La timida marcia di Berlinguer. Ma fu Mosca a dire «niet» al compromesso storico. Il Cremlino esitava di fronte alla prospettiva di una coalizione di governo tra Dc e comunisti.
La «New York Review of Books» pubblica una polemica tra Adrian Lyttelton, professore alla Johns Hopkins University, e Richard Gardner , ex ambasciatore Usa in Italia dal 1977 al 1981, a proposito delle memorie di quest'ultimo edite in Italia da Mondadori nel 2004, con una prefazione di Arrigo Levi, e pubblicate ora negli Usa con una prefazione di Zbigniew Brzezinski.
Lyttelton, comprensibilmente affascinato dal Partito comunista italiano guidato con eccezionale abilità da Enrico Berlinguer e dai suoi eredi, nonché molto diverso e più autonomo rispetto agli altri partiti comunisti del mondo di allora, rimprovera a Gardner di essersi opposto al Pci, senza adottare una politica che ne favorisse l'evoluzione in senso ancora più democratico e autonomo da Mosca.
Gardner si difende rammentando che in quegli anni Berlinguer e gli altri leader del Pci proclamavano la loro fedeltà al marxismo-leninismo, sostenevano la politica estera sovietica, si opponevano alla Nato e all'installazione dei Missili Cruise in territorio italiano. Gardner ricorda poi come nel 1980 lo stesso Berlinguer si fosse recato davanti agli stabilimenti della Fiat Mirafiori incitando gli operai a occuparli. Nella sua replica Lyttelton ammette che Berlinguer continuava ad affermare l'appartenenza del Pci al movimento comunista internazionale. Ma rimprovera a Gardner di voler ignorare tutte le dichiarazioni di Berlinguer circa la necessità di fondare ogni società socialista sulla democrazia e la libertà.
In ultima analisi la loro polemica potrebbe forse ridursi al veto che gli Usa posero nei riguardi di una partecipazione del Pci ai governi della repubblica. Ma a proposito di questa mancata partecipazione esiste una verità che, almeno in questa polemica, sia Lyttelton sia Gardner trascurano. Il fatto è che il principale veto era stato posto non dagli Usa e neppure dagli altri governi dell'Occidente europeo, ma proprio dall'Unione Sovietica. Un argomento, questo, rimasto un tabù per gli storici. La pace europea, e mondiale, si fondava sul rispetto delle sfere di influenza. L'Italia apparteneva alla sfera occidentale. Se i comunisti fossero andati al governo con loro ministri (anche con i soli "indipendenti di sinistra" eletti nelle loro liste), i cattolici polacchi, numerosissimi nella loro patria, avrebbero potuto pretendere un trattamento di reciprocità mettendo a repentaglio la sopravvivenza dell'impero sovietico. Finché gli occidentali accettavano la divisione dell'Europa in sfere di influenza Mosca restava più che zelante nel rispettare questo accordo. E gli occidentali lo rispettavano con altrettanto zelo fino al punto di non offrire nessun minuscolo aiuto ai dissidenti dell'Urss o ai rivoluzionari ungheresi del 1956.
Un ex colonnello del Kgb, rifugiatosi in Occidente nel 1985, in un libro scritto con Christopher Andrew e pubblicato in Italia da Rizzoli, ha scritto chiaramente che quando il Pci chiese a Mosca di appoggiare l'idea di un compromesso storico con la Dc, Mosca esitò: «Era disturbata dalla prospettiva che il Pci con il quale già aveva alcune divergenze di vedute, entrasse a far parte di un governo di coalizione, o addirittura ne divenisse il partito guida. La proposta fu resa accettabile dal fatto che il Pci avrebbe appoggiato il governo Dc, ma non sarebbe entrato a farne parte». Come infatti accadde.
Il 3 ottobre del 1973, vale a dire nei giorni in cui Berlinguer lanciava su «Rinascita» la prima idea del compromesso storico con la Dc, Berlinguer subì in Bulgaria un attentato viaggiando in auto verso l'aeroporto di Sofia. L'auto non precipitò da un cavalcavia perché miracolosamente fermata da un palo della luce. Berlinguer riportò un trauma cranico e varie ferite. L'interprete morì sul colpo. Condotto in ospedale Berlinguer rifiutò di restarci e ottenne dal governo italiano di allora, presieduto da Mariano Rumor, ministro degli Esteri Aldo Moro, un aereo speciale che lo condusse segretamente a Roma, all'aeroporto di Ciampino, senza giornalisti. Né «l'Unità» né altri giornali diedero mai notizia di un Berlinguer ferito e anche il governo restò muto. Berlinguer disse poi a Emanuele Macaluso di sospettare un attentato, ma lo pregò di tacere.
Probabilmente la notizia più straordinaria concerne proprio tali silenzi, soprattutto da parte di Rumor e Moro, silenzi che aiutano a capire il tabù di cui parlavo. Non si vuole svelare il divieto sovietico alla partecipazione del Pci al governo perché in tal caso tutta la storia che ci viene di solito raccontata andrebbe a gambe all'aria. Chi salvò l'Italia dal comunismo non furono la Dc o gli Usa, ma proprio Stalin e i suoi eredi, come venne riconosciuto da un grande storico inglese A.J.P. Taylor. Dopo l'attentato a Berlinguer la Dc tacque perché le conveniva proteggere il Pci. Finché la guida dell'opposizione fosse rimasta al Pci, nessuno l'avrebbe scalzata dal governo..