Paragină, Habitatul medieval la Curbura exterioară a Carpaților în secolele X-XV,
Brăila 2002, pp. 101-106; Sergiu Iosipescu, Vrancea,
Putna și Basarabia contribuții la evoluția frontierei sudice a Moldovei în
secolele XIV-XV, in Închinare lui
Petre Ș. Năsturel la 80 de ani, a cura di Ionel Cândea, Paul Cernovodeanu,
Gheorghe Lazăr, Brăila 2003, pp. 205-224.
[3] Constantin Racoviță, Începuturile
suzeranității polone asupra Moldovei (1387-1432), in Revista istorică
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Székely, Mihai−Răzvan Ungureanu, Petronel Zahariuc, Iași 2002, pp.
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[4] C. Burac, Ținuturile
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[5] P. P. Panaitescu, Interpretări
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[6] P. Gautier Dalchè, Une géographie provenant du milieu des marchands toscans (début XIVe
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[7] Acta patriarchatus
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[8] Eudoxiu de Hurmuzaki, Documente privitoare la istoria românilor, vol. I/2, a cura di
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[9] Iona Mihaly de Apșa, Diplome
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[10] Emil Vârtosu, Bogdania,
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turcești privind Țările Române. Extrase, vol. I, Sec. XV-mijlocul sec. XVII, a cura di Mihail Guboglu e Mustafa Ali Mehmet,
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[11] Aurel Decei, Problema
colonizării turcilor selgiucizi în Dobrogea secolului al XIII-lea, in Idem,
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Mircea D. Popa, Bucarest 1978, p. 172, nota 1.
[12] L. Chalcocondil, Expuneri
istorice, a cura di Vasile Grecu, Bucarest 1958, pp. 93-94, p. 158, p. 286,
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[13] Documente privind
istoria României, A. Moldova, veacul XVI, vol. IV, a cura di C. Cihodaru et alii, Bucarest 1952, p. 96.
[14] E. Vârtosu, op.
cit., p. 155.
[15] Ibidem, pp.
159-161.
[16] Dan Gh. Teodor, Descoperiri
arheologice și numismatice la est de Carpați în secolele V-XI d. H.
(Contribuții la continuitatea daco-romană și veche românească), a cura di
Dragomir Popovici, Bucarest 1996 [1997], p. 27.
[17] Gheorghe Postică, Evoluția
așezărilor din spațiul pruto-nistrean în epoca migrațiilor (sec. V-XIII),
in Thraco-Dacica, XX, no. 1-2, 1999, p. 333.
[18] V. Spinei, Realități
etnice și politice în Moldova Meridională în secolele X-XIII. Români și
turanici, Iași 1985, pp. 97-99.
[19] Ștefan Ștefănescu, Mișcări
demografice în Țările Române pînă în secolul al XVII-lea și rolul lor în
unitatea poporului român, in Unitate
și continuitate în istoria poporului român, a cura di Dumitru Berciu,
Bucarest 1968, pp. 187 ss.; Ștefan Meteș, Emigrări
românești din Transilvania în secolele XIII-XX, 2a edizione,
Bucarest 1977, pp. 71 ss.
[20] R. Baker, On the
Origin of the Moldavian Csángós, in The Slavonic and East European
Review, 75, no. 4, 1997, pp. 658-680.
[21] H. Weczerka, Das
mittelalterliche und frühneuzeitliche Deutschtum im Fürstentum Moldau von
seinen Anfängen bis zu seinem Untergang (13.-18. Jahrhundert), Monaco di
Baviera 1960, pp. 80 ss.; Idem, Zur
Geschichte der Deutschen in der Moldau und Walachei bis ins 17. Jahrhundert,
in Südostdeutsches Archiv, XXVI-XXVII, 1983-1984, pp. 69-87.
[22] Documente privind
istoria României, A. Moldova, veacul XVI cit., vol. IV, pp. 4-6.
[23] P. P. Panaitescu, Călători
poloni în Țările Române, a cura di A. D. Budică, Iași 1999, p. 186; Călători străini despre Țările Române,
vol. X/1, a cura di Maria Holban, Maria Matilda Alexandrescu−Dersca
Bulgaru, Bucarest 2000, p. 449.
[24] Ibidem, vol.
X/2, Bucarest 2001, p. 1162, p. 1172.
[25] Ibidem, X/1,
p. 245.
[26] N. Iorga, Istoria
românilor prin călători, a cura di Adrian Anghelescu, Bucarest 1981, p.
380; Călători străini cit., vol. X/1,
p. 245, nota 16.
[27] Ibidem, vol.
X/2, p. 1371.
[28] Ibidem, p.
1258.
[29] V. Spinei, Micaela Spinei, Însemnările cu caracter istorico-etnografic asupra Principatelor Române
ale contelui de Langeron, in Patrimoniu (Chișinău), no. 2, 1992, p. 27; Călători străini cit., vol. X/2, p. 939.
[30] Dan Amedeo Lăzărescu, Imaginea României prin călători, vol. I, 1716-1789, Bucarest 1985, p. 198; Călători străini cit., vol. X/1, p. 506.
[31] Ibidem, vol.
IX, Bucarest 1997, p. 474.
[32] N. Iorga, op. cit.,
p. 412; Gheorghe Teodorescu, Mărturii
geografice despre țările noastre de la Herodot până la Wilkinson (450 î.
Hr.-1820), Buzău 1942, p. 102.
[33] Călători străini
despre Țările Române în secolul al XIX-lea, nuova serie, vol. I, (1801-1821), a cura di Georgeta Filitti,
Bogdan Marinescu, Șerban Rădulescu−Zoner, Marian Stroia, P. Cernovodeanu,
Bucarest 2004, p. 267.
[34] Ibidem, p.
405.
[35] Ibidem, p.
763.
[36] Constantin Istrati, Statistici
ecleziastice efectuate în Moldova între anii 1808 și 1812, in Anuarul
Institutului de Istorie și Arheologie «A. D. Xenopol», XXV/1, 1988, p. 354.
[37] Călători străini
cit., n. s., vol. I, p. 615.
[38] Ștefan Ciobanu, Basarabia.
Populația, istoria, cultura, a cura di Cristian Scafeș, Chișinău 1992, pp. 24-25;
per la rete demografica della Bassarabia del primo Ottocento, si veda Louis
Roman, Radu Ștefan Vergatti, Studii de
demografie istorică românească, Bucarest 2002, pp. 170 ss.
[39] Ecaterina Negruți, Situația
demografică a Moldovei în secolul al XIX-lea, in Revista de istorie, 34 ,
no. 2, 1981, pp. 247-248.
[40] V. Spinei, Moldova
în secolele XI-XIV, 2a edizione, Chișinău 1994, p. 236.
[41] V. K. Koziuba, Istoriko-demografichna
kharakteristika davnoruskoï simï (za materialami istorichnikh ta
arkheologichnikh dzherel), in Arkheologiia (Kiev), no. 1, 2001, pp.
29-41.
[42] Șt. Pascu, Voievodatul
Transilvaniei, vol. I, Cluj 1971, pp. 158-159.
[43] Paul Niedermaier, Der
mittelalterliche Städtebau in Siebenbürgen, im Banat und im Kreischgebiet,
1, Die Entwicklung vom Anbeginn bis 1241,
Heidelberg 1996, p. 47, p. 54, p. 56; tra le 554.000 anime, P. Niedermaier, op. cit., p. 56, ritiene che 273.000
abitavano allora nella Crișana, 230.000 nella Transilvania propriamente detta,
9.000 nel Banato e soli 2.000 nellarea del Maramureș.
[44] Idem, Städtebau im
Mittelalter. Siebenbürgen, Banat und Kreischgebiet (1242-1347),
ColoniaWeimarVienna 2002, p. 19.
[45] G. Kristö, Ardealul
timpuriu (895-1324), Szeged 2004, p. 387.
[46] IoanAurel Pop, Transilvania
în secolul al XIV-lea și în prima jumătate a secolului al XV-lea (cca
1300-1456), in Istoria Transilvaniei,
vol. I, (până la 1541), a cura di
I.A. Pop, Thomas Nägler, Cluj-Napoca 2003, p. 254.
[47] D. Herlihy, Outline
of Population Developments in the Middle Ages, in Determinanten der Bevölkerungsentwicklung im Mittelalter, a cura di
B. Hermann e R. Sprandel, Weinheim 1987, p. 11.
[48] Ch. Dyer, Rural
Europe, in The New Cambridge Medieval
History, vol. VII, C. 1415-C. 1500,
a cura di Ch. Allmand, Cambridge 1998, p. 107.
[49] Ibidem.
[50] T. Ładogòrski, Studia nad zaludnieniem Polski XIV wieku, Wrocław 1958, pp.
228-229.
[51] R. Șt. Vergatti, Populație.
Timp. Spațiu. Privire asupra demografiei istorice universale, Brăila 2003,
pp. 185 ss.
[52] V. I. Kozlov, Environment
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Humanity. Scientific and Cultural Development, vol. IV, From the Seventh to the Sixteenth Century,
a cura di M. A. Al-Bakhit, L. Bazin, S. M. Cissoko, ParigiLondraNew York
2000, p. 18.
[53] Jean de Vries, Population,
in Handbook of European History,
1400-1600. Late Middle Ages, Renaissance and Reformation, vol. I, Structures and Assertions, a cura di Th.
A. Brady Jr., H. A. Oberman, J. D. Tracy, LeidaNew YorkColonia 1994, p. 13.
[54] W. Abel, Die drei
Epochen der deutschen Agrargeschichte, Hannover 1962, p. 21.
[55] Ph. Ziegler, The
Black Death, New York 1969; J.N. Biraben, Les hommes et la peste en France et dans les pays européenns et
méditerranéens, vol. I, ParigiDen Haag 1975, pp. 48 ss.; M. W. Dols, The Black Death in the Middle East, New
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Black Death. Natural and Human Disaster in Medieval Europe, Londra 1983, pp. 33 ss.; K. Bergdolt, Der Schwarze Tod in Europa. Die Grosse Pest
und das Ende des Mittelalters, 3a edizione, Monaco di Baviera 1995,
pp. 39 ss.; Morire di peste:
testimonianze antiche e interpretazioni moderne della peste nera del 1348,
antologia di scritti a cura di O. Capitani, Bologna 1995; D. Herlihy, The Black Death and the Transformation of
the West, Cambridge Mass.Londra 1997, passim;
M. Vasold, Die Ausbreitung des Schwarzen
Todes in Deutschland nach 1348. Zugleich ein Beitrag zur deutschen
Bevölkerungsgeschichte, in Historische Zeitschrift, no. 277, 2003, pp.
281-308.
[56] Benché sia noto che la grande peste non colpì i voivodati
romeni, alcuni studiosi ritengono che lepidemia avesse investito questarea,
Cfr. N. Vătămanu, Medicina veche
românească, Bucarest 1970, pp. 78-82.
[57] J.N. Biraben, op.
cit., pp. 98 ss.
[58] Constantin C. Giurescu, Tîrguri sau orașe și cetăți moldovene din secolul al X-lea pînă la
mijlocul secolului al XVI-lea, Bucarest 1967, pp. 79-95; V. Spinei, Les mouvements ethniques au nord des bouches
du Danube aux XIIIe-XIVe siècles, in Acts XVIIIth International
Congress of Byzantine Studies. Colected Papers: Main and Communications,
Moscow, 1991, vol. II, History,
Archaeology, Religion, Theology, a cura di I. evæenko e G. G. Litavrin,
Shepherdstown (WV) 1996, pp. 298-324.
[59] Ipatievskaia
letopis, a cura A. A. Shakhmatov, in Polnoe
sobranie russkikh letopisei, 2a edizione, S. Pietroburgo 1908,
c. 849.
[60] Ion Neculce, Letopisețul
Țării Moldovei și o samă de cuvinte, edizione a cura di Iorgu Iordan,
Bucarest 1955, p. 146; Grigore Ureche, Letopisețul
Țărîi Moldovei, edizione a cura di P. P. Panaitescu, Bucarest 1955, p. 179;
Cronica moldo-polonă, in Cronicile slavo-române din secolele XV-XVI
publicate de Ion Bogdan, edizione a cura di P. P. Panaitescu, Bucarest
1959, p. 186; Călători străini cit.,
vol. III, Bucarest 1971, p. 18 (Franco Sivori), p. 210 (O descriere anonimă a Moldovei din 1587), p. 352 (T. Korobeinikov);
Ibidem, vol. VIII, Bucarest 1983, p.
260 (D. Krmann); Nicolae Costin, Letopisețul
Țării Moldovei de la zidirea lumii pînă la 1601, in Idem, Scrieri, edizione a cura di S.
Korolevschi, Chișinău 1990, p. 258; Gheorghe Pungă, Țara Moldovei în vremea lui Alexandru Lăpușneanu, Iași 1994, pp.
154-157.
[61] Alexandru Andronic, Fortificațiile
medievale din Moldova, in Memoria Antiquitatis, II, 1970, pp. 403-416;
Lucian Chițescu, Fortificațiile Moldovei
pînă la mijlocul secolului al XV-lea, in Carpica, 1972, pp. 143-167; T.
O. Gheorghiu, Cetățile orașelor. Apărarea
urbană în centrul și estul Europei în Evul Mediu / Fortified Towns. Urban
Defense in Medieval Central and Eastern Europe, Bucarest 2000, pp. 85 ss.;
Cristian Moisescu, Arhitectura românească
veche, vol. I, Bucarest 2001, pp. 150-166; Mariana Șlapac, Cetățile medievale din Moldova (mijlocul
secolului al XIV-leamijlocul secolului al XVI-lea), Chișinău 2004, passim.
[62] B. Ebhardt, Der Wehrbau
Europas im Mittelalter. Versuch einer Gesamtdarstellung der europäischen Burgen,
vol. I, Berlino 1939; Burgenbau im 13.
Jahrhundert (Forschungen zu Burgen und Schlössern, 7), Monaco di
BavieraBerlino 2002, passim.
[63] P. Lavedan e J. Hugueney, Lurbanisme au Moyen Age, GinevraParigi 1974, p. 137.
[64] Radu Rosetti, Istoria
artei militare a românilor până la mijlocul veacului al XVII-lea, Bucarest
1947, pp. 63 ss.; P. P. Panaitescu, Oastea
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scientifica a cura di T. Teoteoi, Bucarest 2001, pp. 230 ss.
[65] Biterolf und
Dietleib, edizione a cura di A. Schnyder, BernaStoccarda 1980, p. 334.
[66] Johannes de Thurocz, Chronica
Hungarorum, vol. I, Textus,
ediderunt E. Galántai e J. Kristó, Budapest 1985, p. 209.
[67] P. Magistri qui Anonymus dicitur, Gesta Hungarorum, a cura di A. Jakubovich, D. Pais, in Scriptores rerum Hungaricarum, vol. I,
edizione a cura di E. Szentpétery, Budapest 1937, p. 66.
[68] Chronici Hungarici
compositio saeculi XIV, edizione a cura di A. Domanovszky, in Scriptores rerum Hungaricarum cit., vol.
I, p. 498.
[69] L. Chalkokondyles, A
Translation and Commentary cit., pp. 202-203.
[70] Ibidem, pp.
294-295.
[71] Alexandru I. Gonța, Legăturile
economice dintre Moldova și Transilvania în secolele XIII-XVII, a cura di
I. Caproșu, Bucarest 1989, p. 39, pp. 60-64 ss.; Ioan Marian Țiplic, Breslele producătorilor de arme din Sibiu,
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[72] N. Iorga, Acte și
fragmente cu privire la istoria românilor, vol. III, Bucarest 1897, p. 42.
[73] N. Stoicescu, in Istoria
militară cit., vol. II, pp. 51 ss.; V. Spinei, Moldova cit., pp. 130-131, p. 237.
[74] Ștefan Andreescu, La
légende des Génois dans les Pays Roumains, in Atti del Congresso Internazionale Dai feudi moferrini e dal Piemonte
ai nuovi mondi oltre gli Oceani, Alessandria, 2-6 aprile 1990, Alessandria
1993, pp. 393-402.
[75] P. P. Panaitescu, Orașele,
in V. Costăchel, P. P. Panaitescu, A. Cazacu, Viața feudală cit., pp. 411 ss.; C. C. Giurescu, Tîrguri sau orașe cit., pp. 68 ss.; P.
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pp. 39-61.
[76] Călători străini
cit., n. s., vol. I, p. 764.
[77] Ion Nistor, Handel
und Wandel in der Moldau bis zum Ende des 16. Jahrhunderts, Czernowitz
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[78] H. İnalcik, Bursa
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[79] A. E. Nordenskiöld, Periplus
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pp. 158-177.
[80] Cronica lui
Macarie, in Cronicile slavo-române
cit., p. 82, p. 96.
[81] Cronica lui
Eftimie, in Cronicile slavo-române
cit., p. 109, p. 117; Gr. Ureche, Letopisețul
cit., p. 139; Axinte Uricariul, Cronica
paralelă a Țării Românești și a Moldovei, vol. I, edizione a cura di
Gabriel Ștrempel, Bucarest 1993, p. 150.
[82] Paul Binder, Drumurile
și plaiurile Carpaților Orientali, in Studii și articole de istorie, XX,
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economice cit., pp. 37-45.
[83] N. Iorga, Histoire
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[84] Zsigmont Pal Pach, Levantine
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[85] A. A. Nudelman, Ocherki
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13 ss.; A. Gorodenco, op. cit., pp.
336 ss.
[86] S. I. Ianina, Novyĭ
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[87] G. A. FedorovDavydov, Klady dzhuchidskihk monet, in Numizmatika i ėpigrafika, I,
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[88] V. M. Potin, Klad
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109-127.
[89] L. Rèthy, Corpus
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tavv. XXII-XXVIII; A. Pohl, Münzzeichen
und Meisterzeichen auf ungarischen Münzen des Mittelalters, 1300-1540,
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[90] Andrei Veress, Originea
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independent (secolele XIV-XV), in Herb. Revista română de heraldică, I
(VI), no. 1-2, 1999, p. 72.
[91] Katiușa Pârvan, Aspects
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[92] L. Bieltz, MOLDER
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[93] Gheorghe Buzdugan, Ovidiu Luchian, Constantin C.
Oprescu, Monede și bancnote românești,
Bucarest 1977, pp. 74-75, pp. 85-87.
[94] Al. Andronic, Nicolae Grigoraș, Tezaurul de monede moldovenești descoperit la Corlăteni, in Studii
și cercetări științifice (Iași). Istorie, VIII, no. 1, 1957, pp. 222-223; K.
Pârvan, op. cit., p. 205, p. 226.
[95] E. Petrișor, Date
preliminare asupra tezaurului medieval de la Buruienești, comuna Doljești,
județul Neamț, in Memoria Antiquitatis, XII-XIV, 1980-1982 [1986], pp.
171-191.
[96] Mihai Costăchescu, Documente
moldovenești înainte de Ștefan cel Mare, vol. II, Iași, no. 162, pp.
599-600.
[97] Octavian Iliescu, Le
prêt accordé en 1388 par Pierre Mușat à Ladislas Jagellon, in
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[98] Gh. Buzdugan, O. Luchian, C. C. Oprescu, op. cit., pp. 57-78.
[99] Paul Nicorescu, Monede
moldovenești bătute la Cetatea-Albă, in Cercetări istorice, XVIII, 1943,
pp. 75-88; O. Iliescu, Les armoiries de
la ville dAsprokastron et leur origine byzantine, in Études byzantines et post-byzantines, vol. II, a cura di Emilian
Popescu e T. Teoteoi, Bucarest 1991, pp. 151-164.
[100] C. C. Kirițescu, op.
cit., pp. 84-85.
[101] Ibidem, p. 87.
[102] Matei Cazacu, Limpact
ottoman sur les Pays Roumains et ses incidences monétaires (1452-1504), in
Revue Roumaine dHistoire, XII, no. 1, 1973, pp. 171-172, pp. 185-186; H.
İnalcik, The Ottoman state: economy
and society cit., p. 289.
[103] Eugen Nicolae, Moneda
otomană în Țările Române în perioada 1451-1512, Chișinău 2003, pp. 45-58.
[104] O. Iliescu, La
monnaie génoise dans les pays roumains aux XIIIe-XVe
siècles, in Colocviul
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romeno-italiano I Genovesi nel Mar Nero durante i secoli XIII e XIV, a
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[105] D. Gh. Teodor, Creștinismul
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91 ss.; V. Spinei, Piese de cult din
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[106] Documenta Romaniae
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[107] Chronica Albrici
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[118] Dumitru Năstase, Arhitectura,
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