Sul contributo di Lorenzo Renzi alla romenistica
Alvaro Barbieri
Università di Padova
G
li studi di romenistica di Lorenzo Renzi, distribuiti lungo un arco di trentacinque anni [1], ci raccontano la storia di una lunga fedeltà, nutrita di impegno scientifico e ricerca ma anche di incontri, amicizie, viaggi, legami intensi con luoghi e persone. Questa fedeltà è testimoniata, tra l'altro, da una ricca attività 'militante' di interventi giornalistici, segnalazioni, schede [2], oltre che da una quantità di pre/postfazioni a pubblicazioni sulla lingua e la civiltà letteraria romene [3].I lavori di Renzi afferenti al dominio della romenistica comprendono un ampio ventaglio di àmbiti disciplinari, abbracciando una molteplicità di temi e argomenti. Una presentazione puntuale di questa vasta e variegata produzione richiederebbe molto tempo e comporterebbe un notevole sforzo di riflessione e sistemazione critica. In quanto segue, mi limiterò a illustrare per assaggi e specimina rappresentativi quelle che mi sembrano le due principali direttrici individuabili all'interno di detta produzione: da un lato il filone degli studi di linguistica, dall'altro l'insieme dei saggi concernenti la poesia popolare e il folklore.
Per quello che è degli scritti collocabili nel dominio della linguistica, sono da menzionare soprattutto alcuni lavori di taglio monografico che trattano singoli problemi di morfologia e sintassi storica e sincronica del romeno. Vanno citati in special modo, restringendo all'essenziale l'esemplificazione, un importante intervento sulle allocuzioni inverse [4], che si rifà esplicitamente allo schema della comunicazione verbale proposto da R. Jakobson [5], e una serie di contributi dedicati all'articolo posposto [6]. Tutti questi studi, al di là del rigore con cui viene condotta l'analisi e della rilevanza dei risultati raggiunti, si segnalano per eleganza formale e chiarezza espositiva. Si riscontra, nello 'stile' argomentativo di Renzi, la capacità di ordinare e classificare i materiali in modo selettivo e funzionale alla ricerca, di orchestrare sapientemente le articolazioni della dimostrazione e le pezze giustificative attorno a un'intuizione centrale, di condensare, infine, gli esiti dell'indagine in formulazioni limpide e sintetiche. Organicità, spirito di sistema, originalità di impostazione: questi, in linea generale, i tratti salienti della sua produzione scientifica, che coniuga la solidità della vecchia scuola filologica e le acquisizioni più innovative della speculazione teorica. E a questo riguardo si dovrà aggiungere che sin dai suoi primi lavori Renzi ha mostrato una speciale sensibilità per i problemi metodologici, perfezionando e adattando alle esigenze della linguistica romanza tecniche d'analisi elaborate in altri settori del sapere. Questi interessi per strumenti e modelli teorici della ricerca sono rimasti centrali nella sua riflessione: lo prova il recente Proust e Vermeer. Apologia dell'imprecisione, Bologna: il Mulino, 1999 [7], in cui l'episodio della morte di Bergotte, narrata da Proust ne La Prisonnière, e l'inchiesta sul petit pan de mur jaune della Veduta di Delft di Vermeer fanno da punto d'attacco di un discorso a largo raggio su possibilità e limiti dell'interpretazione. Si parte dall'esame ravvicinato e lenticolare di un testo per abbordare più vaste questioni di ermeneutica, fino a toccare problemi di natura epistemologica che oltrepassano i confini di uno studio letterario di carattere monografico. E su questa produttiva, feconda compresenza di spirito analitico e apertura a temi di portata più ampia si innesta un altro genere di tensione, quella tra passione intellettuale e teoresi, per cui l'adesione simpatetica all'oggetto indagato viene 'raffreddata' dal distanziamento critico.
Restando ancora nell'àmbito della linguistica, vorrei sottolineare l'importanza delle recensioni di Renzi, che non sono mai semplici schede illustrative dell'opera in esame, ma veri e propri interventi, in cui si ritrovano osservazioni e vedute originali. Un solo esempio. Nella recensione ad A. Niculescu [8], si incontrano spunti e considerazioni di notevole interesse a proposito della grande unitarietà linguistica del romeno, unitarietà davvero sorprendente se confrontata con la situazione di varietà e polverizzazione riscontrabile nel resto del panorama romanzo. Renzi ipotizza che la straordinaria compattezza della lingua romena sia ricollegabile al quadro uniforme delle strutture economico-sociali di tipo agrario del Sud-Est europeo, la cui storia plurisecolare poggia su ordinamenti stabili e costanti [9]. Per contro, la differenziazione linguistica della Romània occidentale sarebbe legata a un assetto economico dinamico, alla presenza di una forte stratificazione sociale, alla funzione propulsiva svolta dai centri urbani che elaborano e irradiano novità promuovendo trasformazioni profonde.
Ma passiamo ora a un altro settore della romenistica, quello dei canti popolari e del folklore, in cui Renzi si è cimentato a più riprese e muovendo da diverse angolazioni. In questo filone di ricerche, il suo lavoro più rilevante resta il volume Canti narrativi tradizionali romeni. Studio e testi, Firenze: Olschki, 1969, che si articola in due sezioni: la prima è uno studio metrico-retorico dello stile tradizionale e del repertorio formulistico arcaico [10]; la seconda fornisce l'interpretazione di alcuni componimenti particolarmente rappresentativi. Tra queste 'letture' di testi vanno ricordate in particolar modo le pagine sulla Miorita, capolavoro della poesia popolare romena [11]. Inserendosi con autorevolezza in un vivace dibattito di metodo, Renzi mette a punto strumenti di precisione per ricostruire, nei suoi lineamenti di base, la fisionomia originaria della ballata, distinguendo tra elementi conservativi e innovazioni nel complesso stratificato formato dalle centinaia di versioni raccolte da A. Fochi [12]. Si tratta insomma di individuare le attestazioni autenticamente popolari del canto, quelle che si presentano, per così dire, 'allo stato selvaggio'. Altre considerazioni sulla stessa tematica si trovano nella recensione all'opera di G. Caracostea [13], dove Renzi sostiene la necessità di isolare, nella massa di testimonianze pervenuteci, vari raggruppamenti che costituiscono i diversi 'sistemi' della Mioriţa. Si sa che ogni forma particolare della ballata è scomponibile in un dato numero di tratti, cioè in una sequenza di motivi narrativi. Ora, le versioni note del canto condividono alcuni di questi tratti, ma non sempre gli stessi. Ciò vuol dire che bisogna pensare ai differenti 'sistemi' come a strutture autonome, conchiuse in se stesse, ma significa anche che tali strutture sono tutte inserite in un macroinsieme identificato da un reticolo di analogie, affinità e somiglianze che si intrecciano e si intersecano producendo una certa 'aria di famiglia' [14].
Un punto di svolta decisivo nella ricerca di Renzi sulla poesia tradizionale e il folklore romeni è segnato dalla lettura degli studi di M. Eliade dedicati a temi religiosi ed etnografici del Sud-Est europeo [15]. In principio erat mythos... Negli strati profondi dei canti epico-narrativi, come nelle fiabe e in altre creazioni popolari, si possono rinvenire le tracce di scenari e motivi arcaici. Naturalmente, il senso di una ballata non si esaurisce nella sua 'preistoria', nella sua 'etimologia' rituale, perché la riformulazione artistica investe di nuove funzioni i contenuti mitici piegandoli a finalità estetiche. Il travaso è dalla sfera magico-rituale a quella dell'espressione poetica. Ma il Poetico, assorbendo il Religioso, ne resta impregnato. È per tale motivo che, per comprendere a fondo questo tipo di testi, bisogna prima penetrarne le radici mitico-rituali.
Testimonia di tali interessi per i sostrati arcaici della poesia tradizionale il saggio sulla colinda dei cervi, scritto in collaborazione con A. Bratu [16]. La storia meravigliosa riferita in questa colinda, di cui abbiamo quattro versioni, tutte raccolte in Transilvania, affabula in modo immaginoso una cerimonia di iniziazione alla pubertà presso una società arcaica di cacciatori. La serie di motivi narrativi in cui si può segmentare il racconto trova precisi riscontri nelle diverse fasi dei rituali che marcano il passaggio da una classe di età a un'altra nelle civiltà di interesse etnografico [17]. Echi e sopravvivenze di temi 'etnografici' si incontrano in gran numero anche in un 'libro popolare' romeno del Settecento, la Istoria lui Filerot şi cu a Anthusei, tràdita dal ms. BAR 1374 della Biblioteca Academiei di Bucarest [18]. Sottoposto a un'analisi mirata [19], il testo rivela una fitta tramatura di elementi arcaici e archetipi culturali (p. es. il concepimento adulterino dell'eroe, la 'promessa in bianco', l'inseguimento di un animale psicopompo ecc.), che proiettano la narrazione su uno sfondo di universali (o quasi-universali) antropologici. Va infine citato, tra i contributi di Renzi sul folklore, un penetrante articolo di taglio comparatistico sul tema dell'asincronismo, cioè della sfasatura temporale tra il mondo d'in alto e quello d'in basso. Tale motivo, reperibile nelle fiabe e nei racconti di fate tra Europa occidentale e orientale, si inquadra nell'Urmythos del viaggio nell'Aldilà [20].
Ciò che emerge da questa veloce panoramica degli studi di romenistica di Lorenzo Renzi è soprattutto una straordinaria varietà di argomenti, interessi e prospettive, in cui si rispecchiano i molteplici aspetti della personalità dello studioso. La linguistica e la poesia tradizionale romene sono state per lui uno spazio di elaborazione e verifica di metodi, tecniche e strumenti, ma allo stesso tempo una sorgente inesauribile di stimoli e suggestioni.
[1] Si va da un lavoro su "Gli studi di rumeno di Adolfo Mussafia", in Omagiu lui Alexandru Rosetti la 70 de ani, Bucarest: Editura Academiei, 1965: 745-750) a un recente articolo che esamina le testimonianze sulla lingua romena reperibili nelle opere degli Umanisti italiani ("Ancora sugli Umanisti italiani e la lingua rumena", Romanische Forschungen, 112 [2000]: 1-38). Per un colpo d'occhio sulla produzione scientifica di Renzi nel settore della romenistica si rinvia alla Bibliografia degli scritti di Lorenzo Renzi contenuta nel volume Il tempo, i tempi. Omaggio a Lorenzo Renzi (a cura di R. BRUSEGAN e M. A. CORTELAZZO), Padova: Esedra, 1999: 5-20.
[2] Mi limito qui a ricordare: "Una donna decide un giorno..." [rec. ad A. BLANDIANA, Proiecte de trecut. Proza, Bu
carest: Cartea Romānească, 1982], L'indice dei libri del mese, vi/2 (febbraio 1989): 23; "Eliade senza peccati" [rec. a M. ELIADE, Spezzare il tetto della casa, Milano: Jaca Book, 1988; IDEM, Il mito della reintegrazione, Milano: Jaca Book, 1989; IDEM, I riti del costruire, Milano: Jaca Book, 1990], L'indice dei libri del mese, viii/2 (febbraio 1991): 32-33; "Frammenti su Noica", Letteratura e tradizione, ii/4 (1998): 12-13.[3] Si vedano, p. es., la Présentation al volume di A. NICULESCU, Outline History of the Romanian Language, Padova: Unipress, 1990: i-ii e la Postfata 1 alla monografia di D. O. CEPRAGA, Graiurile Domnului. Colinda creştină tradiţională, Cluj-Napoca: Clusium, 1995, 255-256.
[4] "Mama, tata, nene, ecc.: il sistema delle allocuzioni inverse in rumeno", Cultura neolatina, 28 (1968): 89-99. Questo denso contributo, che si inquadra entro una cornice teorica strutturalista, riprende, corregge e sviluppa l'ipotesi avanzata da L. SPITZER per spiegare le allocuzioni inverse nel romeno familiare. Lo studio si basa principalmente sullo scrutinio di dati e materiali presi dalla lingua viva, ma analizza in modo assai penetrante alcuni casi particolari tratti dalla letteratura romena dell'Otto-Novecento, mostrando come gli autori abbiano utilizzato ai loro particolari fini stilistici una forma del registro confidenziale (di grande acutezza, in questo senso, le osservazioni su Caragiale).
[5] Cfr. R. JAKOBSON, "Linguistica e poetica" [1960], in IDEM, Saggi di linguistica generale, Milano: Feltrinelli, 1992: 181-218.
[6] "The Rumanian Article as a Balkanism", in Variatio linguarum. Festschrift Gustav Ineichen, a cura di U. KLENK, K-H. KÖRNER e W. THÜMMEL, Wiesbaden: Steiner, 1989: 217-225; "L'articolo posposto rumeno in diacronia e in sincronia", Revue roumaine de linguistique, 38 (1993): 307-322; "A proposito della teoria di Graur sulla posposizione dell'articolo rumeno", in Studi rumeni e romanzi. Omaggio a Florica Dimitrescu e Alexandru Niculescu (a cura di C. LUPU e L. RENZI), Padova: Unipress, 1995: 227-245. L'articolo posposto viene spiegato sulla scorta della legge di Wackernagel, ben attestata in diversi rami del ceppo indo-europeo, per la quale il clitico va collocato subito dopo il primo elemento di una frase o di un sintagma (cfr. J. WACKERNAGEL, "Ueber ein Gesetz der indogermanischen Wortstellung", Indogermanische Forschungen, 1 [1892]: 333-436). All'interno di questa ipotesi interpretativa, RENZI propone di riconsiderare e ridefinire lo status categoriale dell'articolo posposto. Tale forma, che sul piano della genesi e dell'evoluzione storica è un clitico, sembra assumere, nell'ordine sincronico, la natura di affisso, cioè di desinenza di una "declinazione definita".
[7] È una sorta di appendice a Proust e Vermeer il breve scritto "Sull'imprecisione", in Apologia dell'imprecisione e viceversa, ideazione di E. PRIVITERA, Pinerolo (Torino): Associazione Culturale En Plein Air, 2000: 35-39, dove l'attenzione è rivolta alle arti figurative. Per i grandi maestri, sottolinea RENZI, precisione non significa resa fedele della realtà né aderenza esatta al dato naturale, bensì coerenza assoluta di ogni elemento rappresentato con il sistema di valori stilistici e concezioni pittoriche di ciascun artista.
[8] A. NICULESCU, Individualitatea limbii române între limbile romanice, 2, Bucarest: Editura ştiinţifică şi enciclopedică, 1978, apparsa nell'Archivio glottologico italiano 65 (1980): 154-159.
[9] Per la staticità dell'organizzazione agraria e l'uniformità di assetto economico-sociale nelle società dell'Europa orientale, cfr. almeno la sintesi di H. H. STAHL, La comunità di villaggio. Tra feudalesimo e capitalismo nei Principati danubiani, a cura di B. VALOTA CAVALLOTI, Milano: Jaca Book, 1976.
[10] Questa parte dello studio è ispirata allo strutturalismo di Jakobson, ma contrae un debito metodologico anche con i lavori di M. PARRY sui procedimenti compositivi di tipo formulistico in Omero e nei canti epici serbi. Un altro lavoro sul repertorio stilistico della poesia popolare è "«Varianti di interprete» nei canti tradizionali narrativi romeni", in
Actele celui de-al xii-lea Congres International de Lingvistică şi Filologie Romanică (a cura di A. ROSETTI e S. REINHEIMER-RÂPEANU, Bucarest: Editura Academiei, 1971: II, 471-480. RENZI mostra come lo stile tradizionale consista nell'impiego di materiali lessicali organizzati in unità minime, in membri metrico-sintattici memorizzati che il singer of tales riusa e assembla in modo più o meno diverso a ogni nuova esecuzione. La tecnica compositivo-performativa della poesia popolare è una forma di montaggio che si muove tra mnemotecnica e possibilità combinatorie. Per una tipologia dei generi epici fondata sulla scomposizione in tratti caratterizzanti, cfr. "Le système des genres épiques chez les Roumains", in Essor et fortune de la Chanson de geste dans l'Europe et l'Orient latin, Actes du ixe Congrès International de la Société Rencesvals pour l'Étude des Épopées Romanes (Padoue-Venise, 29 août - 4 septembre 1982), Modena: Mucchi, 1984: I, 393-398.[11] Vedi pp. 96-129. A questa celeberrima ballata RENZI ha dedicato di recente un altro contributo: "Le più antiche versioni della Miorita", Letterature di Frontiera/Littératures Frontalières, 7 (1997): 165-183 [in romeno: "Cele mai vechi vers
iuni ale Mioriţei", Dacoromania, 1-2 (1994-1995): 87-102].[12] A. FOCHI, Mioriţa. Tipologie, circulaţie, geneză, texte (studio introduttivo di P. APOSTOL), Bucarest: Editura Academiei, 1964.
[13] G. CARACOSTEA, Poezia traditionala româna, 2 voll., Bucarest: Editura pentru Literatură, 1969, pubblicata in Cultura neolatina 30 (1970): 203-207.
[14] RENZI sviluppa qui un'intuizione di L. WITTGENSTEIN, Philosophische Untersuchungen-Philosophical Investigations, Oxford 1953: §§ 66-67.
[15] Cfr. M. ELIADE, De Zalmoxis à Gengis-Khan. Études comparatives sur les religions et le folklore de la Dacie et de l'Europe orientale, Parigi: Payot, 1970, su cui si veda la recensione di RENZI apparsa su Cultura neolatina, 32 (1972): 165-167.
[16] "Il meraviglioso nel folklore rumeno. La colinda dei cervi", in Il meraviglioso e il verosimile tra Antichità e Medioevo, a cura di D. LANZA e O. LONGO, Firenze: Olschki, 1989: 275-290.
[17] Sui rituali iniziatici, cfr. la 'classica' sintesi di A. Van GENNEP, I riti di passaggio, Torino: Bollati Boringhieri, 1996 (trad. it. di Les rites de passage, Paris 1909): 57-99, con abbondante documentazione etnografica. Si veda inoltre M. ELIADE, La nascita mistica. Riti e simboli d'iniziazione, Brescia: Morcelliana, 1988 [trad. it. di Birth and Rebirth. Rites and Symbols of Initiation, Nuova York 1958].
[18] Cfr. La storia di Filerot e Anthusa (a cura di Angela TARANTINO), Roma: Bagatto, 1996: ottima edizione, con traduzione italiana, introduzione di carattere filologico e di inquadramento storico-letterario, spoglio linguistico.
[19] Cfr. "Paris e Vienna nella foresta di Pollicino", Rivista di studi testuali 1 (1999): 183-195.
[20] "Incontri occidental-orientali nel mondo della fiaba", in Itinerari di idee, uomini e cose fra Est ed Ovest europeo, a cura di M. FERRAZZI, Udine: Aviani, 1991: 269-280 [in francese: "Analogies dans les contes de fées occidentaux et orientaux", Études et documents balkaniques et méditerranéens, 16 [1992]: 49-56].
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November 2001, Bucharest, Romania