Romeni i italiani nel periodo dell’esilio rivoluzionario
(settembre 1849 – dicembre 1852).
Affinità. Opinioni. Contatti
Raluca Tomi
Istituto "Nicolae Iorga",
Bucarest
L
’ondata rivoluzionaria viene fermata nell’estate del 1849 dalla sconfitta della Roma repubblicana (14 luglio), dell’Ungheria (13 agosto), della Repubblica Veneta (27 agosto). La Santa Alleanza rinasce temporaneamente, mentre le parole dell’illustre esule all’albergo Eaton-Square di Londra – Metternich - sembrano vere: "il movimento che sta travolgendo la Francia e l’Europa è solo un’oscillazione. La società ritornerà al dogma dell’autorità" [1]. Le misure controrivoluzionarie sono prioritarie: modifica del regime politico, abolizione delle costituzioni adottate sotto la pressione degli avvenimenti, arresto, esilio, condanno dei partecipanti alla rivoluzione, censura, occupazione militare.Si tratta di una vittoria solo apparente della reazione. L’equilibrio stabilito a Vienna nel 1815 viene minacciato e sarebbe crollato nel 1853, contemporaneamente allo scoppiare della guerra in Crimea. I rapporti tra le potenze europee sono tesi anche per la crisi degli ostagi [2] - cioè il rifiuto della Porta ottomana di estradare i rivoluzionari ungheresi e polacchi, rivendicati insistentemente dalla Russia e dall’Austria -, per il problema dei ducati danesi [3] e per la proclamazione del Secondo Impero in Francia. La dichiarazione di Lodovico Napoleone – "Impero significa pace, non guerra" – destava sospetto, preannunciava nuovi confronti [4].
La geografia politica dell’Italia restava quella del 1847. La presenza dell’impero asburgico stava diventando pesante nel regno lombardo-veneto, nei ducati di Modena, Parma e Toscana [5]. Pio IX torna a Roma nell’ aprile del 1850, con l’appoggio delle truppe francesi del generale Oudinot, mentre a Napoli, Ferdinando II abroga la costituzione, scioglie il parlamento, occupa la Sicilia e vi ristabilisce il suo potere assoluto [6]. L’unico stato della penisola a resistere all’assalto reazionario è il Piemonte, dove il regime instaurato nel marzo 1848 sopravvive ancora. Le riforme inaugurate dal governo d’Azeglio, continuate dal governo Cavour, avrebbero trasformato il regno in uno stato liberale, "cellula vivente" della vita politica italiana, che darà origine al processo di unificazione [7].
A. Affinità ideologiche.
L’influenza mazziniana sui rivoluzionari democratici romeni
Il fiasco delle rivoluzioni del 1848-1849 è stato il confine ideologico, politico e psicologico, che ha segnato il destino di quelli coinvolti nella loro direzione. Percepito come un periodo sconvolgente dalla maggioranza dei leaders romeni, l’esilio è stato un vero test di resistenza e necessaria maturazione politica. Privi da i mezzi finanziari, preoccupati da tentativi effimeri di organizzare l’emigrazione, sono conquistati dall’iniziativa della corrente rivoluzionaria e democratica europea di far scoppiare una rivoluzione "sinfona e sincrona" [8].
Gli scritti sociali e politici dell’esilio romeno sono elaborati in un’atmosfera tesa a causa delle dispute ideologiche in seno a tutte le emigrazioni o per i confronti che non risparmiavano nemmeno il nucleo organizzatore del Comitato Centrale Democrarico Europeo di Londra. L’unica consolazione era il riconoscimento dei rivoluzionari romeni tra i dirigenti del futuro confronto. Se l’Europa delle nazionalità non aveva ancora definito i suoi confini – quelli immaginati da Ionică Tăutu “dal Portogallo fino alla Siberia” [9] erano ancora confini utopici – l’Europa rivoluzionaria accetta i romeni nel suo programma di rigenerazione politica e nazionale.
L’influenza mazziniana sui rivoluzionari romeni – nella loro maggioranza, democratici valacchi – risulta dal dibattito dei seguenti temi: Quali sono state le cause dell’insuccesso rivoluzionario? E’ possibile il rilancio della rivoluzione? Quale sarà il ruolo dei romeni nel farla scoppiare? Quali erano le priorità del programma rivoluzionario e come si potevano attuare? Come sarà "l’Europa del domani" dal punto di vista delle realtà nazionali e delle forme di governo?
Per la sconfitta delle rivoluzioni del 1848-1849 vengono identificate due cause principali: le dispute interne e la mancata soluzione del problema nazionale. Nel Foi et avenir, l’opera mazziniana uscita a Parigi nel 1850, vengono elencati gli errori dei dirigenti italiani: "mancanza di organizzazione, di unità, lotte meschine tra i vari gruppi politici" [10].
Alla stessa conclusione arriva anche C. A. Rosetti nei suoi articoli Apel la toate partidele (Appello a tutti i partiti [11]) e Cronica politica (Cronaca politica). Nell’ultimo si fa un paragone interessante tra le due rivoluzioni: quella italiana e quella romena. "Milano, Venezia, Roma e le altri parti dell’Italia, invece di sollevarsi insieme tutte di colpo, rovesciando tutti gli imperatori, di proclamare la Repubblica Italiana, una sola stanza e un solo governo popolare e repubblicano, si alzarono a turno... Così, anche noi romeni ci alzammo solo a parte e a turno" [12].
La mancata soluzione del problema nazionale da parte del Parlamento di Francoforte e del governo rivoluzionario ungherese è stato, secondo il pensatore genovese, il principale ostacolo nella realizzazione di un’alleanza valida nel campo rivoluzionario [13]. A sua volta, I. C. Brătianu diceva, nell’articolo Naţionalitatea (La nazionalità): "Il problema nazionale è stato una delle cause dell’insuccesso rivoluzionario nel 1848" [14].
Secondo Mazzini, tutte le nazioni erano uguali, dotate di una missione e con il sacro diritto dell’iniziativa rivoluzionaria. Per quello che riguardava "la razza romena, colonia italica [...] era chiamata a fare il collegamento tra la razza slava e quella greco-latina [15]. Dimitrie Brătianu riprende l’idea nel Manifesto del Comitato Rivoluzionario Romeno: "conosciamo la nostra missione, siamo l’avanguardia del mondo greco-latino" [16]. Il concetto di "missione" affidata all’uomo, alla nazione dalla divinità lo incontriamo frequentemente negli scritti degli esuli romeni. C. A. Rosetti diceva, nel primo capitolo del suo studio, Rusia: "Come ogni individuo, ogni nazione ha la sua propria missione" [17].
La distinzione fatta dal leader di Londra tra i concetti di rivoluzione e insurrezione è presente anche nelle analisi dei rivoluzionari valacchi. Secondo l’opinione di Mazzini, l’insurrezione ha un carattere violento, è coordinata da un gruppo di dirigenti e ha come scopo quello di far scoppiare la rivoluzione. Quest’ultima è una tappa superiore all’insurrezione, guidata dal popolo e comprende tutti i segmenti della società [18]. Ed ecco qual’era il ruolo dell’insurrezione nella visione dei redattori di "Junimea Română": "l’insurrezione č il primo diritto di una nazione oppressa..., una nazione puň usare tutti i mezzi energici per liberarsi" [19]. A sua volta, I. C. Brătianu distingueva due fasi del processo rivoluzionario: quella del "cataclisma, che inghiottisce il vecchio ordine delle cose", e quella della "creazione, che ne crea uno nuovo" [20].
Le priorità della futura rivoluzione erano, secondo il leader italiano, quelle nazionali, seguite dalla soluzione dei problemi sociali e religiosi [21]. Nello stesso spirito, Bălcescu scriveva: “La futura rivoluzione [...] sarŕ una rivoluzione nazionale" [22].
L’associazione è un principio basilare della filosofia e dell’azione mazziniana. Essa è necessaria sia nel coordinamento dell’attività degli esuli europei – vedi la costituzione del Comitato Centrale Democratico Europeo di Londra – sia nell’organizzazione futura del continente sotto la forma degli Stati Uniti d’Europa [23]. La collaborazione con i rivoluzionari europei era un desiderio dei dirigenti romeni, dimostrato dal loro coinvolgimento nei piani iniziati dal comitato londinese.
Gli Stati Uniti d’Europa [24] immaginati da Mazzini avevano alla base l’esistenza di un patto tra le nazioni libere, in virtù del quale, ciascuno doveva mantenere la propria individualità. La nazione era il mezzo essenziale per arrivare all’Umanità e poi alla Divinità [25]. L’idea è sostenuta da: Dimitrie Brătianu, che prefigurava una confederazione dove i popoli –"individui dell’umanitŕ" si associeranno ma "ognuno dovrŕ conservare la propria individualitŕ" [26]; I. C. Brătianu, che affermava come condizione vitale della nuova societŕ "la riorganizzazione dell’Europa in base alla nazionalità" [27]. La somiglianza tra la concezione dei rivoluzionari democratici romeni e quella mazziniana si nota in due punti essenziali: l’esistenza di nazioni libere, distinte e la loro associazione in base ad un patto che garantisse l’uguglianza tra tutti. E’ anche vero che non si danno soluzioni per quanto riguarda la creazione degli Stati Uniti d’Europa, il dibattito concentrandosi sui principi.
Alla domanda – quale sarà la forma di governo "dell’Europa di domani" – la risposta dei rivoluzionari democratici è unanime: la repubblica [28]. L’affinità con Mazzini – che sognava un’Italia unitaria, indipendente, repubblicana – è evidente.
Fino alla proclamazione del secondo Impero francese, i rivoluzionari democratici romeni avevano sperato nell’efficacia della soluzione mazziniana: la soluzione dei problemi nazionali attraverso una nuova rivoluzione generale europea. Altri nuclei dell’esilio – raggruppati intorno alla Luogotenenza principesca – hanno perseverato sulla strada lenta ma sicura della diplomazia: memoriali indirizzati alle autorità ottomane, al Parlamento inglese, all’Assemblea nazionale francese; incontri con Palmestron, Dudley Stuart, Richard Cobden; intensa attività pubblicistica sulla stampa occidentale.
B. In esilio, per una nuova rivoluzione.
Piani di riassestamento dell’Europa centro-orientale
La preoccupazione dei dirigenti romeni per dare all’emigrazione un’organizzazione rigorosa, che sappia imporsi per la sua serietà ed efficienza è doppiata dalla collaborazione con i rivoluzionari democratici italiani per l’adesione al Comitato Centrale Democratico Europeo, per l’organizzazione di una nuova rivoluzione e la costituzione della Confederazione orientale. L’ultimo era un progetto ambizioso di riorganizzazione dell’Europa centro-orientale, dopo la liberazione delle nazioni, destinato a difendere i nuovi stati dalla minaccia del panslavismo.
Il 16 ottobre 1849, Nicolae Bălcescu arriva a Parigi. Parallelamente all’attivitŕ di organizzazione dell’emigrazione [29] – il 2 dicembre 1849, si costituisce l’Associzione romena per la direzione dell’emigrazione - in novembre incontra
Teleki, Szemere, Brown, Spleny [30], e in dicembre incontra Czartorysky [31], mantiene i contatti con le pubblicazioni "La tribune des peuples" e "La Pologne" [32]. A Parigi, Costantinopoli, Brussa circolava l’idea della costituzione di un centro rivoluzionario europeo e di una confederazione orientale. Al. G. Golescu-Albu scriveva da Brussa: "organizziamo tutte le emigrazioni a Parigi e costituiamo un grande comitato unico" [33], mentre Ion Ghica svela a Bălcescu un suo progetto: “io ritengo che se entrassimo con gli ungheresi e con gli serbi, potremmo proporre loro una confederazione orientale sotto la protezione della Porta Ottomana. Questa confederazione dovrà essere composta da romeni (tutti), ungheresi e da serbi" [34].L’idea viene ripresa nelle lettere del 4 e del 24 gennaio 1850. Nella prima, Ghica descrive il tipo di rapporto che si doveva stabilire tra le tre nazioni: "I serbi, gli ungheresi e i romeni, uniti in tre gruppi, a seconda dell’origine e della lingua, devono costituire tre stati separati, ciascuno con la sua propria amministrazione all’interno, e uniti tra loro da un legame federale per quello che riguardava gli interessi comuni e i rapporti con l’estero, il ministro dei lavori pubblici e quello della guerra essendo comuni, sottoposti soltanto alla dieta federale cui dovevano riferire. Questa confederazione si dovrà iscrivere tra le responsabilità legali verso la Porta" [35]. Nella lettera del 24 gennaio 1850, avvisava Bălcescu del suo intento di incontrare Kossuth per esporgli il piano e della discussione avuta con "un grande turco", cui aveva esposto il progetto [36]. Nel febbraio 1850 manda il suo piano al generale Wysoski, in vista di un’intesa con Kossuth a proposito della Transilvania [37].
Nicolae Bălcescu, trovatosi, all’
inizio del 1850, a Londra dove, nel giro di tre settimane riesce a contattare sia gli ambienti politici e diplomatici che i nuclei mazziniani, incontra Louis Blanc [38] e Henningsen [39] (uno degli emissari mazziniani presso Kossuth) informa Ghica sul progetto di Mazzini di far scoppiare un grande movimento in Italia [40]. Di ritorno a Parigi, nella lettera del 26 gennaio 1850 presenta a Ghica il progetto di un Comitato dell’Europa orientale composto da tre rappresentanti dei romeni, ungheresi, polacchi, russi, boemi, moravi e slavi meridionali. A differenza di Ghica che sognava una confederazione sotto protezione ottomana, Nicolae Bălcescu desiderava “una confederazione democratica di tutti, mezzi rivoluzionari, accordo, unitŕ e solidarietŕ in movimento". Il piano fu presentato a Klapka "che č ben visto a Londra, č largo di vedute e a breve pubblicherà una brochure su come si dovrà organizzare l’Europa orientale" [41]. Il problema è ripreso nella lettera del 6 aprile 1850, dove vengono presentate le future istituzioni dello stato federale, che si sarebbe chiamato "gli Stati Uniti del Danubio" [42]. Secondo Bălcescu, il legame tra i membri del futuro stato sarŕ simile alla Svizzera, solo nelle condizioni in cui l’Ungheria accetterŕ trasformazioni interne in base ai seguenti principi: rispetto, riconoscenza, uguaglianza e solidarietŕ delle nazioni". In questo senso scrive a Wladislaw Zamoyski, uno dei dirigenti dell’emigrazione polacca, il 1 luglio 1850 [43]. La confederazione dell’Europa orientale era soggetto di dibattito tra i dirigenti romeni, ungheresi e polacchi. Il 16 novembre 1850, Bălcescu scriveva a Ghica: “Vengo da una riunione, dove gli ho fatto capire la necessitŕ di non fare gli ultraromeni separatisti e che dobbiamo professare il rispetto delle nazionalitŕ e la loro uguaglianza e la federazione con gli ungheresi e gli jugoslavi. Ci sono riuscito e mi hanno incaricato a scrivere in questo senso e a fare programmi" [44]. Se Radu Golescu [45], Al. G. Golescu-Negru [46], Dimitrie Brătianu, Ion Ghica (in parte) erano favorevoli al progetto federale, Dimitrie Bolintineanu dubitava della sua realizzazione [47] mentre C. A. Rosetti esprimeva la sua riserva nelle lettere indirizzate a Jules Michelet [48]. Il problema della riorganizzazione dell’Europa orientale viene largamente discusso sulla stampa. Nicolae Bălcescu invita Ion Ghica a mandare gli articoli per "La Pologne" – che dal 6 gennaio 1850 adotta il sottotitolo "Giornale slavo di Parigi. Organo degli interessi federali dei popoli dell’Europa orientale" [49] e lo informa circa l’apparizione a Londra di una pubblicazione in francese "Le Fédéral" sotto la guida di Golovin, rappresentante dei russi nel Comitato dell’Europa orientale [50]. Ion Ghica preferisce però la collaborazione con il giornale torinese "Concordia", dove gli appare l’articolo "I moldo-valacchi", nei numeri del 28 febbraio e del 6 marzo 1850 [51].L’emigrazione romena conosceva l’intenzione di Mazzini di costituire un centro rivoluzionario europeo. Nicolae Bălcescu informava Ion Ghica del
progetto mazziniano nelle lettere del 23 febbraio [52] e del 6 marzo 1850. Nell’ultima lettera esprime il suo desiderio di vedere Mazzini a Londra dove, insieme a Ledru Rollin e a Daniele Manin "faremo un comitato rivoluzionario europeo, consacrando al tempo stesso il Comitato dell’Europa orientale" [53].Nel giugno 1850 si organizza il Comitato Centrale Democratico Europeo, che prova a stabilire rapporti con l’emigrazione romena e con quella ungherese, cercando di mediare le dispute create intorno al problema delle nazionalità in Ungheria.
Nell’autunno del 1850 c’è stato un momento di tensione tra l’Austria e la Prussia, occasione per Mazzini di contattare Kossuth attraverso Monti e l’inglese Henningsen [54]. Nell’ottobre 1850, a Kutahia, Kossuth riceve la visita di G. Regaldi, Henningsen, Hamilton, David Urquhart, Messingberd (ufficiale nella guardia della regina Victoria), del conte Vay e di Prich (ungheresi), dello slavo Piescovich [55]. Con l’occasione, il poeta G. Regaldi incontra anche gli emigranti romeni di Brusa e a Costantinopoli Ion Ghica [56]. Quest’ultimo, in una lettera indirizzata ad Ahmed effendi il 4 gennaio 1851 si mostra soddisfatto del lavoro di Regaldi (Pelerinaggio a Kutahia nell’autunno del 1850), che sarebbe apparso su "Croce di Savoia". Voleva che fosse tradotto in romeno da Alecsandri o da Alexandrescu [57].
I movimenti degli emissari di Mazzini erano seguiti attentamente da agenti austriaci, che erano al corrente dei piani federativi che si stavano tessendo nel sud-est europeo [58]. Era sorvegliato con attenzione anche l’agente di Kossuth in Serbia, Carosini [59], che aveva il compito di scoprire se "gli serbi erano coscienti che la federazione con gli ungheresi era l’unica via verso la libertà" [60].
Mazzini aveva scritto a Kossuth nell’agosto e nel novembre 1850, invitandolo ad allearsi con il Comitato Centrale Democratico Europeo: "Abbiamo un nemico comune: l’Austria. Vogliamo fondare una confederazione libera: italiani, slavi, ungheresi" [61].
L’emigrazione romena era a conoscenza dei tentativi di Mazzini di contattare Kossuth. Ion Ghica scriveva a Nicolae Bălcescu il 24 setembre 1850: “Con Hamilton (Tomson o Henicson) che hai conosciuto a Londra e che č un uomo molto misterioso nonché agente di Kossuth, parlo spesso. Lui tratta da parte di Kossuth, che vedo spesso a Kutahia, sul principio del grande memoriale che ti ho comunicato la scorsa primavera, lui propone la fusione di tutte le emigrazioni in una sola, lavorando senza distinzione e per un principio, che è il rovescio della Russia e dell’Austria" [62].
Per quanto riguarda l’adesione dell’emigrazione romena al Comitato di Londra, Bălcescu č prudente. Nel settembre 1850 quando si propone di "fraternizzare con l’emigrazione organizzata lŕ, cioč Mazzini, Ledru-Rollin, i redattori d
el "Proscritto" si rifiutano. I suoi motivi erano: non voleva essere scoperto, cosa che avrebbe reso inpossibile il ritorno in Francia, voleva continuare l’opera dedicata a Michele il Bravo [63] ma soprattutto dare all’emigrazione romena un’organizzazione solida e intensificare la propaganda nel Paese [64]. In qusto senso, I. C. Brătianu si sarebbe trovato dall’agosto 1850 fino a gennaio 1851 a Sibiu, dove ha contattato i rivoluzionari transilvani e ha diffuso dappertutto materiali rivoluzionari [65]. Purtroppo Al. G. Golescu-Negru non era riuscito ad arrivare fino in Transilvania per fare propaganda alla rivoluzione europea [66]. Nonostante la repressione iniziata da Vienna, in Transilvania continuano i preparativi rivoluzionari. Joszef Mákk, ex comandante della fortezza di Komarom, il generale Gál Sandor agivano d’intesa con Lajos Kossuth per far scoppiare un’insurrezione [67].In vista dell’afiliazione al Comitato di Londra, G. Mazzini aveva contattato anche altri dirigenti romeni. Il 4 settembrre 1850 scriveva a Remorino circa la componenza del Comitato: "abbiamo rappresentanti per l’Ungheria, per i moldo-valacchi e per gli altri ma per particolari motivi possiamo farli conoscere solo a poco a poco" [68]. Poi informava Carlo Cattaneo: "abbiamo iniziato una collaborazione che potrà diventare importante con i moldo-valacchi. Eliade o Golescu faranno parte pubblicamente del Comitato europeo" [69]. Il dirigente italiano conosceva le dissensioni nell’ambito dell’emigrazione romena. Alle accuse di I. H. Radulescu contro Dimitrie Brătianu, Mazzini sottolineava: "come gli italiani, i romeni sono divisi. Hanno molte frazioni, mentre Bratianu non va molto d’accordo con Eliade" [70].
Il 1851 è l’anno dell’adesione dell’emigrazione romena al Comitato di Londra, l’anno del rilancio della polemica romeno-ungherese sulla questione della confederazione danubiana, dell’intensificazione dei preparativi per la rivoluzione europea.
L’organizzazione dell’emigrazione ungherese a Parigi, nel febbraio 1851 accellera le trattative romeno-ungheresi [71]. Il 17 marzo Bălcescu manda a Vucovics Sebö, membro nel Comitato di direzione dell’emigrazione ungherese, un memoriale in cui viene ripreso il piano di costituzione di una federazione danubiana basata sull’uguaglianza delle nazioni [72]. La risposta viene data da Laszlo Teleki il 22 marzo 1851. Era d’accordo che "il futuro dei nostri paesi non si può basare che sul sublime principio della fratellanza dei popoli" [73].
Il memoriale di Bălcescu, la posizione dei membri del Comitato unghe
rese di Parigi e la lettera del 6 febbraio 1851 di Mazzini determinano Kossuth ad esporre la sua posizione in Exposé des principes de la future organisation politique de la Hongrie. L’ex dirigente ungherese accetta l’idea di una federazione con la Polonia, la Moldovalacchia, la Serbia, la Croazia, la Slovenia, la Dalmazia. A proposito della Transilvania era però intransigente [74]. Si delineavano le posizioni divergenti nell’ambito dell’emigrazione ungherese. Il gruppo Klapka-Teleki, simpatizzante delle idee democratiche, sostenitore del progetto di Bălcescu e il gruppo Kossuth-Batthyany, che si pronunciava per la conservazione dell’Ungheria storica e garantiva l’autonomia delle minoranze [75].D. Brătianu č andato, all’inizio di aprile 1851 a Londra, a prendere parte all’attivitŕ del Comitato europeo. Aveva con sč
lettere di raccomandazione per Mazzini e Ledru-Rollin, da parte di Michelet, Quinet [76]. Il suo arrivo ha dato una spinta al processo di adesione dell’emigrazione romena. In questo modo Mazzini conosce l’attività dei rivoluzionari romeni a Parigi, raggruppati intorno alla società "Junimea română" costituitasi il 14/26 febbraio 1851 e alla publicazione omonima, che ricordava anche le prime organizzazioni degli anni Trenta: "Giovine Italia" e "Giovine Europa". Brătianu scriveva a Florescu il 24 maggio "anche gli stranieri, italiani, polacchi, francesi, tedeschi, tutti esuli, hanno salutato con gioia la nascita di questo fiero essere della democrazia. A Mazzini ho dato una lezione di romeno con «Junimea Română»". Il primo numero della rivista è stato reso nella rivista della democrazia italiana "con una nota di Mazzini e in quella della democrazia polacca, accompagnato da una nota di Albert Darasz [77]. Da Firenze, il pittore George Tătărescu salutava anche lui l’uscita della pubblicazione [78].Nel giugno 1851, il Comitato europeo lancia l’appello Alle popolazioni rumene, firmato da Mazzini, Ledru-Rollin e Darasz. Il popolo romeno, "avanguardia della razza greco-latina" è chiamato a rappresentare in Europa orientale il ponte con le nazionalità slave e il principio della libertà individuale e del progresso collettivo che ci definisce noi, europei, come apostoli dell’umanità". Nemici degli slavi, degli ungheresi, degli italiani, dei greci e dei romeni sono l’imperatore d’Austria e lo tzar. Il futuro appartiene ai popoli liberi e le controversie verranno risolte da un congresso in cui questi saranno "equamente" rappresentati. I rapporti tesi tra le nazionalità danubiane verranno normalizzati dalla costruzione della confederazione. "La grande confederazione danubiana sarà cosa dei nostri tempi. Quest’idea vi deve guidare le azioni. Il ponte di Traian, con le sue basi sulle sponde del Danubio, è il simbolo dello stato attuale. I nuovi ponti saranno realizzati con le vostre mani. Ecco il vostro compito per il futuro" [79].
L’appello è stato tradotto in lingua romena, in due versioni, l’una in alfabeto cirilico e l’altra in alfabeto latino. Una di loro appartiene a C. A. Rosetti [80]. E’ stato riprodotto, grazie a I. C. Brătianu e a D. Florescu, in dieci giornali parigini. Nella stampa italiana appare, su "Voce del deserto" (il 3 luglio e l’8 agosto) e su "Italia e il popolo" (supplemento di luglio-agosto) [81].
A nome del Comitato Nazionale Romeno, il 19 giugno D. Brătianu ringraziava Mazzini per le idee espresse nell’Appello [82]. La pubblicazione del manifesto sulla stampa parigina ha provocato la polemica tra D. Brătianu e D. Irany sulle pagine della pubblicazione "La Presse" di giugno-luglio 1851. L’atteggiamento di Mazzini verso il confronto tra i due dirigenti è stato uno di conciliazione. Nella lettera del 21 agosto 1851 scriveva a D. Brătianu che nella risposta del Comitato romeno all’appello del Comitato europeo dovevano essere specificate le idee: voto universale, conciliazione, congresso europeo" [83].
Il 11 settembre 1851, D. Brătianu firma la nota richiesta dal Comitato di Londra, dove lo spirito della conciliazione č dominante: "Abbiate fiducia, fratelli, stavolta siamo tutti uniti, ungheresi, slavi, gr
eci, tutti insieme combatteremo nella santa crociata della democrazia, non solo per noi ma per tutti". "La grande confederazione del Danubio è un fatto della nostra epoca" [84]. Nella sua visione, molto simile a quella di C. A. Rosetti, l’associazione nel quadro dell’alleanza doveva avvenire in base al consenso. Non pensava ad uno stato federale, ma ad un’alleanza la cui competenza sia strettamente limitata [85]. Tutta una serie di esuli romeni si impegnano nell’attività del Comitato londinese nel 1851. Fin da gennaio, Constantin Racoviţă [86] e Alecu Manu si mostravano disponibili ad andare in Italia per arruolarsi nell’esercito piemontese. Manu aveva lettere di raccomandazione da parte di Canning e Tecco per Al. Monti [87]. Arrivato nel gennaio 1851 a Torino, Racoviţă scriveva a Ştefan e a Nicolae Golescu sull’interesse mostrato dai democratici italiani per la causa romena [88]. L’attivitŕ dei romeni č riconosciuta anche da Mazzini che, nella lettera del 21 agosto 1851 chiedeva a Brătianu quale fosse l’orientamento politico di Manu e di Racoviţă [89]. I due si impegnano per salvare George Adrian [Andreescu], che era sttao arrestato e rinchiuso nelle prigioni papaline [90].Al. G. Golescu-Albu scriveva nel periodo marzo-aprile 1851 a Ştefan, Nicolae Golescu, N. Bălcescu e Al. G. Golescu-Negru circa la necessitŕ di una propaganda in Piemonte, dove potevano essere coinvolti Racoviţă e Adrian, conoscitore del mondo italiano. E aggiunge “rivolgiamo lo sguardo verso l’Italia, essa ci puň essere utile in tempo di p
ace, aprendo per noi le sue scuole in tempo di rivoluzione, intervenendo nei nostri malintesi sia con gli ungheresi, sia con un’altra potenza". Nella stessa lettera, spingeva gli esuli di Parigi ad affiliarsi al Comitato Democratico Europeo [91].Il 12 luglio 1851, George Adrian [92] è stato arrestato casualmente dalla polizia papalina anche perché gli avevano trovato addosso la lettera di Bălcescu indirizzata al Comitato ungherese di Parigi in cui si parlava dello stato federale, č stato rinchiuso in alcune prigioni e indagato dalla Sacra Consulta. Nella lettera del 5 settembre 1851 da Genova, indirizzata a Ghica, Adrian confessa che voleva "conoscere lo spirito politico degli italiani e fare propaganda per la nostra causa". Dalla stessa lettera risultano i suoi rapporti con un comitato rivoluzionario segreto di Roma che stava preparando la liberazione d’Italia. "Secondo quello che ho visto e sentito tra gli italiani di Roma, l’Italia è sicura del suo futuro". Il suo periplo attraverso le prigioni papaline, le discussioni avute con i detenuti politici gli hanno fatto capire le difficoltà dello stato teocratico e il regime autoritario del Regno delle Due Sicilie. A differenza di ciò, nello stato sardo, "l’uomo può respirare liberamente; può parlare senza avere il minimo fastidio da parte della polizia" mentre il re Vittorio Emanuele II è "l’unico monarca in Europa che mantiene la sua parola" [93].
Nelle prigioni romane, G. Adrian ha saputo dell’arresto e della morte sospetta del pittore Constantin Daniel Rosenthal [94].
Il pittore C. D. Rosenthal, che aveva regalato uno dei suoi quadri a Mazzini, spinto dal suo amico C. A. Rosetti, si dirige nel luglio 1851 verso l’Ungheria e Bucarest per dare un impulso alla propaganda rivoluzionaria. A Pesta doveva sondare i politici e l’opinione pubblica per poter rispondere al seguente questionario di evidente ispirazione mazziniana: "1. quanti partiti ci sono a Pesta? 2. qual’è la faccia di ogni partito e a quale categoria si rivolge? 3. qual’è il partito che conquista l’opinione publica e qual’è quella che la perde? 4. esiste un partito repubblicano e fin dove vanno le sue idee democratiche? 5. quale partito sposa più facilmente l’idea dell’uguaglianza delle nazionalità e rinuncia a sostenere le pretese del vecchio regno d’Ungheria? 6. Kossuth è ancora popolare? ha sostenitori tra i contadini, nobili o borghesi? qual’è il partito più ostile? 7. qual’è l’opinione sull’emigrazione ungherese? la sua attività è approvata? 8. qual’è l’opinione pubblica sulla situazione in Europa, si crede in una nuova rivoluzione? qual’è l’opinione sulla Francia e l’Inghilterra? 9. il Comitato Democratico di Londra, composto da Mazzini e Ledru-Rollin, gode di autorità? che effetto hanno le sue proclamazioni? 10. l’Austria è riuscita a farsi un partito lì, ha conquistato i nobili, la borghesia? cosa promette loro? 11. i russi sono altrettanto detestati quanto gli austriaci? 12. in generale, è preferita la situazione odierna oppure l’unione con gli slavi e i romeni, basata sul principio dell’assoluta uguaglianza? (l’uguaglianza riferita alle nazioni e non ai cittadini)" [95]. Le risposte di C. D. Rosenthal del 15 luglio 1851 sono laconiche a causa della censura austriaca: "La gente qui detesta l’Austria più che mai. Guarda solo alla Francia ed è pronta" [96].
I rapporti di Schwarzenberg da Sibiu al ministro dell’Interno Bach a Vienna parlano del coinvolgimento di E. Grant e di Ştefan Golescu nella propaganda rivoluzionaria. E. Grant è sospettato che facilita la penetrazione nel Paese della corrispondenza
dei rifugiati romeni di Londra e di Parigi. Tra le stampe a caratere rivoluzionario si travava anche il manifesto di Mazzini, tradotto in romeno [97]. Il console generale d’Austria a Bucarest, von Laurens informa I. Manu del sequestro di "alcuni pacchetti che contengono pubblicazioni pericolose diffuse dal Comitato di Parigi [98] e gli manda l’elenco con i loro destinatari [99].Nell’autunno del 1851, Mazzini crea insieme a Monti e a Bertani un "comitato italo-danubiano" incaricato della propaganda tra le truppe slave e ungheresi dell’esercito austriaco [100]. Nell’ottobre 1851, Ştefan Golescu scriveva da Londra a E. Grant sugli incontri avuti con Mazzini e con Ledru-Rollin. Con il dirigente italiano aveva parlato della futura rivoluzione [101]. É certo che Ştefan Golescu era coinvolto nel’attività di preparazione della rivoluzione europea. Una prova in questo senso ne era la lettera del 5 novembre 1851 indirizzata a Dimitrie Bratianu. Gli evoca il viaggio in Germania, Boemia, Vienna. Di tutte le città tedesche, solo Berlino aveva un’organizzazione rivoluzionaria, a Praga ha trovato "non solo una grande fiducia nelle rivoluzioni future, ma anche un deprezzamento dei membri del Comitato centrale, con l’eccezione di Mazzini che stimava molto". A Vienna ha incontrato Magheru, Papiu Ilarian, Opran, Maiorescu e Laurian che ha informato sull’affiliazione del Comitato romeno alla democrazia europea [102]. Le sue informazioni sui cambiamenti avvenuti nell’esercito austriaco ci permettono di iscrivere Ştefan Golescu sulla lista degli agenti mazziniani.
Il 1852 doveva essere l’anno della nuova rivoluzione europea. Nell’Oriente si prefigurava un nuovo conflitto russo-ottomano, in Francia l’apparente tranquilità preannunciava improvvisi cambiamenti. La tensione creatasi era ideale per la mobilitazione del Comitato europeo, si sperava in un nuovo rovesciamento di situazione, che avrebbe fatto pendere la bilancia a favore della democrazia. I romeni coinvolti nei piani mazziniani avrebbero agito in due regioni, nello spazio greco e nel nord della penisola italiana.
"La grande fratellanza" dell’isola di Corfù, dove si incontravano rifugiati italiani e greci, si estendeva fino al nord d’Italia e nelle province turche [103]. Al suo interno agiva anche Marc Antonio Canini, che aveva espresso le sue idee politiche sul giornale "O Aiolos" di Ermoupolis: "L’unica speranza di salvezza è la rivoluzione sinfona e sincrona di tutti i popoli opressi" [104]. Ad Atene agiva, all’inizio del 1852, Al. G. Golescu e suo fratello Radu. Erano contenti della nuova agenzia ateniese, pronta a trasformare la nuova guerra russo-turca in una lotta antiottomana dei popoli balcanici. Si poteva costituire, dopo la guerra, una confederazione che si sarebbe chiamata "Gli Stati confederati dell’Oriente" [105]. In Grecia si trovava anche Nicolae Golescu, incaricato di una missione di fiducia da parte del comitato di Londra e del Comitato nazionale italiano [106].
Nell’autunno del 1852, l’attività degli agenti e dei rappresentanti mazziniani si concentra anche sui romeni transilvani dell’esercito austriaco [107]. Nell’Apello del Comitato Nazionale Romeno, rivolto ai soldati romeni si annunciava lo scoppio di una nuova rivoluzione. "Questo giorno di felicità si sta avvicinando. Forse proprio quest’anno, tutte le nazioni oppresse del mondo e soprattutto gli italiani, i polacchi, gli ungheresi, si prepareranno e si alzeranno tutti insieme a pulire la terra da tanta ingiustizia". Lo slogan della rivoluzione doveva essere "Nazionalità, libertà, giustizia e fratellanza" [108]. Alexandru Manu, trovatosi in Lombardia nell’ottobre 1852, era iniziato nei piani mazziniani da Stefan Türr. In una lettera indirizzata a Kossuth, il generale ungherese diceva "un buon amico mio, Alexandru Manu, che si è compromesso nei nostri affari del '48-'49 e poi si è rifugiato in Italia. Siccome i regimenti Strasiolda e l’Arciduca Carlo sono composti da romeni, esso si è offerto ad andare appenna avrebbe ricevuto l’ordine [...] in Lombardia e a comunicarci tutto quello che ci sarebbe servito" [109].
Lo scoppio della rivoluzione europea viene fermato dall’instaurazione del Secondo Impero in Francia e l’insuccesso del movimento mazziniano a Milano nel febbraio 1853.
Influenzato dai due eventi, Ştefan Golescu, che si trovava a Genova, guarda con otti
mismo il compimento degli obiettivi risorgimentali [110], fiducioso nell’instaurazione dei regimi democratici in Europa [111], l’unica garanzia di progresso dell’umanità.Nel periodo successivo alla rivoluzione, l’adesione e il coinvolgimento dell’emigrazione romena nel movimento rivoluzionario democratico europeo sono sembrati, ad un certo momento, la soluzione adatta per realizzare gli obiettivi nazionali. E’ l’ora dei contatti personali tra dirigenti romeni e rappresentanti della corrente repubblicano-democratica in Europa, dove si distinguevano gli italiani. E’ interessante sottolineare che i dirigenti romeni, sia quelli dell’ala radicale – Nicolae Bălcescu, i fratelli Brătianu, C. A. Rosetti, Al. G. Golescu-Negru ecc. – che quelli dell’ala moderata – Ion Heliade Radulescu, Christian Tell, Ion Ghica – hanno creduto, con diversa intensitŕ, nella possibilitŕ di una nuova rivoluzione. Benché progetti utopici, le intenzioni di federazione dimostrano il distacco dei dirigenti romeni dalla missione strettamente locale per risolvere il problema nazionale, il loro impegno nel processo di redifinizione dei concetti di nazione in Europa. Non va dimenticato che i federalisti dell’Ottocento vedevano la realizzazione degli Stati Uniti dell’Europa oppure quella della Confederazione orientale solo dopo la costituzione delle nazioni libere [112].
[1] Gustave d’ALAUX, "L’émigration politique en Angleterre", Revue des deux mondes, Parigi, 1849, 1: 74.
[2] M. S. ANDERSON, The Eastern Question 1774-1923, Nuova York, 1968: 113-118.
[3] John LOWE, Britain and Foreign Affairs 1815-1885, Londra–Nuova York, 1998: 50.
[4] A. J. P. Taylor, The struggle for mastery in Europe, 1848-1918, Oxford, 1954: 47-50.
[5] Alfonso SCIROCCO, L’Italia del Risorgimento, 1800-1860, vol. I: Storia d’Italia dall’unità alla Repubblica, Bologna, 1990: 320-324.
[6] Saverio CILIBRIZZI, Storia parlamentare politica e diplomatica d’Italia, Milano, 1923: II, 130.
[7] Alfonso SCIROCCO, op.cit.: 348-352.
[8] Proviamo a tratteggiare, senza avere la pretesa di una ricerca esaustiva, quei riferimenti ideologici che rivelano con certezza l’influenza mazziniana negli scritti del periodo 1849-1852, a firma di Nicola Bălcescu, C. A. Rosetti, Ion C. Brătianu, Dim
itrie Brătianu, Cezar Bolliac.[9] Vlad GEORGESCU, Istoria ideilor politice romanesti (1369-1878), Monaco di Baviera, 1987: 75.
[10] G. MAZZINI, Foi et avenir, Parigi, 1850: VIII-IX.
[11] C. A. ROSETTI: "Ho mostrato però, per quelli che non ci vogliono credere, che non sono state le baionette a sconfiggerci, bensì il provincialismo in cui ci eravamo chiusi... , l’allontanamento del popolo dalla guida, la propensione dei cuori verso il dominio, l’ordine e la debolezza del governo" in "Apel la toate partidele [Appello a tutti i partiti]", pubblicato in C. A. Rosetti. Gânditorul, omul (studio antologico e note di Radu PANTAZI), Bucarest, 1969: 70.
[12] "C. A. Rosetti, Cronica politică", in Gândirea românească în epoca paşoptistă, 1830-1860)
(a cura di Paul CORNEA e Mihail ZAMFIR), Bucarest, 1969: I, 329-331.[13] G. MAZZINI, "L’organizzazione della democrazia", in Scritti editi ed inediti, Milano, 1871: III, 17.
[14] I. C. Brătianu, "Naţionalitatea" in Republica Română
1 (1853), 2, pubblicato in Paul CORNEA, Mihail ZAMFIR, op.cit.: 473.[15] G. MAZZINI, "Le condizioni e il futuro dell’Europa" in Scritti...: 208.
[16] D. Brătianu, "Manifesto del Comitato Rivoluzionario Romeno" in Republica Română
1 (1851), nr. 1, pubblicato in Paul CORNEA, Mihail ZAMFIR, op.cit.: 96.[17] C. A. ROSETTI, Rusia, Parigi, 1852, pubblicato in C. A. Rosetti. Gânditorul, omul
: 206. Anche Nicolae Bălcescu usa il termine quando parla della “missione” del giovane partito nazionale del 1840 in "Mersul revoluţiei în istoria românilor", in Opere (a cura di Gh. ZANE e Elena ZANE), Bucarest, 1982: II, 109.[18] G. MAZZINI, Scritti…: 35.
[19] Paul CORNEA, Mihail ZAMFIR, op.cit.: I, 115.
[20] Ibidem: 475.
[21] Nel campo dei rivoluzionari democratici italiani c’era una polemica intorno alla priorità dell’indipendenza o della libertà. Carlo Cattaneo, Pietro Maestri, Giuseppe Ferrari, si sono pronunciati per la conquista della libertà individuale, comunale mentre l’unità italiana era vista come un tradimento dei fini rivoluzionari. Ferrari diceva: "l’unità è un lavoro politico esterno, la rivoluzione è un lavoro sociale; l’unità può essere monarchica o papale, la rivoluzione [...] si ferma quando tutti gli stati sono liberi e separati". Franco Della PERUTA, I democratici e la rivoluzione italiana, Milano, 1974: 60-62.
[22] N. BĂLCESCU,
Opere: II, 112.[23] "L’umanità è una; la legge generale è il progresso; un’unico metodo, l’associazione sempre più stretta tra pensiero e azione. L’associazione è la parola d’ordine in Europa". MAZZINI, Scritti...: 114.
[24] L’espressione appartiene a Victor Hugo.
[25] G. MAZZINI, "L’organizzazione della democrazia", in Scritti...: 17. Una nuova visione sulla concezione mazziniana nell’articolo firmato da Andrea CHITI-BOTELLI, "Mazzini, precursore dell’idea di Federazione europea?", Il pensiero mazziniano" 54 (1999), 1: 34-48. Si sottolinea l’idea che Mazzini era per una confederazione europea e non per una federazione.
[26] D. BRĂTIANU, "Manifest al Comitetului Revoluţionar Român", in Paul CORNEA, Mihai ZAMFIR,
op. cit.: I, 95.[27] I. C. BRĂTIANU, "Naţionalitatea" in
ibidem: I, 491.[28] C. A. Rosetti scriveva nel 1852: "Vogliamo una repubblica romena e la avremo appenna ci uniremo con gli altri popoli rivoluzionari”; I. C. Brătianu, nel programma della pubblicazione “Republica Romana” parlava dello “stendardo della Repubblica romena unica e indivisibile”; Nicolae Bălcescu affermava, nel Manualul bunului român. Dialog între un comisar de propagandă şi un sătean
, "lo Stato dove il popolo è sovrano è una repubblica democratica".[29] Cornelia BODEA, "Corespondenţă inedită privind activitatea lui Nicolae Bălcescu in anii 1851-1852",
Studii. Revista de istorie 9 (1956), 4: 117.[30] N. BĂLCESCU,
Opere, vol. IV, Corespondenţa, (a cura di Gh. Zane), Bucarest, 1964: 232.[31] Ibidem: 249.
[32] Ibidem: 251.
[33] G. FOTINO,
Din vremea Renaşterii naţionale. Boierii Goleşti, Bucarest, 1939: I, 398.[34] N. BĂLCESCU, Opere, Corespondenţa
: IV, 618.[35] Ibidem: 620. La concezione di Ion Ghica si assomiglia a quella del dirigente ungherese Mor Perczel, che prefigurava la costituzione di una confederazione sotto la protezione del sultano. Vedi Bela BORSI-KÁLMÁN, Hungarian exiles and the Romanian national movement, 1849-1867, New Jersey, 1991: 103.
[36] N. BĂLCESCU,
op.cit.: 623.[37] Ion Ghica al generale Wysoski, 1 febbraio 1850, BAR, Archivio grande I. Ghica, A. 3126, f. 74-78: "Una confederazione tra croati, serbi, ungheresi e romeni, ecco quello che può garantire loro la nazionalità e può fermare il pericolo che minaccia l’Europa (il panslavismo, n.n.). Ion Ghica credeva nella realizzazione della confederazione sotto la protezione ottomana, ciò che, fino ad un certo punto, era stato accettato anche da Kossuth. Dopo il 1850, Ghica rinuncia all’idea, conscio del fatto che l’esistenza dei tre imperi rende impossibile la realizzazione di una "confederazione di repubbliche nazionali". Vedi BAR, Archivio Ion Ghica, mappa V: 152-155.
[38] N. BĂLCESCU,
Opere, Corespondenţa: IV, 261.[39] Ibidem: 265.
[40] Ibidem: 261.
[41] Ibidem: 266.
[42] Ibidem: 291. "Ti manderò un progetto di confederazione che ho in mente di fare in questo mondo: 1. Tre nazionalità diverse, ciascuna con il proprio territorio e amministrazione: gli ungheresi, i romeni e gli jugoslavi. 2. Per quanto riguarda la divisione del territorio si avrà in considerazione la maggioranza degli abitanti del distretto o del comitato. La minoranza, se sarà grande, avrà garanzie per quanto riguarda la lingua, la religione e l’amministrazione comunale e sarà unita al territorio della maggioranza. Lo stato federale si chiamerà gli Stati Uniti del Danubio e comprenderà abitanti del regno dell’Ungheria, della Bukovina, della Moldavia, della Valacchia, della Serbia e della Bessarabia. 3. L’Assemblea generale centrale composta da 150 deputati, 50 per ogni nazionalità si riunirà a turno nella capitale di ogni nazionalità, tutto l’arco dell’anno. Essa deciderà anche in merito alla lingua in cui si avranno le discussioni (francese, tedesco o altro)". "L’Assemblea nominerà, per un anno, un governo federale composto da tre membri, di cui uno sarà ministro della guerra, un altro ministro delle faccende esterne e il terzo sarà ministro del commercio e delle comunicazioni. Questi ministeri soltanto, con i loro compiti sono faccende federali".
[43] Ibidem: 310-317.
[44] Ibidem: 344.
[45] G. FOTINO,
Boierii Goleşti: II, 218.[46] Ibidem: 189.
[47] D. Bolintineanu a Ion Ghica il 26 dicembre 1849 da Parigi: "Ho visto il conte Teleky; è piano di speranze che entro un anno l’Austria non ci sarà più. Io però non riesco p
iù a credere nel futuro, perché tutto quello in cui ho creduto non si è avverato e sono stufo di camminare sulle sabbie mobili". C. BODEA, "Curente şi opinii în sânul emigratiei de la 1848. II: Duelul Christian Tell – Nicolae Bălcescu", Studia et acta musei Nicolae Bălcescu 5-7 (1979), 7: 212-213.[48] "Mi permetta, caro Maestro, di dirLe che se desidera costituire gli Stati Uniti del Danubio, come una confederazione simile alla Svizzera o agli Stati Uniti (d’America n.n.) non otterrà altro risultato se non una guerra di sterminio... Ora solo l’alleanza dei popoli e non la loro unione federale può riuscire". C. A. ROSETTI,
Corespondenţa, (a cura di Marin BUCUR, 1988: 362-364.[49] N. BĂLCESCU,
Opere: IV, 541.[50] Ibidem: 285.
[51] C. ISOPESCU, La stampa periodica romeno-italiana in Romania e in Italia, Roma, 1937: 240-247.
[52] N. BĂLCESCU,
op.cit.: 274.[53] Ibidem: 285.
[54] G. PIERAZZI, "Mazzini e gli slavi dell’Austria e della Turchia", in Atti del XIV Congresso del Risorgimento, Genova, 1972: 338.
[55] G. REGALDI, Pelerinaj la Kutahia in toamna lui 1850 (Pelerinaggio a Kutahia nell’autunno del 1850), in ANIC (Archivio Nazionale Storico centrale), fondo Italia, r. 26, c. 659; vedi anche N. GEORGESCU-TISTU, "Poetul Giuseppe Regaldi în legătură cu românii", in Studii italiene, 1938, Bucarest.
[56] N. GEORGESCU-TISTU, op.cit.:12-16.
[57] Ion GHICA, Opere, Bucarest, 1988: III, 479-480.
[58] Il rapporto n. 204 del 19 agosto 1850 da Costantinopoli al Ministero dell’Interno dell’Austria, in ANIC, fondo Austria, r. 107: 799-803.
[59] Il rapporto n. 218, 23 ottobre 1850, Costantinopoli al Ministero dell’Interno, in ANIC, idem: 818-822. "Carosini sta complotando come agente di Kossuth e del barone Tecco".
[60] Kossuth a Carosini, Kutahia, 14 maggio 1850, in ANIC, fondo Italia, r. 26: 704-705.
[61] Al. MARCU, Conspiratori şi conspiraţii....: 21. Kossuth si pronunciava contro il progetto di Nicola Balcescu. Il 22 agosto 1850 scriveva a Klapka: "Non desideriamo vedere un’Ungheria federata. Vogliamo mantenere un territorio sovrano, federato soltanto con altri stati come la Polonia e la Turchia". A TAMBORRA, Progetti e idee per una confederazione danubiano-balcanica, Torino, 1954: 361.
[62] Al. MARCU, op.cit.: 21-23.
[63] N. BĂLCESCU,
Opere. Corespondenţa: IV, 329.[64] Ibidem
: 347. N. Bălcescu a Ion Ghica, Parigi, 26 novembre 1850. "Io ho detto loro che non abbiamo fretta, che prima dobbiamo esistere in qualche modo e mettere radici nel Paese, per non andare senza alcuna ragione, senza il potere di ingannare Mazzini e noi stessi. Innanzitutto dobbiamo rappresentare qualcosa, per sapere che aiuto possiamo dare agli altri popoli e che contributo possiamo dare al movimento".[65] I. FRUMA,
I. C. Brătianu la Sibiu (1850-1851), Bucarest, 1938: 9.[66] N. BĂLCESCU, Opere. Corespondenţa: IV, 337. N. Bălcescu a Ion Ghica, Parigi, 16 ottobre 1850: "Alecu Golescu non e ancora arrivato. Mi dispiace che si sia comportato mollemente nella faccenda della quale lo avevo incaricato. Doveva andare in Transilv
ania e si vede che non ha osato, dicendo che non lo lasciavano i tedeschi e che non ce la fa ad andare fin là. E poi sono due mesi che Iancu Bratianu sta indisturbato a Sibiu, a fare propaganda, con legami nel Paese".[67] D. KAROLY, "Mişcarea antihabsburgică din Transilvania de sub conducerea lui Makk-Gall (1849-1854),
Studii. Revista de Istorie 8 (1955), 4: 71-75.[68] Ştefan DELUREANU, Mazzini şi Romania
, tesi di dottorato, Bucarest, 1978: 41-42.[69] Ibidem: 43.
[70] George CIORĂNESCU, "L’activité fédér
aliste des exiles roumains, 1850-1852", Revue des études roumaines, 2 (1954): 200.[71] N. BĂLCESCU,
Opere: IV, 357. Bălcescu a Ghica, Parigi, 17 febbraio 1851: “L’emigrazione ungherese di qui si e organizzata in un comitato di 5 membri. Questi sono: Teleki presidente, membri: il generale Klapka e Czetz, Szemere e Vucovics, tutti e due ex ministri".[72] N. BĂLCESCU,
Opere: IV, terza edizione, Bucarest, 1990: 259-262.[73] Al. MARCU, op.cit.: 34-35.
[74] Ibidem: 37. Il progetto di Kossuth viene publicato in Revue d’Histoire comparée. Etudes hongroises 21 (1943), Nouvelle serie, Paris, n. 43: 515-545.
[75] A. TAMBORRA, op.cit.: 362.
[76] Al. CRETZIANU, Din arhiva lui D. Brătianu. Acte şi scrisori din perioada 1840-1870, Bucarest, 1933: I, 261-263.
[77] Ibidem: 263-264; vedi anche C. BODEA, "Din activitatea revoluţionară a «Junimii române» de la Paris între 1851 şi 1853", Studii. Revista de Istorie, 1961: 1170.
[78] C. BODEA, op.cit.: 1175, n. 4.
[79] MAZZINI-BRĂTIANU,
La Romania e la nazionalità europea, Milano, 1916: 11-15. Vedi anche G. CIORĂNESCU, op.cit.: 202.[80] G. CIORĂNESCU,
op.cit.: 203-204; vedi anche Vintilă C. A. Rosetti, Note intime scrise zilnic de C.A. Rosetti, 1848-1859, Bucarest, 1916. L’appunto del 9 luglio 1851: "Solo ogni tanto ho rubato un’oretta per leggere e ho tradotto la proclamazione di Mazzini ai romeni" (p. 79).[81] G. CIORĂNESCU,
op.cit.: 205.[82] Al. CRETZIANU, op. cit.: 267-268.
[83] Ibidem: 270-271.
[84] MAZZINI-BRĂTIANU,
op.cit.: 13-15.[85] G. CIORĂNESCU,
op.cit.: 209.[86] G. FOTINO, Boierii Goleşti: III, 167.
[87] Ibidem: 181.
[88] Ibidem: 170.
[89] Al. CRETZIANU, op.cit.: I, 271.
[90] G. FOTINO, op. cit.: III, 240, 243.
[91] Ibidem: 217.
[92] Ion Ghica raccomanda G. Adrian al barone Tecco: "Vous m’avez permis de vous recommander mon compatriote monsieur Adrian. Il se rend à Turin pour se perfectionner dans l’art militaire; je viens de réclamer pour lui votre protection et votre sollicitude en vous priant de lui faciliter l’accés de l’écoles militaires que vous avez le bonheur de posseder dans votre belle patrie. Monsieur Adrian était un des officiers les plus distingués de notre petite armée, avec son caractère noble et serieux, avec le grand amour pour l’étude", BAR., Archivio Ghica, A. 3126: 289.
[93] C. BODEA, Corespondenta inedita…, allegato II: 131-138.
[94] Ibidem: 133.
[95] C. FENEŞAN, V. STAN, "Un episod dramatic din activitatea emigraţiei române după revoluţia de la 1848. Moartea pictorului C. D. Rosenthal", Studii şi materiale de istorie modernă
" 8 (1994): 172, allegato 1.[96] Ibidem, allegato II: 173-174.
[97] C. Schwarzenberg a Bach, Sibiu, 2 novembre 1851, in ANIC, microfilm Austria, r. 109: 11-12.
[98] A. de Laurens a I. Manu, Bucarest, 14 luglio 1851, in BAR, mss. rom. 3849: 261.
[99] IDEM, Bucarest, 29 luglio 1851, f. 270. I destinatari sono: I. Fălcoianu, Petraşcu, I. Baliade – commerciante, Pană Olănescu, Gănescu, Emil Băleanu, Nicolae Trandafile, Dr. Haruzli, C. Dinescu, C. Giano, Maria Slătineanu, Constantin Roată, Millo – direttore del Teatro Nazionale.
[100] G. PIERAZZI, op. cit.: 340.
[101] Ştefan Golescu a E. Grant, 11 ottobre 1851, Londra, in ANIC, fondo microfilm Austria, r. 109: 30-31.
[102] Al. CRETZIANU, op. cit.: I, 271-275.
[103] C. BODEA, Corespondenta inedita....: 120.
[104] Francesco GUIDA, Italia e il Risorgimento balcanico. Marc Antonio Canini, Roma, 1984: 80-81.
[105] G. FOTINO, op. cit.: III, 292. Vedi anche Marin BUCUR, "Un vieux projét européen: La Confédération danubienne dans l’optique des révolutionnaires roumaines de 1848", in Études danubiennes,13 (1997), 2: 127.
[106] Ş. DELUREANU, Mazzini şi Romania
: 70.[107] Nel nord d’Italia c’erano 10-15 ufficiali romeni: Ilie Blidariu (Treviso), Iosif Moise (Trieste), George Popovici e Constanti
n Balaci (Lodi), Iosif Conta, Ştefan Crija (Mantova). Sorin MITU, "Interférences roumain-italiennes en 1850: Sensibilités révolutionnaires et réactions ideologiques" Studia Universitas Babes-Bolyai Historia 33 (1998), 2: 79.[108] Al. CRETZIANU, op. cit.: I, 287.
[109] Ibidem:271, nota 2.
[110] Ştefan Golescu a Christian Tell, Dresda, 16 ottobre 1852, BAR, Carteggio Golescu, S 2 (12)/C: "L’impero si è fatto e me ne rallegro, perché dopo di lui può venire solo un rovesciamento completo delle forme governativ
e che esistono oggi".[111] Ştefan Golescu a Christian Tell, Genova, 1 maggio 1853, BAR, Carteggio Golescu, S 124 (18)/C, edita in Anastasia Iordache, Goleştii, locul şi rolul lor în istoria României,
Bucarest, 1979: 235, nota 95. "Mazzini ha fatto questo movimento per provare che la Lombardia, per quanto frammentata, desidera sempre una lotta per la sua indipendenza".[112] G. CIORĂNESCU, "Autour de quelques projéts fédéralistes oubliés concernant le Bas-Danube",
Revue des études roumains 1 (1953): 185-186.
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3 (2001), edited by Şerban Marin, Rudolf Dinu and Ion Bulei, Venice, 2001No permission is granted for commercial use.
© Şerban Marin, November 2001, Bucharest, Romania