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p. 85

San  Gerardo,  un  vescovo  veneziano  in  Oriente

 

Zeno  Popescu

Istituto di Studi Ecumenici

“San Bernardin”,

Venezia

 

La posizione geografica dello spazio romeno ha favorito l’incontro fra le due tradizioni cristiane, dell’oriente e dell’occidente, sin dall’inizio del secondo millennio, prima della grande scisma del 1054. Il cristianesimo latino e il cristianesimo bizantino si incrociano in quest’area abitata dagli eredi dei romani e dei daci insieme agli ultimi arrivati, gli ungheresi.

L’incoronazione del re degli ungheresi, Stefano I (1000-1038) da parte del Papa, segna l’inizio di una importante presenza cristiana di tradizione latina in questo spazio accanto a un cristianesimo popolare già esistente, di tradizione bizantina.

In questa prospettiva si deve inserire la figura di Gerardo, il santo veneziano, che arriva e lavora come missionario nell’attuale territorio della regione del Banato, nell’Ovest della Romania, che allora faceva parte dal regno di Stefano I.

Sulla vita e l’attività di Gerardo si conoscono abbastanza poche cose, pur avendo a disposizione un’ampia produzione letteraria medievale appartenente al genere agiografico, che tratta la storia e i miracoli del santo e, in più, anche un’opera letterale assegnata a Gerardo. Gli storici manifestano dubbi nei confronti dell’autenticità delle informazioni riportate nelle creazioni agiografiche medievali,.

La storiografia che tratta la vita di san Gerardo, nella visione di Florio Banfi, si può dividere in due gruppi: il primo gruppo, della così detta Legenda Minor, si conserva nelle seguenti versioni:

 

1.                                   1. De Sancto Gerardo in Legende Sanctorum regni Hungariae in Lombardica Historia non contentae, pubblicata per la prima volta nel XV secolo a Strasburgo (1486) e a Venezia (1498 e 1512) e nel 1511 sotto il titolo Vita Sancti Stanislai a Cracovia.

2.                                   2. Legenda Sancti Gherardi del XV secolo, conservata in un codice della biblioteca Mazzarina di Parigi (pp. 417-418) e pubblicata da I. Stilting in Acta Sanctorum sept.,VI a Avers nel 1757 (p. 722-724).

3.                                   3. Passio beatissmi Gerardi si trova nel Codice Latino IX, 28 (2798) della Biblioteca Marciana, del XII-XIII secolo, ancora non pubblicata. La versione del codice marciano e diversa da tutte le altre versioni della Leggenda Minor

4.                                   4. La stessa variante conservata nella Biblioteca Alessandrina di Roma del XVII secolo (721-725).

 

Il secondo gruppo viene rappresentato da una versione più estesa della vita del santo conosciuta con il nome di Leggenda Maior. Le varianti conosciute sono le seguenti:

 

1.                         1. Legenda beati Gerardi de Screti nobilis Venetiensis, che sarà utilizzata da Arnaldo Wion nell’opera Sancti Gerardi Sagredo patricii ex monacho et abbate S. Georgii Maioris Venetiarum O.S.B. episcopi Canadiensis primi ac Hungarorum protonartyris apostoli vita, pubblicata a Venezia nel 1597.

2.                         2. De sancto Gerhardo episcopo Morosenensi et martyre regni Ungariae del XV secolo, conservata nel codice 3662 della Biblioteca Nazionale di Viena (fasc. 95-102)

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3.                         3. La stessa versione del XV secolo conservata nel codice 1624 della Biblioteca Nazionale di Monaco[1].

 

La moltitudine delle versioni della vita del santo, sebbene appartenenti al genere agiografico e pur non mostrando sempre la realtà storica, rilevano la memoria della comunità ecclesiale che può testimoniare l’esistenza reale del personaggio e la sua attività missionaria svolta nella parte dell’Est del regno ungarese, intorno a Csanad, la sede della diocesi dove Gerardo viene ricordato come vescovo. Lo sviluppo ulteriore della devozione al santo ma anche di alcuni altri dati che si possono documentare rappresentano importanti testimonianze sulla presenza di Gerardo in questo spazio.

        Le reliquie del santo si trovano oggi nella chiesa dei SS. Maria e Donato di Murano. La certificazione della presenza delle reliquie a Murano avviene, secondo Banfi, nel 1333 sulla base della testimonianza di Flaminius Cornelius nella sua opera Ecclesiae Venetae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae, pubblicata nel 1749[2].

        Un’altra importante menzione della traslazione delle reliquie di Gerardo a Venezia era consegnata in una nota nel registro della cancelleria muranese, databile tra il 1400 e il 1452, che purtroppo oggi non è più possibile consultare. La nota era redatta in italiano e, nel ‘800, viene ripresa da V. Zanetti: „Per lo M. Fantino Marcello reg. Podesta ed per ufficiali di questa comunità fo avuto il corpo di S. Gerardo Sagredo in allora portato a Venezia, dopo letigio havuto con ca Sagredo, et nel 23 febbraio 1400 fo’ esso posto con gran pompa nella nostra chiesa di S. Maria et S. Dona con la presentia di M.Filippo Vescovo di Torcello e suo clero et popolo grande[3]. Gli storici la considerano una fonte incerta[4].

        Paolo Chiesa, in uno studio pubblicato di recente, presenta il catalogo delle reliquie conservate a Venezia, Catalogus Sanctorum, scritto nel 1372 da Pietro Natali, che parla della presenza delle reliquie di Gerardo nella chiesa dei “SS. Maria e Donato” a Murano, ancora prima del 1400[5].

        Nel 1989 nella Biblioteca Marciana si è scoperto un manoscritto, Codice marciano latino IX 28 (2798), della fine del XII secolo e l’inizio del XIII, che contiene sotto il titolo Passio Beatissimi Gerardi episcopi et martir, la più antica ricostruzione storica, per uso liturgico, della vita e del martirio di San Gerardo. Il manoscritto non è stato pubblicato ancora e l’abbiamo consultato in formato microfilm.

        La festa della traslazione delle reliquie di San Gerardo a Venezia è consegnata nel calendario della basilica di San Marco il 23 febbraio. Dopo il 1609 si introduce nel calendario della basilica anche la festa del martirio del santo celebrato il giorno del 24

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settembre[6]. L’antico calendario veneziano, redatto fra fine del XI secolo e l’inizio del XII, non ricorda nessuna festa di san Gerardo[7].

        M. Roos, in una ricerca pubblicata nel 1991, riporta un importante documento storiografico, il Missale Romanum, del XI secolo conservato a Zagabria, che contiene una dei primi tentativi di realizzazione di un intero programma liturgico dedicato alla festa di san Gerardo, già nel 1083, dunque a poco tempo dalla morte del santo.

        Un altro documento importante che riguarda la celebrazione della festa del santo pubblicato da M. Roos è del 1192/1196 e ricorda tre dati in cui si festeggiava san Gerardo: 24 febbraio Traslatio S. Gerardi, 26 Luglio S. Gerardus Episcopus et Martyr, e 24 settembre Passio sive depositio S. Gerardi[8]. La festa del 24 febbraio si riferisce alla traslazione delle reliquie di Gerardo dal luogo del martirio nella chiesa del monastero di Csanad, dove era la sua sede episcopale.

        Nel 1991, in seguito alla ricognizione delle reliquie del santo il mistero che velava il corpo del santo presente a Murano, a causa della scarsità dei dati si amplifica ancor di più. Nel sarcofago dove secondo la tradizione si trovava il corpo del santo sono scoperti due scheletri incompleti di uomini, entrambi senza testa. La leggenda della morte di Gerardo conferma il fatto che la testa del santo fu schiacciata con una pietra. Le ossa scoperte, invece, sono state divise in due parti: l’individuo A e l’individuo B. L’individuo A viene identificato con S. Gerardo, perché le ossa sembrano  essere appartenute a un uomo robusto che ha vissuto a lungo, e dai talloni consunti, si pensa che abbia molto camminato[9].

 

        G. Mazzucco considera la Passio marciana (XII sec.) la più antica legenda di S. Gerardo, alla quale si rifanno le due più recenti, Legenda minor e Legenda maior, che sono redatte probabilmente nel XIV secolo[10]. Il monaco certosino Lorenzo Surio riprende la Passio e la inserisce tra le feste del mese di settembre nella sua monumentale opera agiografica, Historiae seu vitae sanctorum, pubblicata a Venezia nel 1878.

        Un’altra fonte è rappresentata dall’opera Vita Sancti Gerardi Episcopi Morisenensis et martiris origine veneti (die XIII Februarii), del codice 1622 della Biblioteca dell’Università di Padova (ff. 121 va- 126 va), pubblicata da F. Banfi.

        Nella presente ricerca, senza esigere di essere esaustivi, dato la complessità del soggetto e la scarsità e il valore storico limitato delle fonti, proviamo ricostruire in alcuni punti essenziali la vita e il martirio di Gerardo alla luce delle ultime biografie proposte da F. Banfi[11], G. Mazzucco[12] e sulla base della Passio marciana del XIII secolo, una delle più antiche raffigurazioni agiografiche del personaggio.

 

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        Gerardo nasce a Venezia, alla fine del X secolo, in una illustre famiglia locale, incline fin da piccolo devoto alle cose spirituali[13]. Banfi afferma che Gerardo diventa monaco in seguito a una guarigione miracolosa da una febbre molto grave. I genitori lo consacrano a Dio come ringraziamento per il miracolo compiuto all’età di solo 5 anni. Il monastero dove Gerardo viene accolto è San Giorgio di Venezia, fondato nel 982 da Giovanni Morosini[14]. La storicità delle informazioni consegnate nel manoscritto padovano sono difficilmente dimostrabile. Senza dubbio, sulla base delle informazioni trasmesse dalla Passio, Gerardo entrò da piccolo in monastero dimostrando qualità spirituali eccezionali.

        Per quanto riguarda l’appartenenza del santo alla famiglia Sagredo, Banfi e Mazzucco esprimano dei dubbi, dato che nel medioevo si conoscono molte situazioni in cui famiglie nobili, in crisi di credibilità e immagine, fanno propri alcuni personaggi beatificate o canonizzate dalla chiesa. Banfi senza conoscere la Passio marciana si rifà all’opera di Pietro Natalibus, redatta tra il 1369 e il 1372 e stampata nel 1493 a Venezia, nella quale Gerardo viene menzionato come: ”…episcopus et martyr Venetiarum civitatem oriundus”. La stessa opera pubblicata a cura di Alberto Castellano sempre a Venezia, questa volta nel XVI secolo (1516), nel libro III, capitoli 1-16 parla di Gerardo come di un membro della famiglia Sagredo: “…episcopus et martyr Venetiarum civitate ex nobilius parentibus videlicet de domo Sagrea (!), patria oriundus”[15]. La Passio marciana non parla dell’appartenenza di Gerardo alla famiglia Sagredo, ricordando solo l’origine veneziana e il titolo nobiliare della famiglia del santo[16].

        Monaco nel monastero benedettino di San Giorgio viene notato dal suo priore per le sue qualità intellettuale e spirituale e viene mandato a studiare a Bologna, dove si fermerà per 5 anni. Tornato a Venezia, alla morte del suo priore Guglielmo avvenuta nel 1021, diventerà l’abbate del monastero, continuando la linea spirituale del suo predecessore[17]. 

        La Passio marciana non parla della formazione bolognese di Gerardo. Il codice si riferisce direttamente all’inizio della missione di Gerardo presso gli ungheresi, in seguito a un pianificato viaggio in Terra Santa che sarà abbandonato. Gerardo, lasciando Venezia per recarsi a Gerusalemme, attraversando la pianura Pannonica incontra Stefano il re degli ungheresi. Stefano gli chiede di restare nel suo regno per consolidare il cristianesimo che ancora doveva affrontare il paganesimo. Gerardo accetta la missione della diffusione del vangelo e rimane in Ungheria[18].

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        Banfi considera che il pellegrinaggio a Gerusalemme è voluto da Gerardo per visitare la tomba di suo padre e il sepolcro del Signore.Un altro motivo può essere rappresentato dal desiderio di Gerardo di approfondire i suoi studi biblici nel monastero “San Girolamo” di Betleeme.

        Tutte le fonti storiografiche riconoscono la missione di Gerardo in Ungheria presso il re Stefano I.

        L’inizio della missione di Gerardo è marcato da un periodo di preparazione ascetica, attraverso un ritiro nel bosco di Bakonibel, che secondo alcune fonti è durato per 7 anni, accompagnato solo da un suo discepolo, Mauro. La Passio marciana consegna: „Postquam servus Domini se solum meres repperit tumultum populi devitans, in eadem regione heremum quem vulgo Bel vocitatur, petiit, ubi per VIIte annos ieiuniis dictaminunque exercitiis deditus excepto Mauro monacho solus habitavit”. La biografia di Gerardo tracciata nella Passio si inquadrava nel genere agiografico e per quello le immagini bibliche utilizzati e le allegorie sono frequenti rendendo la relazione discutibile dal punto di vista storico. Per esempio, il re Stefano I viene paragonato a Giosué, nella sua lotta per la vittoria del cristianesimo contro il paganesimo, propone a Gerardo di diventare vescovo di Csanad, località che si trova oggi sul territorio della Romania, a 60 km di Timisoara.

Al tempo di Gerardo, secondo Banfi, Csanad era la capitale di una regione collocata entro i fiumi Mures, Timis, Danubio e gli Alpi Transilvani, dove si trovava un monastero costruita dal principe Achtum, per dei monaci greci[19]. Achtum era il capo di una organizzazione statale degli abitanti di quella terra, che solo in un momento successivo saranno integrati nel regno ungaro, in seguito alla guerra del sale[20].

Il principe Achtum faceva parte dalla dinastia di Glad, una delle prime dinastie voivodali menzionate in quella regione, e sembra che il suo territorio si estendesse al Sud fino a Severin e Vidin, città sulla riva del Danubio, al Nord fino al fiume Cris, al Est fino al confine naturale della Transilvania[21]

Achtum aveva stabilito con l’imperatore bizantino Basilio II il Bulgaroctono al Danubio un’alleanza, accettando l’egemonia bizantina, insieme al rito e alla tradizione cristiana orientale, patto proposto anche agli ungheresi dai bizantini. In queste condizioni i bizantini li assicuravano protezione e nello stesso tempo instauravano una rappresentanza permanente presso la corte di Achtum. Sembra che il monastero costruito dal principe a Morisena (Csanad) sia stato proprio l’ambasciata dell’impero bizantino, abitata da monaci di origine greca[22].

Il codice padovano parla del monastero di Morisena (Csanad), dedicato a San Giovanni Battista, come luogo dove furono seppelliti i morti della battaglia fra l’esercito ungherese sotto la guida di Chanadius e l’esercito di Achtum. Il codice consegna: „Corpora vero christianorum, qui ceciderunt in prelio, tollentes duxerunt ad Moresenam et

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sepeliertur in cimiterio beati Iohanis Baptiste in monasterio Grecorum, quia in eadem provincia aliud monasterium tunc non erat”[23].

        Alcuni autori, storici del cristianesimo nello spazio romeno pensano che si tratti piuttosto dei monaci che avevano il rito e la tradizione dei greci bizantini, che della presenza fisica dei monaci greci[24].

A nostro avviso la presenza dei monaci greci non può essere del tutto esclusa dato le relazioni esistenti tra Constantinopoli e queste regioni all’inizio del XI secolo e alcune scoperte archeologiche[25].

        Dopo la conquista della regione e della città di Morisena (Csanad) dopo la sconfita di Achtum da parte di Csanadius, Gerardo, con l’accordo di Stefano I, fissa la sua sede episcopale nel monastero di San Giovanni e in un momento con l’appoggio di Stefano I costruisce qui una catedrale episcopale dedicata a San Giorgio. La Passio consegna: „Crescente vero fidelium numero ecclesias Dei per singulas urbes fabbricavit; principalem autem ecclesiam in honorem sancti Georgii preciosissimi Christi martyris, ad litus Morisii fluminis fundavit, unde et Morisenam sedem appellavit, quam beatus rex Stephanus ditalibus muneribus nobiliter ditavit.

        Le fonti si riferiscono all’iniziativa di Gerardo di introdurre nel culto quotidiano della sua cattedrale una devozione particolare alla Madonna. La Passio parla dell’altare dedicato alla Vergine costruito nella cattedrale: „In qua ecclesia ad honorem matris nostri Salvatoris venerabilem aram erexit ante quam turibulum argenteum fixit, cuius ministerio duos provecte etatis homines adhibuit qui vigilarent iugiter quatenus nec ad unam horam odor thimiamatis deesset”. Gerardo nel suo programma liturgico dedica il giorno di sabato alla Madonna, componendo un servizio liturgico speciale e una serie di omelie e preghiere rivolte a Maria[26]. La Passio insiste su alcuni particolari che riguardano il culto dedicato alla Vergine e la devozione della famiglia del re alla Madonna, che prenderà: Singulis quoque sabbatis ibidem cum novem lectionibus, sicut in die Assunptionis matris Domini, magnisque laudum preconiis devotionis sue offitium coplebat; plus etiam misericordie operam dabat…Ipsius arbitrio ab Ungarica generatione nomen matris Christi non auditur, tantum domina resonat, nam et Pannoniam a suo sancto rege Stephano familia sancte Marie appelata est.La Madonna diventerà nei secoli successivi “Patrona Hungariae” e la sua icona sarà dipinta sulle bandiere dell’esercito, sulle monete e sui sigilli[27].

 

        Accanto all’attività missionaria, Gerardo è riconosciuto anche come autore di una importante opera teologica. La più conosciuta opera teologica è Deliberatio super Hymnum Trium Puerorum, di carattere esegetico, con sfumature filosofico-morali. La opera si conserva in un solo manoscritto nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera (Lat. 6211)[28].

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        Il commento teologico di Gerardo dimostra che l’autore ha un’ampia cultura filosofica fondata sulle opere dei più importanti autori dell’antichità profana. Nello stesso tempo il contenuto teologico illustra dei influssi ben definiti del pensiero teologico orientale, in particolare una buona conoscenza dell’opera di Dionisio Pseudo-Areopagita. Gerardo attraverso i suoi commenti sembra rappresentare l’esegesi tradizionale, simbolico- allegorica, dell’ambiente monastico del tempo contrastando la corrente dialettico teologica che si stava sviluppando. La corrente dialettica rappresentava i primi tentativi di utilizzare la ragione e i suoi meccanismi nell’analizzare la Rivelazione.Dal punto di vista strettamente religioso l’opera di Gerardo reclama il pericolo dei movimenti eretici esistenti nei Balcani ma anche in Italia a Verona, Venezia e Ravenna. Nei Balcani si tratta del movimento dei bogomili che aveva qui il suo centro (Deliberatio 1, IV, p. 54)[29].

        L’opera di Gerardo ha anche un carattere sociale condannando l’acquisizioni dei dominii attraverso la forza delle armi e la violenza, il concubinato e il matrimonio dei preti, prassi della tradizione orientale[30].

        La condanna di una prassi del cristianesimo orientale può costituire una testimonianza della complessità della missione di Gerardo trovatosi a mediare tra due tradizioni: latina e bizantina, in un contesto politico in cui la Serenissima e l’Ungheria avevano degli interessi molto precisi in zona contro la politica imperiale bizantina che voleva consolidare la sua influenza nei territori dell’oltre Danubio, attraverso l’imposizione del cristianesimo di tradizione orientale ai popoli che abitavano quella regione.

        Radu Constantinescu considera che Gerardo abbia fondato a  Csanad una scuola di teologia e filosofia nel 1041. Senza avere la possibilità di argomentare sufficientemente l’informazione l’autore considera l’importante ruolo culturale assunto dal vescovo di Csanad[31]. 

        Dopo la morte del re Stefano I, avvenuta nel 1038, Gerardo rimane lontano dalle polemiche coltivate fra i successori al trono, cercando una posizione neutrale. Il successore di Stefano I, dati i stretti rapporti fra la Serenissima e il regno ungherese, fu il figlio del doge Ottone di Venezia (1009-1026), Pietro, che sposò una delle sorelle di Stefano, essendo sostenuto anche dall’imperatore Enrico III.

        Orseolo fu allontanato dal trono da Aba Samuele, un adepto della setta dei bogomili, che ascende al trono sposando un’altra sorella di Stefano. Aba Samuele chiese a Gerardo l’incoronazione, ma il vecchio vescovo rifiuta. Aba Samuele lascia al popolo la libertà di ritornare alle loro antiche credenze pagane e in più contribuisce alla diffusione della dottrina dei bogomili. La nobiltà ungherese, con l’accordo del vescovo, vuole risolvere la crisi allontanando Aba Samuele e aiutare Andrea, un discendente della famiglia reale, a ottenere il trono.

        La morte di Gerardo è legata al suo coinvolgimento nelle lotte per il trono del regno ungherese fra Aba Samuele e Andrea. Quando udì che Andrea si stava avvicinando Gerardo insieme al conte Szolnok e ai vescovi di Bistriza, Bod e Beneta andarono ad accoglierlo, senza prendere in considerazione il pericolo rappresentato dalle bande di Aba Samuele, comandate da Vata[32].

p. 92

        Vicino a Pesta Gerardo insieme ai suoi compagni vengono uccisi dalle bande di Vata. La Passio insiste sulla morte di Gerardo, considerandolo un martire della fede. Nella descrizione della sua morte la figura di Gerardo assume dimensioni eroiche. Il santo morente incoraggiò paternamente i confratelli a morire degnamente, difendendo la propria fede, e pregando per i suoi persecutori. La Passio marciana consegna le ultime parole di Gerardo: “Fratres et amici, cras ad cenam agni Dei vocamur, absque excusatione properemus, pro Christe moriamur!… Domine Iesu Christe ne statuas illis hoc peccatum, quia nesciunt, quid faciunt.

        La morte di Gerardo avviene nel 1046. Nel 1083 il re Ladislao (1077-1095) chiede al papa la canonizzazione di Gerardo e del re Stefano, come apostoli della fede nel regno ungherese. La celebrazione della festa del martirio di Gerardo viene stabilita il 23 settembre, conforme alla tradizione che si era già istaurata nei dintorni di Csanad e poi in tutto il regno.

        Il corpo di Gerardo subito dopo la morte viene portato nella chiesa S. Maria di Pesta e poi spostato, per le insistenze di Mauro, il discepolo e il successore di Gerardo all’ episcopato, nella cattedrale episcopale costruite da Stefano I a Morisena (Csanad), la sede della diocesi. La tomba di Gerardo a Csanad diventa in breve tempo luogo di pellegrinaggio per tutti i cristiani della regione[33].

 

        La figura di Gerardo rappresenta all’inizio del secondo millennio, per il cristiani del regno di Stefano I e dei suoi successori, che comprendeva anche i territori abitati dagli eredi dei romani, un modello di santità e martirio.

La scarsità dei documenti non permette un approccio più approfondito sulle implicazioni politiche della presenza di Gerardo a Csanad dopo la morte dell’imperatore Basilio II e la guerra attraverso la quale gli ungheresi occupano il territorio di Achtum. Le biografie medioevale del santo presentano piuttosto delle leggende che fanno parte dal genere agiografico sulla vita del santo che informazioni creditabili dal punto di vista storico.

La personalità del vescovo veneziano segna l’incrocio di due tradizioni cristiane che cominciano, a causa degli interessi politici, a contrapporsi una all’altra, finendo nel 1054 a porre fine ufficialmente alla loro comunione. Il rito cristiano scelto da parte dei principi e dei re, al tempo di Gerardo, rappresentava l’orientamento appoggiato nella loro politica estera, nel nostro caso, l’orientamento di Achtum verso Costantinopoli e di Stefano I verso Roma e l’Occidente.

        La scoperta della più antica versione della vita del santo, che speriamo pubblicare in Romania in una edizione bilingue, porta, prima di tutto, agli studiosi della biografia di Gerardo la possibilità di identificare le ulteriori modifiche e arricchimenti che la storia di Gerardo avrebbe subito nel medioevo e agli storici una testimonianza della vita e della morte di Gerardo, con tutti i suoi limiti, più vicina al momento dell’avvenimento presentato. La storicità della Passio non può essere data per scontata ma neanche non si può del tutto negare.

        Le cose che si conoscono e si possono provare non sono sufficienti per scrivere una storia di Gerardo. Certamente avremmo bisogno ancora di documenti storiografici e anche di un lavoro più intenso nel campo archeologico che portino a dei chiarimenti che ancora non siamo in grado di precisare sulla vita, l’attività e l’opera di Gerardo, il vescovo veneziano di una diocesi dell’ Est europeo, trovata alle soglie del secondo millennio fra l’Oriente e l’Occidente.

 

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© ªerban Marin, August 2002, Bucharest, Romania

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[1] F. Banfi, “Vita di S. Gerardo da Venezia nel Codice 1622 della Biblioteca Universitaria di Padova”, Benedictina 2 (1948), 1-2: 275-277.

[2] Idem: 274. Nella nota nr. 50 Banfi scrive che della translatione delle relique a Murano, ricordata in base alle memorie del ’400 dal Wion e dal Ferrario, parla Flaminius Cornelius, Ecclesiae Venetae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae, X, pars II, Venezia, 1749: 73, in Hagiologicum Italicum, Bassano, 1773: II, 201.

[3] V. Zanetti , La basilica dei SS. Maria e Donato di Murano illustrata nella storia de nell’arte, Venezia, 1873: 46, 92, 247.

[4] G. Mazzucco, Ritratto dell’uomo di Dio: San Gerardo Sagredo, Vescovo di Csanad e Martire, Padova, 2000: 7.

[5] P. Chiesa, “Recuperi agiografici veneziani dai codici Milano, Braidense, Gerli ms. 26 e Firenze, Nazionale, Comv. Soppr. G. 5. 1212”, Hagiografica 5 (1998): 219-271 (270). „In ecclesia maiori sancte Maria de Murano...requiescit corpus sancti Gerardi episcopi et martiris in altari maioris ipsius ecclesiae...”.

[6]G. Cattin, Musica e liturgia a san Marco, Venezia 1990: II, 419; III, 100.

[7] G. Cappelletti, Storia della Chiesa di Venezia..., Veneþia, 1853: III, 481, 495.

[8] M. Roos, “Gerhard von Csanad”, in Glaube in Volk und Heimat, Stuttgart 1991: 26, n. 49: Erzbischöfliche Bibliothek Agram (Zagreb), Missale Romanum 126, fol. 80.

[9] C. Coprain, M. A. Capitano, “I resti scheletrici attribuiti a S. Gerardo Sagredo e conservati nella Chiesa dei SS. Maria e Donato in Murano (Venezia)”, in Palestra del clero 70 (1991), 10: 731-738 e Mazzucco, op. cit.: 7.

[10] Mazzucco, op. cit.: 8.

[11] Banfi, loc. cit.: 262-287.

[12] Mazzucco, op. cit.: 8-9.

[13] Passio marciana (manoscritto): „I, 5: Hic enim huius lucis limen, per Venetos parentes sortitus, Dei gratia proveniente a pueritia cepit Domino nostro Iesu Cristo devotus existere et evangelicus documentis per omnia parere…., I, 10: „Nam religionis habitum, puer accepit sinistraque primi parentis viam declinans, novi hominis, secundum Deum creati, callem idecens, regionis per inobedientiam derelicte, silicet paradisi gaudia iam adholescens studuit amare”.

[14] Banfi, loc. cit.: 263.

[15] Idem: 263.

[16] Passio marciana: „Incipit passio beatissimi Gerardi episcopi et martyr...Hic enim huius lucis limen, per Venetos parentes sortitus...”.

[17] Banfi, loc. cit.: 264-265. «…factus est fratribus ceteris regularis disciplinae in exemplum»; La formazione di Gerardo sarà „in scientiis grammaticae, philosophiae, musicae et decreti, omniumque liberalium scientiarium artibus”.

[18] Passio marciana: Igitur dum animi sinceritate sanctam vitam duceret, placuit dominicum visitare sepulchrum, quatinus Christum propter nos egenum factum pauper et inops sequerentur.. Pervenit itaque ad partes Pannonie, quarum habenam tunc christianisimus rex Stephanus gubernabat, quem vir Domini humilis atque supplex audiit, causamque sui itineris aperiens, ampliori dilectione est ab eo receptus.Quem ubi rex moribus atque disciplinarum documentis bonum Christi odorem fore intellexit, clam dimisit itineris suis comitibus, hunc solum invitum retinuit custodiamque adhibuit”.

 

[19] Banfi, loc. cit.: 269

[20] Il sale mancava nella pianura Pannonica e gli ungheresi erano obbligati a importarla attraverso il fiume Mures, dalla Transilvania. Gli ungheresi dovevano pagare per poter passare attraverso il territorio di Achtum. 

[21] I. D. Suciu, Monografia Mitropoliei Banatului,Timiºoara, 1977: 37.

[22] Faptele Ungurilor (a cura di Popa-Lisseanu), Bucarest, 1934: 34, 57-58: „secundum ritum Graecorum in civitate Budin fuerat baptizatus ... et construixit in praefata orbe Morissena, monasterium in honorem beati Joanis Baptistae constituens in eodem abatem cum monahis graecis juxta ordinem et ritum ipsorum...”.

[23] Ibidem: 300, 92.

[24] M. Pãcurariu, Istoria Bisericii Ortodoxe Române, Bucarest, 1991: I, 222.

[25] Imre Henszlman, “Arheologiai Kirandulas Csandra”, Arheologiai Kozmenyek 8 (1871): 1-34; La traduzione in romeno: Prot. Ioan Geþia, “Vechi rãmãºiþe bisericeºti în Banat”, Mitropolia Banatului, 4-6 (1965): 407-419. L’archeologo Henszlman Imre ha scoperto a Csanad un sarcofago, detto anche di san Gerardo, che ha incisa una croce bizantina, che si presuppone fosse stata scolpita dai monaci greci presenti a Csanad „secondo lo stile del loro patrono”.

[26] Banfi, loc. cit.: 271 e 271, nr. 36. Sono segnalate delle omelie dedicate alla attribuite a Gerardo nelle opere di Jacopo da Varazze ºi Pelbartus da Temesvar.

[27] D. F. Astolfi, Historia universale delle imagini miracolose della Gran Madre di Dio rivertite in tutte le parti del mondo, Venezia, 1624: 125-126, 138-139.

[28] Deliberatio Gerardi Moresanae Aecclesiae Episcopi Supra Hymnum Trium Puerorum, (ediderunt et transtulerunt B. Karacsonyi et L. Szegfu), Szeged, 1999. Il lavoro rappresenta l’ultima edizione dell’opera di Gerardo, pubblicata in una edizione bilingua, latino-ungherese.

[29] L. Canetti, “Gerardo di Csanad” in Dizionario biografico degli italiani, vol 53, Roma, 1999: 360.

[30] Suciu, op. cit.: 38, nota 22; Gy. Szekely, “La Hongrie et Byzance au Xe-XIIe siècle”, in Acta Historica, Budapest, 1967, t. XIII, nr 3-4: 304.

[31] R. Constantinescu, Gerard din Cenad, Armonia lumii, Bucarest, 1984: 160.

[32] F. Banfi, loc. cit.: 273.

[33] Ibidem: 274.