CORRIERE DELLA SERA mercoledì 29 giugno 1977

A CEFALU’ UN CONVEGNO CHE COMPLETA LA DENAZIFICAZIONE DEL FILOSOFO TEDESCO

Nietzsche non più proibito conteso fa marxisti e cattolici

Dal nostro inviato speciale ALFREDO TODISCO

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K. Popper, E. Severino ed A. Fallica durante un convegno organizzato dalla Associazione Internazionale di Studi e Ricerche F. Nietzsche

CEFALU’ – Alfredo Fallica è un uomo che sorride sul serio. Sembra privo di risentimenti e rancori. Manca della morgue così frequente, chissà perché, negli intellettuali e negli universitari italiani.

Gronda una travolgente simpatia per gli altri: una simpatia immediata corporea, senza tempo che si spinge ben al di là delle rabbiose e invidiose distinzioni ideologiche correnti. Forse ama veramente il prossimo. Di sicuro ama la vita, rivendica la gioia di vivere - greca, mediterranea, se non addirittura pagana – come il valore massimo da restaurare e difendere contro ogni umiliazione moralistica e utilitaristica.


GUERRA DI RELIGIONE


In questa stagione dell’odio voluttuoso, come ultimo portato della nostrana e abbastanza orrenda <<guerra di religione>> fra cristiani e infedeli (comunisti) il sorriso accattivante, troppo umano di Alfredo Fallica, appare un fiore inattuale che non avrebbe potuto conservarsi altrettanto squillante in una terra meno eccentrica di quella di Palermo; e in una luce meno intensa di quella di qui, che proprio con la sua folgorazione fantasmizza gli oggetti reali e propizia visione donchisciottesche.

L’amore per quel Don Chisciotte tedesco che, in un certo modo, fu Nietzsche, coltivato dall’adolescenza nell’era della proscrizione post bellica del filosofo adottato dai nazisti, non poteva non allignare se non in uno studioso candido e fuori dal tempo – dal nostro tempo – quale appare il fondatore di uno dei club culturali più curiosi della Penisola: l’Associazione Internazionale di studi e ricerche su Nietzsche. Ma quella che alla prima avrebbe potuto sembrare una languida iniziativa della fantasia provinciale, si è invece rivelata, nei convegni dell’altro anno e di questo anno, un catalizzatore vivificante e attualissimo della cultura italiana, troppo irretita, impacciata, insospettita da trent’anni di contrapposizione ideologica.

Sorridendo, Fallica ha montato nell’estrema metropoli meridionale una rampa di rilancio di uno di protagonisti e più mistificati del pensiero filosofico europeo. E l’iniziativa si va rivelando fertile.

L’anno scorso, il convegno su Nietzsche e la crisi moderna sancì all’aperto la fine della lunga quarantena in cui il filosofo della volontà di potenza venne tenuto dopo l’appropriazione (indebita) che ne fecero i nazisti. La edizione critica delle opere di Nietzsche, da noi curata splendidamente da Adelphi, e che costituisce il riferimento rigoroso della falsificazione perpetrata dai tedeschi del dodicennio bruno sulla scia di Alfred Baümler, è una fatica eminentemente italiana, per cui dobbiamo gratitudine a Giorgio Colli e agli infaticabili "scavi" di Mazzino Montanari negli archivi di Weimar. Nel maggio del’76 il primo convegno sul Nietzsche promosso a Palermo da Alfredo Fallica, non solo <<mise in vetrina>>, per dir così, il riesame di Nietzsche intrapreso dall’edizione critica di Colli e Montinari , ma svelò il nuovo interesse di intellettuali antifascisti e democratici di sinistra per l’autore "innominabile" dello Zarathustra. Giorgio Alminante che in quei giorni abitava a Villa Igiea , sede del convegno, nel suo comizio elettorale in Piazza Politeama esclamò malinconicamente: "adesso ci vogliono scippare anche Nietzsche".


PARADOSSI PROVOCATORI


Durante il colloquio di quest’anno, tenuto a Cefalù, in vista della meravigliosa cattedrale normanna di Ruggiero II che versa in uno scandaloso stato di abbandono, la tendenza alla riappropriazione antifascista di Nietzsche manifestatesi con gli interventi – fra loro dialettici – dei professori della sinistra ha visto insorgere un sorprendente, anche se isolato, concorrente di parte cristiana nella figura di Luigi Borresi, assistente di filosofia all’Università di Bologna, il quale con una girandola di paradossi provocatori, ha affermato tra l’altro che il moralismo cristiano contro cui si battono i nicciani è quello dei parroci, non quello dei "sacri testi" che invece pullulano di inviti alla voluptas e alla gioia dei sensi. I nicciani rivendicano il moralismo: ma – ha detto Borresio con il viso rosso dal piacere – cosa c’è di più "immorale" in un senso consentaneo alla liberazione di Nietzsche dalla cappa etica, dal cattolicesimo che concedendo il perdono nel confessionale, autorizza a peccare a man salva?

Non possiamo qui, per ragioni di spazio, dare conto delle relazioni propriamente letterarie che hanno costellato il convegno mettendo in luce i giochi di influenza del filosofo di Röcken su romanzieri, scrittori, poeti contemporanei, tra le quali non possiamo non menzionare, per acutezza ed impegno, almeno quelle di Ferruccio Masini ( Espressionismo), di Horst Kunkler (Gide), di Silvio Ramat (Papini, Soffici), di Furio Jesi (Rilke), di Henry Gobard (Blake), di Ennio Bisfuri (Musil), di Patrizia Pizzato (Wagner), di Regine Pietra (letteratura francese).

Di la dall’impegno letterario, il convegno ha messo in luce, o meglio in mezza luce, il contrasto più propriamente filosofico e politico sotteso ai lavori, e che per quanto ci è dato decodificare da messaggi spesso in cifra, presenta entro alle stesse sinistre almeno tre posizioni distinte, che si possono riferire a Ferruccio Masini, a Gianni Vattimo (primi attor giovani sullo scenario di Cefalù) e al professor Cacciari, invitato che non ha voluto bagnarsi in queste spiagge, illustrate dal Club Mediterranee. Cercherò, in tutta la brutalità delle semplificazioni, di riassumere per i poveri non addetti ai lavori come me alcuni tratti caratterizzanti degli approcci a Nietzsche della sinistra.

Quello di Cacciari (evocato implicitamente) il più in linea col PCI, passando attraverso il saggio di Heidegger sul pensatore tedesco, interpreta la "volontà di potenza" come l’espressione della conquista prometeica del mondo, dell’organizzazione e razionalizzazione dell’economia per l’avanzata delle forze produttive nella prospettiva del socialismo. Una lettura – hanno osservato qui – molto arrischiata di Nietzsche il quale non ha scritto alcun testo organico sulle volontà di potenza e, per di più, non ha mai accolto nel suo pensiero la tecnologia, la trasformazione materiale della natura nè, tanto meno, la fiducia nella ratio scientifica quale dinamo del progresso della storia.

Nietzsche è antistoricista in modo radicale, basti pensare alla sua idea dell'eterno ritorno.

Secondo Masini, Nietzsche ha operato a livello della sovrastruttura, cioè della ideologia borghese, la stessa critica demolitrice che Marx ha condotto a livello della struttura, cioè dell’economia. Un lavoro corrosivo, di autocritica, che interessa ovviamente il marxista anche se non gli consente di ravvedere in Nietzsche, ancorato all’individuo, un compagno di strada del socialismo.

La demolizione nicciana del modello di humanitas – borghese può interessare per altre vie il marxista che non crede all’identità automatica di sviluppo economico e di progresso; il marxista dubbioso della radio tecnologica che sente il bisogno di rielaborare un nuovo modello di umanità socialista.

Gianni Vattimo dal canto suo, con una relazione suggestiva sulla "volontà di potenza" come arte, ha riportato il motore del mondo dal terreno della ragione tecnologica a quello della fermentazione creativa estetica ed ha teso a privilegiare sull’apollineo il momento dionisiaco dell’arte, che lasciando la compostezza greca si rivela come volontà di potenza nell’eccesso che destruttura l’ordine costituito nel senso ampio della parola.

Nell’intervento in cui Vattimo ha confermato la simpatia per l’extra sinistra libertaria, la rivendicazione dell’arte come area di attività antagonistica all’ordine dominante (e su cui Marcuse a suo tempo a detto la sua) ha conquistato una strumentazione dialettica di tutto riguardo.

Ma, per affascinante che sia la sua legittimazione all’intellettuale disorganico, e del suo compito di contribuire alla disintegrazione del dominio in tutte le sue forme, gli esiti dello sfascio cui assistiamo ogni giorno, il crescere di un terrorismo nichilista è i pericoli che esso comporta ci devono indurre a riflessioni più fredde e disincantate.

A Cefalù, cattolici e marxisti hanno tirato l’acqua tumultuosa di Nietzsche al loro mulino.

Un interesse che rivela il bisogno delle parti impegnate nella "guerra dei trentenni" di uscire dagli schemi troppo stretti in cui si sono andate chiudendo anche per paura e intolleranza l’autore di Ecce Homo si presta a un gioco al massacro degli smascheramenti; propone una sfida micidiale di verità. Per questo, notevoli ci sono sembrate le parole conclusive di Alfredo Fallica, che, appellandosi alla sua lezione di Nietzsche, ha invitato gli intellettuali italiani a chiudere il cerchio tra parole e fatti, tra comportamento e pubblico e privato. La vita vera è sincera.

Alfredo Todisco