Scialpinismo in alta Valtellina

 

 
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La picozza

       

 

La storia dei materiali dello scialpinismo:

La picozza


L'otto agosto 1786 il Dr Michel Gabriel Pacard e il "cristallier" Jacque Balmat raggiunsero la vetta del Monte Bianco. Si suole dire che quel giorno nacque l'alpinismo; alcuni dicono che nacque la porfessione di guida alpina; certamente non nacque la piccozza.
L'iconografia ci tramanda Balmat che impugna un lungo bastone ferrato in punta e, fissata alla cintura, una accetta dal manico corto .

 

La piccozza nasce verso il 1840 unendo questi due componenti e per un certo tempo mantenendo la paletta verticale, lungo l'asse del manico, come l'ascia da cui derivava. Tale è ancora nel 1860 la piccozza di Michel Croz la guida di Whymper.


Meno certa ci sembra l'attribuzione di "prima piccozza" al bastone di Jean-Pierre Cachat detto l'Aiguille, una delle guide di de Saussure . Si tratta di un uncino forgiato con la parte posteriore a tagliente, fissata con un grosso chiodo ripiegato sul manico. La punta molto piegata sembra concepita per agganciare e non per lavorare come una lama di piccozza.


I "sacri testi" come il bel trattato "Fiorio e Ratti - I pericoli dell'alpinismo e norme per evitarli - per cura del Club Alpino Italiano (Sede centrale) Torino 1889 " parlano ancora di piccozza e bastone: questi due attrezzi sono i compagni indivisibili dell'alpinista, il quale in ogni escursione ha sempre seco l'uno o l'altro di essi a seconda delle difficoltà e della natura della corsa che compie. In più è utile che una comitiva di alpinisti abbia un'ascia da ghiaccio quando intraprende ascensioni per ripide pendenze di neve e di ghiaccio.


In parole povere l'attrezzo doveva essere soprattutto adatto a tagliare gradini per sopperire alla mancanza della tecnica dell'uso dei ramponi che, come vedremo, entrerà nel costume moto più tardi. Per questo le piccozze restano pesanti, attorno ai due chili, per essere efficaci ed hanno uno sviluppo della testa simmetrico con la paletta, che nel frattempo si è girata perpendico larmente al manico, di dimensione e peso praticamente uguali a quelli della becca (fig. 5). E così resteranno, pur con molte varianti, fino alla generalizzazione dell'uso dei ramponi ed alla nascita dell'alpinismo "senza guida". Leggiamo infatti ciò che dice Mr. Leslie Stephen sull'Alpine Journal nel 1864: è nettamente favorevole all'uso dell'alpenstock (per il cliente) poichè I must here take the liberty of observing that I do not myself ever cut steps when I can get a guide to do it for me, fist, because a guide can do it very mutch better, and secondly, because he is paid to do it (...) -Vorrei qui rilevare che personalmente non taglio mai gradini quando posso avere una Guida che lo faccia per me, in primo luogo perché una Guida lo sa fare molto meglio, ed in secondo luogo perché la Guida è pagata per farlo (...).


Da notare che molte di quelle che negli anni recenti saranno proposte come "invenzioni" trovano già nel secolo scorso le prime applicazioni: le forme triangolari delle palette, o la possibilità di smontare la testa dal manico come la piccozza appartenuta a Zsgmondy del peso di 2 kilogrammi e con il manico in hickory, e quella della "prima" guida di Courmayeur, Julien Grange detto la Berge esposta nel museo delle guide di Courmayeur e anch'essa di modello smontabile.

La rivoluzione avviene nei primi anni del nostro secolo; si generalizza l'uso dei ramponi e diminuisce quindi l'esigenza di tagliare gradini; tutte le montagne sono state salite dalle loro vie più facili e si cercano perciò itinerari più complessi e più rischiosi; moti diventano i "senza guida" e la tecnica si deve adattare ad esigenze più "sportive" e meno professionali del gradinamento continuo: 354 gradini sul Mur de la Côte nel 1838 per far salire Marie-Henriette d'Angeville sulla vetta del Bianco, 3,000 gradini cioè circa 90,000 colpi con la piccozza per l'ascensione del Grosshorn negli anni '30!


A questo punto la becca si allunga, circa due volte la misura della paletta; il manico comincia ad accorciasi, dai 2/3 dell'altezza della persona a circa la metà della statura; appaiono i primi denti sulla becca per migliorare le doti di ancoraggio.


Gli anni tra le due guerre mondiali vedono lo sviluppo della tecnica dell'uso dei ramponi che permettono di accorciare ed alleggerire le piccozze senza sostanziali cambiamenti del design.

La fine delle attività belliche porta ad un grande impulso della montagna. Gli attrezzi diventano sempre più corti, più leggeri, più performanti, ma mantengono una fisionomia tradizionale fino a metà degli anni '60. Da qui si aprirono due strade, quella della sicurezza e quella della tecnicità, non necessariamente legate.

Le discussioni per arrivare ad una normativa di sicurezza partirono dallo OAV -Kosmath- negli anni '60 e proseguirono con il DAV -Schubert- nel '60-'70. Si arrivò ad una approvazione delle norme da parte della Commissione Sicurezza UIAA solamente nel 1978. Queste discussioni portarono all'adozione della lega leggera per la fabbricazione dei manici, al posto del tradizionale legno, iniziata da CAMP in Europa e da Forrest negli USA.

Per l'efficacia tecnica si cominciò ad immaginare una becca più arcuata, più aggressiva. Non fu una strada facile; racconta Yvon Chouinard (Climbing Ice) che nel 1966 it took the intervention of Donald Snell to convince the very reluctant and conservative Charlet factory to make a 55 cm. axe wiyh a curved pick for the crazy American. In those days a 55 cm. axe was crazy enough- but a curved pick! (ci volle l'intervento di D.S. per convincere il molto riluttante e conservatore Charlet a fabbricare una piccozza da 55 cm. con una becca ricurva per quel pazzo di americano. A quel tempo una piccozza da 55 cm. era già una pazzia, ma una becca curva!). L'idea era giusta, fece strada; gli scozzesi la fecero ancora più inclinata, ma molto corta e senza curvatura, adattissima alle loro specifiche esigenze ma terribile per le nocche delle dita (forse da questo ilnome di Terrordactyl).


Nei primi anni '70 si impone il concetto "piolet traction" e poco dopo, nel 1975, nasce l'idea di invertire la curvatura della punta, in America con Forrest in Francia con Simond ( Chacal che diffonde il concetto di lama modulare), con le lame "a banana" che in pratica si usano ancora oggi. Ne 1976 Lowe propone la lama tubolare che, con alterne fortune, fa ancora discutere gli entusiasti ed i detrattori. All'inizio degli anni '80 si impongono gli attrezzi modulari (Simond, Grivel, Stubai, Lowe). Pochi anni dopo nascono le prime applicazioni della lega leggera per le teste modulari (Charlet) e nel 1986 Grivel prima e Charlet qualche anno dopo ripropongono una vecchia idea Inglese (Eboc), il manico ergonomico o curvato. L'evoluzione successiva è contemporanea e si vede nelle vetrine dei negozi.

Lo sviluppo futuro -come diremo poi- sembra orientato verso la ricerca delle difficoltà estreme là dove si sommano ghiaccio e roccia, ghiaccio sottile e roccia vetrata, strutture interrotte, fessure e placche; in poche parole l'evoluzione verticale delle salite di "misto". Questa ricerca dà origine a nuove becche specifiche (Anchorage di Grivel 1996) in grado di lavorare sulla roccia con sicurezza.


Per comprendere meglio queste evoluzioni del materiale che non può essere separato dall'evoluzione delle tecniche tentiamo un brevissimo riassunto di:


STORIA DELLE CASCATE, DELLE GOULOTTES, DEGLI HYPER COULOIRS ETC.

Questo genere di salite, o meglio la capacità di vedere questi terreni e la decisione di provarli, nasce probabilmente in Scozia, con scalatori come Tom Patey e Hamish MacInnes (Zero Gully, 1957) negli anni '50. Continua con Jimmy Marshall negli anni '60, vedi la prima ripetizione di Point Five Gully al Ben Nevis in sette ore. Verso la metà degli anni '60 quasi contemporaneamente negli USA con Yvon Chouinard e Tom Frost nella Sierra Nevada, ed in Francia con Despiau e Casson nel circo di Gavarnie, cominciano le prime incursioni nei colatoi in cui l'acqua di fusione della neve si trasforma in cascate di ghiaccio. Ancora tuttavia la tecnica è quella di tagliare gradini per i piedi e per le mani (nonostante l'uso ormai normale dei ramponi con punte frontali), e di ricorrere in caso di passaggi verticali alla arrampicata artificiale.

Alla fine degli anni '60 scoppia la nuova era, quella che passerà alla storia come la nascita della "piolet traction". Essa fu il prodotto contemporaneo dei tempi e di una serie di alpinisti di classe eccelsa: Messener (Davaille in 8 ore), Cecchinel e Nominé (Nord del Pilier d'Angle),ancora Cecchinel e Jaeger (Couloir Nord dei Drus 1974) John Cunnigham (Caingorns).

Agli inizi degli anni '70 si ufficializza la "pratica" della salita delle cascate di ghiaccio: Cunnigaham (Scozia), Chouinard e Lowe (USA), Julien, Munsch, Gabarrou, Boivin (Francia), MacIntyre, Colton (Inghilterra), Grassi (Italia), tutti alpinisti estremi che trasportarono in questa disciplina le loro conoscenze della tecnica al più alto livello. Così come è del 1975 il Supercouloir di Jean-Mark Boivin e Patrick Gabarrou.

Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80, dei veri "specialisti" fanno decollare le "cascate di ghiaccio". Julien, Sombardier, Modica, Perroux, Troussier in Francia, Grassi, Comino in Italia, Piola in Svizzera, cominciarono a ricercare nelle più sperdute vallate alpine le possibilità di salite mai tentate; gli arrampicatori scelsero le vie più evidenti; le difficoltà non superavano il grado 5, e permaneva l'abitudine di rimanere assicurati ai propri attrezzi. Uguale le strada di Inglesi e Scozzesi. I Canadesi (Blanchard, Doyle) e gli Americani (Lowe, Bouchard) andarono un po' più velocemente e raggiunsero presto il grado 6 e cercarono la tecnica "libera". E fu sulla loro esperienza (Mark Twight, primo grado 7, Reality Bath 1988) che alla fine degli anni '80 alcuni arrampicatori Europei (come Damilano, Renaud, Ouairy in Francia, Marlier in Italia, Jasper in Germania) spinsero molto avanti i limiti della salita su cascata, con l'intenzione di introdurre un'etica comune e di creare una disciplina autonoma rispetto all'alpinismo.

Oggi la cascata di ghiaccio è un'attività diffusa e spesso costituisce un passaggio obbligato per gli apprendisti-alpinisti; non si è staccata dalla montagna classica: ciò è testimoniato dal fatto che i grandi alpinisti si dedicano a questa attività e che il suo sviluppo futuro sembra orientato verso la ricerca delle difficoltà estreme là dove si sommano ghiaccio e roccia, ghiaccio sottile e roccia vetrata, strutture interrotte, fessure e placche; in poche parole l'evoluzione verticale delle salite di misto: il misto-verticale.

E così alcuni scalatori hanno raggiunto il grado 8: l'americano Lowe (Octopussy, grado 8 nel 1994),l'inglese Steve Haston (After Eigth, 8+ nel 1996) il tedesco Robert Jasper (la prima via di 8+ in Europa nel Jura di Basilea, '97).

 

 

 


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