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Per Cino Renzi

Gilberto Pizzamiglio

Università di Venezia

Gli interventi che mi hanno appena preceduto – di Milone e di Barbieri – aprono ottimamente la strada al mio, giusto sul doppio versante del ricordo di anni padovani lontani ormai un trentennio (Milone) e del rapporto di Cino Renzi con i giovani, studenti e allievi in genere (Barbieri): anche per me infatti una delle immagini più vive dei primi incontri con lui rimanda proprio a quei momenti e a me studente, impegnato a sostenere, dopo un anno di altalenante frequenza e ormai prossimo alla laurea, l’esame di Filologia romanza, con Gianfranco Folena titolare dell’insegnamento e Renzi suo assistente. Proprio a lui, in questa veste, toccò avviare l’esame, con un colloquio quanto mai positivo sulla parte generale, durante il quale non mi fu difficile apprezzare la sua disponibilità ad allargare il discorso dalle canoniche domande sul manuale di Tagliavini a più ampi collegamenti con le letterature europee e con quella italiana in particolare, debordando dai primi secoli a più recenti esiti. Poi l’esame si incagliò, e totalmente per mia colpa, sul corso monografico – occasione per saggiare la benevolenza di un grande maestro come Folena – e alla fine il risultato complessivo fu modesto, ma certo quella prima parte mi è rimasta impressa, proprio per l’inaspettato percorso che, pur nella limitatezza di un tempo d’esame, Cino mi aveva aperto da parole a langue, trascorrendo sincronicamente e diacronicamente per buona parte dell’Europa romanza, con assoluta, affabile, sapienza di discorso.

La stessa che ho poi sempre riscontrato nel Renzi conferenziere – frequentando in varie occasioni, fintanto che sono rimasto a Padova, le riunioni del Circolo filologico – e studioso, e che ritrovo pienamente nel suo libro a me più vicino per area tematica, occupandomi io di letteratura italiana ‘moderna’: quel Come leggere la poesia (Bologna, il Mulino, 1985) nel quale ci ha dato un’esemplare lezione di metodo, accostandosi a liriche di Saba, Montale, Cattafi, Giudici, Erba con grande efficace didattica, così da adempiere felicemente allo scopo dichiarato in quarta di copertina: "avvicinare a un pubblico di giovani dei testi poetici interpretati con strumenti linguistici". Sicura e meditata vi appare, al di là dell’intonazione spesso ironica del dettato, la prospettiva critica, delineata nei primi due capitoli, di una inusuale, a quell’altezza cronologica, "revisione dello strutturalismo", con un occhio rivolto a Jakobson e però subito pronta, specie nella seconda parte – quella "pratica" delle "esercitazioni su poeti italiani del Novecento" annunciate nel sottotitolo – a reclamare "parecchie libertà, soprattutto nel fatto che la lettura non è del tutto immanente, ma anzi cerca ostinatamente delle connessioni in altri testi, e fuori dai testi"; così da offrire alla fine un’interpretazione più ampia e suggestiva del momento letterario impersonato da quei poeti e dai loro versi presi in esame. Anche sulla natura stessa della poesia le posizioni appaiono scandite, con una netta presa di distanza dalle ipotesi di "poesia come artificio" delineate dai Formalisti russi e da quella di "funzione autoreferenziale del linguaggio" avanzata ancora da Jakobson, e l’approdo piuttosto a una individuazione, di sapore letterario, del fatto poetico come "gioco normato, illusione soggetta a regole".

Ma appunto il "prendere in esame" e il "valutare criticamente" sono operazioni che non rendono pienamente la ricchezza della lezione di Renzi, in questa come in altre circostanze. A renderla più corposa c’è la costante fedeltà a quella motivazione dell’approccio poetico dichiarata fin dall’inizio: il desiderio di far avvicinare alla poesia ‘alta’ lettori solitamente intimoriti dal suo linguaggio – i giovani già ricordati – e di conseguenza il consapevole mantenimento, nel passaggio dall’oralità delle conferenze originarie (per un pubblico di studenti, quasi sempre del Dipartimento di Italiano di un’Università straniera, o di insegnanti, precisa l’autore) alla stesura scritta, del medesimo tono colloquiale, per conservare intatte tutte le valenze di una "lettura" che vuole essere personale, senza alcun obbiettivo di sistematicità, di esaustivo quadro storico della poesia italiana contemporanea, o di fissazione al suo interno di una gerarchia di valori.

Giusto l’aver messo insieme gli intenti didattici "vivi", di educazione alla poesia, con la riflessione attenta sulla teoria e sulla pratica del fatto poetico, è per me la più convincente riprova dell’attenzione che l’amico Cino ha sempre riservato, privilegiandolo, al colloquio con interlocutori che vanno al di là della cerchia, spesso ristretta nel nostro mestiere, degli addetti ai lavori.

Ed è questa la lezione, di sapere e al contempo di disponibilità e di generosità intellettuale, per cui gli dobbiamo essere profondamente e affettuosamente grati.

 

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Whether you intend to utilize it in scientific purposes, indicate the source: either this web address or the Annuario. Istituto Romeno di cultura e ricerca umanistica 3 (2001), edited by Şerban Marin and Ion Bulei, Venice, 2001

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© Şerban Marin, November 2001, Bucharest, Romania

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