Piero Melograni
Mosca ordinò: uccidete Berlinguer
"Il Sole 24 ore"
19 giugno 2005, p. 41

Finalmente, a trentadue anni di distanza dal giorno in cui bulgari e sovietici tentarono di uccidere Enrico Berlinguer esce un libro sull'argomento. L'intera storia del Pci dovrà essere riconsiderata alla luce di queste rivelazioni.

Il 3 ottobre 1973 Berlinguer era a Sofia per incontrare Zhivkov, capo dei comunisti bulgari. I colloqui furono assai tesi tanto che Berlinguer decise di interromperli e tornare in Italia. Lungo la strada da Sofia all'aeroporto si avviò un corteo di automobili. La prima con i poliziotti bulgari. La seconda, oltre all'autista e a un interprete, ospitava Berlinguer e due alti dirigenti bulgari: Tellalov e Velchev. Nella terza auto due esponenti del Pci, Gastone Gensini, e Angelo Oliva. Su un cavalcavia, la prima auto, con i poliziotti, accelerò e scomparve. Vari automezzi si muovevano nell'opposta corsia in direzione di Sofia. Tra questi un camion militare dei servizi speciali carico di pietre. Non appena l'auto di Berlinguer gli arrivò a tiro, il camion sterzò a sinistra e accelerò per colpirla con forza. L'auto sarebbe precipitata dal cavalcavia se non fosse stata fermata da un palo della luce. L'interprete morì sul colpo. Berlinguer ebbe un trauma cranico, varie ferite e perse una scarpa. Tellalov fu sbalzato fuori e si trovò a terra ferito. Velchev ebbe una gamba fratturata, lesioni alla pupilla e perse alcuni denti.

Gensini e Oliva, soccorso Berlinguer, fermarono un taxi per condurlo all'ospedale. I medici consigliarono al ferito di restare in osservazione alcune settimane, ma lui, che aveva superato lo choc e temeva i bulgari, decise di ripartire. Telefonò alla famiglia, minacciò di emanare un comunicato stampa e, attraverso l'ambasciata d'Italia, ottenne da Roma un aereo ambulanza. Per mantenere il segreto l'aereo atterrò all'aeroporto di Ciampino. Il presidente del Consiglio era allora Rumor e il ministro degli Esteri Aldo Moro. Rumor, Moro, l'ambasciatore italiano e i servizi segreti capirono tutto, ma proteggevano il Pci e restarono muti. Né «l'Unità» né altri giornali pubblicarono una sola riga. Berlinguer disse poi a Emanuele Macaluso, alto dirigente del Pci, di sospettare un attentato, ma gli chiese di tacere. Macaluso tacque diciotto anni. Nel 1991, dopo la morte di Berlinguer, ne parlò con Fasanella e Incerti, i due giornalisti di «Panorama» che hanno ora scritto questo libro. Molte persone vicine a Berlinguer - fra le quali Tatò, Giuseppe Fiori, Antonio Rubbi, Natta e Galluzzi - sostennero che Macaluso aveva detto il falso. Bufalini, membro della segreteria, giudicò strampalata l'ipotesi dell'attentato dato che Berlinguer viaggiava con due eminenti bulgari. Inconcepibile che si volessero eliminare anche loro. Giovanni Berlinguer, fratello di Enrico, attestò che il fratello non gli aveva mai parlato di attentato. «Panorama» si trovò in imbarazzo. Ma «l'Unità» del 28 ottobre 1991 pubblicò un'intervista con Letizia Berlinguer, vedova di Enrico, la quale confermò le confidenze di Macaluso: Enrico aveva comunicato i suoi sospetti anche a lei.

Oggi non possiamo più dubitare si volesse uccidere Berlinguer. I due bulgari nell'auto speronata erano nemici di Zhivkov, così che Zhivkov, uccidendo anche loro, prendeva due piccioni con una fava. In quei giorni il numero due del Pci era Cossutta, amicissimo di bulgari e sovietici. Se Berlinguer fosse morto ne diventava l'erede. Due anni dopo Berlinguer provvide a estrometterlo dalla segreteria.
Gli autori del libro sono stati bravissimi nel raccogliere informazioni e prove. Dimitri Georgiev, che aveva fotografato l'auto speronata, ha ritrovato le foto sequestrategli dalla polizia segreta. Fasanella e Incerti, tuttavia, cercano le motivazioni dell'attentato soprattutto nel crescente distacco tra Berlinguer e l'Urss. Un fatto incontrovertibile, ma insufficiente a spiegare l'attentato, che ebbe luogo il 3 ottobre '73, proprio nei giorni in cui Berlinguer rendeva pubblica la linea del "compromesso storico" con la Dc scrivendo tre articoli su «Rinascita». Il primo era uscito il 28 settembre. L'ultimo apparve il 12 ottobre, dopo l'attentato, ma poteva essere stato scritto prima.
Sia gli americani sia i sovietici non volevano che il Pci partecipasse al governo per non mettere in discussione la spartizione dell'Europa in sfere di influenze, sulla quale poggiava la pace mondiale. Gli occidentali non sostennero mai le rivoluzioni spontaneamente scoppiate nell'impero sovietico. E i sovietici, in cambio, non avrebbero mai appoggiato una insurrezione comunista in Italia. Le prove sono tante. L'ultima si trova nel diario di Andreotti pubblicato in questi giorni da Rizzoli. All'ammiraglio Garofalo che paventava un'insurrezione, Andreotti rispose tranquillo: «I comunisti non si muoveranno che nel caso di una guerra». La guerra non ci fu mai e i comunisti non insorsero mai.

Mosca vietava al Pci di entrare in un governo anche attraverso la via elettorale, per la semplice ragione che i cattolici polacchi o i dissidenti ungheresi, avrebbero preteso a quel punto libere elezioni, mettendo a rischio l'impero di Mosca e la pace generale. Come scrisse già nel 1975 lo storico britannico A.J.P. Taylor nella sua Storia della Seconda guerra mondiale: «Stalin era più che mai deciso a impedire qualsiasi successo comunista al di fuori della sua sfera di influenza, e fu Stalin, più che gli americani, a conservare l'Europa occidentale per la democrazia capitalista».

Fasanella e Incerti danno giustamente credito a Oleg Gordievskij, il funzionario dei servizi segreti sovietici che, con Christopher Andrew, pubblicò anni or sono La storia segreta del Kgb. Ci stupisce però che abbiano eliminato la frase più significativa di Gordievskij: «La proposta (del compromesso storico) fu resa accettabile dal fatto che il Pci avrebbe appoggiato il governo Dc, ma non sarebbe entrato a farne parte». La frase è stata così parafrasata: «Il punto di equilibrio fu che Mosca non avrebbe provocato una scissione finché il Pci, nonostante tutto, avesse continuato a mantenere un dialogo aperto con l'Urss». È vero che in altre pagine Fasanella e Incerti accennano al fatto che la Russia non gradiva il Pci al governo, ma si tratta di accenni che possono sfuggire.

Giovanni Fasanella e Corrado Incerti, «Sofia 1973: Berlinguer deve morire», Fazi editore, Roma 2005, pagg. 108, € 11,00.