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Scienze umane, diritto e filologia:
la sintesi di Valentin Al. Georgescu
Salvo Randazzo,
Università di Catania
1. Valentin
Al. Georgescu: le ragioni
di una ricerca*. — «Pour
ce qui est des devoirs du romaniste envers la philologie, il est courant parmi
les juristes de dire qu’un bon romaniste doit, sous peine de voir voués
à l’éches ses efforts le plus méritoires, être doublé d’un bon
philologue». Nelle
parole del giovane Georgescu, scritte agli inizi degli anni ’30[1],
ogni «bon romaniste» che continui coscienziosamente
ad interrogarsi sulla validità del proprio metodo di ricerca agli albori
del nuovo millennio, può trovare qualcosa di familiare, quasi a
ripercorrere con la memoria sentieri già battuti, riflessioni già
svolte.
In ogni sua ricerca il romanista si confronta col latino, lo accoglie quale proprio indispensabile compagno di viaggio, traducendolo, interpretandolo, tentando di limarne i più insidiosi spigoli semantici, raffrontandolo col «suo» lessico scientifico e traendone infine esaltanti conferme o secche smentite alle intuizioni che lo avevano sollecitato e guidato nell’intraprendere l’indagine.
Eppure,
credo vi sia sempre un momento in cui il ricercatore, cimentandosi con le
fonti, desidererebbe avere accanto un filologo, un latinista che gli togliesse
qualche preoccupazione, che gli chiarisse un qualche mal sopito dubbio. E
chiunque, fors’anche inconsapevolmente, vorrebbe possedere «di suo» una
preparazione – e predisposizione – filologica talmente solida ed elevata da non
dargli l’uggia, nemmeno per un attimo, di lasciarsi distrarre dal percorrere «les chemins battus, les belles avenues
droites de l’exégèse»[2]
per cimentarsi con sempre incombenti rovelli filologici. Sarebbe evitato,
così, un ulteriore problema, quello, cioè, di dovere fideisticamente
assumere, o meno, nella propria indagine, risultati scientifici acquisiti da
cultori di una disciplina «vicina» ma diversa ed autonoma e dunque, in certa
misura, difficile da dominare rispetto alla propria.
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L’esperienza
scientifica di Valentin Al. Georgescu ritengo meriti particolare attenzione
proprio perché ci mostra uno studioso che supera felicemente questa
difficoltà, realizzando una originale simbiosi di alta competenza
filologica e di sottile intuizione giuridica. Non è però solo
questo che rende interessante e forse per certi versi unica, l’esperienza
scientifica di Georgescu – poiché non sono di certo rari i casi di romanisti
dotati di finissima sensibilità filologica – ma la circostanza che
ciò, grazie ad una particolare serie di contingenze culturali, si salda,
nello studioso rumeno, con una singolare apertura mentale – e metodologica –
verso altre aree del diritto, della storia e della cultura antica e, non
ultimo, della filosofia e delle scienze sociali. E tutto ciò, come vedremo,
con un approccio alle fonti squisitamente «en romaniste» che consente allo
studioso di non smarrire mai la propria individualità di giurista e di
storico del diritto.
Come ha scritto nel
1983 Florin Constantiniu, riprendendo ed ampliando un’opinione espressa su
Georgescu da Walter Hellebrand ben quarant’anni prima: «ce qui distingue l’œuvre
scientifique du professeur Valentin Al. Georgescu ...est sa modalité
spécifique d’unir l’analyse philologique à l’analyse philosophique en
restant, pourtant, un juriste. A cette triple hipostase nous ajouterions une
quatrième: celle d’historien, et cela pour offrir l’image d’un savant
qui, par la dimension de son œuvre, par la diversité des problèmes
et l’inédit des approches et des conclusion dépasse les barrières des
réussites communes»[3].
Dunque, non è soltanto l’atteggiamento del romanista illuminato
contro la «tendenza nuova di far dei cultori di diritto
romano una congrega di iniziati e tener tavola a parte dagli altri giuristi»[4] ad ispirare Georgescu, ma un tendenziale favore
per l’interdisciplinarietà che si salda con una forte e
contestuale sensibilità per il diritto e la filologia classica.
Tenteremo di
ripercorrere, nelle sue grandi linee, questa importante vicenda scientifica
che, sin dalle sue prime battute – in quegli stessi anni ’30 in cui per
fortunata coincidenza una nuova sensibilità «interdisciplinare» fioriva
nella cultura giuridica europea e si sviluppava felicemente, nel pensiero di
tanti studiosi, da Paul Huvelin[5]
ad Axel Hägerström[6] a Pietro De
Francisci[7]
– e in tutto il suo svolgersi, sino agli anni ’80, si presenta come innovativa
e coerente, passando indenne, ed anzi arricchita, attraverso vicende storiche e
culturali complesse ed a volte drammatiche.
2. Da
Bucarest a Parigi: la formazione scientifica. — Per cogliere le più
profonde radici del pensiero giuridico di Georgescu è indispensabile
tentare di ricostruire il clima culturale che, nella Parigi degli anni ’30,
pervade la scuola romanistica della Sorbona. Infatti, subito dopo aver conseguito,
nel 1929, presso l’Università di Bucarest, la «licence» in diritto e lettere[8],
il giovane studioso rumeno – nato a Corabia il 2 luglio 1908 – sollecitato dal
suo primo maestro, Stéphane Longinesco, si trasferisce a Parigi per
frequentare, insieme
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al collega e fraterno amico
rumeno Mathieu Nicolau, un corso triennale di dottorato, presieduto e diretto
da Paul Huvelin, concluso nel 1932. Nicolau, di quattro anni più anziano
di Georgescu, morirà prematuramente, nel 1938, a soli 34 anni e il
ricordo dell’amico, anch’egli filologo finissimo, e del profondo sodalizio
umano e scientifico fra i due studiosi, cementatosi negli anni parigini,
affiorerà spesso nell’opera di Georgescu, che dedicherà un
importante saggio alla memoria di Nicolau[9].
Negli studi di questo periodo, che culmineranno nella pubblicazione di una
«thèse» destinata ad avere grande diffusione nella dottrina romanistica
di questo secolo[10],
avrà anche la guida di Gabriel Le Bras e Charles Appleton e subito dopo
si accosterà, nel corso di successivi soggiorni ad Heidelberg, Bruxelles
ed a Vienna, a studiosi del prestigio di Ernest Levy e di Georges Cornil[11].
Completerà la sua formazione con un diploma ottenuto presso l’Académie
de droit international dell’Aia, nel 1939, acquisendo infine il titolo di
«privat-docent» presso la Facoltà di Diritto di Losanna nel 1944.
Ma è
soprattutto attorno agli anni del dottorato parigino ed alla figura dei Huvelin
che ruotano le coordinate essenziali della prima e più importante
formazione del giovane studioso rumeno.
L’influenza
della forte personalità di Huvelin su Georgescu appare infatti
consistente e produrrà – nell’accoglimento del pensiero del maestro ma
anche, come vedremo, in un certo, sia pur progressivo, distacco critico da esso
– la maturazione di quelle opzioni di fondo, specie nell’approccio metodologico
al diritto romano, che ne avrebbero poi segnato, con coerenza, tutta la
produzione scientifica.
Allievo
devoto ma «difficile», dunque, Georgescu per Huvelin, che ne avrebbe
benevolmente accettato la personalità poliedrica e anticonformista, sia
perché consapevole delle qualità scientifiche dell’allievo, sia perché,
in fondo, era stata assai simile la vicenda del complicato rapporto scientifico
ed umano dello stesso Huvelin con studiosi come l’antropologo Marcel Mauss[12]
e soprattutto, con un padre fondatore della sociologia giuridica quale Emile
Durkheim[13].
E proprio
sull’onda dello straordinario successo scientifico dei risultati del
«laboratoire» dell’école durkheimienne, in quella Francia degli inizi del
secolo, il dibattito
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scientifico aveva assunto,
per gli studiosi dell’antichità, una connotazione originale, mentre
l’infittirsi degli studi di antropologia ed etnologia giuridica[14],
seguendo una tendenza comparatistica già presente nella dottrina della
fine del secolo precedente – basti pensare all’influsso esercitato da figure
come quella di Maine[15],
per certi versi, ma soprattutto di Post[16]
sullo stesso Girard[17]
– aveva finito per determinare nei giusromanisti del tempo, da Huvelin a Henri
Lévy-Bruhl, a Cornil, a Noailles, a Le Bras, tutti studiosi, in varia misura,
partecipi della prima formazione di Georgescu, la spinta ad un approccio
particolarissimo con i problemi esegetici del diritto romano[18],
specie arcaico.
Nel metodo
di ricerca di Huvelin[19]
rifluiscono infatti suggestioni e spunti derivanti direttamente dai principi
essenziali della méthode di Durkheim[20].
Huvelin si pone rispetto alle fonti in una posizione nuova, collocandole tutte
su un piano di eguale dignità scientifica, mostrando di voler superare
quel distaccato confine che i romanisti pongono fra le fonti giuridiche «leurs
sources de prédiection, les seules auxquelles ils veuillent faire pleine
confiance», e le fonti cosiddette «non sans une nuance de dédain» letterarie[21].
Solo esaminando tutte le fonti su un piano di equilibrata parità si
potrà valutare il dato giuridico collocandolo, al riparo da rischi di
anticipazioni o fraintendimenti storici, nel suo originario habitat sociale, politico, economico e
culturale. Con questo spirito il romanista potrà proficuamente, per
Huvelin, porsi di fronte alle fonti, coordinando fra loro i documenti ed
interpretandoli.
A questo
punto potrà passare alla fase più propriamente ricostruttiva in
cui, avvalendosi anche della sociologia giuridica e della storia comparata[22],
potrà, muovendo dalle «tracce» più o meno ampie che gli istituti
hanno lasciato nelle fonti, ricostruire il
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diritto antico, senza
rinunciare neppure all’apporto che possono offrire gli insegnamenti derivati
dagli altri sistemi giuridici antichi, valutati in chiave comparatistica.
Considerato,
dunque, nel quadro generale della «méthode»
di Huvelin, il diritto romano non può e non deve essere visto come un
sistema giuridico «superiore» agli altri e, come tale, l’unico in grado di
assolvere ad una funzione formativa per i giovani che si accostino allo studio
del diritto, ma come un «fatto», un fenomeno comunque circoscrivibile
storicamente e dunque inidoneo ad offrire allo studioso modelli immutabili di
riferimento[23]: «et c’est un grave défaut des esprits trop imbus
des principes romanistiques» ammonisce Huvelin «que de vouloir expliquer toutes
les institutions à l’aide de ces principes, de vouloir construire tous
les droits de propriété comme des droits de propriété romains, tous les droits
de créance comme des droits de créance romains. Cette tendance fâcheuse pourrait gêner les
progrès du droit moderne»[24]. Così
il romanista, affrancandosi dall’esclusività dell’erudita esegesi delle
fonti giuridiche, potrà scoprire come un istituto non nasca mai a caso, ma
risponda sempre a bisogni della società; sulla scorta di un tale
approccio metodologico, l’analisi rigorosa delle fonti, pur restando premessa
irrinunciabile di qualsiasi seria ricerca, potrà venire vivificata e
posta su un piano di più fedele aderenza alla realtà storica. In
quest’ottica il romanista potrà assolvere con equilibrio il ruolo che la
sua vocazione di storico del diritto gli consente, contribuendo al progresso
della cultura giuridica e quindi, mediamente, dello stesso diritto positivo.
In un tale
contesto metodologico la filologia assume, per Huvelin[25],
come del resto per Lévy-Bruhl[26],
un ruolo prettamente accessorio, di ancilla
iuris , assumendo rilevanza solo in quanto venga assimilata al metodo
giuridico, cioè in quanto sia innalzata al rango di vera e propria
«filologia giuridica». È questo, probabilmente, il punto critico nel
rapporto, fra Huvelin ed il giovane Georgescu, da cui maturerà un
progressivo distacco scientifico, distacco che lascerà però
immutati i capisaldi della lezione di Huvelin, che inciderà certamente
in modo decisivo sulla prima formazione dello studioso rumeno, finendo per
rimanere indelebilmente presente in tutta la sua opera. Come vedremo[27],
Georgescu distingue fra la «grande» filologia latina, il cui ruolo è
assolutamente paritario rispetto alla scienza giuridica, e una vera e propria
«filologia giuridica» che, viceversa, assume un ruolo subalterno rispetto
all’indagine romanistica, ridimensionando, in tal senso, la lezione di Jhering.
Scriverà significativamente Georgescu, agli inizi degli anni ‘30: «on sait que dans son immortel Geist des
römischen Rechts, Jhering témoigna d’un
engoûment un peu exagéré pour l’étymologie juridique. L’étymologie, disait-il, est la
conservatrice des idés populaires primitives»[28].
L’esperienza
di quegli anni si riflette pienamente nella «Théorie générale des leges privatae», l’opera forse più nota
del Georgescu, destinata a rappresentare un punto di riferimento obbligato per
la ricerca romanistica successiva, al punto – come abbiamo avuto
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modo di vedere altrove[29]
- di rivelarsi, per molti aspetti, insostittuibile, tanto per gli studiosi che
ne avrebbero accolto i risultati, quanto per coloro i quali si sarebbero
discostati da essa.
Nella
prospettiva d’indagine perseguita dallo studioso, rivolta a sviluppare un
inquadramento dogmatico unitario delle cosiddette leges privatae[30],
Georgescu analizza le molteplici fonti in materia e le organizza in un rigoroso
quadro sistematico. L’opera, almeno nel suo impianto metodologico, non sembra
però risentire particolarmente dell’influenza che, nella scuola
romanistica francese in generale ed in Huvelin in particolare, aveva avuto la
ricezione del metodo sociologico di Durkheim[31].
Non riusciamo a cogliere ad esempio, nell’Essai, alcun riferimento alla
valutazione, a volte esasperata, di taluno di questi elementi magico-religiosi
considerati tipici del «prédroit» arcaico, secondo una prospettiva diffusa fra
i romanisti – si pensi, oltre a Huvelin, soprattutto a Lévy-Bruhl, a Le Bras ed
allo stesso Cornil – con i quali Georgescu intrattiene, in quegli anni,
frequentazioni scientifiche.
La forte
«opzione filologica» – quasi ideologica, più che scientifica in senso
stretto – di Georgescu può farci comprendere le ragioni per le quali,
pur nella modernità di talune scelte metodologiche e dello stesso stile
dell’Essai, lo studioso rumeno sembri più vicino alle ricerche erudite
di August Bechmann[32]
e di Moritz Voigt[33]
che alle tendenze scientifiche della scuola romanistica francese. Sulla base di
queste premesse, nel tentativo di rintracciare nelle fonti una nozione unitaria
e generale di lex privata[34] – in cui inglobare sia le clausole
apposte agli atti di trasferimento della proprietà, tanto inter vivos che mortis causa, come la mancipatio,
la traditio, l’in iure cessio ed il testamento (leges c.d. alienationis)[35],
sia quelle apposte ai contratti (leges
contractus)[36] – lo
studioso impianta la ricerca utilizzando strumenti sino ad allora certamente
inusuali per le indagini romanistiche: l’analisi etimologica e la comparazione
linguistica; la valutazione dell’incidenza statistica di talune espressioni;
l’esame dello stile usato nelle fonti[37].
Prescindendo
dalle riserve da me altrove manifestate[38]
sulle conseguenze che, nel merito del problema, finisce per produrre un certo
eccesso di schematismo proprio dell’impostazione metodologica dell’opera, la «Théorie Générale» di Georgescu avrebbe
prodotto nell’atteggiarsi della ricerca successiva, soprattutto sotto il
profilo metodologico,
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conseguenze di notevole
rilievo, specie sul piano della forte rilevanza attribuita al profilo
linguistico e filologico della complessa materia[39],
e comunque non è certamente possibile, ancora oggi, prescindere da essa,
per qualsiasi ricerca che si proponga di esaminare, anche in uno soltanto dei
suoi molteplici aspetti, la lex privata.
3. La
Romania e la maturazione scientifica. — Georgescu esordisce nell’insegnamento
universitario nel 1933, tenendo, come professore-supplente, un corso libero di
diritto romano presso l’Università di Cernãuþi. L’insegnamento di Georgescu a Cernãuþi si sarebbe interrotto bruscamente soltanto nel 1940, in conseguenza
della forzata cessione, a seguito di ultimatum,
dell’antica città universitaria all’URSS, dove assumerà il nome
russo di Cernovcy[40].
Il debutto non passa inosservato: negli anni della sua prima esperienza
di insegnamento, l’innovativa metodologia didattica adottata dallo studioso,
che risente del vivace clima culturale francese di quegli anni, a cui lo stesso
Georgescu fa esplicito riferimento già nella sua «leçon inaugurale»[41], viene applicata all’esperienza giuridica romana
con un approccio in cui la prudente mediazione operata da una rigorosa analisi
filologica dei testi gli consente di affrontare, con grande efficacia didattica
e scientifica, istituti di diritto romano di notevole complessità, come
la proprietà[42], finendo così per produrre un effetto
dirompente nel tradizionalismo dell’ambiente accademico rumeno[43]. Coraggiosamente Georgescu, muovendo da alcuni
spunti critici di Lévy-Bruhl che aveva osservato come «la notion de trasmission
de droit est une notion complexe, qui n’exixte que dans des sociétés déjà relativament avancées»[44] esclude, per il diritto romano più
antico, l’esistenza stessa del problema e riporta a Gaio un primo tentativo
sistematico da cui deriverebbe l’unica classificazione dei modi di acquisto
della proprietà ammissibile in diritto romano, cioè per universitatem e per singulas res, negando decisamente la
sussistenza di una classificazione dei modi di acquisto a titolo originario ed
a titolo derivativo e proponendone senz’altro il bando «[…] et des Manuels de droit romain, et des
Traités de droit civil»[45].
Ben presto sul giovane romanista, diventato rapidamente il punto di
riferimento degli antichisti e degli storici del diritto di quella Università,
si appuntano anche le attenzioni della comunità scientifica rumena ed
internazionale, in cui l’opera di Georgescu,
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già
noto per la sua «Thèse
pour le doctorat», suscita un
crescente interesse, soprattutto dopo la pubblicazione di un saggio che assume
la veste di un vero e proprio «manifesto» del metodo di Georgescu ed il cui titolo appare
chiaro ed emblematico: “Les rapports de
la philologie classique et du droit romain”[46].
A ciò contribuisce certamente, a parte l’indiscutibile valore
dell’opera, il clima culturale del tempo che, come abbiamo visto[47],
appare, soprattutto in Francia, particolarmente sensibile alla
interdisciplinarietà e alle nuove metodologie di ricerca applicate agli
studi storici. Nel darne notizia, sulle pagine della Revue Historique de Droit Français et Étranger, Collinet si esprime
con entusiasmo e compiacimento per l’opera «de notre jeune disciple», sottolineando come, sulla scia di una
impostazione già seguita da Cornil e da Belvaux, Georgescu, consapevole
della «nécessité pour le juriste de bien connâitre le latin et pour le latiniste
de mieux connâitre le droit»[48], si rivolga all’uno e all’altro, producendo, da
un canto, alcuni esempi concreti in cui l’intervento del romanista consente
soltanto di approssimarsi alla traduzione esatta di taluni testi
letterari e, dall’altro, esaminando alcuni termini il cui senso letterale
può essere chiarito soltanto dal romanista: poena, cavere, deportare, paricidas esto, servus
recepticius[49].
Nel quadro
di una sempre più profonda collaborazione fra le due scienze, Georgescu
arriva così a dimostrare come un amplissimo numero di testi letterari si
collochi ai confini fra filologia e diritto romano, imponendo una
indispensabile collaborazione fra gli studiosi delle due discipline. In questa
prospettiva ideale, lo studioso sostiene dunque l’urgenza di una riscoperta
della filologia da parte dei romanisti, che sanno bene come, ad esempio, non
possa discorrersi di mancipium o di familia senza tenere in conto la loro «étymologie évidente» da manu capere
e famulus[50],
e come, oltre allo studio terminologico volto a comprendere non solo il
significato esatto delle parole ma anche le varie espressioni talvolta
utilizzate dalle fonti per designare la medesima nozione, vada tenuta in debito
conto la valutazione dell’utilizzazione di particolari termini in relazione ad
epoche storiche diverse e nel particolare contesto lessicale proprio di ciascun
autore antico.
Torna
così in auge, con Georgescu, un’istanza già abbastanza diffusa
verso la valorizzazione di una vera e propria «filologia giuridica»[51],
che dia conto, oltre che dell’analisi delle singole parole, anche degli indici
stilistici adoperati dalle fonti, per cercare di individuare le structurae e le iuncturae fra le parole che, nella loro costruzione grammaticale,
possano offrire preziose trame entro le quali muovere la ricerca del dato
giuridico. Così una qualsiasi nozione di diritto romano potrà
essere vivificata dall’esame etimologico, che consentirà al romanista di
ricostruire, con più avveduta consapevolezza, i processi logici e
storici seguiti nella formazione di concetto giuridico.
Sarà così, osserva a mo’ di esempio
Georgescu[52], che soltanto «une pénétrant analyse
de la notion de fides permettait
à M. Kunkel d’en montrer la valeur en tant
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qu’élément créateur du droit
des obligations»[53]. Ed era
questa, in fondo, la stessa direzione in cui già si muoveva, con una
certa frequenza, ma forse senza una precisa consapevolezza metodologica, la
romanistica: si pensi, per fare qualche noto esempio, agli studi di Rotondi
sulla «Natura contractus»[54],
all’analisi di Bekker su «Recipere und
permutare bei Cicero»[55],
a quelle di Mayr su «Praestare»[56]
e di Paoli su «Permutare»[57]
o alle suggestive ricerche di Huvelin su «Stipulatio,
stips et sacramentum»[58];
e, soprattutto, si pensi al’opera di un finissimo filologo come Nicolau, la cui
«Causa liberalis»[59]
costituisce certamente un modello per lo stesso Georgescu[60].
Con questi
presupposti metodologici Georgescu affronta questioni di grande rilevanza
giuridica, muovendo dall’esame etimologico di espressioni come conventio, pactum e pactum conventum[61],
lex privata[62],
lex contractus[63],
optimus maximus[64],
possessio[65].
4. Verso
una nuova cultura romanistica: Georgescu giurista europeo. — Le tappe ulteriori
dell’insegnamento universitario di Georgescu sono di respiro europeo: dopo aver
tenuto, fra il 1941, ed il 1943, un corso libero ed avere diretto un seminario
di diritto romano presso la Facoltà giuridica di Bucarest, insegna
ininterrottamente, sino al 1947, come «chargé
de cours de droit romain» presso l’Università di Losanna.
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In quegli
ani interviene sulla «crisi» degli studi di diritto romano, questione che da
tempo si agitava nella dottrina romanistica[66],
per assumere, dopo la presa di posizione di Paul Koschaker[67],
proporziono notevoli fra gli studiosi europei; Georgescu, che già nel
1936 si era soffermato sul problema[68],
vi torna con un articolato intervento sulla Tijdschrift
voor Rechtsgeschiedenis[69].
In quel
clima difficile, in cui il nazionalsocialismo da una parte e il materialismo
storico dell’ URSS dall’altra, mettevano in grave pericolo le stesse
prospettive di sopravvivenza della scienza romanistica, lo studioso prende una
decisa posizione sulla questione. L’analisi della «crisi interna» degli studi
romanistici e le considerazioni sull’impossibilità di attribuire al
diritto romano la connotazione di una «Begriffjurisprudenz»,
di una «science de concepts» che
questo non ha mai posseduto gli consente di affermare con forza, respingendo
qualsiasi tentazione «attualizzante», come soltanto il laboratorio della storia
possa plasmare i concetti giuridici, per qualificare il diritto romano e quello
comune «des systèmes de valeurs
juridiques grâce auxquels l’idée de justice se rèalise historiquement»[70].
In questo
contesto, il diritto romano, temperate le spinte verso la dommatica[71]
e inquadrato in una sua più congeniale prospettiva storica, diventa un
punto di riferimento irrinunciabile per il diritto europeo. Abbandonando
così il capzioso rovello su «cosa fare» del diritto romano, Georgescu
sposta l’attenzione sul ruolo di esso per ottenere «une véritable intelligence du droit moderne»[72].
Attribuendo
al diritto romano il compito di fare da strumento di comprensione del fenomeno
giuridico in generale e del diritto positivo in particolare, si gioca, per
Georgescu, la ripresa della forza scientifica di esso e la riaffermazione del
suo valore pedagogico quale elemento formativo insostituibile nella formazione
del giurista continentale.
Tornato
stabilmente in Romania, diventa titolare di diritto romano
all’Università di Jassy[73],
dove insegna fino al 1951. Dopo il 1953, prosegue la sua attività di
ricerca scientifica presso l’Istituto di studi storici «N. Iorga»[74],
di cui assume la direzione, e presso gli studi di Ricerche e di Studi del
Sud-Est Europeo di Bucarest, collaborando attivamente,
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altresì, alla
redazione delle Cronache relative al diritto romano della Revista
Clasicã e di Studii Clasice. «Maître
de recherches» presso il «Centre
National de la Recherche Scientifique» di Parigi nel 1969, insegna poi,
come «professeur associé» di diritto
romano, nella Facoltà di diritto di Nizza dal 1971 al 1974 e dal 1975 al
1976.
Cessato l’insegnamento
universitario, continua senza sosta nella propria attività di ricerca,
nonostante i problemi di salute, che affronta con coraggio, assistito
amorevolmente dalla moglie, Signora Iolanda Eminescu, anch’essa insigne
giurista, sino alla morte, avvenuta a Bucarest il 9 ottobre 1995.
Una lunga ed
operosissima vita di studioso, costellata di riconoscimenti ed onori[75],
quella di Valentin Al. Georgescu che, superati i confini della sua patria, si
proietta con forza nel panorama non soltanto della romanistica e
dell’antichistica europea, ma della scienza giuridica e della cultura
umanistica «tout court». Ben oltre il
prestigio internazionale ed i risultati scientifici delle sue ricerche,
l’esperienza di Georgescu trasmette così al romanista (come al filologo
e all’antichista in genere) una lezione di metodo attualissima e vitale, un
urgente richiamo ad un «effettivo» confronto con la filologia[76],
nel quadro di un approccio interdisciplinare alle fonti e, soprattutto, un
forte monito all’umiltà nella ricerca scientifica ed al rifiuto di
qualsiasi atteggiamento di sufficienza, se non di ostilità, nei
confronti di discipline da cui trarre insegnamenti spesso assai preziosi ma,
talvolta, addirittura irrinunciabili.
Nella sua
costante attenzione al diritto moderno[77],
oltre che all’esperienza giuridica romana e dell’età intermedia[78],
si coglie l’esigenza di una più ampia riflessione sul «diritto» come
fatto complesso e, seppur diversificato nelle sue molteplici sfaccettature,
tale da offrire un forte supporto per il diritto positivo: proprio in tale
complessità Georgescu trova modo di superare il particolarismo
dell’esperienza giuridica rumena, sia pure considerata con grande attenzione,
per proiettarsi in una dimensione più propriamente europea.
Riporto, in
ordine cronologico, gli scritti di Georgescu relativi al diritto romano e alla
storia del diritto di cui sono riuscito ad avere notizia. Essi appaiono
volutamente frammisti, a volere sottolineare, simbolicamente, lo stretto
intreccio, proprio del pensiero e del metodo di indagine dello studioso rumeno,
fra lo studio del diritto romano e quello delle esperienze giuridiche
successive. L’elenco non comprende la vasta produzione relativa al diritto
moderno, nonché gli studi di filologia classica, le traduzioni di poeti latini
e la variegata opera letteraria dello studioso, per la difficoltà di
assicurare una elencazione sufficientemente completa di tali opere.
« Sur
la nature et l’évolution générale de la propiété à Rome », estr. da
Gazeta Iuridica (1931).
Essai d’une Théorie Générale des “leges privatae”, Paris, 1932).
“La moartea luii Otto Lenel”, estr. da Pandectele Române 14 (1935).
Zum Tode Otto Lenel’s (trad. O. Becker), Cernãuþi, 1935.
“Dreptul roman în lumina nouilor concepþii ale
metodei istorice”, estr. da Atheneum
(1936).
« Essai
sur l’expression lex contractus »,
Bucarest, 1937, estr. da Revista Clasicã 8 (1936).
« Le
droit romain selon les nouvelles conceptions de la méthode historique. Lezione
inaugurale del corso libero di diritto romano presso la Facoltà di
Diritto di Cernquti 1933-34”. estr. da Atheneum (1936).
“Locul pandectiismului în istoria generalã a dreptului”, estr. da Pandectele Române 15 (1936).
« Existã o crizã a studiilor de drept roman? », in Mélanges I. Nistor, Cernãuþi, 1937: 30
ss.
« Lex
contractus. Contribution à la théorie générale de l’acte juridique
en droit romain », Revista Clasicã
9-10 (1937-1938) : 193 ss., 254
ss.
“In memoriam Matei Gh. Nicolau”,
“Buletinul Institutului de Studii latine” (1938), 27 ss. [M. Gh. Nicolau. Proposition infinitive en latin,.Bucarest, 1938, VI ss.; rist.a cura di
N. Iorga in Revista Istoricã (1938):
179 ss.].
Criza studiilor de drept roman vãzutã
de un romanist german (P. Koschaker),
Bucarest, 1939.
Originile ºi evoluþia generalã a propietãþii în dreptul roman. Corso tenuto presso la Facoltà di Diritto
di Cernãuþi, anno accademico1936-37, Bucarest, 1939.
« La magie et le droit romain », Revista Clasicã SDR 1-2
(1939-1940) : 30 ss.
Etudes de philologie
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méthode, son utilité; Les rapports de la philologie classique et du droit
romain; Recipere et servus recepticius; Urbs, l’origine magique d’une interdiction de vocabulaire; Le mot “causa”
dans le latin juridique. Introduction
à la théorie générale de la cause en droit romain; Lex contractus. Contribution à la théorie générale de
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Contribuþie la cunoaºterea pluralismulului sistemelor de drept la Roma ºi a
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di Roma. Ricerca d’Ateneo: Les rapports
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Coordinateurs P. Catalano e P. Siniscalco, in Recherches sur l’hist. des instit. Et du droit 7-8 (1982-1983): 111
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de Moldavie. De la prophetie de Daniel à la philosophie naturelle de
l’histoire”, in Da Roma alla terza Roma.
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du droit dans le Sud-est de l’Europe (XIV s. – 1800-19149. Essai de
synthèse. I. Introduction retrospective (XIV s.-
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und Literatur der neueren europänischen Privatrechtgeschichte, III. 5
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Instituþiile feudale din Þãrile române (a cura di O. Sachelarie ºi N. Stoicescu,
introduzione: V. Al. Georgescu), Bucarest, 1988.
Organizarea de stat a fiqrii Române[ti (1765-1782). Fragmente de cou general sau
Manualele de legi redactate de Mihail Fotino în 1765 (Cinci titluri), 1706 (Opt
titluri), 1777. Ed. crit. d Organizarea de stat a fiqrii Române[ti
(1765-1782). Fragmente de con general sau
Manuelele de legi redactate de yihail Fotino în 1765 (Cinci titluri), 1706 (opt
titluri) ºi 1777. Ed. crit. de V.
Al. Georgescu ºi E. Popescu, Bucarest, 1989), ed. bilingua.
Abbreviazioni: Acad. RSR, BSªI S IV = Academia Republicii Socialiste România,
Buletinul Secþiei de ªtiinþe istorice. Seria a IV-a; AIESEE = Association
d’Études du Sud-Est européen; CIHAE (IP) = Commission internationale pour
l’histoire des Assemblées d’Etats (et des institutions parlementaires); RESEE =
Revue des Études sud-est européennes; RHD = Revue historique de droit français
et étranger, Paris; RRH = Revue Roumaine d’Historie, Bucarest; RRSS SJ = Revue
Roumaine des Sciences sociales, Sciences Juridiques, Bucarest.[PBN1][PBN2][PBN3][PBN4][PBN5]
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Romania
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* Non è stato semplice
tentare di ripercorrere e sintetizzare il lungo percorso scientifico di
Valentin Al. Georgescu. La parabola accademica dello studioso rumeno si snoda
per oltre un cinquantennio e passa trasversalmente attraverso vicende
scientifiche ed umane assai complesse e spesso di non agevole intelligenza in
un contesto storico-politico difficile ed a tratti drammatico. Nella laboriosa
ricerca mi sono stati di aiuto l’Ambasciatore
di Romania in Italia, Dr. ªerban Stati, già
Addetto culturale presso l’Ambasciata, il Prof. Dr. George Antoniu, Vice
Direttore dell’Istituto di Ricerche Giuridiche dell’Accademia Nazionale Rumena
ed il Prof. Dr. Dan Berindei, Presidente della Sezione di Scienze Storiche ed
Archeologiche della stessa Accademia, che mi hanno fornito utili notizie sulla
produzione scientifica e la carriera accademica di Georgescu. La fotografia
dello studioso mi è stata fornita, insieme ad una lettera piena di
toccanti ricordi, dalla vedova, Signora Iolanda Eminescu. Ringrazio tutti per
la preziosa ed appassionata collaborazione offertami.
La digitazione del testo e la soluzione dei problemi connessi all’utilizzazione dei caratteri rumeni sono frutto della paziente revisione della dott.ssa Giovanna Vasta.
[1] Les rapports de la philologie classique et du droit romain, in Études de philologie juridique et de droit romain 1. Les rapports de la philologie classique et du droit romain (Bucarest – Paris 1940) 26, da cui citiamo. Il saggio, pubblicato nella Revista Clasicã 4 -5 (1932-1933): 144 ss., era già circolato come estratto da Cartea Româneascã, 1934, ed in questa veste viene recensito da P. Collinet, in RHD 14 (1935): 390 ss., J. Marouzeau, in Revue des Études Latines 1 (1936): 32, e G. Heuten, in L’Antiquité Classique 6 (1937): 179.
[2] C. J. Stoïcesco, “La magie dans l’ancien droit roumain. Rapprochements avec le droit romain”, in Mélanges G. Cornil 2, Gand-Paris, 1926: 457.
[3] Hommage à Valentin Al. Georgescu, RESEE 21 (1983): 361.
[4] P. Bonfante, “Prefazione” a Scritti giuridici varii 1, Torino, 1916: IX. La frase di Bonfante è stata di recente ricordata ed assunta a mo’ di epigrafe, da V. Giuffrè, L’emersione dei iura in re aliena e il dogma del numero chiuso, Napoli, 1992: V.
[5] Infra § 2.
[6] Cfr. Der römische Obligationsbegriff im Lichte der allgemeinem römischen Rechtsanschauung I., Uppsala, 1927; II. Über die Verbalobligation, Uppsala, 1941: passim.
[7] Cfr. spec. Arcana imperii 1, Milano, 1947: 13 ss.
[8] A questa fase si collega la pubblicazione del primo studio di Georgesco: “L’onomastique latine en langue roumaine”, Revista Clasicã 5 (1929): 452 ss.
[9] “La philologie juridique. Son objet, sa méthode, son utilité”, in Études I, cit. 9 ss. Cfr., del Georgescu, in particolare, oltre ai necrologi pubblicati in Buletinul Institutului de Studii latine 1 (1938): 27 ss. [= Revista Historicã 1938: 179 ss.], “Matei G. Nicolau, romanist ºi istoric al drepturilor antice”, Studii Clasice ded. M. G. Nicolau 7 (1965): 9 ss. V. altresì il profilo, più prettamente filologico, tracciato da I. Nichita e M. Bãltãceanu, “Activitatea filologicã a lui Matei Nicolau”, in loc. cit.: 19 ss. Cfr. pure loc. cit.: 29 ss. la bibliografia completa del Nicolau, dal 1926 al 1938, a cura di Nichita. Dunque anche Nicolau si forma alla scuola della Sorbona e subisce, non meno di Georgescu, l’influsso degli studiosi che ivi operavano; ad uno dei suoi maestri parigini, Paul Collinet, Nicolau dedicherà infatti il suo accurato studio esegetico su: L’unus casus d’après le scolies des Basiliques, Parigi, 1934.
[10] Essai d’une théorie générale des «leges privatae», Paris, 1932. Sull’opera cfr. S. Randazzo, Leges Mancipii. Contributo allo studio dei limiti di rilevanza dell’accordo negli atti formali di alienazione, Milano, 1998: spec. cap. I § 2.
[11] Cfr. Essai cit.: 3 s.
[12] Il polemico rapporto fra Huvelin e il maestro-collega Mauss
inizialmente verte, soprattutto, sulla valutazione delle differenze fra “atti
giuridici” e “atti magici”: cfr. M. Mauss-H.
Hubert, “Prèface”, in Mèlanges d’Histoire des réligions,
Parigi, 1909, per stemperarsi gradualmente nella produzione più matura
di Mauss: v. “Essai sur le don. Forme et raison de l’échange dans les societés
primitives”, in Année sociologique
n.s. (1923-1924).
[13] Cfr. R. Motta, “Antropologia e storia del diritto in Paul Huvelin: un gius-romanista alla corte di Emile Durkheim”, in Materiali per una storia della cultura giuridica 9.2 (1979): 399 ss.
[14] Gli studi di etnologia giuridica produrranno una grande influenza sulla romanistica francese di questo periodo: si pensi alle ricerche di Bronislaw Malinowski, Crime and Custom in Savage Society, London, 1940 e di Albert Hermann Post, Grundiss der ethnologischen Jurisprudenz, I-II, Oldenburg, 1894-1895, rist. Aalen, 1970 (trad. it. di C. Longo e P. Bonfante), Milano, 1906-1908. Quest’ultima opera, in particolare, assume una certa rilevanza nella formazione di Georgescu, sia pure entro i rigidi limiti in cui lo studioso rumeno si pone rispetto ai dati offerti dall’etnologia; non a caso soltanto a distanza di quasi mezzo secolo dagli anni della formazione del giurista rumeno riscontriamo due studi dedicati specificamente alla materia: “La méthode du juriste éthnologue de l’époque de l’ethnologie de Post à l’époque de l’anthropologie culturelle en Roumanie (1878-1977)”, RRSS. SJ. 22 (1977): 191 ss., e “L’Ethnologie juridique”, in Introducere în ethnologie, 1980.
[15] Su Maine v. L. Capogrossi Colognesi, “Sir Henry S. Maine e l’Ancient Law”, Quaderni fiorentini 10 (1981): 83 ss.; Idem, “Gli ultimi anni della polemica mainiana”, in Sodalitas. Scritti in onore di A. Guarino 7, Napoli, 1984: 3357 ss.; Idem, “Maine e le origini della moderna tradizione di studi di diritto comparato”, Index 16 (1988): 43 ss. ed ivi lett.
[16] Supra nota 14.
[17] Manuel élémentaire de droit romain, Parigi, 1929.
[18] Sul punto C. Faralli, “Storia del diritto romano e scienze sociali: un’integrazione difficile”, in Materiali per una storia della cultura giuridica 12.2 (1982): spec. 313 ss.
[19] Per una sintesi dell’approccio metodologico di P. Huvelin alle fonti cfr. l’appassionato «avant-propos» alla sua opera più nota: Études sur le furtum dans le très ancien droit romain. I. Les sources 1., Lyon-Paris, 1915 [rist. anast. Roma, 1968]: 1 ss.
[20] Les règles de la méthode sociologique, Parigi, 1895 [trad. it. di Airoldi-Namer, Milano, 1963]; sul rapporto fra la scuola del sociologo francese e la storiografia romanistica mi permetto di rinviare a S. Randazzo, “Le radici di un’incomprensione: Emile Durkheim e gli storici del diritto romano”, Index 28 (2000): 53 ss. ed alla lett. ivi citata.
[21] Huvelin, Le furtum, cit.: 3.
[22] Sulla rilevanza della comparazione giuridica si era espresso favorevolmente, alcuni anni prima, lo Stoïcesco, La magie, cit.: 457 ss.
[23] Su tutto ciò cfr. Huvelin, Cours élémentaire de droit romain I, Parigi, 1927 : 3 s.
[24] Huvelin, Cours, cit.: 4.
[25] Si pensi all’analisi etimologica di carmen, cantare, incantare, excantare, proposta in La
notion de l’iniuria dans le
très ancien droit romain, Lyon, 1903: 36 ss.
[26] Un esempio di questa prospettiva è dato dalla ricerca di Lévy-Bruhl, “Addicere. Étude de
sémantique juridique”, in Deux études:
Addicere et Auctoritas, Parigi,
1942: 5 ss., ma il ricorso all’analisi filologica appare già più
sfumato nei successivi scritti di Lévy-Bruhl:
cfr., ad es., Nouvelles études sur le
très ancien droit romain, Paris, 1947: passim.
[27] Infra § 3.
[28] Essai, cit.: 7 nota 1; cfr. La philologie juridique: cit.: 9 ss.
[29] Leges mancipii, cit.: passim.
[30] Sulla difficoltà di configurare una nozione unitaria di lex privata cfr. S. Randazzo, Leges mancipii, cit.: spec. cap. I.
[31] Les règles, cit.
[32] Der Kauf nach gemeinem Recht. I. Geschichte des Kaufs im römischen Recht, Erlangen, 1876: 234 ss.
[33] Die XII Tafeln II, Leipzig, 1883, rist. Aalen, 1966: passim.
[34] Essai, cit.: 37 ss.
[35] Ibidem: 45 ss. Già il Cuq (s.v. “Lex”, in Dictionnaire des Antiquités grecques et romaines Daremberg et Saglio 3.2, Paris, 1918: 1107 ss.) aveva considerato unitariamente le leges alienationis, ricomprendendo in tale categoria anche dicta di natura pubblicistica, come l’addictio, l’adiudicatio, l’adsignatio, e la dedicatio.
[36] Essai, cit.: 7 ss. Cfr., sul punto, anche i successivi studi: Essai sur l’expression «lex contractus», Bucarest, 1937, ma già in Revista Clasicã 8 (1936)); “«Lex contractus». Contribution à la théorie générale de l’acte juridique en droit romain”, Revista Clasicã 9-10 (1937-1938): 193 ss., 254 ss. [= Études I, cit.: 241 ss.]; “Leges mancipii, lex privata, lex contractus”, Revista Clasicã 3-5 (1941-1943): 114 ss. In tema v. anche le precedenti indagini dell’Heyrowsky, Ueber die rechtliche Grundlage der «leges contractus» bei Rechtsgeschäften zwischen dem römischen Staat und Privaten, Leipzig, 1881 e, successivamente, A. Plachy, “Contributo alla teoria delle «leges contractus» nel diritto romano pubblico”, BIDR 47 (1940): 74 ss.
[37] Essai, cit., 7 ss.
[38] Leges mancipii, cit.: cap. I § 2.
[39] A cui Georgescu dedica un fitto studio nel primo capitolo dell’Essai: 7 ss.
[40] Oggi il tormentato capoluogo della Bucovina fa parte della repubblica Ucraina.
[41] “Le droit romain selon les nouvelles conceptions de la méthode
historique. Leçon inaugurale du cours libre de droit romain à la Fac. de
Droit de Cernqu]i 1933-34”, in Atheneum Jassy, 1936.
[42] Originile ºi evolu]ia generalã a proprietqtii în dreptul roman. Cours donné à la Fac. de Droit de Cernqu]i, année scolaire 1936-1937, 1939; il corso riprende e sviluppa, in chiave didattica, talune idee risalenti ad un precedente studio del Georgescu, “Sur la nature et l’évolution générale de la propriété à Rome”, Gazeta iuridicã, 1931. In tema, con più specifica attenzione ai modi di acquisto della proprietà, v., altresì, “La formation du concept de mode d’acquisition de la propriété en droit romain”, in Mélanges C. Stoïcesco, 1940 [= Études I, cit.: 331 ss. da cui citiamo].
[43] Ambiente in cui la scissione fra studi giuridici e filologici era diffusa, prevalendo una certa tendenza ad analisi storico-giuridiche mirate ad attualizzare il diritto romano o, comunque, a fare di esso un parametro di riferimento per lo studio e l’esposizione del diritto vigente: cfr., ad es., C. J. Stoïcesco, Étude sur la naturalisation en droit romain, en droit civil et dans le droit des gens, précédée d’un exposé sur la condition politique des personnes à Rome, Parigi, 1876.
[44] Quelques problèmes du très ancien droit romain. Essai de solutions sociologiques, Parigi, 1934: 108 s.
[45] La formation, cit.: 401.
[46] Supra, nota 1. Riserve, sull’opera, esprime B. Biondi, “La terminologia romana come prima dommatica giuridica”, in Studi in onore di V. Arangio-Ruiz 2, Napoli, 1953: 75 s.
[47] Supra § 2.
[48] In RHD 14 (1935): 390 s.
[49]Sul servus recepticius Georgescu si sofferma approfonditamente: cfr. “Recipere et servus recepticius”, in Études I, cit.: 91 ss.
[50] La philologie juridique, cit.: 11.
[51] Cfr. Ibidem: 21 ss.
[52] Ibidem: 16.
[53] Georgescu si riferisce a: “Fides als schöpferisches Element im römischen Schuldrecht”, in Festschrift P. Koschaker 2, Weimar, 1939: 1 ss.
[54] BIDR 24 (1911): 5 ss. [= Scritti giuridici 2 (1922): 159 ss.]
[55] ZSS 3 (1882): 1 ss.
[56] ZSS 42 (1921): 198 ss.
[57] Revue des Études Latines 2 (1937): 326 ss.
[58] Studi C. Fadda, Milano, 1906: 77 ss. [= Études d’histoire du droit commercial romain] (raccolta, quest’ultima, di Corsi di diritto romano tenuti da Huvelin all’Università di Lione, e pubblicata postuma per le cure di Henri Lévy-Bruhl, Parigi, 1929 ed in cui l’articolo in questione viene riedito in appendice col titolo “Aspects religieux de l’obligation romaine”, insieme al celebre saggio su “Les tablettes magiques et le droit romain”, anch’esso già edito negli Atti del Congrés international d’Histoire comparée, Parigi, 1900: 273 ss.).
[59] Parigi, 1933.
[60] V. Supra, nota 9.
[61] La philologie juridique, cit.: 12.
[62] Essai, cit.: 7 ss.
[63] V. Supra, nota: 35.
[64] Cfr. “Optimus ºi optimus maximus în juridica romanã: optima lex, optimum ius, fundus optimus maximusque. Contribuþie la cunoaºterea pluralismului sistemelor de drept la Roma ºi a procesului de formare a proprietãþii quiritare [Optimus et optimus maximus nella tecnica giuridica romana: optima lex, optimum ius, fundus optimus maximusque. Contributo alla conoscenza del sistema pluralistico del diritto romano e del processo di formazione della proprietà quiritaria]”, Studii Clasice 10 (1968): 187 ss. L’indagine, condotta con il più ampio ausilio dei mezzi di ricerca consueti del Georgescu, analizza le valenze dell’espressione optimus e optimus maximus nei vari campi del diritto in cui è adoperata: optima lex, optimum ius e, soprattutto, si sofferma sulla lex uti optimus maximusque, sostenendo come essa in origine avesse un senso «positivo», connotando cioè la situazione che si verificava allorché il fondo godeva di servitù, e distinguendo un significato «negativo» più tardo in cui la clausola indicherebbe un fondo privo di qualsiasi servitù passiva.
[65] Considerando la possessio agri publici come una condizione giuridica conforme agli interessi della classe dominante degli optimates, Georgescu ne analizza l’influsso sulla possessio privatistica, seguendone l’evoluzione storica con una costante attenzione agli sviluppi dei dati semantici in: “De la possessiones la possessio. Contribuþie la studiul procesului istoric de formare a noþiunii de posesie în dreptul roman [Dalle possessiones alla possessio. Contributo allo studio del processo storico di formazione della nozione di possesso nel diritto romano]”, Studii Clasice 1 (1959): 115 ss.
[66] Cfr. E. Schönbauer, Zur «Krise des römischen Recht», in Festschrift P. Koschaker 2, Weimar, 1939: 385 ss.
[67] Die Krise des römischen Rechts und die romanistische Rechtswissenschaft, Monaco-Berlino, 1938. V., altresì, Europa und das römische Recht, Monaco, 1966 (trad. it. di A. Biscardi), Firenze, 1962.
[68]Nella sua Leçon inaugurale, tenuta, per il corso di diritto romano del 1936, presso la Fac. di Cernãuþi [= “Existã o crizã a studiilor de drept roman?”, in Mélanges I. Nistor, Cernãuþi, 1937: 30 ss.].
[69] “Remarques sur la crise des études de droit romain”, in Tijdschrift voor Rechtsgeschiedenis 16.4 (1940) [= Études I, cit.: 403 ss. da cui citiamo).
[70] Ibidem: 424.
[71] È in questa prospettiva che, direi inevitabilmente, Georgescu entra in polemica con Emilio Betti: cfr. Ibidem: 433 ss., nota 2.
[72] Ibidem: 425.
[73] Jassy, o Iaºi, capoluogo della Moldavia rumena, nel nord-est del Paese era, ed è tutt’oggi, un vivace centro culturale, sede di una prestigiosa Università.
[74] Georgescu si confronta più volte col pensiero del grande storico rumeno N. Iorga, sottolineandone le riflessioni sul rapporto fra diritto romano, diritto comune e diritto popolare rumeno: “N. Iorga et l’histoire du droit roumain”, Studii 18 (1965): 1339 ss.; “Unele probleme istorice de drept roman în gândirea lui N. Iorga. Cu prilejul comemorãrii a 25 de ani de la moartea sa [Alcuni problemi storici del diritto romano nel pensiero di N. Iorga. In occasione della commemorazione del 25° anniversario della sua morte]”, Studii Clasice 8 (1966): 297 ss.; “N. Iorga et l’histoire des institutions”, in Nicolas Iorga, l’homme et l’œuvre. Biblioteca Historica Romaniae 10, Bucarest, 1972: 65 ss.
[75] Premio “S. Bãrnuþiu” dell’Accademia di Romania per la monografia su: “La préemption dans l’hitoire du droit roumain. Le droit de protimêsis en Valachie et en Moldavie”, Biblioteque historique 12 (1965); membro dell’Académie de Législation di Tolosa nel 1969; membro della Società di Studi Classici della Repubblica Popolare Rumena; membro dell’Accademia di Scienze Sociali e Politiche di Romania nel 1970; Dottore honoris causa dell’Università di Clermont-Ferrand nel 1972; membro corrispondente dell’Accademia di Atene nel 1976; vice presidente della Commission Internationale des Assemblées d’Etats.
[76] Cfr., sul punto, le realistiche considerazioni di Georgescu (Les rapports, cit.: 25): «tout le monde est d’accord, justement parce que les idées générales sur ce point sont l’évidence même, que les deux sciences peuvent et doivent se rendre de précieux services mutuels, mais pratiquement les échanges, surtout du droit romain vers la philologie, s’établissent avec une difficulté extrême».
[77] Georgescu si accosta sin dagli inizi della sua attività scientifica al diritto moderno, pubblico e privato; cfr. Criza dreptului public, Cernãuþi, 1934; “Economicul ºi modificarea constituþiei”, in Gândirea Economicã, Cernãuþi, 1934; “Raporturile juridice dintre avocat ºi client”, in Pandectele Române, Bucarest, 1935; “La valeur juridique des conventions internationales et leur conflict avec le droit interne”, estr. da Mélanges P. Negulesco, Bucarest, 1935; “Ethosul politic în dreptul public modern”, estr. da Revista de Drept. Public, Bucarest, 1936; “Efectul traslativ al girului asupra garanþilor unei cambii”, Revista de Drept Comercial (1940). Un particolare interesse assumono, per cogliere taluni profili più squisitamente ideologici del pensiero giuridico dello studioso, le riflessioni sulla ricezione dei principi dell’illuminismo giuridico di Beccaria nel diritto penale rumeno: “Contributions à l’étude des Lumières en Valachie et en Moldavie. I. La place de la pensée de Beccaria dans la culture juridique roumaine et dans le développement du droit pénal jusqu’au mouvement révolutionnaire de Tudor Vladimirescu. II. De 1821 à 1864”, Studii 20 (1967): 947 ss.; 21 (1968): 685 ss. Per una visione d’insieme su talune idee-cardine di Georgescu sulla storia del diritto rumeno, v. altresì “Principaux moments du développement du droit roumain depuis ses débuts jusqu’à la constitution de l’Etat national roumain”, Revista de istorie 29 (1976): 1791 ss.
[78] V. bibl. cit. infra.