Back to Homepage
Quaderni 2001
p. 128
Hammer-Purgstall, Iorga,
Babinger.
Un piccolo divertissement
Prof. Gianfranco Giraudo
Una trentina
d’anni or sono, mentre ero intento a sistemare le note della mia prima
monografia, ero stato colpito da singolari coincidenze di giudizi sul mio eroe da
parte di alcuni eminenti storici.
Joseph
von Hammer-Purgstall (1774-1856)[1],
di nobile casata asburgica, è stato a lungo considerato
“[…] unbedingt
der hervorragendste Pioniere, Pfadfinder und Bahnbrecher auf dem Gebiete der vorderasiatischen
Sprachwissenschaft und der Kenntniß des mohamedanischen Orients überhaupt”[2].
Di
lui si ricorda soprattutto l’ attività di primo divulgatore, seppur con
limiti anche troppo sottolineati, della cultura arabo-persiana[3],
nonché di storico-turcologo[4],
che ha in qualche misura condizionato ed ispirato storici da Zinkeisen[5]
a Iorga.
p. 129
Sul
ruolo, non solo culturale, svolto da Nicolae Iorga, nonché sulla vastità
e la multiformità dei suoi interessi, ci pare superfluo insistere in
questa sede.
Quanto
a Franz Babinger, erede della grande tradizione storico-filologica tedesca, la
sua monografia, curiosamente priva di note, su Maometto II ha avuto eco e
risonanza vastissime tanto per l’originale[6]
che per la traduzione francese[7]
e per quella italiana[8]
ed inglese[9].
Il
personaggio al quale era dedicato quel mio ormai lontano lavoro[10]
era Vlad Þepeº. Poco mi interessava, allora, formarmi o formulare un giudizio
su opere di grande respiro, nel quale il voivoda valacco appariva in modo marginale; a me,
allora, interessava orientarmi tra fonti e studi che di lui davano valutazioni
difformi, se non opposte, anche se con prevalenza di tinte fosche; a me
interessava, inoltre, cercar di capire perché quel personaggio mi affascinasse
(così come continua ad affascinarmi[11])
e, al tempo stesso, di chiarirmi il significato della crudeltà nella
storia, il suo uso politico ed il suo impatto sull’immaginario collettivo.
Il
giudizio senz’appello di Iorga su Vlad Þepeº è in qualche modo
condizionato da quello di Hammer-Purgstall che, da buon suddito dell’
illuminata monarchia asburgica, ha una idea abbastanza precisa della “barbaria
orientale”:
“Von
der Eroberung Trapezunts kaum zurückgekehrt, wurde Mohammed ins Feld gefordert
vom Woiwoden der Wallachey, einem nicht mächtigeren aber listigeren, nicht
grösseren aber grausamern Tyrannen als er selbst. Wie Mohammeds Reiche
verschlingender Genius von der osmanischen Geschichte
p. 130
durch den Beynahmen des Eroberers hinlänglich bezeichnet wird, so spricht sich des wallachischen Woiwoden Unmenschlichkeit zur Genüge in den drey Nahmen aus, unter welchen ihn die ungarische, wallachische und türkische Geschichte kennt. Der Woiwode Wlad wird insgemein Drakul, d. i. der Teufel, von den Wallachen Tschepelpusch, d. i. der Henker, von den Türken nicht anders als Kasiklü Woda, d. i. der Pfahlwoiwode genannt. Einige Züge genügen zum Umrisse des Pfahlwütheriches, Henkers und Teufels.”[12]
Il
giudizio di Iorga è anche più preciso:
“Vlad,
dem seine Grausankeit, seine perverse Lust Menschen pfählen zu lassen, den
Beinamen des Þepeº, (“Pfählers”) eingetragen haben.”[13]
Sia
Hammer-Purgstall che Iorga conoscevano sicuramente le fonti tedesche: il primo
cita un gran numero di macabri dettagli tratti da esse, il secondo aveva
sicuramente a disposizione il monumentale lavoro del Bogdan[14]
e di quello di poco successivo, più modesto ma non privo di spunti
interessanti, del Ghibãnescu[15].
Iorga stesso, del resto, si era, seppur marginalmente, occupato, prima della
stesura della Geschichte des osmanischen Reiches, di Vlad Þepeº[16]. Una certa
continuità della tendenza ad una identificazione di Vlad Þepeº con il
tipo di tiranno sanguinario è rappresentata dal fatto che, in un volume
di saggi offerti a Iorga nel 1931, uno dei contributori insista sul tema della
crudeltà[17]. Curiosamente
proprio in quel tempo Iorga mitiga l’atteggiamento verso Vlad Þepeº, pur
evitando di cadere in quelle esagerazioni di tipo celebrativo, lamentate dal
Bogdan[18].
Altrettanto
curioso ci pare il fatto che Iorga, quando enumera gli “Stati” travolti dall’avanzata
ottomana, ometta di citare la Valacchia di Vlad Þepeº e la Moldavia di Stefano
il Grande:
“Ces
Etats grecs, slaves, slavo-grecs, albano-grecs, albano-slaves, furent brisés
pour de motifs analogues à ceux qui amènerent, à la
même époque et dans des
p. 131
circonstances
souvent semblables, la ruine des formations politiques locales et provinciales
du monde occidental. De pareilles vestiges du Moyen-Age ne pouvaient se
maintenir nulle part: ni en Occident, où ils se fondirent dans une
monarchie absolue, appartenant à la même religion et à la
même nation, ni en Orient, ou les Osmanlis établirent l’unité
monarchique, la paix de l’absolutisme, l’ordre d’un seul maître”[19].
Ci
si può chiedere oggi che differenza ci sia tra la tirannia e l’ “ordine
d’ un solo signore”, ma nel 1937 ci si poteva forse illudere che le due cose
fossero distinte.
E
all’epoca di Vlad Yepew era tutto chiaro: il mio
signore usa la crudeltà come suprema forma di giustizia, il tuo signore
è crudele per perversione, usa la crudeltà per imporre la propria
ingiustizia.
Cent’anni
prima di Iorga, Hammer-Purgstall, di stirpe germanica e turcologo di
professione, non ha dubbi e ripete ciò che ha trovato nelle fonti turche
e tedesche, un lungo, sconvolgente elenco di fantasiosi tormenti:
“Sein
liebstes Schauspiel war die Marter des Pfahls, am liebsten speiste er mit
seinem Hofe in einem dichten Kreise von Türken, die auf Pfählen röchelnd den
Geist aushauchten. Gefangenen Türken liess er die Haut von der Füssen ablösen,
die entblössten Nerven mit Salz einreiben, und dann Ziegen daran lecken zur
Vervielfältigung der Todesqual; türkischen Gesandten, die ihn mit entblösstem
Haupte zu grüssen sich weigerten, liess er den Turban mit drey Nägeln an den
Kopf nageln, damit dieser, der Sitte der Väter gemäss, so fester sitze. Alle
Bettler des Landes, sowohl die aus Trägheit als die aus Elend bettelnden, lud
er eines Tages auf ein grosses Gastmahl, und nachdem er sie mit Speise und Wein
reichlich bewirthet, liess er Feuer in den Speisesaal werfen, und sie alle
verbrennen; Mütterin liess er die Köpfe ihrer Kinder an die ausgeschnittene
Brust anspiessen; Kinder zwang er, von ihren gebratenen Müttern zu essen;
besondere Vorrichtungen ersann er, um Menschen als Kraut zu zerhauen, zu
braten, und in Kesseln zu sieden; ein Mönch, dem er auf einem Esel
reitenbegegnete, wurde sammt dem Esel durchpfahlt; ein Priester, welcher
gepredigt, dass man ein fremdes Gut nicht anrühren solle, und der bey Tisch von
dem Brote ass, das sich Drakul angeschnitten, wurde auf der Stelle gespiesst;
einer seiner Buhlerinnen, die sich schwanger glaubte, und es nicht war, schnitt
er selbst den Bauch auf. Sein grösstes Fest waren Hinrichtungen in Massen.
Vierhundert junge Leute aus Ungarn und Siebenbürgen in die Wallachey gesandt,
die Sprache zu lernen, wurden mitsammen verbrannt, sechshundert Kaufleute aus
dem Burzellande auf dem
p. 132
Markte
gespiesst; fünfhundert ihm verdächtige wallachische Vögte und Edeln wurden
unter dem Vorwande, weil sie über die Zahl der Bewohner ihrer Districte nicht
genaue statistiche Auskunft zu geben wussten, durchgepfahlt. Aber alles dieses
war nur Kleinigkeit, im Vergleiche des ungeheueren Pfahlschauspiels, welches
vom Wütherich im Feldzuge wider die Türken mit den Bewohnern der Bulgarey
aufgeführt ward aus folgendem Anlass.”[20]
E
Babinger, dopo aver ripetuto alla lettera lo stringato giudizio di Iorga, senza
nominarlo, ripete, altrettanto alla lettera, aggiungendo la lista quasi
completa (rispetto a ciò che era noto al momento in cui scriveva) di panphlets tedeschi contro Vlad Yepew, il catalogo
delle crudeltà di questi secondo Hammer-Purgstall. Il passo che segue
non è la traduzione dal tedesco di Hammer-Purgstall, ma da quello di
Babinger:
“Il suo spettacolo prediletto era il supplizio del palo ed egli mangiava di preferenza con la sua corte circondato da una fitta schiera di Turchi impalati, che rantolando rendevano l’anima. Ai prigionieri faceva staccare la pelle dei piedi, frizionare le ferite con sale e poi le faceva leccare da capre per moltiplicare i tormenti della morte. Ad alcuni messi del sultano, che ricusarono di salutarlo a capo scoperto, fu inchiodato il turbante sulla testa con tre chiodi affinché stesse meglio a posto secondo il costume dei padri. Tutti i mendicanti del paese, sia che essi chiedessero l’elemosina per pigrizia o per miseria, furono da lui invitati un giorno a un grande banchetto. Dopo averli abbondantemente trattati con cibi e vino, fece appiccare il fuoco alla sala da pranzo e morire arsi tutti. Alle madri faceva infizare le teste dei loro lattanti nei seni recisi. I figli erano da lui costretti a cibarsi delle loro madri arrostite. Ideò particolari congegni per tagliare gli uomini a pezzi come erba, arrostirli e farli bollire in caldaie. Un monaco a cavallo di un asino da lui incontrato fu messo al palo insieme con la sua cavalcatura. Un prete il quale aveva predicato che non si deve toccare la roba altrui e che a tavola mangiava un pezzo dello stesso pane di cui Vlad aveva tagliato una fetta per sé, fu immediatamente impalato. A una delle sue concubine, che si credeva incinta e non lo era, tagliò lui stesso il ventre. (Quando una volta, in un caldo giorno d’estate, Vlad incontrò un rispettabile uomo che, vedendolo passeggiare tra gl’impalati, gli chiese come potesse sopportare quel puzzo, lo fece subito impalare su un palo molto più alto affinché fosse in posizione elevata al di sopra del puzzo). La sua più grande festa erano le esecuzioni in massa. Quattrocento giovani della Transilvania e dell’Ungheria, che erano stati mandati in Valacchia a impararvi la lingua, furono bruciati insieme, seicento commercianti del Berzenland furono
p. 133
impalati sulla piazza del mercato, cinquecento magistrati e nobili della Valacchia impalati col pretesto che non sapevano dare informazioni statistiche soddisfacenti sugli abitanti. Ma tutto ciò era solo una piccolezza in confronto al terribile spettacolo che il sanguinario si accingeva ormai a dare.”[21]
Ad abundantiam Babinger
aggiunge al catalogo delle atrocità l’episodio del gentiluomo messo sul
palo più alto (tra parentesi nella citazione precedente) e la
considerazione che le efferatezze di Vlad Þepeº erano eccessive persino per
un’epoca che, bontà sua, definisce “crudele”.
Ancora
Babinger, per descrivere le difficoltà di Maometto II nella campagna del
1462 contro la Valacchia, non trova di meglio che ripetere letteralmente Iorga,
ancora con qualche piccola modifica, che è la spia dei suoi
atteggiamenti culturali (di tedesco nei confronti dell’Est europeo):
“Die Osmanen waren an den Kampf in Ländern mit starken Festungen und befestigten Residenzen gewöhnt. Solche einzunehmen war nicht immer leicht, aber wenn sie sich einmal in den Händen den Türken befanden, waren diese wenigstens versichert, daß ihnen eine neue Provinz für die Dauer gehöre. Die Rumänen lebten jedoch zum größen Teile auf dem Lande in Dörfern; die wenigen, meist von Sachsen und Ungarn erbauten Städte lagen unter dem Gebirge und bildeten einen ausgedehnten Halbkreis; außer an der langen, mit Buden umsäumten Handelsstraße waren nur Kleine bäuerliche Häuser zu sehen; höchstens erhob eine Palisade oder ein niedriger Graben den Anspruch, gegen leichtere Überfälle zu schützen. (Nur den Hafen Brqila, dessen hölzerne Häuser die Asapen niederbrannten, war einigermaßen befestigt, und oden im Argewer Gebirge ragte die neue, von Þepeº selbst gebaute Feste Poienari™ auf, deren Trümmer noch heute auf einem hohen Felsen zu sehen sind). Einem Volk gegenüber, das in solchen Verhältnissen lebte, war Mohammed einigermaßen in Verlegenheit.”[22].
“Gli Ottomani erano avvezzi a imprese militari in paesi con potenti fortezze, città cinte di mura, e residenze reali trincerate. La loro conquista si presentava non sempre priva di difficoltà e talvolta perfino accompagnata da insuccessi iniziali. Ma una volta che queste piazzeforti si trovavano nelle loromani, l’assoggettamento del territorio circostante era per molto tempo praticamente garantito. Del tutto diversa era la situazione nel caso dei Valacchi. Essi erano stabiliti per la massima parte in villaggi di pianura in qualità di contadini o di pastori. Le poche città fondate quasi esclusivamente da Sassoni o da Ungheresi, si trovavano sotto la montagna.
p. 134
Oltre a questa si vedevano solo piccole case di contadini, che talvolta erano protetti contro assalti più lievi da palizzate o trincee. Di fronte a un popolo che viveva in tali condizioni Mehmed II dovette trovarsi in grande imbarazzo.”[23].
Babinger
evita accuratamente il fatto di citare che in Valacchia c’erano almeno due
punti fortificati. E rimedia all’omissione con una postilla — una breve e
sprezzante frase:
“In compenso, di tali condizioni seppe abilmente approfittare il signore di questi pastori e di questi contadini.”[24].
Erich
Fromm ha scritto che la citazione è l’arte sottile di esprimere il
proprio pensiero con le più belle parole di altri (questa è una
citazione a memoria). Citare è anche un modo di dimostrare che si
conosce ciò che è stato scritto sul tema di cui ci si
occupa—condizione elementare per ogni ricerca degna di questo nome.
Ripetere
ciò che ha detto un altro senza nominarlo, o nominarlo altrove per
esprimere generiche valutazioni negative — come fa Babinger con Iorga e con
“certi storici romeni”— è un esercizio riprovevole, ma anche i grandi
hanno qualche piccolo scheletro nell’armadio. Imbattersi in uno di questi,
anche se quasi per caso, è comunque consolatorio.
For this material, permission is granted for electronic copying,
distribution in print form for educational purposes and personal use.
Whether you intend to utilize it in scientific purposes, indicate the
source: either this web address or the Quaderni della Casa Romena 1
(2001): Quaderni Nicolae Iorga. Atti del Convegno italo-romeno N. Iorga
organizzato all’Istituto Romeno di Cultura di Venezia. 9-10 novembre 2000
(a cura di
Ion Bulei e ªerban Marin), Bucarest: Casa Editrice Enciclopedica, 2001
No permission is granted for commercial use.
© ªerban Marin, October 2002, Bucharest, Romania
Back to Homepage
Quaderni 2001
[1] Su di lui si veda: Biographie
Universelle et Portative des Contemporains…, II, Parigi: chez l’Editeur,
rue du Colombier, 21, 1836: 2024-2025; Nouvelle
Biographie Générale, XXIII, Parigi: F. Didot, 1858: 259-267;
Allgemeine Deutsche Biographie (ADB), X, Lipsia: Duncker & Humblot,
1879: 482-487; Biographische Lexikon des
Kaisertums Österreich, VII, Wien: Hof- und Staatsdruckerei: 267-289.
[2] ADB, X:
482.
[3] S. REICHL, Hammer-Purgstall, Auf den
romantischen Pfaden eines österreichischen Orientforschers, Graz: Leykam,
1973; B. M. ELGOHARY, Joseph Freiherr von
Hammer-Purgstall, ein Dichter und Vermittler orientalischer Literatur,
Stoccardia: Akademischer Verlag, 1979.
[4] La sua opera
maggiore è: Geschichte des
osmanischen Reiches, Pesta: C. A. Hartleben, 1827-1833, 10 voll. Dell’opera
è stata fatta una tempestiva, anche se incompleta, traduzione italiana, Storia dell’Impero Osmano…, trad. di S.
ROMANIN: Venezia 1828-1831, 24 voll. [= voll. I-IV dell’originale]. Sulla
seconda edizione (Pesta: C. A. Hartleben, 1834-1835) è stata condotta la
traduzione francese, 1835-1843, 18 voll. Dell’opera esiste una
ristampa anastatica: Einleitung und
Bibliographie W. Duda, Graz: Akademische Druck-und Verlaganstalt, 1963, 10
voll.
[5] Geschichte
des osmanischen Reiches in Europa, Amburgo: F. Perthes, 7
voll. Su Johann Wilhelm Zinkeiken (1803-1863) si veda ADB, XLV: 331-334.
[6] Mehmed
der Eroberer und seine Zeit, Weltenstürmer einer Zeitenwende, Monaco di Baviera: Fr. Brockmann, 1953 (1959).
L’opera ha avuto circa 50 recensioni; cf. F. BABINGER, Aufsätze und Abhandlungen zur Geschichte Südosteuropas und der Levante,
I, Monaco di Baviera, 1962: 37-38.
[7] Mahomet
II le Conquérant et son temps, une peur du monde au tournant de l’histoire, trad. di E. H. Del MEDICO, revue par l’Auteur, préf. de P. LEMERLE,
Parigi: 1954. Secondo il GUILLANT (in Byzantinoslavica
16 [1955], 2: 361) “[…] il importe de
souligner la supériorité incontestable de l’édition française sur l’édition
originale allemande”. Ciononostante questa traduzione ha avuto, oltre a
quella sopra citata, solo quattro recensioni; cf. BABINGER, Aufätze…, cit.: 38-39.
[8] Maometto il conquistatore e il suo tempo,
trad. di E. POLACCO, Torino: Einaudi, 1957. Questa traduzione ha avuto 19
recensioni; cf. BABINGER, Aufsätze…,
cit.: 43-44.
[9] Mehemet the Conqueror
and His Time, ed. by W. C. HICKMAN, [Princeton]: Princeton
University Press, 1978 (II ed.1992).
[10] Drakula, Contibuti alla storia delle idee politiche nell’Europa Orientale alla
svolta del XV secolo,Venezia: Libreria Universitaria Editrice, 1972.
[11] Dracula e il vampiro: un mito dicotomico,
in Il piacere della paura, Dracula e il
crepuscolo della dignità umana, a cura di G. SCHIAVONI, Alessandria:
Edizioni dell’Orso, 1995: 15-28, 109-122.
[12]
HAMMER-PURGSTALL, op. cit., II:
60-61.
[13] N. IORGA, Geschichte des osmanischen
Reiches nach nach den Quellen dargestellt, II, Gotha: F.A. Perthes, 1909:
111.
[14] I. BOGDAN, Vlad Þepeº ºi naraþiunile germane ºi ruseºti asupra lui, Bucarest, 1896.
[15] Gh. GHIBÃNESCU, "Vlad Þepeº, Studiu critic", Archiva, Organul Societãþii ºtiinþifice ºi
literare din Iaºi”, 8 (1897), 7-8: 373-417; 9-10: 497-520.
[16] "Lucruri nouã despre Vlad Þepeº", Convorbiri literare, 35 (1901), 2: 149-160; "Încã ceva despre Vlad Þepeº ºi ªtefan cel Mare", loc.
cit. 38 (1904), 2: 382ss.
[17] C. I. KARADJA, "Incunabulele povestind despre cruzimile lui Vlad Þepeº", in Închinare lui Nicolae Iorga, Cluj, 1931: 202 ss.
[18]
BOGDAN, op. cit.: V-XII.
[19] N. IORGA, Histoire des Roumains et
de la Romanité orientale, I, Parigi: E. Leroux, 1937: 1.
[20]
HAMMER-PURGSTALL, op. cit.: 61-62.
[21] BABINGER, Maometto…, cit.: 304-306.
[22] IORGA, Geschichte…, cit., II: 114.
[23] BABINGER, Maometto…, cit.: 308.
[24] ibidem.